Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7067 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7067 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi per procura alle liti a margine del ricorso dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO ( c/o AVV_NOTAIO ).
Ricorrenti
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO.
Controricorrenti
avverso la sentenza n. 2036/2019 della Corte di appello di Bari, depositata il 30. 9. 2019.
Udita la relazione sulla causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20. 12. 2023.
R.NUMERO_DOCUMENTO. N. NUMERO_DOCUMENTO.
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con sentenza n. 2036 del 30. 9. 2019 la Corte di appello di Bari, quale giudice di rinvio, accolse la domanda proposta da COGNOME NOME e condannò COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento della somma di euro 45.000,00, oltre interessi.
COGNOME NOME aveva agito insieme alla moglie NOME NOME, a cui poi era succeduto in corso di causa, per la restituzione dell’importo di euro 45.000,00 versato a titolo di prezzo ai convenuti al momento della stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare del 10. 2. 1987, poi dichiarato rescisso ai sensi dell’art. 1448 cod. civ. , su domanda dei venditori, con sentenza del Tribunale di Bari n. 4889 del 19. 12. 1995, passata in giudicato.
La domanda era stata respinta in primo e secondo grado, in forza del rilievo che essa era coperta dal giudicato formatosi nel giudizio di rescissione. La decisione di appello venne però cassata da questa Corte con sentenza n. 15856 del 2015, che rilevò l’assenza di preclusioni derivanti dal precedente giudicato, non risultando che la ripetizione del prezzo fosse stata chiesta in quel giudizio.
La Corte di appello di Bari, quale giudice di rinvio, accolse quindi la domanda, rigettando, per quanto qui ancora interessa, l’eccezione di prescrizione avanzata dai convenuti COGNOME e COGNOME, rilevando che nel caso di specie il termine, decorrendo dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva dichiarato rescisso il contratto, non era ancora trascorso al momento della proposizione dell ‘azione di ripetizione, avanzata nel 2000.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 26. 11. 2019 hanno proposto ricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidandosi ad un unico motivo.
COGNOME NOME ha notificato controricorso.
In data 18. 4. 2023 è stata formulata da parte di questa Corte proposta di definizione anticipata del giudizio, per manifesta infondatezza del ricorso.
Con istanza del 22. 6. 2023 i procuratori dei ricorrenti, muniti di apposita procura speciale, hanno chiesto che il ricorso sia deciso.
Il controricorrente ha depositato memoria.
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L’unico , articolato motivo di ricorso denuncia falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 e mancata applicazione degli artt. 1418 e 1343 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di prescrizione .
Assume al riguardo il ricorso, con una prima censura, che erroneamente la Corte di appello ha individuato il dies a quo della prescrizione alla data del passaggio in giudicato della sentenza del 1995, che aveva dichiarato la rescissione del contratto per lesione, atteso che COGNOME , insieme alla moglie COGNOME NOME, era stato condannato, proprio per la vicenda che aveva portato alla conclusione di quel contratto, per il reato di circonvenzione di incapace, per avere approfittato dello stato di incapacità psichica di COGNOME NOME e della sua credulità a fenomeni paranormali e spiritistici, sicché il contratto, per quanto poi rescisso, avrebbe dovuto considerarsi nullo per contrarietà a norma imperativa o per illiceità della causa. La conseguenza della nullità del negozio è che il diritto alla ripetizione avrebbe potuto essere esercitato fin dal momento della conclusione della compravendita ovvero del pagamento della somma ed era pertanto ampiamente prescritto al momento della introduzione del presente giudizio, costituendo principio accolto dalla giurisprudenza, e riconosciuto dalla stessa Corte territoriale, che la prescrizione del diritto a ripetere le somme versate a causa di un contratto nullo decorre dal momento del loro pagamento, risultando esso, fin dall’origine, privo di causa. Si assume inoltre, con altra censura, che la medesima conseguenza avrebbe comunque dovuto essere tratta a fronte della pronuncia di rescissione del contratto, essendo quello che dà luogo alla rescissione un vizio genetico, non un vizio sopravvenuto, della causa del contratto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che la proposta di definizione anticipata del ricorso, dopo avere riassunto sinteticamente i termini della causa, così motiva:
‘ rilevato che il perimetro della cognizione della Corte di appello in sede di rinvio è strettamente delimitato dalla pronuncia di cassazione con rinvio, da cui consegue che, come affermato nelle pronunce 10046/2002, 11939/2006, 636/2019, nel giudizio di rin vio, che è un procedimento ‘ chiuso ‘, tendente ad una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle
parti di ampliare il ‘ thema decdendum ‘, formulando nuove domande e nuove eccezioni, ma operano le preclusioni che derivano dal giudicato implicito formatosi con la sentenza di cassazione, con la conseguenza che neppure le questioni esaminabili d’ufficio , non rilevate dalla Corte Suprema, possono in sede di rinvio essere dedotte o comunque esaminate, giacché il loro esame tende a porre nel nulla o a limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità;
considerato che è manifestamente infondata anche la seconda censura dei ricorrenti, atteso che il vizio genetico del contratto suscettibile di rescissione non ne preclude l’efficacia fino alla pronuncia di rescissione, che priva di causa giustificatrice il pagamento (cfr. Cass. 6636/86) ‘.
Tanto precisato, si ritiene assorbente, rispetto ai condivisi principi formulati con la suddetta proposta, rilevare che la prima censura appare inammissibile in quanto si basa su un fatto nuovo, costituito dalla sentenza penale del Tribunale di Bari del 4. 1. 1991 che ha condannato, rispetto alla vicenda contrattuale per cui è causa, i venditori per il reato di circonvenzione di incapace. La lettura della sentenza della Corte di appello qui impugnata non fa infatti alcun cenno alla pronuncia penale di condanna, né il ricorso dà conto del fatto che essa sia stata prodotta nel giudizio di merito né che in esso siano state svolte, richiamandosi ad essa, deduzioni difensive volte a sostenere l’eccezione di prescrizione del diritto di credito azionato in giudizio.
Il motivo, in parte qua , è pertanto inammissibile in quanto, come dedotto dal controricorso, pone a sostegno della censura un fatto che non risulta debitamente allegato ed acquisto in giudizio. Si osserva, inoltre, che il giudicato invocato, essendo riferito ad una sentenza penale del 1991, deve presumersi si fosse già formato al momento dell’inizio della presente causa, che è stata introdotta nel 2000, sicché costituiva un preciso onere della parte dedurlo fin dal primo grado di giudizio a fronte della domanda della controparte che fondava il suo diritto alla ripetizione del prezzo pagato sulla pronuncia di rescissione del contratto ( Cass. n. 14883 del 2019; Cass. n. 1534 del 2018; Cass. n. 21170 del 2016 ).
R.NUMERO_DOCUMENTO. N. NUMERO_DOCUMENTO.
Quanto alla seconda censura, merita integrale condivisione la proposta di definizione formulata, in quan to, avendo la sentenza che accoglie l’azione di rescissione l’ effetto costitutivo di sciogliere il contratto, il diritto a ripetere la prestazione eseguita in base al contratto rescisso può essere fatta valere solo a seguito della sentenza, con l’effetto che la prescrizione, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ., non può che decorrere da tale momento.
In conclusione il ricorso è manifestamente infondato e deve pertanto essere respinto, con condanna dei ricorrenti alle spese di giudizio sostenute dalla controparte e degli ulteriori importi, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., previsti dal terzo e quarto comma dell’art. 96, il tutto come liquidato in dispositivo.
Si dà infine atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. n. 115 del 2002.
P. Q. M.
rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali, nonché della somma di euro 1.000,00 in favore del controricorrente a mente dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ. e dell’ulteriore importo di euro 1.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023.