Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13288 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13288 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29889/2021 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO (EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro-tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (EMAIL);
– controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME (EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3820/2021 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 25/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/03/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 25/05/2021, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello proposto da NOME COGNOME e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rideterminato (in diminuzione) l’importo della condanna già pronunciata dal primo giudice a carico del COGNOME ed in favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento, da parte del primo, di oneri concessori riferiti al godimento, da parte del COGNOME, di un box destinato allo svolgimento delle attività proprie del mercato locale;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha preliminarmente rilevato come il COGNOME non avesse comprovato l’asserita natura locativa (o di affitto) del rapporto intercorso con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, né i presupposti indispensabili ai fini del riconoscimento della durata quinquennale della prescrizione eccepita dal COGNOME, né, infine, la sussistenza dei danni asseritamente subiti dal COGNOME in conseguenza dei lamentati inadempimenti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
ciò posto, la corte territoriale, dopo aver evidenziato come il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE non avesse fornito la prova di avere consegnato due box al COGNOME, anziché uno solo (commisurando a tale premessa l’entità del debito effettivo del COGNOME), ha infine sottolineato come il rapporto pubblicistico di concessione tra il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME fosse venuto meno a seguito della sdemanializzazione del box oggetto d’esame, sì che del tutto estranea ai fatti di causa doveva
ritenersi la società RAGIONE_SOCIALE, originariamente coinvolta dal COGNOME sul presupposto della sua asserita qualità di successore nel preteso contratto di locazione (o di affitto), avendo detta società acquistato il box già concesso in godimento al COGNOME dopo la ridetta sdemanializzazione;
avverso la sentenza d’appello NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;
il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE resistono ciascuno con un proprio controricorso;
considerato che :
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 2934 c.c. e 2948 c.c. (in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente disatteso l’eccezione di prescrizione sollevata dal COGNOME sul presupposto del difetto di prova dell’eccezione, senza considerare la spettanza, a carico del creditore, dell’onore di fornire la prova dell’avvenuta interruzione della prescrizione quinquennale (pacificamente applicabile anche al pagamento di oneri concessori connessi al godimento di un immobile di proprietà pubblica) a fronte del deAVV_NOTAIOo superamento di tale termine nel raffronto tra la data relativa alla scadenza dei crediti rivendicati (dal 1999 al 2004) e quella relativa alla proposizione dell’azione monitoria da parte del comune di RAGIONE_SOCIALE (nel 2010);
il motivo è fondato;
premesso il carattere pacifico dalla natura concessoria del rapporto di attribuzione in godimento del bene immobile oggetto di causa originariamente intercorso tra il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME (natura concessoria peraltro incontestatamente riconosciuta dalla stessa corte territoriale), osserva il Collegio come, secondo
l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, agli oneri concessori riferiti al godimento di un immobile pubblico si applichi la stessa prescrizione quinquennale relativa ai canoni della locazione (v., in termini, Sez. 1, Sentenza n. 2457 del 23/05/1989, Rv. 462831 – 01);
ferma tale premessa, varrà sottolineare come la corte territoriale abbia del tutto trascurato che, ai fini dell’assolvimento degli oneri probatori e di allegazione incombenti a carico del COGNOME, fu sufficiente accompagnare, alla sollevazione dell’eccezione, l’allegazione della data di esercizio della pretesa creditoria (nella specie collocata nel corso dell’anno 2010) rispetto alla scadenza del credito (da ultimo, nel 2004), con la conseguenza che sarebbe spettato al RAGIONE_SOCIALE creditore fornire la prova contraria rispetto alla deAVV_NOTAIOa estinzione del credito;
da tali premesse deriva l’erroneità della decisione impugnata, nella parte in cui ha disatteso l’eccezione sollevata dal COGNOME sul presupposto della mancata dimostrazione della natura quinquennale della prescrizione, incombendo, piuttosto, a carico del RAGIONE_SOCIALE creditore fornire la prova dell’infondatezza dell’eccezione di prescrizione;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente affermato l’estraneità ai fatti di causa della RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto dell’avvenuta cessazione del rapporto concessorio tra il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME a seguito della sdemanializzazione del bene già concesso in godimento, senza considerare che il COGNOME aveva proseguito il godimento del bene pure a seguito di tale vicenda, dando in tal modo vita a un contratto privatistico di affitto successivamente trasferito alla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in conseguenza della vendita di tale bene dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come l’odierno ricorrente abbia espressamente riconosciuto, nello stesso testo del ricorso, tanto che il rapporto di godimento con il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nacque come concessione di un bene pubblico, quanto che il RAGIONE_SOCIALE dispose successivamente la sdemanializzazione di tale bene;
ciò posto, l’affermazione secondo cui dalla ridetta sdemanializzazione (idonea a modificare la sostanza economico-sociale del bene concesso in godimento) sia derivata in modo automatico (per effetto della mera continuazione di fatto del godimento da parte del COGNOME e della pretesa dei canoni da parte del RAGIONE_SOCIALE) la trasformazione del rapporto di concessione in un contratto di affitto è conclusione di per sé arbitraria, vieppiù in considerazione dell’assorbente rilievo dell’eventuale nullità di un simile contratto di affitto per difetto della forma scritta imposta ad substantiam , avuto riguardo alla natura di pubblica amministrazione del RAGIONE_SOCIALE concedente;
con il terzo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.). per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sui motivi di appello proposti anche nei confronti della chiamata in causa RAGIONE_SOCIALE;
con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli art. 824 c.c., 829 c.c., 1615 e segg. c.c. (in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente trascurato di accertare l’avvenuta trasformazione, in contratto di affitto, del rapporto concessorio
originariamente instaurato tra il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME a seguito della sdemanializzazione dell’immobile concesso in godimento, senza considerare che il COGNOME aveva proseguito il godimento del bene pure a seguito di tale vicenda e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva continuato a pretendere il pagamento dei canoni dovuti, con il conseguente trasferimento della posizione contrattuale del concedente alla RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE a seguito della vendita dell’immobile;
entrambi i motivi -congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione -sono inammissibili;
al riguardo, è appena il considerare come la rilevata infondatezza del secondo motivo d ‘ impugnazione valga ad assorbire la rilevanza di entrambe le censure in esame, avendole lo stesso ricorrente espressamente correlate al presupposto dell’err oneità della negazione, da parte del giudice a quo , della disponibilità dell’immobile in capo al COGNOME a seguito della sua sdemanializzazione e della prosecuzione del rapporto di natura negoziale con la società RAGIONE_SOCIALE;
sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza per quanto di ragione del primo motivo, l’infondatezza del secondo e l’inammissibilità del terzo e del quarto, dev ‘ essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma, comunque in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo per quanto di ragione; rigetta il secondo; dichiara inammissibili il terzo e il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma, comunque in diversa composizione, cui è altresì