Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21614 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21614 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 2101/24 proposto da:
-) Associazione RAGIONE_SOCIALE, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, Ciarmoli Iconavetere, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, Ciarmoli Sanità, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME PasqualeCOGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME Palma, Conte NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, Forte Giovanni, COGNOME Bruno, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME Luigi, COGNOME NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
Oggetto: danno da omessa vigilanza sull’attività degli intermediari finanziari -prescrizione – decorrenza fattispecie.
-) Banca d’Italia , in persona del Governatore pro tempore , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difes o dall’Avvocatura Generale dello stato;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 1° giugno 2023 n. 4046; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2013 gli odierni ricorrenti convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Banca d’Italia, esponendo che:
-) ciascuno di essi ad eccezione dell’associazione RAGIONE_SOCIALE aveva investito ingenti somme di denaro depositandole su libretti di risparmio emessi dalla società Istituto Finanziario Molisannio s.p.a.;
-) la suddetta società non era autorizzata all’esercizio dell’attività di raccolta del risparmio;
-) la circostanza fu portata a conoscenza sin dall’anno 2000 all’Ufficio Italiano Cambi, autorità preposta alla vigilanza;
-) l’Ufficio Italiano Cambi con nota del 25.8.2000 segnalò la circostanza alla Guardia di Finanza, che avviò delle indagini solo nel 2003;
-) nel 2004 l’Istituto Finanziario Molisannio fu cancellata dall’albo degli intermediari finanziari e posta in liquidazione coatta amministrativa;
-) la Banca d’Italia era il successore ope legis del disciolto Ufficio Italiano Cambi;
-) se l’Autorità di vigilanza avesse esercitato le proprie funzioni ispettive e di controllo con maggior zelo e celerità, l’attività dell’Istituto Finanziario Molisannio sarebbe stata inibita molto prima di quanto in realtà accadde, e gli attori avrebbero evitato di affidare a quella società i propri risparmi.
Conclusero pertanto chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento del danno causato dai fatti suddetti.
La Banca d’Italia si costituì eccependo – per quanto ancora rileva – la prescrizione del credito. Dedusse (p. 9, § 3, della comparsa di costituzione e
risposta in primo grado) che gli attori ebbero ‘ la possibilità di percepire l’esistenza delle lamentate perdite sui capitali asseritamente conferiti all’intermediario e di far valere eventualmente le pretese che hanno ora azionato ‘ a decorrere dal momento di liquidazione coatta dell’IFM, e dunque dal 29.9.2004.
Con sentenza 3.4.2018 n. 6937 il Tribunale di Roma rigettò la domanda per maturata prescrizione. Il Tribunale ritenne che:
-) il termine di prescrizione applicabile era quello quinquennale;
-) il termine iniziò a decorrere dal momento in cui i creditori, con l’ordinaria diligenza, avrebbero potuto acquisire la consapevolezza del danno e della causa di esso;
-) tale momento andava individuato nel 10 luglio 2007, data in cui fu comunicato ai creditori dell’IFM il decreto di omologa della procedura di concordato preventivo cui la suddetta società era stata sottoposta;
-) irrilevante fu la circostanza che solo nel 2011 i creditori, all’esito di un giudizio di accesso agli atti, acquisirono dalla Banca d’Italia la documentazione dimostrativa -in tesi -delle omissioni ascritte all’Istituto di vigilanza.
La sentenza fu appellata dai soccombenti.
Con sentenza 6.6.2023 n. 4046 la Corte d’appello di Roma rigettò il gravame.
La Corte ritenne che:
-) l’eccezione di prescrizione fu ritualmente sollevata dalla banca d ‘ Italia, a nulla rilevando che l’ exordium praescriptionis fu individuato in un momento diverso da quello ritenuto dal Giudice;
-) correttamente il Tribunale ravvisò nella comunicazione del provvedimento di omologaz ione del concordato preventivo dell’IFM il termine ultimo oltre il quale gli attori ebbero, o avrebbero potuto avere con l’ordinaria diligenza, la piena consapevolezza dell’esistenza del danno e della sua causa;
N.R.G.: 2101/24
Camera di consiglio del 9 luglio 2025
-) non vi era la prova che la prescrizione fu interrotta con una lettera spedita alla Banca d’Italia nel 2009; infatti di tale lettera non risultava prodotto l’avviso di ricevimento, né era attendibile la tesi attorea secondo cui quell’avviso, ritualmente prodotto in primo grado, andò perduto nelle more del giudizio.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione dai soccombenti con ricorso fondato su due motivi.
La Banca d’Italia ha resistito con controricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo è denunciata la violazione degli artt. 115 e 167 c.p.c.. Il motivo è rivolto contro il capo di sentenza che ha ritenuto non provata l’avvenuta interruzione della prescrizione. Tale statuizione è censurata con argomenti così riassumibili:
-) i fatti allegati da una parte e non contestati dall’altr a si danno per ammessi, ex art. 115 c.p.c.;
-) con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, gli attori allegarono di aver interrotto la prescrizione con una lettera raccomandata spedita alla Banca d’Italia il 22 settembre 2009;
-) la Banca d’Italia non contestò in modo chiaro e specifico tale circostanza, la quale pertanto doveva darsi per ammessa;
-) ergo , gli attori non avevano alcuna necessità, per dimostrare l’avvenuta interruzione della prescrizione, di depositare l’avviso di ricevimento della suddetta lettera raccomandata.
1.1. Il motivo è temerario .
Chi eccepisce la prescrizione nega, per ciò solo, che essa sia stata interrotta. Tutto il resto è vaniloquio.
2. Il secondo motivo di ricorso.
Col secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 2935 c.c..
Il motivo è rivolto contro il capo di sentenza che ha individuato l’ exordium praescriptionis nella data di comunicazione ai risparmiatori dell’avvenuta omologazione del concordato preventivo dell’IFM (10.7.2007).
I ricorrenti osservano che, a partire da quella data, essi al massimo avrebbero potuto a vere la consapevolezza dell’esistenza del danno, ma non anche quella della sua causa ( scilicet , l’inefficiente vigilanza dell’Autorità di controllo).
Tale ultima consapevolezza poté essere acquisita soltanto allorché la Banca d’Italia consentì l’accesso ai documenti concernenti le attività dell’Istituto Finanziario Molisannio, e dunque a partire dall’anno 2011.
2.1. Il motivo è temerario .
Sono gli stessi ricorrenti ad ammettere che, con la comunicazione dell’avvenuta omologazione del concordato preventivo, ebbero contezza del danno subìto.
Acquisita tale contezza, nulla impediva di loro di attivarsi per acquisire, già nel 2007, quei documenti che invece si decisero a richiedere solo nel 2009.
A seguire la paradossale tesi giuridica prospettata dai ricorrenti si perverrebbe all’assurdo che qualunque creditore potrebbe impedire ad libitum il decorso della prescrizione semplicemente… disinteressandosi di acquisire informazioni sul proprio credito.
A confutazione di questa singolare tesi basterà dunque richiamare alcune nozioni elementari del diritto privato: a) l’impedimento all’esercizio del diritto, ostativo al decorso della prescrizione, deve essere giuridico e non di fatto; b) l’ignoranza di avere un credito impedisce il decorso della prescrizione solo se incolpevole; c) l’ignoranza è incolpevole quando né il creditore, né alcun’altra persona di ordinaria diligenza , avrebbe mai potuto acquisire la consapevolezza dell’esistenza di quel credito.
Questi princìpi sono stati correttamente applicati dalla Corte d’appello.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
3.1. Le spese dovute dai soccombenti vanno determinate come segue:
-) assumendo quale valore l ‘art. 10, secondo comma, c.p.c. (secondo cui le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro ‘ ), per pacifica giurisprudenza di questa Corte non trova applicazione nei casi di cumulo soggettivo facoltativo, tanto iniziale quanto successivo, ex art. 103 c.p.c. (Cass. Sez. 3, 17/04/2024, n. 10367); il valore della causa è dunque euro 456.997,51, pari al credito vantato da NOME COGNOME
-) aumentando l’importo suddetto nella misura stabilita dall’art. 4, comma 2, ultimo periodo, d.m. 55/14, e quindi come segue del 30% per ciascuno dei soccombenti successivo al primo fino al nono (e quindi del 270%), e poi di un ulteriore 10% per ciascuno dei ricorrenti dall’11° al 30°, e così complessivamente del 470%.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna i ricorrenti in solido alla rifusione in favore di Banca d’Italia delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 50.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile