Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1348 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1348 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19535/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME -) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1471/2022 depositata il 04/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 22 gennaio 2018, NOME COGNOME citava in giudizio la Banca Popolare di Verona di San Gimignano e Prospero (successivamente divenuta RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’errore commesso da BMP S.p.A. consistente nell’avere indicato l’attore, su richiesta della Guardia di Finanza, quale possessore di un conto corrente con un deposito di circa € 500.000. Per tale ragione il COGNOME era stato indagato con l’accusa di evasione totale, per il mancato pagamento delle imposte e sottoposto a processo davanti al Tribunale di Macerata. Nelle more del giudizio la banca aveva rettificato la precedente comunicazione con lettera del 21 maggio 2010.
Per effetto della erronea comunicazione l’Agenzia delle Entrate aveva anche rettificato le dichiarazioni dei redditi dell’attore adeguandole agli importi comunicati dell’istituto di credito, emettendo i relativi avvisi di accertamento che erano stati contestati dal Piccolo davanti alla Commissione tributaria provinciale di Macerata.
Tutto ciò premesso lamentava un danno patrimoniale rappresentato dal pagamento della parcella dei vari professionisti che lo avevano assistito, oltre alle spese di viaggio e alla emarginazione dal mondo del lavoro ed un danno non patrimoniale all’immagine.
Si costituiva la banca eccependo la prescrizione del diritto al risarcimento, essendo decorso il termine quinquennale. Contestava nel merito la pretesa deducendo che l’errore sarebbe stato ininfluente rispetto agli eventi dannosi allegati giacché l’Agenzia delle
Entrate aveva comunque riscontrato l’esistenza di redditi non dichiarati. In ogni caso l’attore non avrebbe dato immediata evidenza alla Agenzia delle Entrate della comunicazione di rettifica della banca, depositandola nell’ambito del procedimento tributar io solo cinque anni dopo.
Il Tribunale di Milano rigettava le domande. In particolare, accoglieva l’eccezione di prescrizione e, comunque, giudicava nel merito, ritenendo infondata la pretesa.
Avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva appello davanti alla Corte territoriale di Milano. Resisteva in giudizio la Banca.
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 4 maggio 2022 rigettava l’impugnazione con condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione quest’ultimo affidandosi a cinque motivi.
Entrambe le parti depositano memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 100 c.p.c., in relazione articolo 360, n. 3 c.p.c., per avere la Corte esaminato la questione preliminare della prescrizione senza esaminare il merito della domanda. Il giudice di primo grado si era limitato a decidere sulla questione preliminare della prescrizione. Il giudice di appello ha sostenuto che sarebbero passate in giudicato le altre questioni relative al merito giacché il Piccolo, nell’atto di impugnazione non avrebbe contestato tali profi li. Secondo il ricorrente l’impugnazione ha riguardato la statuizione relativa alla prescrizione con la conseguenza che in caso di accoglimento, il giudice di primo grado avrebbe dovuto esaminare le questioni di merito. Per evitare la decadenza prevista da ll’articolo 346 c.p.c. l’appellante aveva riproposto le domande di primo grado nelle conclusioni dell’atto appello e cioè quelle di condanna della banca al risarcimento dei danni.
Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza sensi dell’articolo 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 e n. 4 c.p.c. per avere la Corte territoriale adottato una motivazione meramente apparente. La Corte in maniera contraddittoria avrebbe affermato che, sino alla 17 dicembre 2015, il diritto al risarcimento del danno non era ancora maturato, ma contestualmente, che la prima interruzione della prescrizione sarebbe stata tardiva.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione degli articoli 2947, 2944 e 2935 c.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. La prescrizione estintiva inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere ai sensi dell’articolo 2935 c. c. Nel caso di specie la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare il momento in cui il pregiudizio si sarebbe effettivamente prodotto. Tale dato si riferisce all’impossibilità di lavorare o di avere affidi o prestiti. Pertanto, la data del danno conseguenza avrebbe dovuto essere postergata rispetto a quella dell’anno 2010 ritenuta dalla Corte territoriale.
Con il quarto motivo si deduce la violazione degli articoli 99,103 124 c.p.c., nonché 2909 c.c. e dei principi che regolano l’azione e il giudicato, nonché per contraddittoria o la insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al 360, n. 3 c.p.c.
Il Tribunale non avrebbe pronunziato nel merito limitandosi a una statuizione sulla prescrizione; pertanto, la Corte territoriale non avrebbe dovuto sostenere il passaggio in giudicato delle statuizioni adottate dal giudice di prime cure in quanto non impugnate con riferimento, nello specifico, al difetto di legittimazione attiva di Piccolo.
Con l’ultimo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132, n. 4 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 4 c.p.c. La sentenza sarebbe viziata sulla base dei medesimi profili oggetto del motivo precedente per avere erroneamente affermato la esistenza di un giudicato attesa la mancata impugnazione delle
valutazioni della consulenza d’ufficio. Al contrario le conclusioni della consulenza sarebbero state contestate sia in primo grado, sia con l’atto di appello.
Vanno esaminati preliminarmente i motivi con i quali si censura la motivazione della Corte territoriale relativa all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione, giacché la questione risulta assorbente rispetto alle altre censure. I motivi sono il secondo e il terzo.
Orbene, la Corte territoriale illustrando il primo motivo di appello rileva che la sentenza di primo grado ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione perché l’attore aveva avuto certamente formale comunicazione da parte della banca dell’errore, quanto meno con la missiva del 21 maggio 2010 inviata al suo difensore. La prima richiesta di risarcimento danni è stata inviata oltre il termine quinquennale, in data 11 novembre 2015. Tale argomentazione viene impugnata deducendo la esistenza di atti interruttivi della prescrizione rappresentati dal contenuto di una missiva del 12 settembre 2014 che, secondo l’odierno ricorrente, conterrebbe un riconoscimento dell’errore commesso, rilevante ai sensi degli articoli 2947 e 2953 c.c.
Le censure sono infondate
Come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, la consapevolezza da parte del ricorrente dell’antigiuridicità della condotta della banca risale già all’accertamento tributario e la dichiarazione della banca del 12 settembre 2014 non ha la natura giuridica di riconoscimento del diritto, perché non presenta i caratteri della chiarezza e dell’univocità e pertanto il motivo con cui si deduce la contraddittorietà è infondato.
Sotto tale profilo va aggiunto che la condotta che evidenzia il pregiudizio per il Piccolo risale, come evidenziato dai giudici di merito di primo e secondo grado, al periodo che si colloca tra il 26.6.08 (data in cui la GdF ha concluso la verifica fiscale) e il 2.11.09 (contestazione da parte della GdF delle violazioni fiscali), pertanto a
quella data il pregiudizio era già maturato e con esso il diritto del Piccolo
Il primo, quarto e quinto motivo vanno trattati congiuntamente perché strettamente connessi riguardando l’erronea affermazione della Corte d’appello secondo la quale il giudice di primo grado avrebbe esaminato anche il merito della vicenda dopo avere ritenuto fondata la eccezione preliminare di prescrizione.
I motivi sono inammissibili per violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. poiché parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere i passaggi essenziali della sentenza di primo grado, al fine di documentare l’inesistenza di una motivazione del Tribunale riguardo ai profili diversi dalla prescrizione. Nel caso di specie, al contrario, Piccolo si limita a sostenere che il giudice di primo grado non avrebbe esaminato nessuna delle questioni di merito, a fronte di un’argomentazione della Corte territoriale di senso o pposto e alla documentata contestazione di tali circostanze da parte della controricorrente che, al contrario, ha trascritto i passaggi della sentenza di primo grado che si occupano dei profili ulteriori rispetto alla eccezione di prescrizione.
‘Il principio di autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. anche in caso di deduzione di errores in procedendo, impone la trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario, in misura tale da non inciderne la stessa sostanza’ (Sez. 3 – , Ordinanza n. 21346 del 30/07/2024, Rv. 671835 – 01).
Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione
(in tal senso, ex multis, Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Principio ribadito da ultimo dalle Sezioni Unite secondo cui sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488 – 01).
Di questi tre oneri, il ricorrente non ne ha assolto nessuno.
Ciò impedisce di valutare la rilevanza e la decisività delle argomentazioni che si assume non essere state esaminati dalla Corte d’appello.
PTM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in € 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ivi compresi esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte