Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10994 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10994 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14961-2020 proposto da:
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4381/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/09/2019 R.G.N. 2071/2011;
Oggetto
R.G.N. 14961/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 26/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.L a Corte d’appello di Napoli ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto la durata quinquennale e non decennale della prescrizione dei crediti da loro vantati a titolo di indennità di mobilità. In particolare, gli appellanti avevano lamentato di aver usufruito di un’indennità di mobilità in misura inferiore a quella dovuta non essendo state contemplate nella retribuzione globale di fatto alcune voci retributive liquidate in modo continuativo e fisso, quali l’indennità di trasferta, l’edr, l’indennità di mensa, da ritenersi p rovate perché, sulla prima, l’INPS non aveva contestato la qualifica di operaio trasfertista e, sulle altre, era sufficiente un calcolo continuativo basato anche su una sola busta paga essendo voci contrattualmente previste; per il solo Volpe, poi, v’era un giudicato su altre annualità inerente all’accertamento dell’ indennità di mobilità in misura massima.
La Corte territoriale ha invece ritenuto che sia applicabile la prescrizione quinquennale trattandosi di indennità liquidata mensilmente rientrante, quindi, fra le prestazioni periodiche ex art. 2948 n.4 c.c., e che le singole voci debbano essere specificamente provate potendo il datore di lavoro non averle liquidate tutti i mesi, mentre per quanto riguarda l’indennità di trasferta occorreva verificare se si sia trattata di c.d. piccola trasferta da considerarsi al 50% a titolo retributivo (l’altra metà a t itolo risarcitorio) e non già per l’intero come richiesto; irrilevante era infine il giudicato esterno sulle altre annualità potendo basarsi gli altri giudizi su presupposti retributivi diversi.
Avverso la sentenza, ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME con tre motivi a cui INPS ed INAIL resistono con controricorso.
La controversia è stata trattata e decisa a ll’adunanza camerale del 26 novembre 2024.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, in relazione all’art. 360, co.1, n.3, c.p.c., la violazione o mancata applicazione dell’art. 2948 n.4 c.c. poiché, trattandosi di controversia sull’esatto importo dell’indennità di mobilità, si applica la prescrizione ordinaria, né v’ è decadenza ex art. 47-bis D.P.R. 639/70 trattandosi di norma entrata in vigore nel luglio 2011, successivamente alla domanda giudiziale introdotta nel 2009.
Con il secondo motivo di ricorso, il solo NOME COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360, co.1, n.3, c.p.c., la violazione dell’art. 324 c.p.c. per l’intervenuto giudicato formale, con due sentenze rese fra le stesse parti, sull’accertamento della retribuzione globale di fatto all’atto dell’entrata in mobilità ed inerente al periodo di mobilità dicembre 1999/novembre 2001 e febbraio 2005/gennaio 2006 (sarebbe rimasto scoperto il periodo da dicembre 2001 a gennaio 2005), rilevanti nel rapporto giuridico di durata connotato da obbligazioni periodiche di pagamento per le quali è consentito il frazionamento del credito; non sarebbe stato considerato che il giudicato copre il dedotto e il deducibile e cioè non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione o di eccezione, esplicitamente investite dalla decisione, ma anche le questioni che, non dedotte in giudizio, costituiscono presupposto logico
ed indefettibile della decisione stessa, al fine di dare certezza e stabilità delle decisioni.
Con l’ultimo motivo entrambi i ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, inerente alla determinazione ex art. 7 co. 9 L.223/91 della indennità di mobilità in ragione della retribuzione teorica che sarebbe loro spettata in base al contratto collettivo di settore, come da buste paga allegate alla produzione di secondo grado, tenuto conto che indennità di trasferta ed indennità di mensa spettano su 30 giorni al mese, come da pronunce di legittimità, e per l’importo integrale riconosciuto per i trasfertisti (tali essendo i lavoratori per i quali manca, nel contratto di lavoro o nella lettera di assunzione, l’indicazione della sede di lavoro e per i quali lo svolgimento dell’attività lavorativa richiede la continua mobilità del dipendente), stante la misura fissa e continuativa della maggiorazione prevista.
Nel controricorso l’INPS sostiene la genericità delle contestazioni elevate dai ricorrenti avverso l’impugnata pronuncia, che aveva motivato sulla non sufficienza delle buste paga e delle previsioni contrattuali per inserire le varie voci retributive nella retribuzione globale di fatto mensile, poiché il datore di lavoro potrebbe non aver liquidato mensilmente le voci ritenute fisse e continuative, dovendo calcolarsi come base di computo per l’indennità di mobilità la normale retribuzione ordinaria e continuativa su cui si pagano i contributi; e rileva che i ricorrenti non avanzano alcuna contestazione in merito al computo del 50% dell’indennità di trasferta nella retribuzione da prendere a base di calcolo dell’indennità di mobilità, dimostrando di prestarne acquiescenza.
5. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Non può essere applicato il termine introdotto dall’art. 47 -bis d.P.R. n.639/1970 di durata quinquennale della prescrizione delle prestazioni della gestione di cui all’art. 24 L. n.88/1989 o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni, perché il giudizio di primo grado del presente processo era già definito all’epoca dell’entrata in vigore della n ovella di cui al d.l. n.98 del 6/7/2011: dalla lettura della sentenza impugnata risulta che il giudizio di appello è stato instaurato con ricorso depositato in data 15/3/2011, ossia in data antecedente all’entrata in vigore delle modifiche apportate al D.P.R. 639/70 (si noti che l’art. 38 comma 4 del d.l. 98/2011 conv. in L. n.111/2011 aveva previsto che le disposizioni di cui al comma 1, lettera c) e d) -fra cui rientrano le modifiche in tema di decadenza di cui all’ultima parte dell’art. 47 e quelle sui termini di prescrizione di cui all’art. 47-bis-, si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto). Sul punto interpretativo della applicazione in corso di giudizio dei nuovi termini (più brevi) introdotti dalla legge del 2011, è intervenuta la Corte Costituzionale che con sent. n.69/2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 38, co. 4, del DL n 98/2011 nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al comma 1, lettera d), si applichino anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto, avendone sottolineato il vulnus arrecato al principio dell’affidamento; è evidente che se il nuovo termine quinquennale di prescrizione per ratei non liquidati, in vigore dal 6 luglio 2011, si applica solo da tale data, essendo stato proposto il ricorso introduttivo in epoca antecedente, non viene neanche in rilievo l’applicazione dell’art. 252 disp. att. c.c. valevole in ogni caso in cui cambia la
prescrizione in corso di rapporto. Non è quindi applicabile la nuova disciplina.
7. La fattispecie in esame neppure rientra nell’ambito applicativo codicistico delle prescrizioni cd. brevi. Il caso in esame riguarda la riliquidazione del trattamento indennitario, non il mancato pagamento di singoli ratei. E si osserva che la questione del termine di prescrizione dei ratei non integralmente corrisposti, ha formato oggetto di numerose pronunce di questa Corte di cassazione che ha avuto modo di elaborare il principio di diritto secondo il quale in tali casi l’applicabilità dell’art. 2948 c.c. è preclusa in quanto, pur trattandosi di erogazioni periodiche mensili, non sussiste il presupposto implicito della liquidità ed esigibilità del medesimo credito preteso. Sul punto, è stato osservato da questa Corte (ord. n. 401/2020) che ‘ l’art. 2948 c.c., si è detto, presuppone la liquidità ed esigibilità del credito, perché solo in tal caso il credito stesso si può considerare pagabile periodicamente e non è sufficiente, a questo fine, che tale sia soltanto in astratto, in base cioè alla disciplina legale applicabile nel momento in cui esso è sorto (Cass. 21 maggio 1990 n. 6245, Cass. n 12472 del 1993, cit., Cass. n 7393 del 1994; Cass. n. 4534 del 1995; Cass. 2563 del 2016); per questa ragione si è affermato che alle componenti essenziali di ratei di prestazioni previdenziali o assistenziali non liquidate si applica la prescrizione ordinaria decennale e non la prescrizione quinquennale, che presuppone la liquidità del credito, da intendere, non secondo la nozione comune ma secondo il disposto del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 129, secondo cui si prescrivono in cinque anni a favore dell’istituto le rate di pensione “non riscosse”; ne consegue che il diritto di credito relativo a qualsiasi somma (ivi compresa quella per rivalutazione ed interessi, costituente parte integrante del
credito base) che non sia stata posta in riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito non liquido ai sensi e per gli effetti del citato art. 129 (Cass. n. 10955 del 2002 ed anche Cass. n. 4353 del 2009, n. 16023 del 2004, n. 17771 del 2003, n. 7030 del 2003, n. 17126 del 2002) ‘.
In sostanza, riprendendo il citato orientamento dal quale la Corte non intende discostarsi, in tema di ratei di prestazioni assistenziali o previdenziali, occorre considerare, al fine della verifica del termine di prescrizione in concreto applicabile, se il credito sia o meno liquido e cioè se le relative somme siano state o meno messe a disposizione dell’avente diritto; ciò che rileva, infatti, ai fini del termine di prescrizione applicabile, ‘ non è la circostanza che le somme pretese a titolo di accessori siano riferite a somme erogate in unica soluzione o con cadenza periodica, bensì che sia stato completato il procedimento amministrativo di liquidazione della spesa con riferimento alle dette somme ‘ ; ne segue che il diritto di credito relativo a qualsiasi somma che non sia stata posta in riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito non liquido ai sensi e per gli effetti della norma sopra indicata ed il pagamento parzialmente estintivo della pretesa creditoria lascia permanere la “illiquidità”, nel senso precisato, del credito per la parte residua.
Orbene, oggetto della controversia è la determinazione dell’esatto importo del trattamento di mobilità, per cui, la prescrizione applicabile è quella decennale; la sentenza impugnata non si è attenuta al suddetto principio affermando la prescrizione del diritto, per cui, accolto il primo motivo di ricorso, la sentenza va cassata con rinvio, restando assorbiti gli altri motivi. In particolare, sul secondo motivo non secondaria è
la verifica in fatto della base di calcolo sulle voci retributive già contemplate in precedenti giudizi, restando in disamina le annualità non coperte da giudicato e neppure da prescrizione, e sul terzo motivo le conseguenze applicative sul calcolo della indennità di disoccupazione e di mobilità, derivanti dal regime di cd. trasfertismo (sul punto, per casi analoghi, si vedano ord. n. 5510/2015, n.9595/2017, n.400/2020).
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.
Roma, deciso all’adunanza camerale del 26.11. 2024