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Prestito tra conviventi: la prova per la restituzione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21411/2024, ha rigettato il ricorso di una donna condannata a restituire un’ingente somma di denaro all’ex convivente. La Corte ha ribadito che chi chiede la restituzione di un prestito tra conviventi deve provarne il titolo. Ha inoltre chiarito che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare le prove, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva qualificato la dazione di denaro come un mutuo e non come un’obbligazione naturale legata alla vita familiare.

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Prestito tra conviventi: la Cassazione stabilisce i paletti sulla prova

Un prestito tra conviventi può trasformarsi in un complesso caso legale quando la relazione finisce. La recente ordinanza n. 21411/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su chi debba provare la natura del trasferimento di denaro e sui limiti invalicabili del giudizio di legittimità. La vicenda analizzata riguarda la richiesta di restituzione di 80.000 euro da parte di un uomo alla sua ex compagna, somma che lui sosteneva di averle prestato per l’acquisto di immobili.

I fatti del caso: da un aiuto economico alla battaglia legale

Un uomo aveva concesso alla sua convivente la somma di 80.000 euro per aiutarla a far fronte ai mutui per l’acquisto di due immobili. In uno di questi, la coppia era andata a vivere insieme. Secondo l’uomo, l’accordo prevedeva la restituzione della somma. Dopo il matrimonio e la successiva separazione, non avendo ottenuto la restituzione, decideva di agire in giudizio.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello davano ragione all’uomo, condannando la donna alla restituzione della somma. I giudici di merito rigettavano le difese della donna, la quale sosteneva che la somma non fosse un prestito, ma rientrasse in altre categorie come un’obbligazione naturale, un rimborso o una donazione, tutte legate al contesto della vita familiare e della convivenza.

I motivi del ricorso in Cassazione

La donna proponeva ricorso in Cassazione lamentando principalmente due aspetti:
1. Erronea applicazione della legge (art. 1813 e 2697 c.c.): Sosteneva che l’ex compagno non avesse fornito la prova del titolo della dazione, ovvero che si trattasse di un prestito con obbligo di restituzione. Contestava inoltre l’attendibilità di alcune testimonianze e affermava che la somma fosse stata usata per le spese familiari.
2. Omesso esame di fatti decisivi: Lamentava che i giudici non avessero considerato elementi a suo dire cruciali, come il fatto che i soldi fossero stati versati su un conto da cui si attingeva per le spese comuni.

Le motivazioni della Corte: il prestito tra conviventi e l’inammissibilità del riesame dei fatti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni nette e di grande rilevanza pratica. I giudici supremi hanno chiarito che la ricorrente, attraverso le sue censure, stava in realtà tentando di ottenere un riesame delle prove e una nuova ricostruzione dei fatti. Questo, però, è precluso nel giudizio di legittimità.

La Cassazione non è un “terzo grado di merito”. Il suo compito non è decidere chi ha ragione sui fatti, ma verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge. La valutazione delle prove, come le testimonianze e i documenti, spetta esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Criticare l’apprezzamento delle prove, anche mascherando la censura come violazione di legge (art. 115 e 116 c.p.c.), non è ammissibile in Cassazione.

In sostanza, la Corte ha stabilito che, una volta che i giudici di merito hanno accertato, sulla base delle prove, che una dazione di denaro costituisce un prestito, non si può chiedere alla Cassazione di rivedere tale accertamento e di sposare una tesi alternativa (es. obbligazione naturale o donazione). Il ricorso è stato quindi respinto perché mirava a una rivalutazione del materiale probatorio, attività che esula completamente dalle funzioni della Suprema Corte.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce due principi fondamentali:
1. Onere della prova: Chi trasferisce una somma di denaro e ne chiede la restituzione ha l’onere di provare che si trattava di un prestito (mutuo). L’esito della causa dipende quindi dall’accertamento dei fatti operato dal giudice di merito.
2. Limiti del giudizio di Cassazione: La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito. Il suo ruolo è quello di garante della corretta applicazione del diritto. Questa decisione serve da monito: le strategie processuali basate su un tentativo di rimettere in discussione l’intero quadro probatorio davanti alla Suprema Corte sono destinate al fallimento.

Chi deve provare che una somma di denaro trasferita al convivente era un prestito e non un regalo?
La parte che ha erogato la somma e ne chiede la restituzione ha l’onere di provare in giudizio che si trattava di un prestito, con un conseguente obbligo di restituzione per chi lo ha ricevuto. L’accertamento di questa prova spetta ai giudici di merito.

Una dazione di denaro tra partner può essere considerata un’obbligazione naturale legata alla convivenza?
Sì, le attribuzioni patrimoniali tra conviventi possono essere qualificate come adempimento di obbligazioni naturali. Tuttavia, nel caso specifico, i giudici di merito hanno accertato, sulla base delle prove, che la dazione di denaro costituiva un prestito e non l’adempimento di un dovere morale o sociale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le testimonianze o altre prove per contestare la decisione di un giudice?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Può solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente sulla base dei fatti così come accertati dalla Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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