Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5826 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5826 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23341-2022 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sè stesso, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME, NOME, COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonchè contro
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro
Oggetto
Altre ipotesi rapporto privatoRetribuzione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/01/2024
CC
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sè stesso, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso altresì dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente al ricorso incidentale avverso la sentenza n. 1410/2022 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 11/07/2022 R.G.N. 2585/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Foggia, con pronuncia del 7.6.2018, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME, nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, convenuti quali eredi della defunta NOME COGNOME (deceduta l’8.12.2011) per la quale il ricorrente aveva lavorato, in virtù di quattro distinti rapporti lavorativi, dal febbraio 2004 al dicembre 2004, dal marzo 2005 al dicembre 2005, dal febbraio 2006 al dicembre 2006 e dal marzo 2007 al dicembre 2007: domanda volta ad ottenere il pagamento della somma di euro 15.776,70 a titolo di differenze retributive derivanti dall’asserito maggior livello (Area I livello 2) a lui spettanti quale ‘conduttore di trattori’ rispetto a quello di operario generico attribuitogli da parte datoriale (CCNL Agricoltura).
La Corte di appello di Bari, sul gravame proposto dal COGNOME e nella contumacia del solo COGNOME NOME, in riforma della gravata decisione condannava solo quest’ultimo, nei limiti della quota ereditaria, al pagamento di euro 15.776,70, oltre accessori e spese del doppio grado.
I giudici di seconde cure hanno rilevato che: a) in caso di successione mortis causa , in presenza di una pluralità di eredi, ciascuno risponde del debito del de cuius pro quota e non sussiste litisconsorzio necessario tra gli eredi stessi; b) il ricorso del COGNOME, che non aveva ad oggetto la determinazione dell’orario di lavoro ma solo la individuazione delle corrette mansioni
esercitate, era proceduralmente ammissibile; c) quanto al periodo gennaio 2004 -marzo 2005, i testi escussi avevano affermato che, dopo il decesso dell’AVV_NOTAIO, la azienda agricola era passata alla moglie NOME COGNOME che l’aveva gestita f ino alla cessazione del dicembre 2008; d) i conteggi del ricorrente non erano stati mai oggetto di contestazione; e) l’appellato contumace non poteva avvalersi e/o giovarsi della eccezione di prescrizione sollevata, in grado di appello, dagli altri coeredi; f) la richiesta del tentativo di conciliazione, innanzi alla RAGIONE_SOCIALE Foggia, notificata nel settembre 2010, non poteva avere effetto nei confronti dei futuri eredi di COGNOME NOME non essendo stato specificato a che titolo gli stessi fossero legittimati passivi; g) non vi era la prova della spedizione e della ricezione della missiva del settembre 2010 da NOME, per cui il credito lavorativo preteso era prescritto fino a tutto il novembre 2006 residuando una posizione creditoria di euro 4.228,00 perfezionatasi in capo agli appellati costituiti l’8.12.2011; h) essendo subentrati, però, gli eredi nella stessa posizione del de cuius, occorreva un apposito atto interruttivo della prescrizione entro la scadenza del termine quinquennale che era intervenuto invano in data 31.12.2012; i) la domanda originaria andava, pertanto, accolta nei soli confronti dell’appellato contumace NOME NOME COGNOME.
Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME, il quale ha presentato ricorso incidentale sulla base di un solo motivo cui, a loro volta, hanno resistito con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su diversi punti decisivi della controversia, nello specifico, sulla intervenuta
prescrizione. Egli sostiene l’erroneità della statuizione della Corte distrettuale che aveva accolto l’appello solo nella parte concernente esso ricorrente, evidenziando che si trattava dello stesso debito e la prescrizione valeva per l’intero, non solo pe r parte di esso. NOME COGNOME ribadisce tutte le difese e le argomentazioni già svolte circa la mancata vocatio in ius di altra erede (NOME COGNOME), la titolarità della azienda in capo al defunto AVV_NOTAIO, il riconoscimento del credito per intero sebbene nei suoi confronti fosse stato solo disposto pro quota, concludendo perché fosse dichiarata la prescrizione del credito del COGNOME.
Con il secondo motivo del ricorso principale si censura la violazione ed errata applicazione delle altre argomentazioni opposte nel giudizio di primo grado. Si rappresenta che il COGNOME non aveva mai svolto attività lavorativa per la sig.ra COGNOME ma solo per il marito di costei, AVV_NOTAIO; che il ricorso introduttivo era viziato da indeterminatezza; che si era verificata la prescrizione essendo l’attività lavorativa cessata nel mese di dicembre 2007 mentre il ricorso veniva notificato solo in data 10.2.2015; che la domanda del COGNOME era sfornita di prova in ordine alle mansioni svolte di trattorista.
Con il ricorso incidentale il COGNOME lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 410 cpc nonché degli artt. 2935 cc e 2948 cc nonché l’errata valutazione delle prove documentali acquisite e dei documenti prodotti, con particolare riferimento al verbale di mancata conciliazione per assenza delle parti, utile al fine della determinazione della esatta decorrenza dei termini di prescrizione che hanno comportato il vizio di motivazione in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cpc., per avere la Co rte territoriale erroneamente ritenuto che il termine di prescrizione quinquennale nei confronti degli eredi non decorresse nuovamente dalla data di decesso del de cuius . In primo luogo, egli rileva che la richiesta di conciliazione formulata dal lavoratore, che poteva essere anche orale, aveva l’effetto di interrompere la prescrizione e che l’attività successiva di comunicazione alla parte datoriale era di competenza della DPL per cui non era imputabile ad esso
dipendente la circostanza della non rinvenuta ricevuta della raccomandata inviata alla COGNOME; in secondo luogo, egli precisa che, alla data del decesso della datrice di lavoro, il termine prescrizionale cominciava per gli eredi nuovamente a decorrere (8.12.2011 -8.12.2016) con la conseguenza che la notifica del ricorso introduttivo (10.2.2015) era atto idoneo ad interromperlo e, pertanto, nel caso in esame non si era verificata alcuna fattispecie prescrizionale.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
A prescindere, infatti, dai profili di inammissibilità riguardanti la mancata indicazione delle norme violate (necessaria per il ricorso in cassazione che è un giudizio a critica vincolata -Cass. n. 11063/2018) e l’avere denunciato un vizio, quale l’omes sa, insufficiente e contraddittoria motivazione non più sindacabile in sede di legittimità ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc (per tutte, Cass. n. 21152/2014), va osservato che la impugnata pronuncia è corretta in relazione ad entrambi i profili di diritto censurati.
In particolare, è conforme ai principi statuiti in sede di legittimità la statuizione dei giudici di seconde cure che hanno ritenuto che l’eccezione di prescrizione, non sollevata da tutti gli eredi, non coinvolga l’intero credito e non operi rispetto a c oloro che non l’hanno sollevata in quanto si verte in ipotesi di obbligazione parziaria e non solidale (Cass. n. 34251/2023; Cass. n. 1258/1982).
Analogamente è condivisibile la statuizione della Corte distrettuale secondo cui la mancata vocatio in ius di tutti gli eredi, per il pagamento di debiti ereditari, non costituisca una lesione del principio del litisconsorzio necessario, poiché il rapporto che ne deriva non è unico e inscindibile (Cass. n. 8487/2016; Cass. n. 3391/2023).
Il secondo motivo è, invece, inammissibile perché le doglianze ivi svolte tendono ad una diversa ricostruzione storica dei fatti e ad una differente valutazione delle risultanze processuali che sono attività precluse in sede di legittimità, trattandosi di
accertamenti di fatto adeguatamente motivati, nel caso de quo , dai giudici di seconde cure.
Il ricorso incidentale è anche esso infondato.
La prima questione di diritto che si pone è quella di accertare se l’effetto interruttivo della prescrizione dei crediti retributivi si sia verificato, nella fattispecie in esame, con la sola presentazione della istanza di conciliazione alla DTL, come sostiene il COGNOME.
E’ opportuno, per la soluzione del problema, evidenziare due dati: uno normativo e l’altro di fatto il cui sindacato, come sopra detto, è però precluso in sede di legittimità.
Con riferimento al primo, deve precisarsi che, essendo stata la richiesta di conciliazione inoltrata nel settembre del 2010, essa viene regolata dalla precedente versione dell’art. 410 cpc in quanto la modifica dello stesso è intervenuta con l’art. 31 della legge 4 novembre 2010 n. 183.
La norma ratione temporis applicabile prevedeva che fosse la Commissione incaricata, ricevuta la richiesta, a convocare le parti per tentare la conciliazione della controversia.
Con riguardo al secondo, va invece rilevato che la Corte territoriale ha dato atto, da un lato, che destinataria della richiesta, quale unica datrice di lavoro dell’epoca, era solo la moglie dell’AVV_NOTAIO, sig.ra NOME COGNOME (poi deceduta l ‘8.12.2011) e, dall’altro, che mancava la prova della spedizione e della ricezione della missiva spedita alla predetta COGNOME che non era comparsa pacificamente innanzi alla DTL.
E’ suggestiva la tesi del COGNOME -secondo cui qualora non vi fosse stata una regolare convocazione, da parte della DTL, la Commissione avrebbe disposto una nuova notifica e non avrebbe proceduto come invece ha fatto- ma non è condivisibile per quanto segue.
Il problema reale, infatti, non è quello di stabilire su chi incombesse l’onere della convocazione, ma quello di accertare se l’interruzione della prescrizione si realizzi con l’inoltro alla DTL della istanza del tentativo di conciliazione o con il ricevimento della stessa, da chiunque inviata, alla controparte.
Questa Corte, dopo un contrasto giurisprudenziale, ma ipotizzabile solo in astratto in quanto riguardava materie diverse (Cass. n. 11116/2006 e Cass. n. 14087/2006 per una opzione e Cass. n. 947/2006, per l’altra, in tema però di licenziamento) ha fugato ogni dubbio con la sentenza n. 12516/2014 ove si è affermato, con convincenti argomentazioni condivise da questo Collegio, che solo la comunicazione al creditore della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione, con effetto permanente fino al termine di gg. 20 successivi alla conclusione della procedura conciliativa, ai sensi dell’art. 410 co. 2 cpc.
Pertanto, tralasciando la questione su chi fosse tenuto alla comunicazione della convocazione, ciò che rileva è che, nella fattispecie in esame, non vi è prova (che deve essere rigorosa) della avvenuta spedizione e ricezione della missiva, da parte della COGNOME (comunicazione che avrebbe potuto essere inoltrata, per cautelarsi, anche direttamente dal creditore quale semplice messa in mora) per cui, come correttamente accertato dalla Corte di appello, nessuna interruzione della prescrizione è ravvisabile in capo ad essa COGNOME per il credito del 2007 a fronte di un ricorso giudiziale poi notificato agli eredi solo nel febbraio del 2015.
In ordine, poi, all’altra critica concernente la individuazione della decorrenza del termine prescrizionale per gli eredi, se cioè dalla data di apertura della successione ovvero da quella computabile in capo al de cuius , deve osservarsi che, fermo restando il principio che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 cc), la morte, quale evento in sé, del de cuius non è un atto interruttivo dei termini per cui la prescrizione non comincia a decorrere dal giorno del decesso, ma da quando il credito poteva essere azionato ovvero, se nelle more inviato (ma nel caso di specie è stato escluso), da un eventuale valido atto di interruzione.
Alla stregua di quanto esposto sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere rigettati.
Le spese tra ricorrente principale e ricorrente incidentale, per la reciproca soccombenza, vanno compensate. Il
solo ricorrente incidentale (che ha avanzato domande nei loro confronti) è tenuto, invece, al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dei controricorrenti NOME COGNOME ed NOME COGNOME: spese che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa le spese relativamente al rapporto processuale tra ricorrente principale e ricorrente incidentale. Condanna il ricorrente incidentale al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto rispettivamente per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 17 gennaio 2024