Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32694 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32694 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 23085/2020 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO controricorrente
avverso la sentenza n. 1323/2020 della Corte d’Appello di Milano, depositata il I-6-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2611-2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione notificato il 27-1-2016 NOME COGNOME ha convenuto avanti il Tribunale di Busto Arsizio la sorella NOME COGNOME chiedendo la dichiarazione di nullità per difetto di forma di una serie di
OGGETTO:
nullità di donazione di somme di denaro -prescrizione
RG. 23085/2020
C.C. 26-11-2024
donazioni di denaro eseguite a favore della convenuta dal padre NOME COGNOME deceduto il 7-6-2008 senza lasciare testamento.
NOME COGNOME si è opposta all’accoglimento della domanda, deducendo che il padre era solito compiere operazioni bancarie disponendo a suo piacimento anche dei conti correnti a lei intestati, per cui in tale contesto aveva prelevato cospicue somme di denaro corrispondendo successivamente importi inferiori.
Istruita la causa con consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Busto Arsizio con sentenza n. 1926/2018 pubblicata il 20-12-2018 ha dichiarato la nullità di una serie donazioni e ha condannato la convenuta al pagamento a favore dell’attrice della somma di Euro 180.256,70, con gli interessi da calcolarsi dalla data di apertura della successione. La sentenza ha ritenuto coperte da prescrizione, in relazione alla domanda di ripetizione di indebito, tutte le operazioni oltre il decennio a ritroso dalla notifica della prima richiesta attorea di data 11-5-2015 e ha accertato che la convenuta aveva ricevuto dal padre la somma di Euro 652.207,56, corrispondendo al padre la minore somma di Euro 291.694,16; ha dichiarato che la differenza tra tali importi, pari a Euro 360.513,40, costituiva donazione nulla per difetto di forma e conseguentemente all’attrice spettava in restituzione la metà della somma, in ragione della sua quota ereditaria.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello principale e NOME COGNOME appello incidentale, che la Corte d’appello di Milano ha deciso con sentenza n. 1323/2020 pubblicata in data 1-62020, respingendo, in riforma della sentenza di primo grado, ogni domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME e condannando NOME COGNOME alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza ha accolto il primo motivo di appello principale, rilevando che il c.t.u., dopo avere escluso la prova della donazione di
Euro 500.000,00 risalente al 2003, nelle conclusioni per errore aveva ricompreso tale somma, così quantificando gli importi ricevuti da NOME COGNOME dal padre in Euro 652.207,56, anziché in Euro 152.207,52; ha rilevato che di seguito il Tribunale era incorso nello stesso errore, perché aveva fatto riferimento alla somma di Euro 652.207,56 comprensiva in modo errato dell’importo di Euro 500.000,00 ma, sottraendo dall’importo di Euro 652.207,56 la somma di Euro 500.000,00 e computati i versamenti di Euro 291.694,16 eseguiti da NOME COGNOME al padre, non residuava alcun credito.
La sentenza ha rigettato il motivo di appello incidentale di NOME COGNOME con il quale ella aveva lamentato l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva escluso la prova della donazione di Euro 500.000,00 e aveva dichiarato prescritto il diritto alla ripetizione delle somme percepite dalla stessa nel 2003. Ha dichiarato che l’azione di ripetizione derivante dalla nullità della donazione per difetto di forma si prescriveva in dieci anni a decorrere dalla data del pagamento eseguito al momento della stipula del contratto nullo; ha aggiunto che la domanda proposta da NOME COGNOME non aveva nulla a che vedere con la comunione ereditaria e al suo scioglimento. Per l’effetto ha concl uso che la sentenza di primo grado doveva essere confermata nella parte in cui aveva ritenuto prescritta l’azione di ripetizione quanto al pagamento di Euro 500.000,00 e ciò rendeva superfluo accertare se la somma appartenesse in via esclusiva al padre o fosse in comunione tra il padre e la figlia.
La sentenza ha altresì rigettato il motivo di appello incidentale con il quale NOME COGNOME aveva criticato la decisione di primo grado per avere determinato le somme donate detraendo i versamenti eseguiti dalla figlia NOME al padre; ha dichiarato che solo all’esito della valutazione complessiva dei versamenti ‘incrociati’ tra il padre e la figlia erano state individuate le attribuzioni patrimoniali qualificabili
come donazioni, in quanto caratterizzate dal solo fine di realizzare una liberalità nei confronti del beneficiario del pagamento.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 26-11-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione dell’art. 1422 cod. civ. in rapporto agli artt. 1421, 2934 e 2935 cod. civ. e con esso la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere dichiarato che il termine di prescrizione dell’azione di ripet izione decorreva dalla data di pagamento, anziché dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che ha dichiarato la nullità della donazione; evidenzia che, prima di tale data, p ermaneva l’esistenza del titolo che aveva dato luogo al versamento della somma e quindi era esclusa la possibilità di esercitare il diritto. Aggiunge che, fino a che il donante è in vita, il suo successore legittimo non vanta alcun diritto sul suo patrimonio e quindi non ha interesse concreto e attuale a impugnare gli atti dispositivi da questi compiuti e non è legittimato a esercitare azioni di ripetizione, per cui solo con la sentenza che accerta l’invalidità del negozio l’erede pregiudicato acquisisce il titolo che lo legittima a esercitare il diritto di credito restitutorio.
2.Il secondo motivo di ricorso è proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 e 5 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 132 cod. proc. civ. e 111 Cost., deducendo la nullità della sentenza per difetto assoluto o mera apparenza della motivazione, nella parte in cui ha escluso che la domanda fosse da inquadrare nello schema degli artt. 724 e ss. cod.
civ., con la conseguenza che il diritto del coerede danneggiato nasceva con l’apertura della successione; evidenzia di avere dedotto che le elargizioni del padre alla figlia non erano mai fuoriuscite dal suo patrimonio, per cui la domanda era finalizzata alla corretta ricostruzione del patrimonio e lamenta che la sentenza non abbia preso posizione su tali allegazioni, limitandosi a dichiarare che la domanda non era stata inquadrata nell’alveo dell’art. 724 cod. civ., così incorrendo nel vizio di motivazione apparente e di omessa pronuncia.
3.Il terzo motivo è proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione degli artt. 724 e 737 cod. civ.; con esso la ricorrente ulteriormente evidenzia che, qualora la donazione di denaro fatta in vita dal de cuius sia dichiarata nulla, la relativa somma diviene oggetto di un credito verso l’erede donatario, alla cui quota la somma deve essere imputata ai sensi dell’art. 724 co. 2 cod. civ., con la conseguenza che la prescrizione decorre dalla data di apertura della successione, e quindi dal 7-6-2008, ed era stata interrotta dalla notifica dell’atto di citazione avvenuta il 27 -1-2016.
4.I tre motivi, esaminati unitariamente stante la stretta connessione, sono infondati, in quanto esattamente la sentenza impugnata ha dichiarato la prescrizione.
La sentenza impugnata ha fatto applicazione dei principi posti da Cass. Sez. 3 12-5-2014 n. 10250 (Rv. 630693-01), Cass. Sez. 3 15-72011 n. 15669 (Rv. 619498-01) e Cass. Sez. 2 13-4-2005 n. 7651 (Rv. 581631-01), secondo i quali, in caso di dichiarazione di nullità del titolo in forza del quale è stato eseguito un pagamento, la domanda di restituzione dà luogo a un’azione di indebito oggettivo, il cui termine di prescrizione decorre dalla data del pagamento effettuato al momento della stipula del contratto dichiarato nullo e non dalla data della decisione. Al principio deve essere data continuità, in quanto l’art. 1422 cod. civ. è chiaro nel disporre che l’azione per fare dichiarare la nullità
non è soggetta a prescrizione e, nel contempo, nel fare salvi gli effetti della prescrizione delle azioni di ripetizione, e cioè delle azioni derivanti dalla nullità del contratto; infatti, la pronuncia di nullità del negozio è di mero accertamento e ha portata ed efficacia retroattiva, con caducazione dell’atto divenuto giuridicamente irrilevante fin dall’origine e con conseguente venire meno della modifica della situazione giuridica preesistente. Il principio secondo il quale dalla nullità del contratto deriva il diritto di ottenere la restituzione delle somme versate in esecuzione del contratto medesimo, secondo le regole relative all’indebito oggettivo con diritto soggetto a prescrizione , deve valere anche nel caso la nullità riguardi donazione, in quanto l’ animus donandi non esonera dal rispetto dei requisiti di forma a pena di nullità (cfr. Cass. Sez. 2 26-8-2002 n. 12474 Rv. 557062-01, relativo a patto successorio rinunciativo, ma con affermazione valevole anche per la donazione). Quindi, il principio è stato esattamente applicato dalla Corte d’appello alla fattispecie, nella quale si verte in ipotesi di corresponsione di denaro eseguito in ragione di donazioni nulle, sussistendo la nullità per mancanza di forma scritta delle donazioni eseguite dal de cuius con l’elargizione di rilevanti somme di denaro alla figlia.
Inoltre, è vero quanto deduce la ricorrente in ordine al fatto che ci si debba confrontare anche con il principio secondo il quale, nello specifico caso in cui la donazione fatta in vita dal de cuius dichiarata nulla abbia avuto a oggetto somma di denaro, la relativa somma diviene oggetto di un credito del de cuius verso l’erede donatario, alla cui quota la somma stessa deve essere imputata, ai sensi dell’art. 724 co. 2 cod. civ. (Cass. Sez. 2 30-9-2014 n. 20633 Rv. 632664-01).
Nella fattispecie si discute di elargizione di denaro avvenuta nel 2003 in forza di donazione nulla e perciò alla data del 2008 di apertura della successione del donante il diritto alla restituzione in capo al de
cuius , sorto al momento della stipula della donazione nulla e del versamento della somma nel 2003 e da fare valere con l’azione di ripetizione di indebito, non era prescritto, per cui è caduto in successione. La circostanza che il credito, a seguito di dichiarazione di nullità della donazione, dovesse essere imputato ex art. 724 co.2 cod. civ. alla quota dell’erede donatario in forza della donazione nulla non comportava che il diritto alla restituzione non rimanesse assoggettato alla prescrizione dell’azione di ripetizione decorrente dalla data del pagamento; l’ erede interessata a esercitare il diritto di credito, proprio in quanto erede e perciò avente causa del donante, era subentrata nel diritto del de cuius a chiedere la restituzione dell’indebito e quindi rimaneva assoggettata al termine di prescrizione valevole per il de cuius, decorrente dalla data della donazione nel 2003 e già maturato nel momento in cui NOME COGNOME ha agito.
Infatti, nello stesso senso con riguardo alla decorrenza della prescrizione, è stato enunciato il principio secondo il quale, quando l’erede esercita l’azione di simulazione in relazione ad atti di trasferimento a titolo oneroso dissimulanti donazione non al fine di esercitare il proprio diritto quale legittimario, ma al solo scopo dell’acquisizione del bene oggetto di donazione alla massa ereditaria, in vista della determinazione delle quote dei condividenti e senza addurre lesione di legittima, il termine di prescrizione della relativa azione decorre dal compimento dell’atto che si assume simulato, posto che in tale caso l’erede agisce subentrando nella medesima posizione del de cuius (Cass. Sez. 2 21-2-2007 n. 4021 Rv. 595399-01, Cass. Sez. 2 29-2-2016 n. 3932 Rv. 638875-01, Cass. Sez. 3 6-3-2018 n. 5159 Rv. 648409-01).
5. Con il quarto motivo la ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 e n. 5 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 132 e 112 cod. proc. civ. la nullità della sentenza per motivazione inesistente o
apparente, nonché per mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione alla riconosciuta detrazione dalle somme donate da NOME COGNOME dei versamenti eseguiti da NOME COGNOME al padre; sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sulla questione sia oscura e tale da rendere incomprensibile il percorso logico eseguito per rigettare il suo motivo di appello incidentale; aggiunge che, nel caso in cui il fondamento della decisione fosse da ricollegare a una compensazione tra donazioni reciproche, la sentenza sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non avendo la figlia mai formulato domanda volta ad accertare la natura di donazioni dei versamenti eseguiti in favore del padre.
5.1.Il motivo è infondato.
In primo luogo, la motivazione della sentenza impugnata pienamente rispetta il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità, in quanto la motivazione non è né mancante, né meramente apparente, né affetta da manifesta e irriducibile contraddittorietà, né perplessa o incomprensibile, con vizio risultante dal testo della sentenza a prescindere dal contenuto delle risultanze processuali, rimanendo estranea al sindacato di legittimità la mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte). Le deduzioni svolte dalla C orte d’appello consentono di comprendere e ripercorrere il ragionamento eseguito per affermare che, al fine di quantificare le somme donate dal padre alla figlia NOME, era necessario scomputare i versamenti dalla stessa eseguiti a favore del padre. La sentenza (dalla fine di pag. 8) ha considerato che dagli accertamenti eseguiti dal consulente d’ufficio era risultato che, nel corso del periodo preso in esame, vi erano stati numerosi versamenti di denaro eseguiti dal padre alla figlia e viceversa, privi, se presi singolarmente, di indicazioni
sufficienti a individuarne la causa giuridica; ha dichiarato che solo all’esito della valutazione complessiva dei versamenti ‘incrociati’ si erano potute individuare le attribuzioni patrimoniali qualificabili come donazioni, in quanto caratterizzate dal solo fine diretto perseguito, di realizzare una liberalità nei confronti del beneficiario del pagamento. Quindi, risulta perfettamente comprensibile e non meramente assertivo quanto logicamente esposto dalla sentenza, in ordine al fatto che vi era stata tra il padre e la figlia, nel periodo in esame, una serie di reciproche rimesse, delle quali non era stata accertata la causa, ma che si ponevano in rapporto tra loro; quindi era l’importo pari alla differenza tra tali rimesse, a favore della figlia, a costituire l’importo donato dal padre alla figlia, in quanto era quello il denaro che il padre aveva trasferito alla figlia senza ottenerne corrispettivo, esclusivamente per spirito di liberalità. Ogni questione in ordine alla prova sull’esistenza dello spirito d i liberalità rimane estranea al motivo come proposto, in quanto il vizio di motivazione sussiste se emerge dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali e, si ripete, la motivazione con il contenuto esposto soddisfa il minimo costituzionale.
Non si pone neppure questione di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., sia perché il motivo di appello incidentale è stato esaminato e deciso, sia perché non è vero quanto deduce la ricorrente in ordine al fatto che la sentenza avrebbe ritenuto le rimesse di NOME COGNOME al padre donazioni compensate con quelle del padre a lei senza la reciproca domanda: come già esposto, la sentenza ha ritenuto l’esistenza di reciproche rimesse di denaro tra il padre e la figlia e ha accertato che aveva natura di donazione solo la somma pari alla differenza a favore della figlia.
6.In conclusione, il ricorso è interamente rigettato.
Si compensano le spese del giudizio di legittimità, in ragione della mancanza di precedenti sulla specifica fattispecie.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
compensa le spese del giudizio di legittimità.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione