Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6757 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6757 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 9276/2021 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, ‘ già socio e liquidatore della cessata RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE ‘, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, BINDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, in persona del suo presidente e legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla INDIRIZZO.
–RAGIONE_SOCIALE – e nei confronti di
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
– intimati – avverso la sentenza, n. cronol. 2532/2020, della CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA pubblicata il giorno 28/09/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
05/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 . Con atto notificato il 4 febbraio 2013, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE citò in giudizio la RAGIONE_SOCIALE per sentirne accertare l’inadempimento alla convenzione, tra esse intercorsa, per la messa a disposizione di un complesso orchestrale per l’esec uzione di attività artistico musicali, la cui durata originaria era stata fissata dall’1 settembre 2003 al 30 giugno 2006, successivamente rinnovatasi per un uguale periodo di tempo, ed ottenerne, previa risoluzione della stessa, la condanna al pagamento d i € 3.670.400,00, a titolo di penale contrattualmente sancita, con pubblicazione del dispositivo della relativa decisione su due quotidiani e due riviste di categoria.
1.1. Costituitasi la convenuta, che contestò integralmente le avverse pretese, l’adito Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 22 dicembre 2016/4 gennaio 2017, n. 226, ritenuta la propria giurisdizione e considerata la natura di organismo di diritto pubblico della RAGIONE_SOCIALE predetta, dichiarò la nullità
della convenzione suddetta rinnovatasi il 31 gennaio 2012, attesa la totale mancanza di gara pubblica, rigettando, conseguentemente, le domande dell’attrice.
Il gravame proposto da quest’ultima contro questa pronuncia fu respinto dalla Corte di appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 28 settembre 2020, n. 2532, resa nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Per quanto qui di interesse, quella corte confermò la natura di soggetto di diritto pubblico della RAGIONE_SOCIALE appellata e considerò, comunque, come ‘ non infungibile ‘ la prestazione dell’appellante, con conseguente inapplicabilità, nella specie, dell’art. 57, comma 2, del Codice dei contratti pubblici.
Per la cassazione dell’appena descritta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, ‘ già socio e liquidatore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘, medio tempore estintasi per avvenuta cancellazione di ufficio, ex art. 2490 cod. civ., dal RAGIONE_SOCIALE delle Imprese, affidandosi a due motivi. Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE, eccependo, pregiudizialmente, l’inammissibilità dell’avverso ricorso per carenza di legittimazione attiva del COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ..
3.1. La Prima Sezione civile di questa Corte, investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 23/25 maggio 2023, n. 14512, ritenuta configurabile, nel caso di specie, per quanto ivi spiegato, una situazione di litisconsorzio necessario, per ragioni processuali, tra il COGNOME e gli altri soci della ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘ al momento dell’avvenuta sua cancellazione dal RAGIONE_SOCIALE delle imprese, ha ordinato al ricorrente, ex art. 331 cod. proc. civ., la integrazione del contraddittorio nei confronti di questi ultimi, assegnandogli il termine per il relativo adempimento e rinviando la causa a nuovo ruolo. Nessuno di coloro cui è stato notificato l’atto di integrazione del contraddittorio ha svolto difese in questa sede. In prossimità della nuova adunanza camerale del 5 marzo 2024, entrambe le parti costituite hanno depositato altre memorie ex art.
380bis .1 cod. proc. civ. e la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’odierna impugnazione, ex art. 331, comma 2, cod. proc. civ., stante l’omessa notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio agli eredi di NOME COGNOME e la carenza di prova di analoga integrazione nei confronti dei soggetti ivi indicati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va rilevato, pregiudizialmente, quanto all’inammissibilità del ricorso eccepita dalla RAGIONE_SOCIALE per carenza di legittimazione attiva del COGNOME, che la relativa questione deve intendersi superata dalle argomentazioni di cui all’ordinanza interlocutoria del 23/25 maggio 2023, n . 14512, da intendersi qui interamente richiamate.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, poi, nella propria memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. datata 21 febbraio 2024, ha ascritto al ricorrente suddetto di non aver ritualmente ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio nei termini di cui all’ appena menzionata ordinanza interlocutoria. In particolare, ha eccepito l’omessa notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio: i ) agli eredi di NOME COGNOME, già socio della RAGIONE_SOCIALE al momento della sua avvenuta cancellazione dal RAGIONE_SOCIALE delle imprese, medio tempore deceduto il 31 ottobre 2022; ii ) nei confronti di NOME COGNOME, anch’egli socio dell’ indicata società all’atto della sua estinzione , non risultando prodotta la corrispondente documentazione attestante, invece, l’avvenuta notifica; iii ) agli altri soci NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, non risultando « prodotta la documentazione attestante l’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’Ufficiale Giudiziario informa il destinatario della notifica dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c. ». Per effetto delle descritte omissioni, ha chiesto dichiararsi la inammissibilità della odierna impugnazione ai sensi dell’art. 331, comma 2, cod. proc. civ..
2.1. Tanto premesso, osserva il Collegio che, innanzitutto, devono essere ribadite, anche in questa sede, le argomentazioni in forza delle quali la citata ordinanza interlocutoria n. 14512/23 ha ritenuto configurabile, nel caso di specie, una situazione di litisconsorzio necessario, per ragioni processuali, tra
il COGNOME e gli altri soci della ‘ RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE ‘ al momento dell’avvenuta sua cancellazione dal RAGIONE_SOCIALE delle imprese, imponendo, pertanto, all’odierno ricorrente, ex art. 331, comma 1, cod. proc. civ., la integrazione del contraddittorio nei confronti di questi ultimi.
2.2. A quelle argomentazioni va pure aggiunto, ad ulteriore conferma della necessità della disposta integrazione del contraddittorio, che: i ) nelle sentenze rese da Cass., SU, nn. 6070 e 6071 del 2013, di cui quella ordinanza interlocutoria riporta ampi stralci, dopo essersi affermato che « Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 299 e segg. c.p.c., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci », si è puntualizzato che « Ove, invece, l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta » ( cfr . pag. 18 di Cass., SU, n. 6070 del 2013. Idem pag. 17 di Cass., SU, n. 6071 del 2013. Nello stesso senso, anche la più recente Cass. n. 25869 del 2020 ). Quest’ultima ipotesi è proprio quella verificatasi nell’odierna vicenda processuale, in cui la cancellazione della società appellante dal RAGIONE_SOCIALE delle imprese è avvenuta nel novembre 2018, pendente, quindi, il giudizio di gravame, ma il relativo evento non è stato in esso dichiarato. Pertanto, la impugnazione della sentenza pronunciata dalla corte distrettuale non poteva che provenire dai soci della società estinta o essere indirizzata nei confronti di questi ultimi, da considerarsi, appunto, ‘ giusta parte ‘ del processo di impugnazione da instaurarsi, salvo quanto appresso si dirà circa la richiesta di pagamento della penale formulata ab origine dalla menzionata società; ii ) la domanda di risoluzione della convenzione originariamente proposta dalla medesima società poi cancellata dal RAGIONE_SOCIALE delle imprese e dalla stessa ribadita in
appello, imponeva comunque la partecipazione al giudizio di tutti i contraenti (e, dunque, per la parte contraente RAGIONE_SOCIALE, estintasi nel 2018, di tutti i suoi soci, per effetto del fenomeno successorio di cui è dato ampi amente conto mediante il richiamo, anche nell’ordinanza interlocutoria n. 14512/2023, alle pronunce rese da Cass., SU, nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013), poiché un contratto unico non può divenire inefficace per alcuni dei soggetti che vi hanno partecipato e rimanere in vita per altri ( cfr . sostanzialmente in tal senso Cass. n. 2969 del 2019; Cass. n. 9042 del 2016; Cass. n. 27302 del 2005).
2.3. Fermo quanto precede, merita sicuramente condivisione l’affermazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE secondo cui il COGNOME non ha ritualmente ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio nei termini di cui all’ordinanza interlocutoria suddetta, nella misura in cui non ha provveduto a notificare il corrispondente atto agli eredi di NOME COGNOME, già socio della RAGIONE_SOCIALE al momento della sua avvenuta cancellazione dal RAGIONE_SOCIALE delle imprese, medio tempore deceduto il 31 ottobre 2022.
2.3.1. Invero, il ricorrente ha giustificato tale omissione ( cfr . la nota depositata il 9 ottobre 2023) invocando la clausola dello Statuto della menzionata società da cui si evince -art. 6.6. -che, in caso di decesso del socio, si verifica l’accrescimento delle quote e dei diritti degli altri soci.
2.3.2. Opina, tuttavia, il Collegio che, essendo il COGNOME deceduto in data 31 ottobre 2022, non può invocarsi, ai fini della regolazione della eventuale successione sulla quota sociale del medesimo, quanto previsto dallo statuto della indicata società, essendosi quest’ultima estinta fin dal 2018, così come ammette lo stesso COGNOME nel suo ricorso introduttivo (cfr. pag. 6).
2.3.3. Alteris verbis , se la società non esiste più f in dall’anno 2018, non è possibile richiamare, nel 2023 (anno della disposta integrazione del contraddittorio), in relazione ad un evento (la sopravvenuta morte) che ha colpito uno dei suoi soci nel 2022, le regole del suo statuto, trattandosi evidentemente di uno statuto non più RAGIONE_SOCIALEnte ed efficace siccome riferito,
appunto, a società estinta da oltre quattro anni. Oggi, quindi, la successione della quota societaria già appartenuta al COGNOME deve intendersi regolata dalle disposizioni del codice civile specificamente riguardanti il verificarsi di una simile fattispecie in relazione ad una società di capitali, quale è, notoriamente, la società a responsabilità limitata (ricordandosi che soltanto con riferimento alle società di persone, la morte del socio comporta, salvo contraria disposizione del contratto sociale, lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a lui, con diritto degli eredi ad ottenere la RAGIONE_SOCIALE della sua quota. Cfr . art. 2284 cod. civ.).
2.4. L’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi del COGNOME non è idonea, però, ad avviso del Collegio, a cagionare la declaratoria di inammissibilità, ex artt. 331, comma 2, cod. proc. civ., dell’intero odierno procedimento di legittimità.
2.4.1. Giova ricordare, invero, che la RAGIONE_SOCIALE ha intrapreso questo giudizio, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per sentirne accertare l’inadempimento alla convenzione, tra esse intercorsa, per la messa a disposizione di un complesso orchestrale per l’esecuzione di attività artistico musicali, la cui durata originaria era stata fissata dall’1 settembre 2003 al 30 giugno 2006, successivamente rinnovatasi per un uguale periodo di tempo, ed ottenerne, previa risoluzione della stessa, la condanna al pagamento di € 3.670.400,00, a titolo di penale contrattualmente sancita. In altri termini, le domande originariamente formulate dalla società attrice, e dalla stessa ribadite in appello ( cfr . le sue conclusioni rinvenibili nella sentenza oggi impugnata), erano sostanzialmente due: quella di risoluzione della menzionata convenzione e quella di pagamento, a titolo di risarcimento danni, della penale ivi stabilità per il caso di inadempimento.
2.4.2. Orbene, se, per la prima di esse, la già descritta situazione di litisconsorzio processuale di tutti i suoi soci, quali subentranti alla parte contraente RAGIONE_SOCIALE dopo la sua estinzione per effetto del fenomeno successorio, di cui si è già detto, descritto da Cass., SU, nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013, sicuramente imponeva la loro
partecipazione in questo procedimento di legittimità, sicché l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti di uno di essi ( rectius dei suoi eredi) non può che determina la inammissibilità, in parte qua , dell’odierna impugnazione, non altrettanto è a dirsi con riferimento alla seconda delle domande suddette, quella, cioè, volta ad ottenere il pagamento della indicata penale a titolo di risarcimento danni.
2.4.3. In proposito, infatti, è sufficiente ricordare che, come ribadito dalla qui condivisa Cass. n. 29610 del 2023 ( cfr . pag. 6 della motivazione), « la richiesta di applicazione di una clausola penale contrattualmente prevista per il caso di inadempimento -richiesta senza la quale il giudice che pronunzi la risoluzione del contratto non può statuire sull’applicazione della clausola non può considerarsi implicitamente contenuta nella domanda di risoluzione del contratto per inadempimento ovvero in quella di risarcimento del danno, stante l’indipendenza di tali domande da quella di pagamento della penale, la quale si c onfigura come autonoma sia rispetto all’inadempimento, potendo trovare applicazione tanto in ipotesi di domanda di risoluzione del contratto quanto in quella in cui venga proposta domanda di esecuzione coatta dello stesso, sia rispetto al danno, atteso che la penale può essere prevista anche in assenza di un concreto pregiudizio economico (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19272 del 12/09/2014; Sez. 2, Sentenza n. 10741 del 24/04/2008; Sez. 2, Sentenza n. 21587 del 15/10/2007; Sez. 2, Sentenza n. 771 del 25/01/1997) ». Ne consegue, quindi, che, ove sia proposta domanda di risoluzione del contratto, con richiesta di condanna della parte inadempiente al pagamento della penale convenzionalmente prevista (come accaduto nella fattispecie in esame), costituisce domanda autonoma, rispetto alla invocata risoluzione, quella volta all’applicazione della clausola penale .
2.4.4. In relazione a quest’ultima, dunque, si è al cospetto di una domanda diretta ad ottenere il pagamento di un preteso credito, nella specie asseritamente spettante alla società. Occorre muovere, allora, dal triplice rilievo che: i ) come sancito dalle più volte richiamate Cass., SU, nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013, l’avvenuta estinzione di una società determina un fenomeno successorio per cui, si trasferiscono ai soci, « in regime di
contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di RAGIONE_SOCIALE della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato »; ii ) come si è già chiarito nell’ordinanza int erlocutoria n. 14512/2023, « Cass. n. 13534 del 2021 (smentendo la corte di appello che aveva opinato, – con riferimento al motivo di impugnazione del lodo avente ad oggetto l’esclusione della successione in favore dei soci a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese RAGIONE_SOCIALEta d’ufficio ai sensi dell’art. 2490, comma 6, cod. civ. a causa del mancato deposito del bilancio da parte del liquidatore per tre anni consecutivi – che, alla stessa stregua dell’inerzia del liquidatore nel caso di mancato inserimento nel bilancio finale di RAGIONE_SOCIALE della posta attiva ancora incerta, anche nel caso di omesso deposito del bilancio per tre annualità consecutive la società aveva scelto, per mezzo del suo liquidatore, di restare inerte rispetto alle potenziali poste attive e che la cancellazione ex lege costituiva la conseguenza di un comportamento omissivo, ma pur sempre consapevole e volontario) ha rimarcato che ‘ Cass. 6 aprile 2018, n. 8582, richiamando analoga conclusione di Cass. 25 ottobre 2016, n. 21517, ha affermato che dalla mancata presentazione per oltre tre anni consecutivi del bilancio annuale, da cui consegue la cancellazione d’ufficio, non emerge un’inequivoca volontà abdicativa della posizione attiva da parte della società. Il Collegio intende dare continuità a tale indirizzo, anche alla luce della considerazione che nel caso di cancellazione officiosa per l’omissione reiterata nel triennio non è possibile scorgere, dietro alla cancellazione, un’univoca manifestazione di volontà di rinuncia, come potrebbe invece astrattamente essere nel caso in cui con la cancellazione volontaria la società abbia scelto di addivenire all’immediata estinzione ‘ ; Cass. n. 30075 del 2020, ha opinato che, nel caso di cancellazione della società dal registro delle imprese (tanto più se si tratta di cancellazione d’ufficio ex art. 2490, ultimo comma c.c.), non può ritenersi automaticamente
rinunciato il credito controverso, atteso che la regola è la successione in favore dei soci dei residui attivi, salvo la remissione del debito ai sensi dell’art. 1236 c.c., che deve essere allegata e provata con rigore da chi intenda farla valere, dimostrando tutti i presupposti della fattispecie, ossia la inequivoca volontà remissoria e la destinazione della dichiarazione ad uno specifico creditore »; iii ) giusta Cass. n. 15637 del 2019, se l’ ex socio « agisce per un credito della società estinta, pur rimanendo immutato il meccanismo successorio, la mancata RAGIONE_SOCIALE comporta soltanto che si instaurerà tra i soci medesimi un regime di contitolarità o comunione indivisa, onde anche la relativa gestione ne seguirà il regime proprio, con esclusione del litisconsorzio ».
2.4.5. Alla stregua dei princìpi tutti fin qui richiamati, che il Collegio condivide, ne consegue che, nel caso di specie: i ) esclusivamente con riferimento alla domanda di risoluzione della convenzione intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE (estintasi nel 2018) e la RAGIONE_SOCIALE era configurabile la descritta situazione di litisconsorzio necessario, per ragioni processuali, tra l’odierno ricorrente e gli altri della menzionata società al momento dell’avvenuta sua ca ncellazione dal RAGIONE_SOCIALE delle imprese (circostanza, questa, che ha determinato la necessità del corrispondente ordine ex art. 331, coma 1, cod., proc. civ.,) non anche per l’ulteriore domanda di pagamento della penale ivi pattuita per l’ipotesi di inadempimento; ii ) non è più possibile alcuna pronuncia sulla sola invocata risoluzione della convenzione suddetta, stante l’inammissibilità, esclusivamente in parte qua , dell’odierna impugnazione, mentre nulla osta all’esame della stessa con riguardo alla ulteriore domanda di pagamento della penale in essa comunque contenuta, circa la quale, peraltro, il fatto che il COGNOME abbia dichiarato di agire ‘ non pro quota, ma per l’intero credito societario ‘, non produce effetti pregiudizievoli posto che, in ogni caso, il più (cioè l’intero credito) certamente comprende il meno (la sua quota), ove pure volesse ipotizzarsi che lo stesso poteva agire solo con riferimento a quest’ultima.
2.5. Le appena riferite conclusioni, peraltro, consentono agevolmente di escludere qualsivoglia decisività, perché comunque inidonee a determinare l’inammissibilità della impugnazione del COGNOME, nella indicata qualità, con riferimento al pagamento della penale invocata: i ) all’ulteriore, già descritta, eccepita omessa prova della notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio nei confronti dei alcuni degli altri soci della RAGIONE_SOCIALE al momento della sua estinzione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (dimostrazione, per la verità, fornita, invece, dal ricorrente come emerge dalle cartoline e dagli avvisi di ricevimento depositati, ricordandosi, in proposito, che, giusta Cass. n. 18361 del 2018, « La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione ex art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio prevista dall’art. 380 bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti nel rispetto dell’art. 372, comma 2, c.p.c. »); ii ) alla circostanza, pure lamentata dalla RAGIONE_SOCIALE nella sua memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. datata 21 febbraio 2024, del non aver « alcun altro socio della estinta e cancellata società proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, né dichiarato di aderire all’impugnazione proposta dal solo signor NOME COGNOME ».
Ancora in via pregiudiziale, e ribadendo quanto già rimarcato, in proposito, nella menzionata ordinanza interlocutoria n. 14512/2023, il Collegio rileva che il documento allegato dal ricorrente alla sua Nota di deposito del 16 maggio 2023 – peraltro addirittura successiva alla scadenza
del termine per il deposito della memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. rispetto alla precedente adunanza camerale del 23 maggio 2023 – esula dal perimetro di cui all’art. 372 cod. proc. civ., sicché non se ne terrà conto ai fini della decisione perché inammissibile.
3.1. Altrettanto è a dirsi quanto alla eventuale documentazione depositata dal COGNOME unitamente alla memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. datata 23 febbraio 2014, ove concretamente differente da quella da lui già tempestivamente prodotta e non concernente le cartoline postali o gli avvisi di ricevimento relative alla effettuata notificazione del ricorso per integrazione del contraddittorio (per le quali, invece, vale il già riportato principio di Cass. n. 18361 del 2018).
Infine, vanno respinte le ulteriori eccezioni di inammissibilità dell’avverso ricorso, per asserita violazione del principio di sua autosufficienza, sollevate dalla RAGIONE_SOCIALE ( cfr . pag. 11 e ss. del controricorso).
4.1. Invero, è sufficiente qui solo evidenziare che nel ricorso è presente l’esposizione sommaria dei fatti della causa, mediante gli essenziali riferimenti ai precedenti gradi di giudizio (pagine 2-5); è indicata la decisione impugnata (art. 366, comma 1, n. 2, cod. proc. civ.), non essendo affatto prescritta dal medesimo art. 366 cod. proc. civ. la trascrizione integrale della stessa; i suoi motivi sono sufficientemente specifici; la decisione sul ricorso non suppone, infine, l’esame di documenti su cui esso sia fondato, per cui non hanno rilievo le prescrizioni dettate dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. ( cfr ., in termini, Cass. n. 12417 del 2017);
Tanto premesso, i formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente:
« Violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) », contestandosi le argomentazioni utilizzate dalla corte distrettuale per giungere a confermate la natura giuridica di soggetto di diritto pubblico della RAGIONE_SOCIALE. Si sostiene, inoltre, che la prestazione fornita dall’RAGIONE_SOCIALE (‘ ingaggio artistico ‘) era da considerarsi ‘ infungibile ‘, sicché, per sua natura, nemmeno
poteva essere « oggetto di alcun bando di gara, dal momento che, tra l’altro, la ‘scrittura’ di un artista e, più nello specifico, di un’orchestra, risponde a criteri di scelta legati ai requisiti peculiari unici di quell’insieme di musicisti che la identificano e che sono dovuti a molteplici fattori, tra cui il loro repertorio e le caratteristiche dell’organico, in quanto tale. Ciò vale, a maggior ragione, quando, come nel caso per cui è processo, RAGIONE_SOCIALE, trasformatasi nell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, era stata voluta, creata e finalizzata ad un obbiettivo, che travalicava la professionalità dell’orchestra: dar vita ad un gruppo di musicisti del ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘, ovvero un unicum , avente propri connotati, un know how , esportabile (e promuovibile) nel mondo intero proprio in quanto strutturato in quel modo, luogo e territorio »;
II) « Nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.) », perché la decisione impugnata era stata deliberata nella camera di consiglio del 14 luglio 2020, ancor prima della scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica ex art. 190 cod. proc. civ., spirato il 27 luglio 2020.
Il primo dei descritti motivi si rivela fondato alla stregua delle dirimenti considerazioni di cui appresso.
6.1. Non è necessario indugiare ulteriormente, in questa sede, circa la possibilità, o meno, di attribuire effettivamente alla RAGIONE_SOCIALE la natura di organismo di diritto pubblico (negata dal ricorrente), essendo qui sufficiente rimarcare che, ove pure si propenda, come ha mostrato di fare la corte felsinea, per la prima soluzione, ciò nondimeno la sentenza impugnata non sarebbe meritevole di conferma.
6.2. Invero, sia il tribunale che la corte di appello assumono, in sostanza, che, per effetto della qualificazione di organismo di diritto pubblico attribuibile alla menzionata RAGIONE_SOCIALE, la stessa sarebbe tenuta al rispetto della normativa dettata in tema di contratti pubblici, sicché la convenzione di cui si discute (stipulata tra le parti l’8 agosto 2003, con durata dall’1 settembre 2003 al 30 giugno 2006, e più volte rinnovatasi, da ultimo nel 2012) è stata
ritenuta nulla perché non preceduta da apposita gara pubblica per il conferimento di quello che il tribunale ha qualificato come ‘ appalto di servizi ‘ .
6.2.1. In particolare, si legge nella sentenza oggi impugnata che: i ) « la mancanza di gara che la RAGIONE_SOCIALE era tenuta ad espletare per la prosecuzione del rapporto (quantomeno per il periodo dal 1° settembre 2009 al 30 giugno 2012), determina la nullità del contratto tacitamente rinnovato, ai sensi dell’art. 57, ultimo comm a, del d.lgs. n. 163 del 2006. Ne deriva, ancora, che la clausola penale contenuta nell’art. 9 della Convenzione 8 agosto 2003 non può essere invocata, in ragione della nullità originaria della clausola di rinnovo (art. 5) e, comunque, in ragione della nullità del contratto rinnovato in violazione dell’art. 57, ultimo comma »; ii ) « Giova solo aggiungere che non appare invocabile, nella presente fattispecie, l’art. 57, secondo comma, lettera b), del Codice dei contratti pubblici, il quale ammette la ‘procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara’ nel caso in cui ‘(…) per ragioni di natura (…) artistica (…) il contratto possa essere affidato unicamente ad un RAGIONE_SOCIALEtor e economico determinato’, giacché è palese che l’RAGIONE_SOCIALE appellante non era affatto l’unico RAGIONE_SOCIALEtore in grado di provvedere all’esecuzione delle opere liriche e sinfoniche da eseguire nel teatro regio di RAGIONE_SOCIALE, come si desume dal fatto che prima tale servizio era affidato alla RAGIONE_SOCIALE e dopo venne affidato all’RAGIONE_SOCIALE » ( cfr . pag. 9-10).
6.3. Osserva, tuttavia, il Collegio che ciò che non persuade minimamente nella impugnata decisione della corte distrettuale è la ivi ritenuta sostanziale fungibilità delle prestazioni fornite dall’insieme dei componenti dell’RAGIONE_SOCIALE, giungendosi addirittura al punto di affermare che tanto emergeva dalla circostanza che, prima e dopo detta orchestra, altri ‘ RAGIONE_SOCIALEtori ‘ erano stati in grado di ‘ provvedere all’esecuzione delle opere liriche e sinfoniche da eseguire nel teatro regio di RAGIONE_SOCIALE ‘ .
6.3.1. Così opinando, però, quella corte mostra di non considerare in alcun modo le particolarità proprie delle prestazioni fornite, nel suo insieme, da un’orchestra, connotate, come è intuitivo, non solo da specifiche e peculiari caratteristiche sonore che ne qualificano l’una rispetto ad una altra,
al punto da ritenere ragionevolmente ipotizzabile anche la irriproducibilità del medesimo suono da parte di orchestre differenti, ma anche dal fatto che è necessario che ogni elemento che la compone conosca perfettamente il proprio compito e sappia ascoltare, seguire, e suonare assieme agli altri per culminare in una perfezione armonica e temporale comune.
6.3.2. Alteris verbis , come affatto condivisibilmente rimarcato dalla difesa del ricorrente, l’ingaggio artistico, allorquando riguardi un’orchestra nel suo insieme, afferisce a prestazioni che possono assumere natura infungibile, rispondendo a criteri di scelta legati ai requisiti peculiari magari unici di quell’insieme di musicisti che la identificano e che sono dovuti a molteplici fattori, tra cui il loro repertorio e le caratteristiche dell’organico in quanto tale . La fiducia nelle particolari qualità d ell’insieme costituente l’orchestra può rappresentare, dunque, un elemento fondamentale del rapporto, essenziale per la prestazione, oltre che per la permanenza, del consenso del teatro che dell’attività di quell’orchestra intenda avvalersi .
6.3.3. Ponendosi, correttamente, in quest’ottica, allora, appare decisamente fuori luogo declassare la prestazione di un’orchestra , in via generale, ad una mera ‘ fornitura ‘ di mano d’RAGIONE_SOCIALE, come tale sempre fungibile, così da considerare l’orchestra medesima alla stregua di una qualunque ‘ società di servizi ‘, l’affidamento del cui incarico , se da conferirsi da parte di un organismo di diritto pubblico, sarebbe necessaria conseguenza esclusivamente di una gara pubblica. Deve considerarsi pure possibile, invece, a tal fine, il ricorso ad una procedura negoziata, anche senza una preventiva gara, allorquando le particolari caratteristiche complessive della orchestra, nel suo insieme, come in precedenza descritte, inducano l’altro/a contraente (come ragionevolmente accaduto nella fattispecie de qua , essendo rimasto incontroverso che nessuna gara precedette la stipula della Convenzione di cui ancora si discute) a voler individuare proprio in essa il soggetto delle cui prestazioni avvalersi.
6.4. Pertanto, la concreta ragione su cui i giudici di merito hanno fondato la loro pronuncia di nullità della convenzione di cui si discute -motivo, questo, che, giova ricordarlo, gli ha impedito l’esame della domanda di parte
attrice/appellante di pagamento della penale ivi sancita per l’inadempimento -non merita ulteriore condivisione. Ne consegue che, una volta venuta meno la possibilità di decidere sulla formulata domanda la risoluzione di detta convenzione (stante la inammissibilità, esclusivamente in parte qua , della doglianza in esame), al giudice di rinvio spetterà di pronunciarsi soltanto sulla ulteriore domanda, autonoma rispetto alla prima, di pagamento della penale in essa prevista.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti fondato.
7.1. Invero, sono sostanzialmente incontroverse, stando al tenore dei rispettivi atti introduttivi di questo procedimento di legittimità, le seguenti circostanze fattuali: i ) gli assegnati termini, ex art. 190 cod. proc. civ., per il deposito delle memorie di replica scadevano il 27 luglio 2020; ii ) la deliberazione della decisione oggi impugnata risulta essere avvenuta nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte di appello di Bologna tenutasi il 14 luglio 2020 (come emerge dalla sentenza oggi impugnata); iii ) la minuta di sentenza è stata depositata dal relatore il 28 luglio 2020 (vale a dire il giorno dopo la scadenza dei predetti termini ex art. 190 cod. proc. civ.); iv ) la pubblicazione della sentenza è avvenuta il successivo 28 settembre 2020.
7.2. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che Cass., SU, 25 novembre 2021, n. 36596, ha specificamente affermato (in senso sostanzialmente analogo si veda anche la più recente Cass. n. 6795 del 2023) che « La parte che proponga l’impugnazione della sentenza d’appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero per replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità dei difensori delle parti di svolgere con completezza
il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, ai quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo ».
7.2.1. In questa sede, dunque, è sufficiente fare rinvio alle esaustive, e qui condivise, argomentazioni costituenti la motivazione di detta sentenza, giusta l’art. 118, comma 1, disp. att. cod. – proc. civ., essendo qui opportuno solo rimarcare che in essa si è espressamente escluso che possa « accedersi alla tesi che vorrebbe presunto, in tal caso, che l’indicata data di deliberazione, a fronte della diversa data di pubblicazione della sentenza, sia riconducibile a semplice errore materiale, così da aversi per provato che ii processo deliberativo si sia correttamente svolto mediante l’esame degli scritti difensivi depositati, senza pregiudizio del diritto di difesa delle parti (così Cass., Sez. 3, n. 3569-21 e Cass., Sez. 5, n. 21806-17). Certamente la data di deliberazione di una sentenza non è, a differenza di quella di sua pubblicazione (che ne segna il momento di acquisto della rilevanza giuridica), un elemento essenziale dell’atto processuale. Ma ciò semplicemente comporta che la relativa mancanza o la sua erronea indicazione può non determinare in generale una nullità ove sia ascrivibile, appunto, a mero errore materiale, emendabile ex artt. 287 e 288 cod. proc. civ. Non anche, invece, che l’errore materiale sussista sempre in sé e per sé, presuntivamente, ove si riscontri una diversità tra le date anzidette, che siano riportate entrambe in calce e a margine della sentenza. Niente, invero, autorizza una simile generalizzazione, essendo fisiologico che il momento deliberativo della sentenza in camera di consiglio precede sempre la pubblicazione, che è atto di cancelleria conseguente a precisi e ulteriori incombenti di legge. Sicché, in sostanza, non è vero che la divergenza delle date, specificamente indicate in sentenza, sia da ascrivere a errore materiale in base a una semplice presunzione ».
8 . In definitiva, quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME, ‘ già socio e liquidatore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘, deve essere accolto nei soli limiti di cui si è detto (concernenti, cioè, la
domanda di pagamento della penale di cui alla convenzione oggetto della impugnazione) e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie, nei soli limiti di cui in motivazione (concernenti, esclusivamente, la pronuncia sulla domanda di pagamento della penale di cui alla convenzione oggetto della impugnazione), l’odierno ricorso di NOME COGNOME, ‘ già socio e liquidatore della RAGIONE_SOCIALE ‘, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile