Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 363 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 363 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30496/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 346/2019 depositata il 19/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio in data 08/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Taranto rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME di condanna del notaio NOME COGNOME al risarcimento dei danni derivanti dalla redazione di un atto pubblico in virtù del quale l’attore aveva acquistato un s uolo edificatorio, poi risultato demaniale in quanto sottoposto ad usi civici, danni causati dalla negligenza del notaio che non aveva eseguito gli accertamenti sulla titolarità del suolo e sui rispettivi vincoli.
Il Tribunale rigettava la domanda ritenendo prescritto il diritto al risarcimento del danno in quanto il dies a quo della prescrizione doveva decorrere dal 30 agosto 2002 e la prima costituzione in mora risaliva all’8 maggio 2013 oltre il termine decennale.
Infatti, si trattava di responsabilità contrattuale del prestatore d’opera professionale; in relazione all’eccepita prescrizione, questa aveva cominciato a decorrere allorché il danno si era verificato ed era diventato oggettivamente percepibile e riconoscibile dal danneggiato secondo ordinaria diligenza; i pregiudizi prospettati erano di natura patrimoniale (prezzo di acquisto del suolo, prezzo di riacquisto versato al Comune di Palagianello); i danni risalivano a periodo tra il 1999 ed il 2001, poiché a tali date risalivano gli accordi conciliativi e le quietanze di pagamento di spese legali; la percepibilità dei danni si era temporalmente compiuta nel momento in cui si erano conclusi i nuovi accertamenti amministrativi per la verifica della destinazione ad usi civici del suolo, con la perizia svolta dal perito istruttore COGNOME, incaricato dalla regione Puglia;
gli atti della procedura amministrativa di accertamento erano stati conosciuti sicuramente dal COGNOME a partire dal 30/8/2002, come si desumeva dalla missiva in pari data con la quale questi aveva riscontrato la missiva del 6/8/2002 del Comune di Palagianello (questo gli aveva chiesto di attivare la procedura di cui alle leggi regionali nn. 7/1998 e 14/2001, per l’acquisto della proprietà del suolo dall’ente locale), sicché dal 30/8/2002 doveva farsi decorrere il termine prescrizionale decennale; la percepibilità del danno riferibile all’inadempimento del convenuto era stata inoltre amplificata dalle vicende che avevano preceduto la delibera del Comune di Palagianello n. 2/2001 (provvedimenti del CO.RE.CO. di annullamento di delibere comunali per esistenza di usi civici, pronunzie del Consiglio di Stato, contenziosi vari, anche di natura penale); il primo atto interruttivo della prescrizione era costituito dalla raccomandata di costituzione in mora inoltrata al Leccese in data 8/5/2013, oltre il termine decennale; gli esborsi prospettati erano tutti intervenuti in data anteriore al 30/8/2002; le varie parcelle allegate non provavano l’effettivo esborso e non risultava dimostrato che le cause delle richieste di pagamento fossero riconducibili all’inadempimento del convenuto; il prezzo di riacquisto del suolo non aveva collegamento eziologico con l’inadempimento del notaio, ma costituiva frutto di un fatto diverso (stipula di nuovo atto di acquisto da terzi).
NOME COGNOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME resisteva al gravame.
La C orte d’ Appello di Lecce confermava la sentenza appellata ritenendo corretta la ricostruzione operata dal giudice di
primo grado in quanto dal contenuto della missiva del 30 agosto 2002 sicuramente il COGNOME aveva acquisito piena contezza dei vincoli di uso civico gravanti sul bene compravenduto con atto notarile del 29 dicembre 1990 sicché il diritto al risarcimento era prescritto.
In particolare risultava che: con missiva in data 6/8/2002 il Comune di Palagianello aveva comunicato formalmente al COGNOME che il perito demaniale aveva trasmesso relazione di verifica approvata dal consiglio comunale, con la quale aveva confermato che il terreno apparteneva al demanio civico comunale di Palagianello, sicché, ai fini della validità delle concessioni edilizie, era necessario procedere all’alienazione del demanio civico mediante pagamento del prezzo determinato dal perito ed approvato dalla Commissione Regionale usi Civici, con invito del COGNOME al pagamento della somma all’uopo liquidata; con successiva missiva in data 30/8/2002 il COGNOME, attraverso il suo procuratore, aveva dato riscontro alla pregressa missiva del Comune e prospettato la subita evizione, con contestuale richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni arrecati all’acquirente COGNOME dalla venditrice NOME COGNOME con inoltro dell’istanza risarcitoria anche verso il Comune di Palagianello.
La soluzione adottata dal tribunale era perfettamente in linea con i principi elaborati dal giudice di legittimità “In tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale ‘.
Sulla base del contenuto della missiva del 30/8/2002, a quella data, il COGNOME aveva acquisito piena contezza dei vincoli di uso civico gravanti sul bene compravenduto con atto notarile del 29/12/1990, sia per il riscontro dato alla comunicazione comunale del 6/8/2002, analiticamente descrittiva dello stato giuridico dei luoghi e dell’importo necessario per il riacquisto, sia per l’orientamento
palesato dal COGNOME circa la propria reintegrazione sul piano risarcitorio, attesi i danni conseguiti.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di sei motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 c.c., 1422 c.c., 1218 c.c., 2935 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: si contesta l’errore commesso dalla Corte territoriale nel non aver ritenuto doversi far decorrere il termine per la proposizione dell’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del Notaio dall’accertamento della nullità del contratto di compravendita dallo stesso rogato.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del R.D. 26.2.1928 n. 332, dell’art. 29 della Legge n. 1766 del 16.6.1927, degli artt. 15, 29, 30, 31 e 42 del Regolamento approvato con R.D. 26.2.1928 n. 332, nonché dell’art. 2935 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: si contesta l’errore commesso dalla Corte territoriale nel ritenere rilevante, quale momento di definitivo accertamento degli usi civici, e di decorrenza della prescrizione dell’azione di responsabilità, la mera comunicazione dell’elaborato del perito demaniale e non la definizione del relativo contenzioso amministrativo
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.: si contesta l’errore commesso dalla Corte territoriale nel non aver esaminato e posto a motivo della propria decisione le circostanze relative alle contestazioni svolte dal Rizzi circa l’esistenza degli usi civici e alla pendenza di contenziosi amministrativi e civili tra il Rizzi e il Comune di COGNOME aventi ad oggetto l’accertamento di tali vincoli.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 c.c., 1422 cod. civ., 1218 cod. civ., 1965 cod. civ. e 2935 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: si contesta l’errore commesso dalla Corte territoriale nel non aver ritenuto doversi far decorrere il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità contrattuale dalla definizione dei contenziosi amministrativi e civili riguardanti l’esistenza degli usi civici.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 4 cod. proc. civ.
La censura riguarda i danni derivanti dalle spese per la conciliazione con il Comune di Paganiello (o con i promissari acquirenti degli immobili) e per sanare la situazione, danni pur sempre riconducibili alla negligenza del notaio. La Corte non avrebbe chiarito a quale titolo li ha esclusi.
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ..
La censura è sostanzialmente ripetitiva della precedente sotto il profilo dell’omessa pronuncia rispetto al motivo di appello con il quale il ricorrente aveva lamentato l’erroneità della decisione di primo grado sul punto.
I sei motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono in parte infondati in parte inammissibili.
Tutta la questione sottoposta all’esame della Corte ruota intorno al l’individuazione del momento dal quale far decorrere il termine di prescrizione di dieci anni per l’azione di responsabilità che il ricorrente ha intentato nei confronti del notaio COGNOME per il contratto da lui stipulato in data 29 dicembre 1990 con NOME COGNOME per l’acquisto d i un terreno a scopo edificatorio poi risultato gravato da usi civici.
La Corte d’Appello ha evidenziato che il COGNOME aveva avuto piena consapevolezza dell’esistenza degli usi civici a seguito di un’interlocuzione con il comune quantomeno a far data dalla missiva del Comune dell’8 agosto 2002 e dalla successiva missiva del ricorrente del 30 agosto 2002.
Secondo il ricorrente, invece, la decorrenza del termine di prescrizione dovrebbe essere posticipata al momento del passaggio in giudicato della sentenza che ha dichiarato nullo il contratto del 1990 o al momento in cui sono divenuti definitivi i giudizi dinanzi al giudice amministrativo e civile intentati dal COGNOME contro il Comune sull’esistenza degli usi civici.
7.1 Deve premettersi che l a sentenza della Corte d’Appello non è censurata dal ricorrente quanto all’accertamento circa il momento in cui egli ha avuto piena consapevolezza dell’esistenza degli usi
civici e, in ogni caso, tale accertamento in fatto non è sindacabile se non per un omesso esame che appunto non è dedotto.
7.2 Ciò premesso deve osservarsi come la sentenza sia immune dalle censure di violazione di legge prospettate, essendo invece conforme alla giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità professionale del notaio.
Deve ribadirsi, infatti, il seguente principio di diritto: In tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale, ai fini dell’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, si deve avere riguardo all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito – Nella specie, relativa a responsabilità di un notaio per aver redatto atto di assenso ad iscrizione ipotecaria su un bene non di proprietà del debitore, la S.C. ha ritenuto il termine di prescrizione decorrente non dall’epoca dell’atto di iscrizione, ma dalla scoperta da parte del creditore dell’inesistenza della garanzia ipotecaria – (Sez. 3, Sentenza n. 22059 del 22/09/2017, Rv. 646018, conf. Sez. 3, Ordinanza n. 16631 del 12/06/2023)
Infatti, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione deve farsi riferimento al momento in cui, rispettivamente, ha luogo l’inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo comunque riguardo all’epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione
della prestazione dovuta e del maturato diritto al risarcimento, potendo tale conoscenza essere colpevolmente ritardata dall’incuria del titolare del diritto (Sez. 2, Sent. n. 1889 del 25/01/2018).
D’altra parte, l’art. 2935 cod. civ., ancorando l’exordium praescriptionis al momento in cui il diritto può essere fatto valere, «si riferisce solo alla possibilità legale di esercizio del diritto, valorizzando così solo gli impedimenti di carattere giuridico e non quelli di fatto». Questa Corte con la sentenza n. 3176 del 2016 ha rilevato, com’è stato poi ribadito dalla sentenza n. 6747 del 2016, che l’inadempimento del professionista «si configura come l’evento produttivo (o la fonte) del danno risarcibile, ma non si identifica con questo, che è invece da individuarsi nel pregiudizio (perdita subita o mancato guadagno) patito dal creditore della prestazione quale conseguenza immediata e diretta, ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., della condotta inadempiente».
7.3 Nella specie i danni lamentati dal ricorrente, astrattamente riconducibili ad un’attività negligente del notaio tutta da dimostrare, non sono dipesi dalla declaratoria di nullità del contratto ma dalla scoperta dell’esistenza di usi civici gravanti sul bene. Per questo motivo la C orte d’Appello ha individuato il momento produttivo del danno – posticipandolo di ben 14 anni rispetto al momento de ll’asserita ed eventuale condotta negligente del notaio nella stipula del contratto – in applicazione della giurisprudenza sopra citata secondo cui il fatto dannoso si perfeziona nel momento in cui il professionista compie l’atto contestato mentre l’effettivo danno può non determinarsi affatto,
oppure essere contestuale al compimento dell’atto ovvero, ancora, sorgere in un momento successivo.
La sentenza impugnata, dunque, ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte ovvero che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno sorge nel momento in cui la produzione di tale danno si manifesta all’esterno, «divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile»; e che gli eventuali ostacoli all’esercizio del diritto, rilevanti ai fini dell’art. 2935 cod. civ., sono soltanto «gli impedimenti di carattere giuridico, non quelli di fatto» (v. sul punto, di recente, la sentenza 6 ottobre 2014, n. 21026).
Nessun impedimento di diritto all’azione di responsabilità nei confronti del notaio è riscontrabile nel caso di specie e, dunque, non può trovare applicazione il principio indicato dal ricorrente secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento del danno ove questo consegua all’accoglimento giudiziale di una pretesa altrui, inizia a decorrere soltanto dalla data del passaggio in giudicato di detto accoglimento ovvero dalla data in cui è emesso un provvedimento giudiziale suscettibile di essere posto in esecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 26020 del 05/12/2011, Rv. 620328).
Come si è detto, la Corte d’Appello ha accertato in fatto la data in cui il ricorrente ha avuto piena consapevolezza dell’esistenza dei suddetti usi civici che impedivano la realizzazione del suo progetto edificatorio e, dunque, il momento del perfezionarsi del danno subito. Da tale momento il COGNOME, senza che vi fosse alcun impedimento, poteva agire anche nei confronti del notaio oltre che nei confronti dei venditori del terreno.
7.4 Il quinto e il sesto motivo proposti alternativamente come difetto di motivazione o omessa pronuncia sulle ulteriori voci di danno dal quale far decorrere la prescrizione sono infondati in quanto la motivazione della Corte, riportata anche dal ricorrente, deve leggersi unitamente alla restante parte della sentenza ed è conforme ai principi sopra riportati circa la oggettiva riconoscibilità del danno quale momento determinante del decorrere della prescrizione con irrilevanza delle suddette voci. Risulta evidente, peraltro, che non vi è stata alcuna omessa pronuncia.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 7600, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione