Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27114 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27114 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21688/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CITTA’ METROPOLITANA DI VENEZIA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4209/2022 depositata il 16/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
la società RAGIONE_SOCIALE, ricorre, sulla base di un unico complesso motivo, per la cassazione della sentenza n. 4209 del 2022 della Corte di appello di Roma, esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che:
-la società RAGIONE_SOCIALE, i cui rami cauzioni e credito erano poi stati acquisiti dalla deducente, nel 2001 aveva prestato garanzia, a favore della Città Metropolitana di Venezia, già Provincia, e nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, in relazione agli obblighi derivanti dal provvedimento con cui l’ente territoriale, nel 1996, aveva autorizzato l’obbligata principale allo stoccaggio e alla miscelazione di ceneri di pirite, con successiva autorizzazione, nel 2000, al conferimento di ulteriore quantitativo;
-a fronte di successivo provvedimento, del 2001, con cui era stato autorizzato ulteriore conferimento con termine ultimo per allontanamento delle ceneri al 13 luglio 2002, coincidente con la scadenza della polizza, era stata emessa l’appendice assicurativa n. 1, il precedente 15 gennaio 2002;
-l’ex Provincia, con provvedimento del 12 luglio 2002, aveva poi dato atto che, il 22 marzo 2002, l’area era stata sottoposta a sequestro preventivo penale;
-per questo, il 15 luglio 2002 era stata emessa un’appendice di polizza n. 2 con cui, considerato il parziale smaltimento delle ceneri, era stato ridotto il massimale e prorogata la scadenza della polizza al 13 gennaio 2003;
-la Provincia, con provvedimento del 30 gennaio 2003, a fronte della richiesta di RAGIONE_SOCIALE di prorogare l’autorizzazione originaria fino al dissequestro dell’area, aveva disposto l’aggiornamento dell’operatività della polizza, quale riferita alle operazioni garantite, a tutto il 2003, come avvenuto con l’appendice n. 3;
-il processo penale si era concluso nel 2011 con dichiarazione di prescrizione delle contestazioni svolte a carico dei dirigenti e amministratori della società contraente la polizza e autorizzata ai lavori in parola;
-con provvedimento del giudice dell’esecuzione del 26 marzo 2012 l’area era stata dissequestrata;
-il 19 aprile 2013 era stato dato avvio al procedimento di escussione della polizza;
-ne erano scaturiti due giudizi civili, poi riuniti, uno introdotto per statuire la legittimità dell’escussione in questione da parte della Città Metropolitana, e l’altro per la negatoria della stessa da parte della deducente che, in particolare, aveva eccepito la prescrizione estintiva;
-il Tribunale aveva accolto la domanda dell’amministrazione con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare, la prescrizione doveva escludersi poiché l’inadempimento definitivo si era cristallizzato a séguito del dissequestro, essendo sino ad allora inibito il corrispondente adempimento, come confermato dal fatto che, in costanza di vincolo reale a titolo penale, sarebbero stati possibili interventi di messa in sicurezza mirati a evitare spandimenti di ceneri nell’ambiente, per contenere
i quali era poi intervenuta in danno l’amministrazione, ma non l’allontanamento di quelle e l’adempimento delle altre obbligazioni garantite, in relazione alle quali la stessa deducente aveva constatato che l’ente pubblico territoriale aveva comunicato che la richiesta di ulteriore proroga sarebbe stata vagliata, come necessario, all’esito del menzionato svincolo;
resiste con controricorso la Città Metropolitana di Venezia; le parti hanno depositato memorie;
Rilevato che
con il complesso motivo la riorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1183, 1218, 1222, 1256, 1936, 2934, 2935, 2946, cod. civ., nonché 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che il sequestro penale era stato eseguito a carico dei dirigenti e amministratori sociali, circostanza non esaminata, perché imputabile alla società debitrice principale, già pacificamente inadempiente, tanto da indurre l’amministrazione all’esecuzione in danno delle opere di messa in sicurezza, sicché sin dal momento del sequestro, se non dalla scadenza del termine per la rimozione delle ceneri alla data del 13 luglio 2002, era stato possibile esercitare il diritto di garanzia ed era quindi decorso, e poi maturato, il termine prescrizionale;
Considerato che
il motivo di ricorso, quale formulato, è in parte inammissibile, in parte infondato;
deve innanzi tutto osservarsi che la censura di omesso esame è inibita dalla doppia decisione conforme dei giudici di merito;
ciò ai sensi dell’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , peraltro al contempo reintrodotto dal d.lgs. n. 149 del 2022, come previsto dall’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.;
né parte ricorrente ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito sono state diverse (Cass., 22/12/2016, n. 26774, Cass., 28/02/2023, n. 5947);
in particolare, in memoria, parte ricorrente al fine di dimostrare l’ipotizzata diversità di ragioni, sottolinea che il Tribunale ha fatto leva sulla sospensione delle operazioni oggetto di garanzia e proroga della correlata autorizzazione vincolandola al dissequestro dell’area, mentre la Corte territoriale avrebbe concluso analogamente a prescindere dai decreti di sospensione;
è del tutto evidente, però, che tali diversità di accenti non intaccano l’identità della ragione decisoria fondata sulla mancata decorrenza dell’eccepita prescrizione della garanzia in relazione all’attuabilità delle operazioni cui la stessa era correlata, quale accertata in fatto;
ciò posto, deve rimarcarsi che, come accertato, in fatto, dalla Corte territoriale:
-la garanzia, a semplice richiesta, era stata pattuita a copertura del compiuto adempimento degli obblighi derivanti dai provvedimenti di autorizzazione al conferimento degli individuati rifiuti;
-la correlata scadenza al 13 luglio 2002 era stata fissata prima del sequestro penale intervenuto il 22 marzo 2002, per poi essere prorogata a tutto il 2003;
-in ragione del sequestro penale, l’amministrazione aveva dichiarato ‘sospesi i termini di validità delle autorizzazioni’ per l’adempimento degli obblighi garantiti;
ne consegue che, fino all’instaurazione del vincolo reale in parola, la garanzia era ancora efficace e copriva l’adempimento dei lavori, in favore del creditore degli stessi, pacificamente ancora possibile e come tale non risultato soggetto a un termine finale spirato;
il Collegio di merito, poi, ha osservato che la società debitrice, in costanza di sequestro, avrebbe potuto e dovuto effettuare le opere di messa in sicurezza, poi realizzate in danno dall’amministrazione, ma non l’adempimento di tutti i lavori garantiti, inibito dal sequestro;
sul punto parte ricorrente assume che l’intervento in danno presuppone l’esigibilità della prestazione da parte del debitore, ma non si misura compiutamente e idoneamente con il distinguo appena ricordato, fatto dalla sentenza di secondo grado;
se ne desume che pur potendo ipotizzarsi un già intervenuto inadempimento, non avrebbe potuto affermarsi quello compiuto di tutte le obbligazioni oggetto come tale di garanzia quale ricostruita;
in questo senso correttamente la Corte territoriale ha escluso che prima del dissequestro del 2012 potesse decorrere la qui ancora discussa prescrizione della garanzia, esercitata il 19 aprile del 2013 quando, evidentemente, il creditore pubblico aveva ritenuto conclusivamente inadempiute le obbligazioni coperte dalla garanzia stessa, con diritto a rivolgersi al garante e non più al debitore principale;
pertanto, il fatto che fosse ipotizzabile l’inizio di un distinto inadempimento precedente, e il fatto che il sequestro preventivo fosse imputabile al debitore principale (la società, non gli amministratori, poi prosciolti per prescrizione), non potevano ritenersi che facessero decorrere il termine prescrizionale correlato alla possibilità di esercizio della garanzia, ovvero al diritto di pretenderne l’escussione per come concordata con conclusivo riferimento a tutti i lavori in questione secondo le scadenze sopra ricostruite;
in altri termini, al momento del sequestro non poteva dirsi scaduta l’obbligazione temporalmente garantita, e durante il sequestro non era compiutamente attuabile, sicché la garanzia pattuita non poteva essere esercitata prima della ripresa della
disponibilità dell’area (cfr., utilmente, sia pure in tema di fideiussione e non garanzia a prima e semplice richiesta quale quella in esame, sulla distinzione tra durata dell’assicurazione fideiussoria correlata alla scadenza dell’obbligazione principale, tipicamente valorizzata in dottrina, e garanzia correlata all’integrale adempimento dell’obbligazione considerata, i.e. assunta e assicurata, Cass., 20/09/2023, n. 26906);
ne discende quanto anticipato; spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 15.000,00, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali, in favore di parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 06/06/2024.