Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32069 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32069 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1197/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, domiciliato per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica come in atti
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica come in atti
– controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di NAPOLI n. 4643/2022 depositata il 08/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/10/2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I fatti di causa ancora rilevanti in questa sede sono i seguenti e così risultano dalla sentenza della Corte d’appello di Napoli qui impugnata: c on citazione notificata l’11 /11/2011, NOME COGNOME conveniva, innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il Banco di Napoli S.p.A. ed Intesa Sanpaolo S.p.A., domandando che, previo accertamento della responsabilità dei predetti istituti di credito, ne fosse pronunciata la condanna al pagamento, in suo favore, dell’importo di oltre trentanovemila euro (€ 39.727,41), maturato alla data del 5/02/1996, oltre interessi al tasso convenzionale annuo dell’11% o in subordine a quello legale, oltre alla rivalutazione monetaria. A fondamento della domanda, l’attore deduceva che: in data 5/02/1992, si recava presso il Banco di Napoli, filiale di Santa Maria Capua Vetere, per investire nell’acquisto di prodotti finanziari mediante la consulenza della banca; veniva invitato a rivolgersi all’ufficio titoli ove, previo colloquio col funzionario preposto, investiva la somma di lire cinquanta milioni, acquistando titoli RAGIONE_SOCIALE, caldeggiati dal consulente per il rendimento annuo, pari all’11%, per la facilità di smobilizzo e per la negoziabilità del montante annuo; allo spirare del quarto anno dall’investimento, si recava presso lo stesso istituto di credito per richiedere la restituzione del capitale e dei relativi interessi, ma, su consiglio dei preposti dell’istituto di credito, decideva di lasciar fruttare ancora le somme investite; solo all’inizio del 1997, con la ricezione degli atti del procedimento penale (instaurato a carico dei funzionari della banca) apprendeva che i suoi risparmi erano stati investiti in titoli inesistenti per un raggiro perpetrato da dipendenti infedeli della banca; in sede penale, era stata accertata la responsabilità dei funzionari dell’ufficio titoli del Banco di Napoli per il reato di truffa aggravata;
il predetto istituto di credito era stato condannato, in sede civile, con sentenza n. 320/08, dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per analoga questione, al risarcimento dei danni nei confronti dei risparmiatori.
Instauratosi il contraddittorio, si costituivano in giudizio gli istituti di credito che, nel resistere alle avverse domande, eccepivano, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva del Banco di Napoli, l’intervenuta prescrizione del diritto e l’infondatezza della domanda. All’esito del giudizio, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere pronunciava la sentenza n. 742/2018 del 27/02/2018, con la quale, accogliendo l ‘ eccezione di prescrizione, rigettava la domanda, condannando l’attore al pagamento delle spese di lite, in favore di ciascuno degli istituti convenuti.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello NOME COGNOME.
RAGIONE_SOCIALE, anche quale incorporante di Banco di Napoli S.p.aRAGIONE_SOCIALE, si costituiva in fase d’impugnazione e contestava l’ammissibilità dell’impugnazione e reiterava le difese spiegate in primo grado.
La Corte d’appello di Napoli, ritenuta la causa di carattere documentale, concessi i termini di legge, decideva la causa con sentenza n. 4643 del 8/11/2022, con la quale accoglieva l’impugnazione e condannava Banca Intesa San Paolo S.p.a. al risarcimento dei danni in favore di NOME COGNOME liquidandoli in oltre cinquanta mila euro (€ 50.018,84) oltre interessi e con condanna dell’appellata alle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione Banca Intesa San Paolo, con atto affidato a un unico motivo.
Risponde con controricorso NOME COGNOME.
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.
La ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 7/10/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso posto ai sensi dell’art. 360 , comma primo, n. 3 c.p.c. Banca Intesa San Paolo lamenta la violazione degli artt. 2947 c.c. in relazione all’art. 2935 c.c. e all’art. 75 c.p.p., per avere la Corte di Appello ritenuto che , anche per un soggetto indicato come parte lesa nel capo di imputazione e che non si era costituito parte civile nel processo penale, la prescrizione per l’azione di risarcimento ai sensi dell’ art. 2049 c.c. iniziasse a decorrere dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito il processo penale a carico dei dipendenti della banca. La censura della banca ricorrente afferma che il decorso della prescrizione non è sospeso nel caso in cui chi si assume danneggiato dal reato non si sia costituito parte civile nel processo penale e che il danneggiato debba, quindi, provvedere a porre in essere gli atti interruttivi previsti dalla legge.
La motivazione resa dalla Corte d’appello di Napoli, per quanto ancora rileva, è la seguente: «« Deve premettersi che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, ‘Ai sensi dell’articolo 2947 c.c., l’azione civile risarcitoria, se vi è stata sentenza penale, si prescrive nei termini indicati dai primi due commi dello stesso articolo, decorrenti dalla data in cui essa è divenuta irrevocabile, a prescindere dalla costituzione di parte civile del danneggiato (Cass. 14 luglio 2009, n. 16391) e non anche a prescindere dalla riferibilità del giudizio penale alla specifica vicenda causativa del lamentato danno’ (cfr. Cass. civ. 16 settembre 2020, n. 19625, cit., la quale precisa che ‘la possibilità di posticipazione del termine di decorrenza, prevista dall’ultimo comma dell’articolo 2947 c.c., al momento del passaggio in giudicato della sentenza presuppone la necessaria identità della posizione di danneggiato con quella di
parte lesa della condotta criminosa, sebbene non sia richiesta la costituzione di parte civile nel giudizio penale’).
§ 8. Alla stregua di tale principio, deve ritenersi infondata l’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado dalle convenute.
Ed invero, dall’esame degli atti, si ricava che, in relazione alla truffa della quale rimaneva vittima il COGNOME, nonché ad altre condotte delittuose attuate secondo modalità analoghe in danno di venti persone, poste in essere nell’arco temporale compreso tra il 1992 ed il 1996, sia stato instaurato, a carico di due dipendenti del Banco di Napoli, COGNOME NOME, addetto all’Ufficio Titoli della filiale di Maria Capua Vetere, e COGNOME NOME, dipendente della filiale di Caserta, nonché nei confronti di COGNOME NOME, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, di COGNOME NOME, promotore finanziario della Borsaconsult, società di investimenti mobiliari collegata al Banco di Napoli, e di COGNOME Gaetano, agente dell’Ina Assitalia, filiale di S. Maria Capua Vetere, il procedimento penale n. 18260/98 Mod. 21, conclusosi in primo grado, con sentenza pronunciata dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere in data 4.11.2004, di affermazione della penale responsabilità del COGNOME, confermata, in parte qua, con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 7.7.2006.
E’, quindi, documentalmente provato che il COGNOME fosse persona offesa del reato di truffa, come, del resto, inequivocamente attestato sia dall’esame del capo di imputazione, sia dall’avere egli ricevuto, in data 18.2.1997, la notifica, da parte del GIP presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, dell’ordinanza di ammissione dell’incidente probatorio e, in data 23.6.1999, del decreto di citazione a giudizio degli imputati (cfr. copia di tali atti, allegati alla produzione attorea di primo grado, al pari delle sentenze penali dinanzi richiamate).
Ne segue che, nel caso di specie, l’appellante possa giovarsi della più favorevole previsione, di cui all’art. 2947 co. 3 c.c., con
decorrenza della prescrizione quinquennale dal passaggio in giudicato della sentenza penale.
Peraltro, come già ritenuto dal primo Giudice, ‘L’art. 2947, comma 3, c.c., nel far coincidere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno con quello stabilito dalla legge penale per il reato, si riferisce a tutti i possibili soggetti passivi della pretesa risarcitoria e si applica, perciò, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche a quella intentata contro coloro che sono tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta’ (cfr. Cass. Civ. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21404 del 26/07/2021).
Ciò posto, siccome in atti non vi è la prova della data in cui la sentenza penale sia divenuta definitiva, non emergendo tale indicazione delle copie delle sentenze di primo e secondo grado prodotte dall’appellante, né potendosi considerare sufficiente il generico riferimento, operato dal COGNOME nella comparsa conclusionale, all’anno 2009, nel quale sarebbe intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione che rigettava il ricorso degli imputati, si ritiene di dover far decorrere la prescrizione dal 7.7.2006, data di pubblicazione della sentenza penale di appello.
Pertanto, avendo l’attore costituito in mora i convenuti istituti di credito con le missive, ritualmente prodotte agli atti del giudizio di primo grado, pervenute al Banco di Napoli e ad Intesa San Paolo, presso le rispettive sedi legali, l’11 ed il 14 aprile 2008 e, successivamente, notificato l’atto di citazione di primo grado l’11.11.2011, la prescrizione quinquennale non sia maturata. »
L’assunto della Corte t erritoriale non è condivisibile.
E’ incontestato che NOME COGNOME nonostante gli fossero stati notificati gli atti del procedimento penale nei confronti dei dipendenti del Banco di Napoli non aveva in alcun modo preso parte al detto procedimento, non esercitando l’azione civile nel processo penale, mediante la relativa costituzione.
Nella specie, invero, la giurisprudenza di legittimità citata dalla Corte d’appello non risulta correttamente richiamata posto che Cass. n. 19625 del 18/09/2020, ove letta per intero, ha comunque giudicato inammissibile il motivo di ricorso avverso la ritenuta maturata prescrizione.
Le più recenti Cass. n. 11190 del 6/04/2022 e Cass. n. 14644 del 25/05/2023 (Rv. 667979 01) hanno ritenuto che l’effetto interruttivo della prescrizione si verifichi, se si è avuta instaurazione del procedimento penale, a condizione che vi si stata costituzione di parte civile in esso, ovvero, se non vi è stata costituzione di parte civile, a condizione che vi siano stati atti interruttivi autonomi posti in essere dal danneggiato, il che, invece, nella specie, si è verificato una sola volta.
Invero è del pari incontestato che al 18/02/1997 al Sibiano era stata notificata l’ordinanza del gi udice per le indagini preliminari del Tribunale di S anta Maria Capua Vetere ammissiva dell’incidente probatorio e, pertanto, da detta data decorreva il termine di prescrizione di sette anni e sei mesi, previsto per il reato di truffa, interrotto dal Sibiano soltanto una volta mediante la raccomandata del 3/02/2000.
Da detta data decorreva un nuovo termine di prescrizione, sempre di sette anni e sei mesi, che non venne interrotto prima del suo spirare, avendo il Sibiano compiuto ulteriori atti potenzialmente suscettibili da fungere quali atti interruttivi -ove fossero stati posti in essere prima del 3/08/2007 -solo con le missive del 11 e del 14/04/2008 e con la notifica dell’atto di citazione che ha dato inizio alla presente causa, intervenuta soltanto nell’anno 2011 .
Deve ribadirsi che la mera pendenza del processo penale, concluso con la sentenza di questa Corte, di rigetto del ricorso degli imputati intervenuta, sulla base di quanto affermato dallo stesso COGNOME (sebbene non ritenuto accertato dalla Corte territoriale) nel corso dell’anno 2009 , non aveva, in carenza della costituzione di
parte civile in detto procedimento penale di NOME COGNOME efficacia sospensiva del corso della prescrizione (così diffusamente in motivazione: Cass. n. 11190 del 6/04/2022, pag. 7 e 8).
Il ricorso di banca Intesa san Paolo S.p.a. è, pertanto, fondato e deve essere accolto.
La sentenza impugnata è cassata.
Non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e, pertanto, la causa può essere decisa nel merito.
Il credito da risarcimento danni da illecito extracontrattuale di NOME COGNOME è prescritto e la domanda di risarcimento dei danni è, pertanto, rigettata.
L’esito difforme delle fasi di merito rende sussistenti gravi ed eccezionali ra gioni per disporre, ai sensi dell’art 92 co mma secondo c.p. c., nel testo vigente al momento dell’instaurazione della lite, risalente all’anno 2011, l’integrale compensazione delle spese di tutte le fasi del giudizio
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa senza rinvio la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda proposta in primo grado da NOME COGNOME
Compensa le spese di tutte le fasi del giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di