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Prestito tra coniugi: i messaggi WhatsApp valgono?

Un marito si opponeva a un decreto ingiuntivo per la restituzione di 20.000 euro alla moglie, sostenendo che si trattasse di un contributo per i bisogni familiari. Il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione, confermando che si trattava di un prestito tra coniugi. La decisione si è basata principalmente su messaggi WhatsApp in cui l’uomo ammetteva la natura del prestito e prometteva la restituzione, dimostrando il valore probatorio delle comunicazioni digitali.

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Prestito tra Coniugi: la Prova via WhatsApp è Decisiva

Un prestito tra coniugi può creare complesse questioni legali, specialmente quando la relazione si deteriora. La linea tra un aiuto economico per la famiglia e un vero e proprio prestito da restituire può essere sottile. Una recente sentenza del Tribunale di Roma del 2 ottobre 2024 ha fatto luce su questo tema, stabilendo che i messaggi scambiati su WhatsApp possono costituire una prova decisiva per dimostrare l’esistenza di un obbligo di restituzione. Questo caso evidenzia come le comunicazioni digitali informali abbiano assunto un peso determinante nei procedimenti giudiziari.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dall’opposizione di un marito a un decreto ingiuntivo di 20.000 euro ottenuto dalla moglie. Quest’ultima sosteneva di aver prestato tale somma al marito tramite tre bonifici, specificando nella causale “prestito infruttifero”.
Il marito, invece, si difendeva affermando che il denaro non era un prestito, ma un semplice contributo della moglie per far fronte ai bisogni familiari. Sosteneva, quindi, che la somma non dovesse essere restituita, in quanto si trattava di un’obbligazione naturale eseguita in adempimento di doveri morali e sociali tra coniugi.

L’Analisi del Tribunale sul Prestito tra Coniugi

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione del marito, basando la sua decisione su un’attenta analisi delle prove, in particolare dei messaggi WhatsApp prodotti dalla moglie. In queste conversazioni, il marito riconosceva esplicitamente la natura del trasferimento di denaro.
Frasi come “me li hai voluti prestare te” e “Comunque ti restituirò tutto” sono state considerate dal giudice come un’ammissione inequivocabile dell’esistenza di un obbligo di restituzione.
Il Tribunale ha ritenuto irrilevante il tentativo del marito di sminuire il valore di tali messaggi, definendoli scritti “a titolo goliardico”, poiché tale affermazione appariva generica e poco verosimile. Inoltre, il giudice ha sottolineato che, sebbene la causale “prestito infruttifero” fosse stata inserita unilateralmente dalla moglie, il marito non l’aveva mai contestata, un silenzio che ha contribuito a rafforzare la tesi del prestito.

La Differenza tra Contributo Familiare e Prestito

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: non tutte le somme scambiate tra coniugi sono automaticamente contributi per i bisogni della famiglia. Mentre i contributi sono irripetibili perché adempiono a un dovere morale e legale, un prestito crea un obbligo di restituzione.
Nel caso specifico, il marito non ha fornito alcuna prova che i 20.000 euro fossero stati effettivamente utilizzati per spese familiari. Questa mancanza di prove, unita alle sue ammissioni via chat, ha portato il giudice a concludere che si trattava a tutti gli effetti di un mutuo, seppur informale e senza interessi.

Le Motivazioni della Decisione

Il giudice ha ritenuto provata l’erogazione della somma e, soprattutto, la sua qualificazione come prestito sulla base di un quadro probatorio chiaro e coerente. I messaggi WhatsApp sono stati considerati una prova piena, in linea con l’orientamento della Cassazione che riconosce valore probatorio agli SMS e, per estensione, a tutte le comunicazioni digitali. L’ammissione dell’obbligo di rimborso nelle chat ha superato la presunzione di contributo familiare. Il Tribunale ha anche identificato un termine implicito per la restituzione basandosi su un messaggio in cui il marito prometteva di pagare “dopo le feste”, interpretato come la Pasqua successiva. Di conseguenza, l’opposizione è stata respinta e il decreto ingiuntivo è stato dichiarato esecutivo.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che le comunicazioni digitali sono strumenti di prova potenti e possono essere decisive per risolvere controversie economiche, anche all’interno della famiglia. In secondo luogo, chiarisce che per qualificare una somma come contributo familiare non basta affermarlo, ma è necessario dimostrare la sua effettiva destinazione. In assenza di prove contrarie e in presenza di un’ammissione di debito, anche informale, il trasferimento di denaro tra coniugi viene considerato un prestito tra coniugi che deve essere restituito.

Una somma di denaro trasferita da un coniuge all’altro è sempre considerata un contributo per la famiglia?
No. Secondo la sentenza, sebbene esista una presunzione di contributo per i bisogni familiari, questa può essere superata. Se la parte che ha ricevuto il denaro ammette, anche informalmente (ad esempio tramite WhatsApp), di doverlo restituire, e non prova che la somma sia stata usata per spese familiari, il trasferimento viene qualificato come prestito.

I messaggi WhatsApp hanno valore di prova legale in un processo?
Sì. Il Tribunale ha confermato che i messaggi WhatsApp, se ritenuti genuini e coerenti con altri elementi, costituiscono una prova efficace per dimostrare l’esistenza di un accordo, come un prestito. La loro natura informale non ne diminuisce il valore probatorio.

La causale “prestito infruttifero” su un bonifico è sufficiente a provare un prestito?
Da sola, potrebbe non essere sufficiente, in quanto è una dichiarazione unilaterale di chi effettua il bonifico. Tuttavia, come in questo caso, se la parte che riceve la somma non contesta mai tale causale e, anzi, in altre sedi (come le chat) riconosce l’obbligo di restituzione, la causale diventa un elemento indiziario importante che rafforza la tesi del prestito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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