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Prescrizione fatto notorio: il default è dies a quo

Un investitore ha citato in giudizio un istituto di credito per danni derivanti dall’acquisto di obbligazioni argentine. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il diritto al risarcimento è stato ritenuto estinto per prescrizione decennale. Il punto cruciale della sentenza è che il termine di prescrizione è iniziato a decorrere dalla data del default sovrano, considerato un “fatto notorio” che ha reso il danno immediatamente percepibile dall’investitore.

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Prescrizione per fatto notorio: quando inizia a decorrere il termine per il risarcimento?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per gli investitori: la prescrizione del diritto al risarcimento in caso di investimenti fallimentari. In particolare, la Corte ha stabilito che la data di un evento di risonanza mondiale, come il default di uno Stato sovrano, costituisce un fatto notorio e rappresenta il dies a quo, ossia il giorno da cui inizia a decorrere il termine per agire legalmente. Questa pronuncia chiarisce come la percepibilità del danno da parte dell’investitore sia legata a eventi di dominio pubblico.

I Fatti di Causa

Un risparmiatore aveva acquistato, tramite un noto istituto bancario, obbligazioni della Repubblica Argentina. A seguito del default dello Stato emittente, l’investitore citava in giudizio la banca, chiedendo l’annullamento o la risoluzione dei contratti di acquisto e il conseguente risarcimento dei danni. La sua tesi si fondava su una presunta violazione degli obblighi informativi da parte dell’intermediario finanziario.

Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado sia la Corte di Appello avevano respinto le sue richieste. Il motivo principale del rigetto era l’intervenuta prescrizione decennale del diritto. I giudici di merito avevano individuato il momento iniziale del decorso della prescrizione (dies a quo) nella data del default argentino, avvenuto il 21 dicembre 2001, ritenendolo un evento che rendeva il danno immediatamente evidente e percepibile per qualsiasi investitore mediamente diligente. Poiché la prima diffida del risparmiatore era giunta solo nel dicembre 2021, il termine di dieci anni era ampiamente scaduto.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Prescrizione per Fatto Notorio

L’investitore ha presentato ricorso in Cassazione, contestando, tra le altre cose, l’applicazione del concetto di prescrizione per fatto notorio. Sosteneva che la data del default fosse stata erroneamente fissata dai giudici e che, in ogni caso, il termine avrebbe dovuto decorrere dal momento in cui il danno si era effettivamente manifestato nella sua sfera patrimoniale.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la solidità della decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della pronuncia è che la motivazione basata sulla prescrizione era di per sé sufficiente a sostenere l’intero impianto della sentenza impugnata. Questa unica e autosufficiente ragione (ratio decidendi) ha portato all’assorbimento di tutti gli altri motivi di ricorso, rendendoli irrilevanti ai fini della decisione finale.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha articolato il proprio ragionamento su alcuni pilastri fondamentali del diritto processuale e civile.

In primo luogo, ha ribadito che il giudizio sulla sussistenza di un fatto notorio è riservato al giudice di merito e può essere contestato in sede di legittimità solo se si dimostra che è stata applicata una nozione giuridicamente errata del concetto stesso. Nel caso di specie, la crisi finanziaria argentina e il conseguente default sono stati correttamente inquadrati come eventi conosciuti da un vasto pubblico, rientrando a pieno titolo nella nozione di fatto notorio. La Corte ha precisato che contestare la veridicità di un fatto ritenuto notorio (ad esempio, sostenendo che la data del default fosse un’altra) non è materia per un ricorso per cassazione, ma, eventualmente, per un’azione di revocazione.

In secondo luogo, la Cassazione ha chiarito l’applicazione dell’articolo 2935 del codice civile, secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. In contesti come quello del default di uno Stato, il danno per l’investitore diviene oggettivamente percepibile e il diritto al risarcimento può essere esercitato proprio a partire da quel momento. Pertanto, l’individuazione del dies a quo nella data del default è stata ritenuta una corretta applicazione della legge.

Infine, la Corte ha colto l’occasione per richiamare il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Ha sottolineato come il ricorrente non avesse adeguatamente specificato gli atti e i documenti a sostegno delle proprie tesi, rendendo i motivi di ricorso generici e, di conseguenza, inammissibili.

le conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. Per gli investitori, emerge con chiarezza la necessità di agire tempestivamente per tutelare i propri diritti. Eventi finanziari di grande eco mediatica, come un default sovrano, sono considerati dalla giurisprudenza come il momento in cui scatta l’orologio della prescrizione. Attendere che il danno si consolidi o sperare in soluzioni alternative può comportare la perdita irreversibile di ogni possibilità di azione legale.

Per gli avvocati, la pronuncia ribadisce il rigore formale del giudizio di cassazione. L’onere di autosufficienza impone una redazione meticolosa del ricorso, che deve contenere tutti gli elementi necessari per permettere alla Corte di decidere, senza fare rinvio ad altri atti. La scelta di contestare un fatto notorio deve essere ponderata attentamente, essendo una strada processualmente molto stretta e rischiosa.

Da quando decorre il termine di prescrizione per un risarcimento danni da investimento in titoli poi andati in default?
Secondo la Corte, il termine di prescrizione decennale decorre dal momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile. In caso di default di uno Stato sovrano, questo momento coincide con la data del default stesso, poiché si tratta di un evento pubblico e notorio che rende immediatamente esercitabile il diritto al risarcimento.

Un evento di dominio pubblico, come il default di uno Stato, può essere considerato un “fatto notorio” in un processo?
Sì. La Corte ha confermato che le condizioni di crisi finanziaria generalizzata, come il default di uno Stato, rientrano nella nozione di “fatto notorio” ai sensi dell’art. 115 c.p.c. Tale fatto, essendo di conoscenza comune, non necessita di prove specifiche e il giudice può porlo a fondamento della sua decisione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si basa su più motivi ma la Corte ne ritiene uno decisivo e sufficiente a risolvere la controversia?
Quando la sentenza impugnata si fonda su una ragione giuridica (ratio decidendi) che da sola è sufficiente a giustificare la decisione, e questa ragione resiste alle critiche mosse nel ricorso, la Corte dichiara il ricorso inammissibile o lo rigetta. Gli altri motivi di ricorso vengono “assorbiti”, cioè non vengono esaminati perché il loro eventuale accoglimento non cambierebbe l’esito finale della causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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