Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24730 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24730 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 23836 del ruolo generale dell’anno 2024 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa , già corrente in Barcellona P.G. (ME), C.F.: 90000760836, in persona del Commissario Liquidatore, dott. NOME COGNOME nato a Milazzo il 21/08/1973, C.F.: CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale dell’avv. NOME COGNOME del Foro di Messina, C.F.: CODICE_FISCALE, PEC: EMAIL o, in caso di impedimento tecnico, presso il di lui Studio in Roma INDIRIZZO dal quale è rappresentata e difesa giusta procura speciale in calce al ricorso;
Ricorrente
contro
NOME NOME COGNOME nato a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) il 7 novembre 1971 e ivi residente alla INDIRIZZO codice fiscale CODICE_FISCALE elettivamente domiciliato in Barcellona Pozzo di Gotto (ME), INDIRIZZO presso lo studio dello Avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE
iscritto all’Albo degli Avvocati di Barcellona Pozzo di Gotto e all’Albo dei Cassazionisti, dal quale è rappresentato e difeso per procura speciale ad litem rilasciata su foglio separato, depositata per via telematica insieme al controricorso, da considerarsi in calce ad esso ai sensi dell’articolo 83 comma 3 c.p.c. e dell’articolo 18, comma 5, D.M. Giustizia n. 44/2011, così come sostituito dal D.M. Giustizia n. 48/2013, e il quale indica il numero di fax 090/903.56.15 e l’indirizzo di posta elettronica certificata (domicilio digitale) EMAIL, presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni;
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n° 1367/24 depositata il 7 agosto 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- La RAGIONE_SOCIALE soc. coop., in base ad una Convenzione stipulata col Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, aveva costruito trentadue alloggi di edilizia popolare agevolata, assumendo tutti gli oneri necessari per l’acquisizione dell’area, nonché l’obbligo di rimborsare all’Ente locale quanto pagato per l’espropriazione.
Sennonché la RAGIONE_SOCIALE si era immessa nel possesso dell’area da espropriare, sulla quale dovevano essere realizzati gli edifici, in violazione delle norme in materia di espropriazione e il proprietario, convenendo in giudizio il Comune e la RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di quella città, con sentenza n° 222/2005 ne aveva ottenuto la condanna solidale a pagargli euro 345.829,90 a titolo di indennità di occupazione illegittima ed euro 701.794,56 a titolo di risarcimento dei danni.
La Corte d’appello di Messina aveva confermato la decisione, che era passata in giudicato.
La RAGIONE_SOCIALE era stata messa in liquidazione coatta amministrativa e il Comune era stato ammesso al passivo per gli importi sopra indicati.
2 .- RAGIONE_SOCIALE. in liquidazione coatta agiva quindi in monitorio contro NOME COGNOME, assegnatario di un alloggio, chiedendone la condanna al pagamento di euro 15.567,86, a titolo di quota parte gravante su di lui del debito complessivo della RAGIONE_SOCIALE verso il Comune.
Proposta opposizione da parte dell’Ofria, il Tribunale di Palermo, Sezione specializzata in materia di imprese, la respingeva, ma la Corte d’appello della stessa città, su impugnazione dell’assegnatario, riformava la decisione, accogliendo l’opposizione.
3 .- Per quanto ancora rileva, il secondo giudice riteneva fondato il settimo motivo di appello dell’assegnatario, col quale si era doluto del mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione da parte del Tribunale.
La decorrenza del termine prescrizionale andava fissata al 7 aprile 2005, data nella quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con la citata sentenza n° 222/2005, aveva accertato il credito del proprietario verso i soggetti esproprianti ed a partire dalla quale il diritto della Cooperativa ad ottenere il rimborso dei costi dell’espropriazione poteva essere fatto valere, mentre la successiva sentenza della Corte d’Appello e la chiusura dello stato passivo erano meri momenti successivi di conferma di quel debito della Cooperativa da riversare, pro quota , sui singoli soci.
Trattandosi, poi, di debito ‘ correlato alle obbligazioni assunte dal socio verso la società, e solo mediatamente da ricondurre all’assegnazione dell’immobile, sicché resta estraneo l’atto di aggiudicazione, diversamente da quanto addotto dall’odierno appellante ‘, il
termine prescrizionale era quello quinquennale di cui all’art. 2949 cod. civ.
Ne derivava la prescrizione del diritto azionato, poiché la sentenza n° 222/2005 era stata depositata il 7 aprile 2005, mentre la richiesta di pagamento della Città futura era pervenuta all’Ofria solo in data 14 marzo 2014.
I bilanci della RAGIONE_SOCIALE non contenevano alcun riconoscimento del debito, dato che in essi era genericamente iscritta la somma complessivamente dovuta per gli oneri di espropriazione, senza alcuno specifico riferimento al contenzioso, nemmeno nella nota integrativa.
Nemmeno la loro approvazione poteva considerarsi una rinuncia tacita alla prescrizione, dato che essi erano privi degli elementi necessari ad individuare il debito dell’Ofria con esattezza.
Inoltre, il bilancio al 2006 era stato versato in atti in copia priva di sottoscrizione e, accanto alla voce ‘ debiti diversi ‘ per euro 818 mila, non vi era nella nota integrativa alcuno specifico e dettagliato riferimento al contenzioso evocato in causa, rinvenendosi solo un’indicazione generica di altre cause (Milioni, Raymo) già in essere con la RAGIONE_SOCIALE.
Da ultimo, non era stata prodotta la delibera di approvazione del predetto bilancio, dalla quale desumere il voto favorevole dell’Ofria.
4 .- Ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidando il gravame a sette motivi, illustrati da memoria.
Resiste l’COGNOME, che conclude per l’inammissibilità dell’impugnazione e comunque per la sua reiezione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5 .- Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 n° 5 cod. proc. civ., che la Corte territoriale sia incorsa in carenza
motivazionale, avendo pretermesso l’esame dell’atto di assegnazione dell’alloggio (a ministero notar COGNOME in data 12 aprile 2000, n° 237055 di repertorio), contenente l’accollo negoziale del debito controverso, nonostante tale tema sia stato discusso tra le parti nel corso del giudizio.
L’obbligazione facente capo all’Ofria deriverebbe, dunque, da tale negozio e non dal rapporto societario, donde l’applicabilità del termine ordinario prescrizionale decennale.
Col secondo mezzo , basato sull’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., la Liquidazione coatta lamenta la violazione degli artt. 1273, 1321, 1325, 1372, 1470, 2946, 2949 cod. civ. e 113 cod. proc. civ.
Rimprovera alla Corte di non aver considerato l’accollo assunto dall’Ofria nel contratto di assegnazione d’alloggio e di avere quindi applicato il regime prescrizionale breve, anziché quello ordinario.
Col terzo , basato sull’art. 360 n° 3 del codice di rito, lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1375, 2379, 2423, 2435, 2943, 2944 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ.
Il giudice del merito aveva erroneamente ritenuto che la prescrizione dell’obbligazione dedotta in atti avesse iniziato a decorrere dalla data del deposito della sentenza di primo grado del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (n° 222 del 7 aprile 2005) e che non avessero alcun rilievo le interruzioni del periodo prescrizionale derivanti dai bilanci depositati presso il Registro delle imprese.
Col quarto , formulato ai sensi dell’art. 360 n° 5 cod. proc. civ., lamenta un omesso esame di un fatto decisivo, ossia la sentenza della Corte d’appello di Messina (n° 7 dell’11 gennaio 2012, resa sull’appello contro la sentenza n° 222/2015 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto) che aveva definito il giudizio promosso dal proprietario dei suoli espropriati, NOME COGNOME contro il Comune e la RAGIONE_SOCIALE, condannando questi ultimi due a pagare al primo l’indennità espropriativa.
Tale decisione era stata richiamata nella nota integrativa al bilancio 2006, donde la contraddittorietà della sentenza qui gravata, in quanto, da un lato, predicava la mancanza di specificità della predetta nota integrativa e, dall’altro, aveva ignorato gli specifici riferimenti alla sentenza tra RaymoRAGIONE_SOCIALE ritenendo erroneamente che essi si riferissero ad ‘ altre cause ‘.
Ne deriverebbe, in conclusione, l’effetto interruttivo della nota integrativa al bilancio 2006, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d’appello.
Con la quinta doglianza , anch’essa formulata in base all’art. 360 n° 5 cod. proc. civ., la Liquidazione coatta deduce che la Corte territoriale sarebbe incorsa in una grave carenza motivazionale, avendo pretermesso l’esame della sentenza della Corte d’appello di Messina (n° 7/2012) nella causa intentata dal COGNOME.
La Corte palermitana avrebbe, infatti, erroneamente qualificato tale sentenza come meramente confermativa di quella di primo grado, quando, invece, aveva incrementato significativamente l’indennità di occupazione legittima.
Ne deriverebbe che la sentenza COGNOME, avendo modificato gli oneri espropriativi, aveva segnato la definitività dell’obbligazione della Cooperativa verso il Comune e, di conseguenza, la definitività del credito della Cooperativa verso i propri soci.
Col sesto motivo , che si basa sull’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., la Liquidazione coatta lamenta la violazione degli artt. 1273, 1321, 1346, 1353, 1360, 2935 cod. civ. e 113, 115 cod. proc. civ.
Il Giudice di merito avrebbe ritenuto la sentenza della Corte D’Appello di Messina n° 7/2012 un evento indifferente ai fini dell’ iter prescrizionale, nonostante essa avesse definito la quantificazione degli oneri espropriativi dovuti al Raymo, quale condizione per il subentro nella ‘ posizione debitoria ‘ della RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune convenuto con l’accollo assunto dal socio mediante l’atto pubblico di assegnazione dell’alloggio.
In tale atto, infatti, le parti avrebbero condizionato l’accollo degli oneri espropriativi a carico dell’assegnatario alla posizione debitoria della RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune: condizione che si sarebbe, dunque, definitivamente verificata solo con la sentenza n° 7/2012 della Corte d’appello messinese.
Col settimo mezzo , fondato sull’art. 360 n° 5 del codice di rito, la ricorrente lamenta l’omesso esame dell’atto di assegnazione dell’alloggio, col quale il socio aveva assunto l’obbligo di rifondere gli oneri espropriativi; della sentenza n° 7/2012 della Corte d’appello di Messina, che aveva definitivamente quantificato tali oneri tra il proprietario Raymo, la RAGIONE_SOCIALE ed il Comune; del bilancio 2006 e seguenti e delle note integrative, contenenti il debito della Cooperativa verso gli espropriati.
6 .- È fondato il secondo motivo di ricorso e l’accoglimento di esso determina l’assorbimento di tutti gli altri.
La Corte, infatti, ha ritenuto applicabile la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2949, primo comma, cod. civ. sul rilievo che il debito dell’ Ofria sarebbe ‘ correlato alle obbligazioni assunte dal socio verso la società, e solo mediatamente da ricondurre all’assegnazione dell’immobile, sicché resta estraneo l’atto di aggiudicazione, diversamente da quanto addotto dall’odierno appellante ‘ (sentenza pagina 6).
Ora, secondo un indirizzo giurisprudenziale più recente (per tutte: Cass., sez. V, 21/04/2008, n° 10264), lo scambio mutualistico tra il socio e la cooperativa di appartenenza è realizzato tramite un rapporto ‘ ulteriore ‘ rispetto a quello societario (termine mutuato dall o art. 1, terzo comma, della legge 3 aprile 2001 n° 142, ‘ Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore ‘, che parte della dottrina ha interpretato in materia sistematica, ossia riferibile non solo alle cooperative di lavoro), mentre appare ormai abbandonato il vecchio orientamento (per tutte: Cass., sez. I, 21/03/1997, n° 2557)
che tendeva ad assorbire nello schema societario, unico ed esclusivo, ogni rapporto tra socio e società.
Ebbene, benché i due rapporti possano avere delle eccezionali ripercussioni reciproche, talvolta previste dalla stessa legge (come, ad esempio, quelle previste dall’art. 5, secondo comma, nelle cooperative di lavoro), la regola è quella della autonomia dei due legami negoziali, con conseguente applicazione a ciascuno di essi delle regole sue proprie.
Ne deriva che, se lo Statuto o l’atto costitutivo (art. 2521 cod. civ.) prevedono degli obblighi ulteriori gravanti sul socio, eventualmente posti a suo carico mediante la previsione di ‘ prestazioni accessorie ‘ ex art. 2345 cod. civ. (applicabile alle cooperative in virtù dell’art. 2519 cod. civ.), oppure mediante i Regolamenti interni della cooperativa (art. 2521, ultimo comma, cod. civ.), allora l’obbligazione sarà riconducibile al rapporto sociale, con conseguente applicazione delle norme che disciplinano tale rapporto, tra le quali, per quanto qui interessa, il termine prescrizionale dell’art. 2949, primo comma, cod. civ.
Al contrario, ove sia il negozio che realizza il rapporto mutualistico a contenere tale obbligo ulteriore, l’autonomia di quest’ultimo rispetto al vincolo societario fa sì che ad esso si applichino le regole che lo disciplinano, con la conseguenza – sempre per quello che qui interessa – che il termine prescrizionale sarà quello dettato per le obbligazioni contrattuali, ossia quello ordinario decennale previsto dall’art. 2946 cod. civ.
Tanto premesso, pare che la Corte territoriale non abbia fatto buongoverno dei principi sopra esposti, avendo svalutato la rilevanza dell’atto di assegnazione a ministero notar COGNOME in data 12 aprile 2000, n° 237055 di repertorio, con la stringata motivazione sopra trascritta.
Il giudice di merito, invece di dare conto del percorso logicogiuridico seguito per predicare la sussunzione dell’obbligo negoziale
assunto dall’Ofria tra quelli societari, ha adottato un mero espediente retorico, affermando che il debito era ‘ correlato ‘ alle obbligazioni sociali ed era ‘ solo mediatamente ‘ riconducibile all ‘assegnazione dell’immobile, senza spiegare perché tale correlazione e tale mediata riconducibilità abbiano trasformato l’obbligo previsto dagli artt. 4 e 5 del rogito menzionato (debitamente trascritti in ricorso alle pagine 10-11) da negoziale in sociale.
In altre parole, non è dato comprendere perché la dichiarazione dell’ Ofria di subentrare ‘ alla Cooperativa nella posizione giuridica relativamente a diritti, oneri e divieti nascenti dalla Convenzione ‘ fosse annoverabile tra gli obblighi assunti dall’aggiudicatario come socio e non come controparte del negozio sinallagmatico che realizza la causa mutualistica.
Applicando i principi sopra esposti al caso in esame, si può notare che, anche ove il decorso della prescrizione venga agganciato (come stabilito nella sentenza qui gravata: pagina 6) al deposito della sentenza n° 222 del 7 aprile 2005 emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (con la quale venne per la prima volta accertato l’indennizzo da corrispondere al proprietario dei suoli ablati), esso non sarebbe decorso, dato che la stessa Corte ha accertato che la prima richiesta di pagamento venne ricevuta dall’Ofria in data 14 marzo 2014 (sentenza pagina 5), cioè entro i dieci anni dal giorno in cui il diritto della cooperativa poteva essere esercitato (il che rende superfluo l’esame dei motivi terzo e sesto, con i quali la ricorrente identifica il dies a quo della prescrizione col deposito della sentenza della Corte d’appello di Messina n° 7/2012).
Il controricorrente, nella sola parte narrativa del controricorso e senza proporre ricorso incidentale, assume che la prescrizione sarebbe cominciata a decorrere dal 12 aprile 2000, data dell’atto di assegnazione dell’alloggio e che il termine prescrizionale sarebbe comunque maturato, poiché la prescrizione sarebbe stata interrotta
per la prima volta con la missiva del Commissario liquidatore del 14 marzo 2014.
Posto che, come già detto, la Corte d’appello di Palermo ha fissato il dies a quo della prescrizione al 7 aprile 2005 (sentenza pagina 6), data di deposito della decisione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, e che tale snodo motivazionale non è stato impugnato dall’Ofria in via incidentale, è evidente che tale accertamento sia ormai passato in giudicato, con la conseguenza che non può più essere rimessa in discussione nel presente giudizio la data di inizio del decorso della prescrizione.
La prospettazione difensiva dell’assegnatario sarebbe in ogni modo infondata, dato che è palese che il diritto della Cooperativa di agire contro gli assegnatari per i maggiori oneri espropriativi sostenuti poteva essere esercitato (art. 2935 cod. civ.) solo dopo l’accertamento di essi: il che è avvenuto con la citata sentenza n° 222/ 2005.
In conclusione, la sentenza va cassata e la causa va rimessa alla Corte d’appello di Palermo, la quale provvederà anche sulle spese della presente fase processuale.
p.q.m.
la Corte accoglie il secondo motivo e dichiara assorbiti tutti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2025, nella camera di consi-