Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34710 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34710 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24177/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in LUCERA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1949/2021 depositata il 11/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
NOME COGNOME titolare dell’Hotel RAGIONE_SOCIALE‘, impugna con ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi illustrati da memoria, la sentenza n. 3003/21 della Corte d’Appello di Bari pubblicata l’ 11 novembre 2021 che, riformando in parte la sentenza del giudice di prime cure, ha revocato il decreto ingiuntivo portante un importo di € 45.900.000, risultante da fatture per servizi alberghieri e per l’utilizzo di una sala riunioni, usufruiti da RAGIONE_SOCIALE di NOME e NOME RAGIONE_SOCIALE nel periodo dal gennaio al settembre 2003, portati da fatture, confermando la debenza del minore importo di € 29.290,00 in linea capitale.
La corte d’appello, ritenendo in parte fondata l’opposizione della società resistente, ha ritenuto che: 1) il credito portato nelle fatture si era presuntivamente prescritto per le prestazioni antecedenti al 4.4.2003; 2) l’importo di € 4.200 portato nella fattura del 15.09.2003 non era dovuto perché nessun corrispettivo separato era risultato mai pattuito per l’utilizzo di una sala attrezzata per le manifestazioni pubblicitarie collegate alla ricezione dei gruppi ospitati in albergo; 3) per alcuni dei servizi prestati successivamente al 4.4.2023 sebbene nessun valore presuntivo di mancato pagamento potesse risultare dalle scritture contabili dell’albergo, né di pagamento dal fatto che dalle fatture risultasse che l’importo fosse stato già pagato (perché privo della sottoscrizione dell’albergatore), sulla base delle testimonianze raccolte, ha ritenuto provato il pagamento
dei servizi resi dai clienti o dal responsabile dei gruppi mediante versamento in contanti o mediante assegno a saldo delle quote di partecipazione dei gruppi ricevuti il 20 -23 luglio 2003 e il 26 -29 luglio 2003.
Pertanto ha ritenuto provato il mancato pagamento del minore importo di € 29.290,00 dalla parte opponente.
Motivi della decisione
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1. Inammissibilità del proposto appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n° 4) c.p.c..
Il ricorrente deduce che il giudice dell’appello su tale censura ha speso la seguente frase sintomatica di apparente motivazione: ‘L’appello, formulato compiutamente secondo le indicazioni dell’art. 342 c.p.c., è perciò ammissibile’ (pagina 5 della impugnata sentenza).
La motivazione sarebbe solo apparente e non enucleerebbe le ragioni del rigetto della rituale eccezione proposta dall’appellato. 2.Violazione degli artt. 2959 e 2697 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 346 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n° 3) c.p.c.
La Corte distrettuale avrebbe erroneamente ritenuto non provata la effettiva pattuizione e il prezzo pattuito per l’uso della sala convegni di cui alla fattura n. 31 del 15/09/2003 sull’assunto che nessuno dei testi avrebbe riferito alcunché sul preteso importo che sarebbe stato pattuito. Detta motivazione viene impugnata in quanto ritenuta ‘non corretta giuridicamente’ e ‘non persuasiva’, in considerazione dell’eccepita prescrizione di natura presuntiva del credito, che comporta l’ammissione del credito nei suoi estremi ossia nell’an e nel quantum: l’aver asserito di aver pagato e corrisposto quanto dovuto postula necessariamente l’esistenza del credito anche in applicazione dell’art. 115 c.p.c. 3. Violazione dell’art.
2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n° 5), c.p.c.
La Corte territoriale, nel considerare provati per testi i pagamenti delle fatture contenenti la dizione ‘importo pagato’, ma non sottoscritte dal COGNOME, avrebbe violato l’art. 116 c.p.c. mal valutando gli esiti della prova testimoniale, peraltro recependoli senza un apprezzamento critico e la resa motivazione non sarebbe nemmeno corretta giuridicamente. Vi sarebbe stato, sul punto, un travisamento della prova anche perché le informazioni probatorie sono contraddette e la prova testimoniale sarebbe inconciliabile con l’asserzione secondo cui il credito del COGNOME non esisteva sia nell’an che nel quantum. 4. Violazione degli artt. 2954 e 2959 c.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, n° 3) e n° 5), c.p.c.
Viene denunciata l’erroneità della motivazione in tema di prescrizione presuntiva applicata solo con riguardo alle prestazioni precedenti il 4/4/2003′ riferite alla fattura n. 1 del 2003 emessa in data 3/1/03 per l’importo di E.9.600,00. Assume il ricorrente che la somma oggetto di ingiunzione, è relativa a servizi alberghieri prestati ed eseguiti dal Pelusi in favore della RAGIONE_SOCIALE, che ‘organizza gite commerciali in diverse località e, da alcuni anni, si serve della struttura alberghiera del Pelusi per l’alloggio e, in parte, per il ristoro dei partecipanti …’ , per cui sarebbe fuori luogo applicare la prescrizione presuntiva prevista dall’art. 2954 c.c.. nell’ambito di un rapporto commerciale tra imprenditori. Deduce altresì che anche il credito ritenuto prescritto risultava contestato nell’an e nel quantum in quanto in tesi pagato e che pertanto non potesse applicarsi detta presunzione, anche con riferimento alle fatture considerate pagate, per le quali era stata sollevata la medesima eccezione.
Il ricorso è infondato e va rigettato nei termini di seguito indicati.
Il primo motivo è inammissibile ex art. 366 n. 6 c.p.c.
Per contrastare la ritenuta formulazione dell’atto d’appello secondo i criteri di cui all’art. 342 c.p.c. la parte impugnante avrebbe dovuto indicare in quale parti l’impugnazione, dal giudice ritenuta invece ammissibile in quanto conforme al disposto di cui all’art. 342 c.p.c. , mancherebbe dei requisiti richiesti dalla norma.
Con la seconda censura il ricorrente non si confronta adeguatamente con la decisione impugnata e pertanto risulta inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c.
La prescrizione presuntiva considerata dal giudice non riguarda il credito per l’utilizzo della sala riunioni, bensì altre prestazioni alberghiere precedenti al 4/4/2003.
Diversamente da quanto sostenuto in primo grado dal giudice di primo grado, la corte d’appello ha ritenuto applicabile la prescrizione presuntiva ex art. 2954 c.c. invocata dal controricorrente allora impugnante solo con riguardo a fatture per prestazioni rese anteriormente al 4/4/ 2003, sulla considerazione che i rapporti tra le parti fossero stati privi di formalità perché contrassegnati normalmente dal pagamento immediato del corrispettivo da parte dei clienti pernottanti, senza dilazione e senza rilascio di quietanza, e ciò sulla base dell’esame delle risultanze istruttorie, facendo riferimento al precedente di questa Corte di cui a Cass. 9930/2014. Mentre, riguardo alla fattura n. 31 del 15/09/2003 riferita all’uso di altra sala per le riunioni pubblicitarie, la Corte d’appello ha considerato, riesaminando le prove testimoniali acquisite, che non risultava provato con certezza se in ogni gita i pranzi si svolgessero al piano terra o in una sala separata, con valutazione insindacabile in tale sede processuale.
Quanto al terzo motivo, l’inammissibilità della deduzione si delinea già solo constatando che la corte di merito, valutando le deposizioni dei testi, ha ritenuto provato soltanto il pagamento delle due fatture n. 23/03 del 23/7/03 (per € 1.430,00) e del n.24/03 del 29/7/03 (per € 1.430,00), relative proprio ai servizi di soggiorno resi ai partecipanti delle gite del 20 -23.07.2003 e 26 -29.07.2003, sulla base della deposizione di testi che hanno riferito di pagamenti consegnati in contanti o tramite assegno alla fine del soggiorno, in quanto raccolti direttamente dai partecipanti, assumendo che tale riscontro invece era mancato per la restante parte delle fatture.
Mentre l’errata applicazione della norma in tema di ermeneutica richiamata nella censura, come già statuito da questa Corte, è configurabile solo nei casi in cui si applichi il libero apprezzamento del giudice in riferimento a una prova che per legge sia vincolata a determinati criteri di valutazione, non potendo comportare una diversa valutazione della prova da parte del giudice di legittimità (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016; Cass. sez. VI, 09/12/2020, n.28105, che espressamente richiama Cass. Sez.3, 05.03.2019, n. 6303; Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 18092 del 31/08/2020; Cass. Sez. U -, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020). Si tratta, pertanto, di censure che oppongono una differente valutazione delle testimonianze nel loro complesso e non un travisamento delle prove dedotto nei giusti termini, sì da inficiare la tenuta logica della motivazione resa (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024), anche per quanto si dirà in riferimento al quarto motivo.
Il quarto motivo è infondato.
Sotto il profilo della norma applicata, di cui è dedotta la violazione, va data continuità al principio per cui le allegazioni con le quali il debitore assume che il debito sia stato pagato, o
sia comunque estinto, non rendono inopponibile l’eccezione di prescrizione presuntiva, giacché, lungi dall’essere incompatibili con la presunta estinzione del debito per decorso del termine, sono, invece, adesive e confermative del contenuto sostanziale dell’eccezione sollevata (confr. Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 23751 del 01/10/2018; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 16486 del 05/07/2017; Sez. 2 -, Sentenza n. 1203 del 18/01/2017; Cass. civ. 31 marzo 2010, n. 7800). Tale rilievo assorbe ogni altra censura di contraddittorietà della decisione.
L’assunto, poi, secondo cui l’istituto della prescrizione presuntiva non opererebbe in presenza di un credito che deve trovare riscontro in atti scritti non è corretto in iure . Se è ben vero, infatti, che le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità e dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da un contratto stipulato in forma scritta (cfr. Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 9930 del 08/05/2014; Cass. civ. 4 luglio 2012, n. 11145; Cass. civ. 7 aprile 2006, n. 8200; Cass. civ. 3 febbraio 1995, n. 1304), delle medesime si può tuttavia sicuramente avvalere anche un soggetto obbligato a tenere le scritture contabili, non interferendo tale disciplina con quella dei requisiti di forma dei contratti.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 5/12/2024