Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33160 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33160 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11350/2021 R.G. proposto da : NOME COGNOME NOME COGNOME DI NOME COGNOME rappresentate e difese da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, giusta procura speciale in calce al ricorso -ricorrenti-
contro
FALLIMENTO di NOME COGNOME
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE CIVITAVECCHIA n. 3425/2020 depositata il 11/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. Il Tribunale di Civitavecchia, con decreto depositato il 16.3.2020, ha rigettato l’opposizione ex art. 98 L.F. proposta da NOME COGNOME ved. COGNOME e dalle figlie NOME e NOME COGNOME quali eredi del geometra NOME COGNOME per ottenere l’ammissione allo stato passivo del Fallimento di NOME COGNOME del credito, escluso dal G.D., di € 19.045,77, vantato in origine dal loro dante causa- a titolo di compenso per prestazioni professionali svolte – nei confronti di NOME COGNOME che era anch’egli deceduto e la cui eredità era stata accettata con beneficio di inventario dai coeredi, fra i quali figurava l’imprenditore fallito , successore legittimo per la quota di 1/4.
Il tribunale: i) ha escluso che l a prova dell’esistenza del credito potesse trarsi dal ricorso per sequestro conservativo ante causam proposto nel 2004 dalle opponenti (di cui non era stato indicato l’esito) o dall’ inserimento del credito nello stato di graduazione e ripartizione parziale, mai divenuto esecutivo, redatto nel 2017, ai sensi degli artt. 498 e segg. c.c., dal notaio incaricato della liquidazione, posto che il documento non promanava dal COGNOME, ma dai suoi eredi, estranei al rapporto negoziale fra il de cuius e NOMECOGNOME e non poteva pertanto integrare atto ricognitivo; ii) ha rilevato che la documentazione prodotta dalle eredi NOME non era idonea a dimostrare l’espletamento delle prestazioni professionali da parte del loro dante causa; iii) ha infine osservato che, poiché l’attività del defunto era stata espletata nel decennio 1984/2004 e poiché le ricorrenti, non avevano documentato di aver notificato al COGNOME o ai suoi eredi atti di messa in mora successivi al 17.3.2004 (data di vidimazione della parcella da parte del Consiglio dell’ordine), risultava fondata l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito, svolta dal curatore ai sensi dell’art. 2956 n. 2 c.c.
Le eredi NOME hanno proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidandolo a due motivi illustrati da memoria.
Il Fallimento di NOME COGNOME non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di valutazione della prova a norma dell’art. 116 c.p.c. in relazione agli artt. 2697 e 2729 c.c. nonché motivazione illogica ed omessa circa un punto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Le ricorrenti lamentano che il Tribunale di Civitavecchia non abbia attribuito alcun peso specifico alla parcella professionale del loro dante causa, vistata dall’ordine , né alla documentazione integrativa prodotta in sede di opposizione, che forniva piena prova della natura, del numero, della successione temporale e dell’entità delle varie prestazioni professionali svolte dal de cuius (assistenza tecnica a stesura di contratti preliminari, atti di compravendita, frazionamenti, rilievi topografici, etc.).
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988 c.c., 470, 484, 490 e 752 c.c..
Le ricorrenti contestano l’affermazione del Tribunale secondo cui solo il COGNOME e non il COGNOME, avrebbe potuto provvedere alla ricognizione di debito, posto che questi non era affatto estraneo al rapporto obbligatorio, essendo subentrato nel lato passivo del rapporto ex art. 752 e 754 c.c..
Sostengono inoltre che il riconoscimento del debito contenuto nel verbale di graduazione e riparto sottoscritto dall’imprenditore poi fallito avrebbe una portata dirimente, in quanto l’unico soggetto legittimato ad eccepire la prescrizione sarebbe stato il COGNOME ancora in bonis e non già il curatore fallimentare.
Infine osservano che costituivano certamente atti interruttivi della prescrizione la vidimazione della parcella del 17.3.2004 e la notifica nel mese successivo del ricorso per sequestro conservativo ante causam .
Stante il principio della ragione più liquida, va preliminarmente esaminato il secondo motivo, che deve essere respinto.
Palesemente errata è la tesi delle ricorrenti secondo cui il curatore non era legittimato a sollevare l’eccezione di prescrizione, che non tiene conto che, a seguito della dichiarazione di fallimento, al fallito è sottratta la disponibilità dei propri beni e che l’unico soggetto titolato a rappresentare la massa dei creditori è, per l’appunto, il curatore fallimentare.
Ciò premesso, il motivo è per il resto inammissibile perché le ricorrenti, che non deducono l’ erroneità della statuizione di prescrizione presuntiva del credito, ai sensi dell’art. 2959 c.c., per aver il curatore (anche implicitamente) ammesso che l’obbligazione non era stata estinta, svolgono censure di merito (semmai idonee a contrastare l’ accertamento, non compiuto dal tribunale, del d ecorso della prescrizione ordinaria) mentre, a mente dell’art. 2960 c.c., colui al quale la prescrizione presuntiva è stata opposta, può solo deferire all’altra parte il giuramento per accertare se si è verificata l’estinzione del debito.
Al rigetto del secondo motivo consegue l’inammissibilità del primo . Il Tribunale di Civitavecchia ha infatti respinto l’opposizione delle eredi NOME sulla base di due autonome rationes decidendi, in quanto ha ritenuto il credito non documentato e comunque presuntivamente estinto ai sensi dell’art. 2956 n. 2 c.c.
Pertanto, respinte le doglianze che investono il secondo accertamento, trova applicazione il principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una di esse rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, quelle relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque
condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (vedi Cass. n. 11493 del 11/05/2018).
Poiché il Fallimento non ha svolto difese, non v’è luogo alla liquidazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma il 24.9.2024