Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25839 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25839 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13792/2023 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale ex lege ;
– ricorrente –
contro
GENERALI ITALIA
UNIONE NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
avverso la sentenza n. 562/2023 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO, depositata il 9/5/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1/7/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che,
con sentenza resa in data 9/5/2023, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME per la condanna del l’Unione Nazionale RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE (quale compagnia assicuratrice degli iscritti all’Unione Nazionale RAGIONE_SOCIALE) al risarcimento dei danni subiti a seguito di una rovinosa caduta riportata in occasione di una battuta di caccia;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della sentenza emessa dal primo giudice nella parte in cui aveva rilevato -oltre la prescrizione del diritto nei confronti della compagnia assicuratrice – la mancata dimostrazione, da parte dell’Idà, dei presupposti per l’azione risarcitoria proposta, essendosi limitato alla produzione di documentazione del tutto inidonea a tal fine;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi di impugnazione;
nessuno intimato ha svolto difese in questa sede;
il ricorrente ha depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2945, secondo comma e art. 2943 comma primo, c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto prescritta l’azione giudiziaria nei confronti della compagnia assicuratrice convenuta, avendo l’odierno istante agito in questa sede prima del compimento del termine prescrizionale ricominciato a decorrere a seguito della dichiarazione di estinzione di u n’altra azione giudiziaria precedentemente proposta nei confronti dell’Unione nazionale RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 360bis n. 1 c.p.c., il ricorso è inammissibile quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;
in particolare, in tema di giudizio di legittimità, anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di cui all’art. 360bis , n. 1, c.p.c., con conseguente dichiarazione di inammissibilità del relativo ricorso per cassazione che non ne contenga valide critiche (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4366 del 22/02/2018, Rv. 648036 – 02);
nel caso di specie, il giudice a quo ha ritenuto che il diritto rivendicato in questa sede dall’odierno istante si fosse estinto per l’intervenuto integrale decorso del periodo di prescrizione, considerando, come dies a quo di tale periodo, la data di introduzione del precedente giudizio di merito dichiarato estinto;
tale decisione risulta conforme al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di prescrizione, l ‘ art. 2945, comma 3, c.c. comporta che, in caso di estinzione del processo, il nuovo periodo di prescrizione del diritto azionato inizia a decorrere dall’atto introduttivo, cioè dalla domanda giudiziale e non dagli atti processuali successivi, essendo, altresì, irrilevante che la domanda sia stata diligentemente coltivata fino all’estinzione (cfr., da ultimo, Sez. 2, Sentenza n. 27352 del 22/10/2024, Rv. 673516 – 01);
rispetto a tale arresto della giurisprudenza di legittimità, l’odierno ricorrente ha sostanzialmente omesso di confrontarsi in termini diretti, limitandosi ad esprimere unicamente il proprio dissenso attraverso l’illustrazione di giustificazioni argomentative da ritenersi non decisive o pertinenti;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5., per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’avvenuta dimostrazione della verificazione del sinistro venatorio, così come descritto in giudizio dall’attore, in contrasto con gli elementi di prova complessivamente offerti a tal fine;
il motivo è inammissibile;
osserva preliminarmente il Collegio come l’odierno ricorrente abbia inammissibilmente evocato il vizio di cui l’art. 360 n. 5 c.p.c. attraverso il riferimento a una formulazione non più in vigore, richiamando una pretesa omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, anziché un omesso esame di fatti decisivi controversi;
peraltro, l’evocazione di tale vizio deve ritenersi in ogni caso non consentita in questa sede;
osserva infatti il Collegio come, avendo la corte territoriale confermato la sentenza di primo grado sulla base delle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, indicate a fondamento della decisione impugnata, l’evocazione, in sede di legittimità, del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. deve ritenersi inammissibile, trovando applicazione al riguardo il divieto di cui all’art. 348ter c.p.c. (disposizione che ha trovato continuità normativa nel nuovo art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n.149 del 2022), ai sensi del quale, in presenza di una doppia decisione conforme in fatto, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’articolo 360;
varrà per altro verso considerare come la censura in esame si sostanzi nella sollecitazione di questa Corte di cassazione a una rivalutazione del complesso degli elementi di prova forniti al giudice di
merito, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
da ultimo, pur quando volesse interpretarsi la doglianza in esame come sostanzialmente diretta a censurare il carattere meramente apparente della motivazione dettata dal giudice a quo , detta censura sarebbe in ogni caso non consentita, poiché l’odierno ricorrente avrebbe inammissibilmente argomentato la violazione della norma di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c. attraverso il confronto della congruità della motivazione censurata con elementi tratti aliunde rispetto al solo testo elaborato dalla corte territoriale, in tal modo ponendosi in contrasto con i criteri sul punto indicati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine ai limiti di rilevabilità del carattere illogico o apparente della motivazione (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01; Sez. U, Sentenza n. 8054 del 07/04/2014, Rv. 629833 01);
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente condannato il ricorrente al rimborso, in favore delle controparti, delle spese relative al primo e al secondo grado di giudizio, senza tener conto della soccombenza reciproca parziale, essendo le controparti rimaste soccombenti sulle domande, spiegate da entrambe, volte alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello dell’Idà, e senza tener conto del carattere controverso della questione connessa alla decorrenza della prescrizione a seguito della dichiarazione di estinzione del giudizio;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la nozione di soccombenza reciproca,
che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.), sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 22381 del 21/10/2009, Rv. 610563 – 01);
in tal senso, ai fini della compensazione totale delle spese processuali non è sufficiente né la mancata opposizione alla domanda da parte del convenuto né la mera riduzione della domanda operata dal giudice in sede decisoria, permanendo comunque la sostanziale soccombenza della controparte che dev’essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (Sez. 6 – 1, Sentenza n. 901 del 23/01/2012, Rv. 621270 – 01);
nel caso di specie, la mera opposizione all’appello, proposta dagli appellati attraverso la sollevazione dell’eccezione d’inammissibilità del gravame, non vale a integrare gli estremi di una ‘domanda contrapposta’ idonea a sostanziare il ricorso di una soccombenza reciproca tra le parti, con la conseguente evidente infondatezza dell’odierna censura;
del tutto inammissibile, da ultimo, deve ritenersi l’invocazione avanzata dall’odierno ricorrente, volta alla compensazione delle spese di lite in ragione di un non meglio precisato carattere controverso della questione interpretativa relativa alla prescrizione, valendo in ogni caso il carattere dirimente del principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di spese processuali, la facoltà
di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Sez. U, Sentenza n. 14989 del 15/07/2005, Rv. 582306 -01 e successive conformi);
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto difese in questa sede;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 1/7/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME