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Prescrizione rimborso ritenute: quando inizia a correre?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16889/2024, ha stabilito un principio cruciale in tema di prescrizione del rimborso ritenute fiscali versate in eccesso dal datore di lavoro. Il caso riguardava la richiesta degli eredi di un lavoratore per la restituzione di somme trattenute erroneamente su un fondo pensione. La Corte ha chiarito che il termine di prescrizione decennale per l’azione del lavoratore contro il datore di lavoro decorre dal momento in cui è stata effettuata la trattenuta illegittima e non da quando il datore di lavoro ottiene a sua volta il rimborso dall’Agenzia delle Entrate. La Suprema Corte ha rigettato la tesi della Corte d’Appello che inquadrava la fattispecie nella ‘negotiorum gestio’, affermando invece che si tratta di un’azione di inesatto adempimento di un’obbligazione derivante dal rapporto di lavoro.

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Prescrizione Rimborso Ritenute: La Cassazione Fissa il Dies a Quo

Quando un datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, trattiene e versa più tasse del dovuto per conto di un dipendente, sorge il diritto di quest’ultimo a ottenere la restituzione delle somme pagate in eccesso. Ma da quale momento esatto inizia a decorrere il tempo utile per agire in giudizio? La questione sulla prescrizione del rimborso ritenute è cruciale, poiché da essa dipende la possibilità concreta di recuperare il proprio denaro. Con la recente ordinanza n. 16889/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che il termine di prescrizione inizia a correre dal momento dell’errata trattenuta, non da quello, successivo, in cui l’azienda recupera a sua volta le somme dall’erario.

I Fatti di Causa: Il Contesto della Controversia

La vicenda trae origine dalla richiesta avanzata dagli eredi di una lavoratrice nei confronti dell’ex datore di lavoro, una società in liquidazione. La richiesta verteva sulla restituzione di una parte delle somme trattenute a titolo di ritenuta d’acconto in occasione della liquidazione di un fondo previdenziale integrativo aziendale. A causa di un’errata applicazione delle aliquote fiscali, la società aveva versato all’erario un importo superiore al dovuto.

Successivamente, la società aveva intrapreso un’azione legale contro l’Agenzia delle Entrate, ottenendo una sentenza definitiva che le riconosceva il diritto al rimborso delle somme versate in eccesso. A questo punto, gli eredi della lavoratrice hanno agito contro la società per ottenere la quota di loro spettanza. La società, tuttavia, si è difesa eccependo la prescrizione del diritto, sostenendo che fossero trascorsi più di dieci anni dal momento dell’originaria trattenuta.

La Decisione della Corte d’Appello e la Tesi della Negotiorum Gestio

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva dato ragione agli eredi. I giudici avevano qualificato l’azione della società contro il Fisco come una ‘negotiorum gestio’ (gestione di affari altrui), ritenendo che l’azienda avesse agito anche nell’interesse della lavoratrice. Di conseguenza, secondo la Corte territoriale, il diritto della lavoratrice a chiedere la sua parte sorgeva solo nel momento in cui la ‘gestione’ si era conclusa con successo, ovvero con il passaggio in giudicato della sentenza che riconosceva il rimborso alla società. Pertanto, il ‘dies a quo’ della prescrizione era stato fissato a tale data successiva, rendendo la domanda tempestiva.

La Prescrizione del Rimborso Ritenute secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato completamente questa impostazione. I giudici hanno chiarito che il rapporto tra lavoratore (sostituito) e datore di lavoro (sostituto d’imposta) non può essere inquadrato nella gestione di affari altrui. Il datore di lavoro, quando opera le ritenute, non compie un atto volontario a favore del dipendente, ma adempie a un preciso obbligo di legge.

L’azione del lavoratore, pertanto, non è volta a ottenere il frutto di una gestione altrui, ma a far valere un inesatto adempimento di un’obbligazione che sorge direttamente dal rapporto di lavoro. La trattenuta eccessiva costituisce una lesione del diritto del lavoratore a ricevere l’intera prestazione dovuta (in questo caso, la liquidazione del fondo pensione). Di conseguenza, il diritto di agire per ottenere la restituzione sorge immediatamente, nel momento stesso in cui il pagamento viene effettuato in misura ridotta a causa della trattenuta indebita.

Il Principio ‘Contra Non Valentem Agere’

La Cassazione ha anche escluso l’applicabilità del principio ‘contra non valentem agere non currit praescriptio’, secondo cui la prescrizione non corre per chi non può agire. La lavoratrice, infatti, non aveva alcun impedimento giuridico ad agire contro il datore di lavoro fin dal momento della trattenuta. L’esistenza di un contenzioso tra la società e l’Agenzia delle Entrate era un evento esterno, non un ostacolo legale che impediva l’esercizio del suo diritto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra due rapporti giuridici distinti: il primo, di natura privatistica, tra lavoratore e datore di lavoro; il secondo, di natura tributaria, tra il sostituto d’imposta e l’erario. Il diritto del lavoratore a vedersi corrispondere l’intera retribuzione o prestazione patrimoniale è autonomo e sorge dal contratto di lavoro. L’errata quantificazione delle ritenute fiscali da parte del datore di lavoro rappresenta una violazione di tale obbligo contrattuale. Per questo motivo, il termine di prescrizione ordinaria decennale per l’azione del lavoratore inizia a decorrere dal momento in cui si verifica la violazione, ovvero dalla data del pagamento decurtato, e non da eventi successivi come l’esito del giudizio tributario intentato dal datore di lavoro.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce in modo inequivocabile che il lavoratore che subisce una trattenuta fiscale eccessiva deve agire contro il datore di lavoro entro dieci anni dal momento del pagamento errato. Non è possibile attendere che il datore di lavoro recuperi le somme dal Fisco. Questa decisione sottolinea l’onere di vigilanza in capo al lavoratore per la tutela dei propri diritti, incentivandolo ad agire tempestivamente senza fare affidamento sulle iniziative intraprese da terzi. Per i datori di lavoro, la sentenza conferma la loro posizione di debitori diretti nei confronti dei dipendenti in caso di errori nel calcolo delle ritenute, indipendentemente dalla possibilità di rivalersi sull’amministrazione finanziaria.

Da quale momento inizia a decorrere la prescrizione per il rimborso di ritenute fiscali eccessive operate dal datore di lavoro?
Il termine di prescrizione ordinario di dieci anni inizia a decorrere dal momento in cui viene effettuato il pagamento al lavoratore con la trattenuta indebita, poiché è in quel momento che si verifica l’inadempimento dell’obbligazione del datore di lavoro e sorge il diritto del lavoratore alla restituzione.

Il lavoratore può attendere che il datore di lavoro ottenga il rimborso dal Fisco prima di agire?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’azione del lavoratore è autonoma e non dipende dall’esito del contenzioso tra il datore di lavoro e l’Agenzia delle Entrate. Attendere tale esito potrebbe comportare la prescrizione del proprio diritto.

Il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore in materia di ritenute fiscali è una ‘gestione di affari altrui’ (negotiorum gestio)?
No. La Corte ha escluso tale qualificazione, affermando che il datore di lavoro agisce in adempimento di un obbligo di legge come sostituto d’imposta e non come gestore volontario degli interessi del dipendente. La pretesa del lavoratore si fonda sul rapporto di lavoro e sull’inesatto adempimento di un’obbligazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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