Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22919 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22919 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 17308 del ruolo generale dell’anno 2024 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE (numero di iscrizione al Registro delle Imprese di Roma e C.F. e P.I. n. P_IVA), quale gestore della RAGIONE_SOCIALE Sulmona, sita in Sulmona (AQ), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore Dott. NOME COGNOME, con sede in Roma, INDIRIZZO; RAGIONE_SOCIALE (C.F. e P.IVA P_IVA), quale procuratrice speciale della RAGIONE_SOCIALE (cessionaria dei crediti originariamente maturati dalla casa di cura San NOMECOGNOME, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentate e difese -in virtù di procure speciali in calce al ricorso -anche disgiuntamente, dagli Avvocati NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, fax: NUMERO_TELEFONO, e.mail: EMAIL
EMAIL, pec: EMAIL) e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, fax: NUMERO_TELEFONO, e.mail: EMAIL; pec: EMAIL), ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, alla INDIRIZZO e
con domicilio digitale EMAIL e EMAIL
Ricorrenti
contro
Azienda Sanitaria Locale (RAGIONE_SOCIALE Lanciano -Vasto -Chieti (c.f.: P_IVA), succeduta dal 01.01.10 alla Azienda Sanitaria Locale di Chieti ed alla Azienda Sanitaria Locale di Lanciano -Vasto in forza di Leggi regionali nn. 5/08 e 17/09 (art. 5) e DGRA 28.12.09, n. 796, in persona del suo Direttore Generale pro tempore, con sede legale in Chieti, alla INDIRIZZO, INDIRIZZO ( ex INDIRIZZO), rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Chieti (c.f.: CODICE_FISCALE) (Pec: EMAIL) (telefax: NUMERO_TELEFONO) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, sito in Chieti, alla INDIRIZZO giusta procura speciale allegata all’originale del controricorso e firmata digitalmente, rilasciata in forza della Deliberazione del medesimo D.G. n. 1389 del 06.09.2024.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n° 121 depositata il 25 gennaio 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Su ricorso della RAGIONE_SOCIALE il tribunale di Chieti ingiungeva alla Azienda sanitaria locale n° 2 Lanciano -Vasto -Chieti di pagare alla ricorrente 186.889,19, oltre interessi, a titolo di prestazioni sanitarie rese nell’anno 2008.
Il decreto veniva opposto dall’Asl, che eccepiva l’inesistenza di un contratto scritto (oltre alla prescrizione del credito e all’inapplicabilità degli interessi commerciali ex d.lgs. n° 231/2002).
La San Raffaele opponeva che la mancata stipulazione dell’accordo era dipesa dall’inerzia della Regione e che, comunque, che essa aveva un diritto ad essere indennizzata ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.
Interveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratrice speciale della RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti della Società opposta, aderendo alle difese della San Raffaele.
Il tribunale rigettava tutte le domande della ricorrente.
2 .-Con la sentenza menzionata in epigrafe la Corte d’appello dell’Aquila nel contraddittorio con le appellate Asl e Cois -ha respinto l’impugnazione proposta dalla San Raffaele.
In particolare, la Corte ha ribadito che -senza un provvedimento di accreditamento, ex art. 8 del d.lgs. n° 502/1992, e senza la stipula di un accordo, ex art. 8quinquies del predetto d.lgs., inteso a regolare il volume massimo delle prestazioni erogate, i requisiti del servizio e l’ammontare dei corrispettivi -non sorgeva alcun diritto alla remunerazione delle prestazioni rese dalle strutture private.
Del pari irrilevante, ai fini del compenso, era la mera prosecuzione di fatto dell’attività, sebbene accompagnata da provvedimenti amministrativi della Regione.
Quanto alla domanda ex art. 2041 cod. civ., la Corte ne ha rilevato le genericità, essendo stata formulata senza alcun riferimento obiettivo all’individuazione dell’arricchimento ingiustificato e non apparendo idoneo il criterio del dieci percento, fissato dalla giurisprudenza con riferimento alla disciplina delle opere pubbliche e dei relativi appalti, cioè con riguardo ad un settore completamente diverso da quello sanitario.
Ha osservato, inoltre, che l’indennità prevista dall’art. 2041 c.c. è limitata al danno emergente e non si estende al lucro cessante, dovendo essere liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dalla parte nell’erogazione della prestazione e non in misura coincidente con il mancato guadagno.
Pertanto, l’appellante avrebbe dovuto fornire obiettivi criteri per l’individuazione e la determinazione della predetta diminuzione patrimoniale, non potendosi applicare una mera riduzione in percentuale dell’intero importo delle prestazioni richiesto e neppure ricorrere alla liquidazione equitativa.
3 .- Ricorrono per cassazione San Raffaele e Cois, nella qualità sopra menzionata, affidando l’impugnazione a tre motivi.
Resiste l’Asl, che conclude per la reiezione del gravame.
Il Consigliere delegato in data 10 ottobre 2024 ha formulato una Proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ma le ricorrenti con atto del 19 novembre 2024 hanno chiesto la decisione della lite.
Il ricorso è stato, quindi, assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Le parti hanno depositato le memorie previste dall’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo -intitolato ‘ Art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 16 e 17 R.D. n. 2440/1923, art 1 e art. 13 D.lgs. n. 502/1992 e smi, art. 6 comma 6 L. n. 724/1994, Titolo V della Costituzione (art. 117 Cost) ‘ -le ricorrenti deducono che la mancata sottoscrizione dell’accordo era dipesa unicamente dalla Regione Abruzzo, ‘ travolta da una serie di vicende giudiziarie ‘, tanto che il Commissario ad acta con decreto n° 3 del 5 novembre 2008 aveva fissato il budget complessivo per le prestazioni sanitarie di quell’anno, assegnando alla San Raffaele una remunerazione di euro 197.386,00.
La mancanza di un accordo non faceva, dunque, venir meno la natura contrattuale del rapporto tra Asl e struttura privata, con la conseguente permanenza in capo a quest’ultima dell’obbligo di erogare le prestazioni sanitarie (onde conservare i livelli essenziali
di assistenza) e del corrispondente diritto di ricevere una remunerazione.
L’interpretazione della Corte avrebbe, dunque, leso il legittimo affidamento dell’impresa: infatti, mentre la legge sulla contabilità di Stato (r.d. n° 2440/1923) imporrebbe la presenza di un contratto scritto in ragione della natura patrimoniale dei beni e servizi prestati, le norme in tema di ordinamento sanitario (legge n° 833/1978 e d.lgs. n° 502/1992), essendo dirette alla tutela del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.), non richiederebbero sempre la redazione di un contratto scritto, non potendosi ammettere una soluzione di continuità nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, come peraltro ammesso anche da questa Corte nella sentenza n° 1740/2011.
Col secondo motivo -rubricato ‘ Art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., ed all’art. 2 Cost, in relazione al principio dell’apparenza del diritto e della tutela dell’affidamento elaborato dalla Suprema Corte, con conseguente responsabilità contrattuale fissata con la sentenza a S. U. n. 8236/2020 ‘ -le ricorrenti insistono nel predicare l’affidamento della San Raffaele.
Quest’ultima, infatti, avrebbe continuato ad erogare le prestazioni sanitarie in ottemperanza agli atti autoritativi regionali, anche se nell’anno 2008 la Regione non stipulò alcun contratto con gli erogatori privati per vicende giudiziarie alle quali essi erano estranei, essendo, questi ultimi, oltretutto privi di poteri e strumenti per imporre alla Regione la stipula di un contratto ripetitivo di delibere tariffarie fissate dalla stessa Regione per quella annualità.
5 .- I due mezzi, esaminabili congiuntamente in considerazione del comune tema che pongono (quello dell’affidamento), sono inammissibili.
Anzitutto, come rilevato nella Proposta di definizione del giudizio, il tema predetto non risulta trattato nella sentenza impugnata.
Era, pertanto, onere delle ricorrenti, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (così Cass., sez. VI, 13 dicembre 2019, n° 32804; negli stessi termini anche le altre decisioni citate nella Proposta di definizione ex art. 380bis cod. proc. civ.).
Peraltro, il principio è stato enunciato dalle ricorrenti in modo del tutto generico, ossia con riferimento a fatti indeterminati (vicende giudiziarie che avrebbero interessato la Regione): evenienza che determina un ulteriore profilo di inammissibilità.
Da ultimo, giova osservare che il principio dell’affidamento pur essendo astrattamente idoneo, ricorrendo determinate ulteriori circostanze, a fondare una pretesa risarcitoria -non può certo supplire alla mancanza di un contratto scritto tra PA e privato, a meno di non voler stravolgere l’interpretazione costantemente data dalla giurisprudenza di legittimità agli artt. 16 e 17 del r.d. n° 2440/1923, la quale, in tema di prestazioni sanitarie, ha sempre ritenuto che il passaggio dal regime di convenzionamento esterno a quello dell’accreditamento non ha modificato la natura del rapporto esistente tra l’Amministrazione e le strutture private, rimasto di natura sostanzialmente concessorio, con la conseguenza che non può essere posto a carico delle Regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale, idoneo a riconoscere alla struttura la qualità di soggetto accreditato, o al di fuori di singoli e specifici contratti presupponenti la forma scritta ad substantiam (Cass., sez.
I, 16 agosto 2024 n° 22887, oltre alle altre decisioni citate nella PDA).
8 .- Col terzo mezzo (‘ Art. 360, primo comma, n. 3 cpc in relazione all’art. 2041 CC, all’art. 3 del Decreto Ministeriale Sanità 15 aprile 1994, all’art. 8 sexies D. Lgs. n. 502/1992 e smi, art. 32 Cost ‘) le ricorrenti deducono che il criterio del dieci per cento per la determinazione dell’utile derivante dai contratti tra privati e PA era congruo, poiché la materia degli appalti pubblici (per la quale tale criterio era previsto) era sostanzialmente sovrapponibile a quella delle prestazioni sanitarie, come del resto deciso anche dalla Corte di giustizia UE nella causa C-280/2000.
Peraltro, dato che le prestazioni erano state rese in base agli stessi DRG (ossia su raggruppamenti omogenei di patologie e di correlative remunerazioni), contenenti le voci di costo di ogni singola prestazione, era evidente che il danno emergente fosse almeno pari alle voci di costo dei DRG.
9 .- Come già esposto nella PDA, il mezzo è inammissibile, non cogliendo l’esatta ratio decidendi della sentenza impugnata.
La Corte, infatti, oltre ad aver disatteso la domanda fondata sull’art. 2041 cod. civ. per genericità, ha anche precisato che con riguardo all’azione di indebito arricchimento nei confronti della Pubblica Amministrazione conseguente a servizi resi in esecuzione di un rapporto di fatto, l’indennità prevista dall’art. 2041 cod. civ. è limitata al danno emergente e non si estende al lucro cessante.
Le ricorrenti, senza curarsi di tale passaggio logico della sentenza, continuano a censurarla affermando che il criterio del dieci per cento sarebbe congruo in considerazione delle voci di costo indicate nei DRG, ossia in sostanza prospettando, ancora una volta, un criterio di liquidazione dell’indennizzo basato su un utile mancato.
10 .-All’inammissibilità del ricorso segue la condanna solidale delle ricorrenti alla rifusione delle spese di lite in favore della parte resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al valore della lite
(euro 186,8 mila) ed al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022 -si rimanda al dispositivo che segue.
Segue inoltre la condanna solidale delle ricorrenti al pagamento in favore della controparte di una ulteriore somma equitativamente determinata in misura pari alle spese di lite, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, e della somma di euro 2.500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. Va, infine, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale delle ricorrenti, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna in solido le ricorrenti a rifondere alla parte resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 10.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Condanna in solido le ricorrenti a pagare alla resistente la somma equitativamente determinata di euro 10.000,00. Condanna ciascuna delle ricorrenti a pagare alla cassa delle ammende la somma di euro 2.500,00. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater , del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico solidale delle ricorrenti, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 24 aprile 2025, nella camera di