Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5577 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5577 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
Oggetto
Rapporto di lavoro bancario – Violazione dei doveri funzionali -Credito restitutorio del datore di lavoro -Prescrizione ordinaria
R.G.N. 27137/2020
COGNOME.
Rep.
sul ricorso 27137-2020 proposto da:
Ud. 28/11/2023
NOME, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende; CC
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati
COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 475/2020 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 26/02/2020 R.G.N. 2635/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE emetteva decreto ingiuntivo n. 4226/2014 per l’importo di € 82.273,40, su richiesta di NOME COGNOME nei confronti della Banca di Credito Cooperativo (BCC) di RAGIONE_SOCIALE, a titolo di pagamento del TFR e accessori per il rapporto di lavoro intercorso tra le parti dal 10/6/1980 al 14/11/2005 (cessato per licenziamento);
il medesimo Tribunale in funzione di giudice del lavoro, a seguito di opposizione della banca, con sentenza n. 11376/2015 revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava la banca al pagamento in favore di NOME COGNOME della minor somma di € 29.672 ,28, oltre accessori, detraendo dalla somma dovuta a titolo di TFR quella di € 39.500, oltre accessori, in relazione alla quale l’ex -dipendente era stato condannato dal Tribunale penale di RAGIONE_SOCIALE in data 10/5 -5/7/2012 per il reato di appropriazione indebita;
decidendo sui contrapposti appelli, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 475/2020, rigettava l’appello principale proposto da NOME COGNOME; in accoglimento
dell’appello incidentale, accertava che la Banca di Credito Cooperativo di RAGIONE_SOCIALE era titolare di ulteriore credito nei confronti dell’ex -dipendente pari a € 100.000 in sorte capitale, oltre accessori; conteggiati i contrapposti crediti accertati, condannava NOME COGNOME a corrispondere in favore d ell’ istituto di credito l’importo di € 83.049, oltre interessi al tasso legale dall’1/12/2005 al saldo; confermava nel resto la sentenza impugnata;
4. la Corte di RAGIONE_SOCIALE, in particolare, giudicava infondata l’eccezione di prescrizione del credito restitutorio vantato dalla banca, riconducendo la debenza delle somm a di € 39.500 a fatti di appropriazione indebita commessi dall’ex -dipendente nell’esercizio delle funzioni, generatori anche di responsabilità contrattuale soggetta a prescrizione decennale non decorsa; giudicava, altresì, l’ex -dipendente responsabile contrattualmente di violazione dei doveri d’ufficio anche per l’ ulteriore ammanco di complessivi € 629.839,89, parzialmente recuperato dalla banca, sino alla concorrenza residua di € 100.000;
5. avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione l’originario ricorrente in monitorio con 3 motivi; resiste la banca con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per carenza di motivazione in merito all’applicazione dell’art 2946 c.c.;
2. con il secondo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. in luogo dell’art. 2947, comma 3, c.c., sostenendo che il diritto al risarcimento del danno si prescrive nello stesso tempo della prescrizione prevista per il reato, ovvero, nella specie, 7 anni e 6 mesi (decorsi tra il deposito della denuncia della banca il 17/2/2006 e la richiesta di restituzione in riconvenzionale in sede di ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo il 5/8/2014);
3. i motivi, da trattare congiuntamente in quanto entrambi riferiti all’applicazione della prescrizione ordinaria decennale al complessivo credito restitutorio della banca, non sono fondati;
la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha chiaramente spiegato (così da escludere la dedotta nullità procedimentale in proposito) le ragioni per cui ha ritenuto applicabile, nel caso di specie, il regime di prescrizione decennale disciplinato dall’art. 2946 c.c. (v. pag. 6), argomentando che il fatto di appropriazione indebita commesso da dipendente di istituto di credito nell’esercizio delle proprie funzioni può dar luogo sia a responsabilità contrattuale sia a responsabilità extracontrattuale, e che, nella specie, l’azione con trattuale era stata senz’altro esperita dalla banca, collegando il proprio credito alle mansioni svolte dall’ex -dipendente (di responsabile e cassiere unico dello sportello della filiale denominata tesoreria), ponendo in essere una serie di condotte illecite in violazione del rapporto di fiducia caratterizzante il rapporto di lavoro in generale e quello bancario in particolare;
5. inoltre, in ordine alla decorrenza iniziale del termine di prescrizione decennale per responsabilità contrattuale (anziché di quello di 7 anni e 6 mesi per responsabilità
aquiliana da reato, come sostenuto da parte ricorrente), la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha specificato, conformemente al disposto di cui all’art. 2941, n. 8, c.c., che, nel caso in esame, detto termine deve farsi risalire alla produzione del danno verificatosi in capo alla banca, essendo stata accertata (con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità e con motivazione scevra da vizi logici) ipotesi di dolosa occultazione idonea a ritardare nel tempo la scoperta degli ammanchi, anche in base alla ricostruzione operata nella sentenza penale di condanna acquisita agli atti;
6. con il terzo motivo, parte ricorrente deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’assoluzione dal reato di appropriazione indebita della somma complessiva di € 629.839,89;
7. il motivo non è fondato;
in sede penale il ricorrente odierno è stato condannato in primo grado per il reato di appropriazione indebita della somma di € 39.500 e assolto dal reato di appropriazione indebita della suddetta maggior somma di € 629.839,89 ; in appello è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere in ordine al reato perché estinto per prescrizione (non rinunciata);
con la sentenza qui impugnata la Corte distrettuale ha osservato, in proposito, che, sotto il profilo della violazione dei doveri d’ufficio, l’odierno ricorrente doveva essere ritenuto responsabile , oltre che dell’ammanco per cui era stata pronunciata sentenza di condanna per reato poi estinto per prescrizione non rinunciata, anche dell’ammanco della maggior somma, in relazione alle modalità di gestione di assegni e di altri versamenti indebitamente distratti dal loro
regolare percorso contabile in base allo scorretto modus operandi descritto nella consulenza tecnica utilizzata nella sentenza del Tribunale penale (e quindi utilizzabile anche in sede civile quale prova atipica), e che l’ammanco era stato ripianato dalla banca e poi parzialmente recuperato per effetto di copertura assicurativa e di successive quadrature sino allo sbilancio evidenziato, richiesto in restituzione e conteggiato nella sentenza qui gravata;
10. in relazione a tali accertamenti in fatto, la responsabilità civilistica del dipendente bancario in restituzione ritenuta integrata nella sentenza impugnata è in linea con il principio generale consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, quanto alla rilevanza delle sentenze penali nel procedimento disciplinare, il giudicato non preclude, in sede disciplinare, una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale, attesa la diversità dei presupposti delle rispettive responsabilità; in particolare, il giudicato di assoluzione non determina l’automatica archiviazione del procedimento disciplinare perché, fermo restando che il fatto non può essere ricostruito in termini difformi, non si può escludere che lo stesso, inidoneo a fondare una responsabilità penale, possa comunque integrare un inadempimento sanzionabile sul piano disciplinare (cfr. Cass. n. 398/2023, n. 11948/2019, n. 14344/2015, n. 12134/2005, n. 30663/2023), per la diversa area di interessi in gioco e in bilanciamento nel procedimento penale e nel rapporto di lavoro privato;
11. si tratta di principio generale che si attaglia (ed è stato correttamente valutato e applicato dalla Corte d’Appello) alla fattispecie in esame, non correlata a procedimento disciplinare, ma relativa all’ambito affine del credito
restitutorio del datore di lavoro per condotte del dipendente in accertata violazione dei doveri funzionali;
in ragione della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio;
al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’Adunanza camerale del 28 novembre 2023.