Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13966 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13966 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16865/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO BACOLI (NA), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMEcontroricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n.1141/2021 depositata il 26.3.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.5.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 13.6.2007 COGNOME NOME, proprietario del fondo sito in Bacoli (NA) con accesso dalla INDIRIZZO (in Catasto di Bacoli a foglio 33, particelle 212, 213 e 224), già adibito ad agrumeto, ma con destinazione commerciale a parcheggio, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli il Condominio di Bacoli, INDIRIZZO al fine di sentir dichiarare l’illiceità della condotta del convenuto e porre a suo carico l’obbligo di risarcire l’istante delle conseguenze dannose derivanti dalla sua condotta.
In particolare, l’attore sosteneva di aver dato in locazione il terreno di sua proprietà destinandolo a parcheggio, richiedendo al Comune di Bacoli la necessaria autorizzazione per realizzare in detta area un determinato numero di posti auto, autorizzazione che sarebbe stata concessa, sebbene illegittimamente contrastata dal Condominio.
In particolare, l’attività illegittima del Condominio si era concretizzata, secondo l’attore, in attività materiali illecite, che avevano impedito l’accesso all’istante ed ai potenziali fruitori del parcheggio all’interno dell’agrumeto dalla via pubblica, attraverso il viale ed il cortile condominiali, avendo il Condominio consentito il posteggio di condomini e di terzi (anche utenti di attività commerciali dei singoli condomini) sul viale e sul cortile, gravati dalla servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore del fondo del INDIRIZZO.
Pertanto, l’attore chiedeva la condanna del Condominio al pagamento a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali come determinati dalla CTU e, comunque, non inferiori ad € . 7.093.775,00, nonché dell’importo di € 250.000,00 per i danni
esistenziali e all’equilibrio psico -fisico del Guardascione, oltre spese, diritti ed onorari.
Costituitosi, il Condominio eccepiva, per quanto qui interessa, la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno dalla data di notifica dell’atto introduttivo, con specifico riferimento a tutti i periodi antecedenti al 13.6.2002.
Con sentenza n. 7526/2016, il Tribunale di Napoli accoglieva le domande e condannava il Condominio a pagare in favore di COGNOME NOME la somma di € 613.122,24 per lucro cessante oltre interessi legali dall’1.1.2007 al saldo , e di € 125.000,00 per perdita di avviamento commerciale, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo, individuando a carico del Condominio un illecito permanente, rappresentato dalle missive al Comune di Bacoli inviate dall’amministratore il 14.8.1998 ed il 2.8.2000, nelle quali si indicava falsamente che il Guardascione fosse privo dell’autorizzazione all’uso degli spazi condominiali, collegate alla resistenza del Condominio, contraria a buona fede, nel giudizio conclusosi con la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 967/2006.
Avverso detta decisione proponevano separati appelli, poi riuniti, entrambe le parti.
Con la sentenza n. 1141/2021 del 5/26.3.2021, la Corte d’ Appello di Napoli rigettava integralmente l’appello principale di COGNOME NOME volto ad ottenere un risarcimento ancora più cospicuo, e in accoglimento dell’appello incidentale del Condominio, rigettava ogni pretesa risarcitoria del COGNOME nei confronti del Condominio.
La sentenza di appello affermava che il COGNOME non aveva fornito prova delle condotte materiali del Condominio, che avrebbero ostacolato l’esercizio della servitù di passaggio sul viale e sul cortile condominiale per il raggiungimento dell’agrumeto di sua proprietà, né dell’effettivo utilizzo dello stesso a parcheggio,
non avendo articolato in proposito alcuna prova testimoniale, ed essendosi limitato ad affidare alle CTU espletate, che non potevano avere funzione esplorativa e sostitutiva dell’onere probatorio delle parti, il compito di quantificare il pregiudizio asseritamente subito dal Guardascione per il mancato avviamento dell’attività di parcheggio.
Relativamente ai due soli atti ostruzionistici specifici allegati dal Guardascione, (le missive dell’amministratore al Comune di Bacoli del 14.8.1998 e del 2.8.2000), l’impugnata sentenza riteneva che si fosse trattato di illeciti istantanei, e non permanenti, perché esauritisi nel compimento di singoli atti, giudicando quindi maturata la prescrizione quinquennale dell’art. 2947 cod. civ., propria dei danni per responsabilità extracontrattuale.
Quanto allo scambio epistolare del 21.3.2003 intercorso tra i legali delle parti, che il Guardascione aveva invocato come atto interruttivo della prescrizione, l’impugnata sentenza aveva escluso l’efficacia interruttiva, e videnziando, che con esso il legale del Condominio era stato solo sollecitato ad individuare i condomini responsabili dell’infissione dei paletti sul viale comune, che avrebbero ostacolato il passaggio, e che in conseguenza di ciò, l’amministratore condominiale, in un’ottica conciliativa, aveva assicurato al Guardascione che avrebbe sottoposto la questione all’assemblea condominiale, senza che quest’ultimo intraprendesse poi iniziative contro il Condominio.
La sentenza impugnata aveva poi spiegato, che non poteva essere considerata illecita, la resistenza del Condominio, nel giudizio intrapreso dal Guardascione nei suoi confronti, per fare accertare l’esatto contenuto della servitù di passaggio pedonale e carrabile già riconosciuta dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli n.967/2006, trattandosi dell’esercizio del diritto di difesa, la cui eventuale contrarietà a buona fede poteva essere fatta valere, ex
art. 96 c.p.c., solo all’interno del medesimo giudizio nel quale la resistenza giudiziale era avvenuta.
Avverso questa sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi. Il Condominio resiste con controricorso.
Nell’imminenza della camera di consiglio del 15.5.2025, le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697 e ss. cod. civ., laddove la Corte d’Appello ha ritenuto non dimostrate le condotte materiali del Condominio.
Il Guardascione si duole del fatto che l’impugnata sentenza non abbia ritenuto dimostrate le condotte materiali illecite da lui ascritte al Condominio, ossia le condotte ostruzionistiche dallo stesso poste in essere rispetto all’esercizio della servitù di passaggio pedonale e carrabile sul viale e sul cortile condominiale che consentivano di raggiungere il suo agrumeto (particelle 212, 213 e 224 del foglio 33 del catasto del Comune di Bacoli), asseritamente adibito ad attività commerciale di parcheggio, servitù il cui contenuto specifico era stato accertato dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli n.967/2006, passata in giudicato, ed invoca in proposito la violazione dell’art. 2697 cod. civ..
Il ricorrente ripropone la tesi della natura permanente dell’illecito accolta in primo grado, dopo l’espletamento di ben tre CTU per la quantificazione dei danni patrimoniali da lui subiti, ritenendo evidentemente già comprovato l’ an debeatur, e ribadisce che gli atti ostruzionistici del Condominio, pur non individuati specificamente, sarebbero stati provati, senza neppure riferirsi a specifici mezzi di prova forniti.
Il motivo è però inammissibile perché il ricorrente richiede a questa Corte, giudice di legittimità, di procedere ad un terzo grado di
giudizio di merito, ipotizzando una natura permanente dell’illecito, ed invoca la violazione dell’art. 2697 cod. civ., non perché assuma che la Corte d’Appello di Napoli abbia erroneamente posto a suo carico l’onere di provare le condotte illecite ascritte al Condominio, i danni da esse derivati ed il nesso causale tra essi e le condotte illecite, ma in quanto vorrebbe ottenere una diversa ricostruzione in fatto, basata su un apprezzamento delle risultanze istruttorie divergente da quello compiuto dal giudice di secondo grado nell’esercizio del libero convincimento.
E’ quindi sufficiente richiamare il principio, più volte affermato da questa Corte, che ‘ la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 del codice civile, censurabile per cassazione ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti ‘ (Cass. ord. 7.10.2021 n.27225; Cass. sez. lav. 25.6.2020 n. 12634; Cass. 29.5.2018 n. 13395; Cass. 12.10.2017 n. 23940).
2) Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2947 e ss., nonché dell’art. 2051 cod. civ., per avere la Corte d’Appello ritenuto prescritto il diritto al risarcimento danni negando efficacia interruttiva alla lettera del 21.3.2003, la quale sarebbe stata rivolta a diffidare il Condominio a non aggravare e rendere meno agevole l’esercizio della servitù (nella specie l’affissione di paletti in relazione alla servitù da parte di singoli condomini) con l’avvertenza che, se la condotta non fosse cessata, si sarebbe adita la competente autorità giudiziaria.
Col secondo articolato motivo il ricorrente si duole, che la sentenza impugnata abbia giudicato prescritto, il suo diritto al risarcimento dei danni, derivante dagli atti ostruzionistici sopra indicati dell’amministratore condominiale del 14.8.1998 e del 2.8.2000, applicando la prescrizione quinquennale propria della responsabilità extracontrattuale, negando efficacia interruttiva allo scambio epistolare tra i legali delle parti summenzionato del 21.3.2003, del quale si auspica una rivalutazione contenutistica a scopo interruttivo della prescrizione, e non riconoscendo la sussistenza della responsabilità del Condominio quale custode del viale e del cortile condominiali ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., e per violazione del divieto imposto dall’art. 1067 comma 2° cod. civ., al proprietario del fondo servente, di aggravare o rendere più incomodo l’esercizio della servitù, ed in proposito lamenta la violazione di tali due disposizioni codicistiche e dell’art. 2947 cod. civ..
Anche il secondo motivo é inammissibile per una serie di ragioni. Anzitutto il richiamo alla violazione dell’art. 2947 cod. civ., che stabilisce in cinque anni la durata della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni derivanti da fatto illecito, é inconferente, perché non si contesta l’erroneo computo degli anni occorrenti per la maturazione della prescrizione in caso di responsabilità extracontrattuale, e semmai si vuol sostenere che lo scambio epistolare tra i legali delle parti del 21.3.2003 poteva essere fatto rientrare nel novero degli atti interruttivi della prescrizione individuati dall’art. 2943 cod. civ., ma richiedendo a questa Corte, giudice di legittimità, di riconsiderare il contenuto dello scambio epistolare per attribuire ad esso l’efficacia interruttiva della prescrizione quinquennale che é stata negata dalla sentenza impugnata, si richiede un’inammissibile valutazione di fatto e non di diritto, che deve ritenersi non consentita in questa sede.
Basti in proposito considerare che per costante giurisprudenza di questa Corte ‘ con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ” (vedi ex multis Cass. ord. 29.7.2024 n. 21201; Cass. ord. 22.11.2023 n. 32505; Cass. ord. 26.10.2021 n. 30042).
Quanto alle lamentate violazioni degli articoli 2051 e 1067 comma 2° cod. civ., la sentenza impugnata non ne parla minimamente, in quanto COGNOME NOME ha sempre invocato nei primi due gradi di giudizio la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. del Condominio di Bacoli via INDIRIZZO Guardascione, senza mai fare riferimento ad una responsabilità dello stesso per danni derivanti da cose in custodia, o per violazione del dovere del proprietario del fondo servente di non compiere personalmente attività che diminuiscano l’esercizio dell’altrui servitù, o che lo rendano più incomodo, ipotesi richiedenti anche accertamenti in fatto non eseguibili in questa sede, per cui sarebbe stato onere del ricorrente, ai fini dell’autosufficienza, indicare in quale atto ed in quali termini avesse posto le questioni dell’applicabilità alla fattispecie degli articoli 2051 e 1067 comma 2° cod. civ., anziché dell’art. 2043 cod. civ., questioni che ha sollevato per la prima volta nel giudizio di legittimità, nel tentativo di superare l’accertata
prescrizione del suo diritto al risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale, attraverso l’auspicata attrazione di tali danni al diverso ambito della responsabilità contrattuale, governata dalla regola della prescrizione decennale, anziché quinquennale.
Va quindi richiamato il costante orientamento di questa Corte, secondo cui ‘ nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello ‘ (Cass. ord. 23.4.2025 n.10555; Cass. sez. lav. ord. 9.7.2020 n. 14635; Cass. sez. lav. 22.4.2016 n. 8206; Cass. sez. lav. ord. 13.10.2016 n. 20678; Cass. 23.1.2007 n. 1474).
3) Col terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2947 e ss. cod. civ., per avere la Corte d’Appello escluso l’illecito permanente considerando le condotte illecite del condominio come atti separati.
Col terzo motivo il Guardascione lamenta, che l’impugnata sentenza abbia escluso la sussistenza di un illecito permanente del Condominio, considerando separatamente i singoli atti ostruzionistici dallo stesso posti in essere in danno della servitù di passaggio pedonale e carrabile riconosciuta dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 967/2006 da lui lamentati, sollecitando una rivalutazione delle risultanze istruttorie, che addivenga al riconoscimento del carattere permanente dell’illecito ascritto al Condominio, ed invocando la violazione dell’art. 2947 cod. civ..
Tale motivo é palesemente inammissibile, sia in quanto la violazione di legge lamentata, quella della disposizione codicistica che fissa in cinque anni il termine di prescrizione dei danni da fatto illecito, non ha nulla a che vedere con la natura permanente, o
istantanea dell’illecito, che incide non sulla durata della prescrizione, ma sull’individuazione del dies a quo del computo del termine di prescrizione, sia in quanto si tratta chiaramente di una censura meritale non consentita.
Va quindi ricordato che ‘ in sede di legittimità non si può procedere a un nuovo esame delle prove che hanno fondato la decisione di merito, essendo il giudizio di cassazione limitato a verificare la correttezza e la logicità dell’argomentazione giuridica adottata dai giudici di merito. L’ambito di intervento del giudice di legittimità esclude la possibilità di trasformare il giudizio di cassazione in un ulteriore grado di merito per discutere nuovamente le prove e le valutazioni del giudice di primo e secondo grado. La censura di erronea applicazione della legge, basata su una supposta carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, è considerata estranea al vero ambito di intervento del giudice di legittimit à’ (vedi ex multis Cass. ord. 20.1.2025 n. 1283).
4) Col quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma, c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione in merito all’art. 1067, co. 2, cod. civ., e conseguentemente agli artt. 1218 e 2043 cod. civ., nonché agli artt. 2946 e 2947 cod. civ., per avere la Corte d’Appello erroneamente interpretato la violazione dell’art. 1067, co. 2, cod. civ. come ipotesi soggetta all’art. 2043 cod. civ., e non all’art. 1218 cod. civ., e alla prescrizione di cui all’art. 2947 e non all’art. 2946 cod. civ..
Col quarto motivo il ricorrente lamenta, che l’impugnata sentenza abbia erroneamente rapportato, la violazione del divieto di diminuire l’esercizio della servitù o di renderlo più incomodo, facente capo al proprietario del fondo servente (nella specie il Condominio) secondo l’art. 1067 comma 2° cod. civ., all’ambito della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., con conseguente applicazione della prescrizione quinquennale ex art.
2947 cod. civ., anziché all’ambito della responsabilità contrattuale ex art. 1218 cod. civ. per violazione di un’obbligazione che scaturisce, a carico del proprietario del fondo servente, direttamente dalla legge, con conseguente applicabilità della prescrizione ordinaria decennale dell’art. 2946 cod. civ., sostenendo che a suo carico c’era l’onere di allegare i fatti costitutivi della domanda risarcitoria avanzata, e che sarebbe stato onere della Corte d’Appello, qualificare tali fatti in termini di responsabilità contrattuale, anziché extracontrattuale, per il principio iura novit curia.
Anche l’ultimo motivo é inammissibile, in quanto non si confronta con la motivazione addotta dalla sentenza impugnata, che a pagina 25 ha espressamente ricondotto la condotta ostruzionistica che il Guardascione aveva ascritto al Condominio, in conformità a quanto dal medesimo allegato, alla fattispecie dell’art. 2043 cod. civ., da ciò coerentemente ricavando l’applicabilità della prescrizione quinquennale, e non ha mai accertato, perché non era stato richiesto al giudice di secondo grado mediante l’appello principale del COGNOME, che si era limitato a domandare un aumento del risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale che era stato riconosciuto in suo favore dalla sentenza di primo grado, che il Condominio quale proprietario del fondo servente, avesse violato il divieto, stabilito dall’art. 1067 comma 2° cod. civ., di compiere alcunché tenda a diminuire, o a rendere più incomodo l’esercizio della servitù esistente a favore del fondo dominante del COGNOME.
Già si é detto, poi, e va qui ribadito, che la questione della violazione del suddetto dovere ex art. 1067 comma 2° cod. civ. da parte del Condominio, che non risulta affatto trattata dall’impugnata sentenza, é una questione nuova, che il Guardascione ha prospettato per la prima volta in questa sede,
omettendo di indicare quando e con quale atto avrebbe per la prima volta posto tale questione.
Va quindi richiamata la giurisprudenza di questa Corte già citata nella parte finale della trattazione del secondo motivo di ricorso, e si può aggiungere che secondo diverse sentenze di questa Corte ‘ il divieto dello “jus novorum” non concerne soltanto le allegazioni in fatto e l’indicazione degli elementi di prova, ma anche (e soprattutto) la specificazione delle “causae petendi” fatte valere in giudizio a sostegno delle azioni e delle eccezioni, pur se la nuova prospettazione sia fondata sulle stesse circostanze di fatto, ma non si risolva in una semplice precisazione di una tematica già acquisita al giudizio’ (Cass. ord. 11.1.2018 n. 535; Cass. sez. lav. 22.11.2010 n. 23614).
Inoltre nella specie, ulteriori limiti al potere di qualificazione giuridica della fattispecie della Corte d’Appello di Napoli, derivavano dal fatto che la sentenza di primo grado aveva accertato la responsabilità extracontrattuale del Condominio nei confronti di COGNOME NOME, e che quest’ultimo, così come la controparte, non avevano impugnato tale accertamento per vedere invece riconosciuta in appello una responsabilità, invero mai ipotizzata, del Condominio, per violazione del divieto dell’art. 1067 comma 2° cod. civ., da ricondurre all’ambito della responsabilità contrattuale, né mai era stata prospettata l’applicabilità della prescrizione ordinaria decennale.
Le spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo in base al valore della causa, seguono la soccombenza e vanno poste a carico di COGNOME NOME, con distrazione in favore dei legali antistatari del Condominio, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME (come richiesto in memoria).
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
La Corte di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, e lo condanna al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in €200,00 per spese ed € 10.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, con distrazione in favore dei legali antistatari del Condominio di INDIRIZZO COGNOME Bacoli, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 15.5.2025