Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33288 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33288 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9195/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio d ell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1386/2021 depositata il 04/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 15 aprile 2006, NOME COGNOME conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Brescia, la RAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da diminuzione di valore del terreno di cui la convenuta aveva usufruito quale locataria sino all’anno 1985, diminuzione di valore provocata dalla presenza di sostanze inquinanti. Precisava di avere appreso dell’inquinamento dell’area solo nell’anno 2001, a seguito degli accertamenti condotti da un geologo incaricato di ciò, dopo essere divenuto proprietario della superficie per decreto giudiziale di assegnazione di quote ereditarie dell’aprile 2002.
Si costituiva la convenuta eccependo, preliminarmente, la prescrizione della pretesa risarcitoria giacché i fatti si riferivano al 1985 e la prima richiesta di risarcimento del danno risaliva al 5 agosto 2005, quando ormai da tempo l’immobile era stato ric onsegnato. In ogni caso l’attività di smontaggio di motori svolta dalla convenuta era da tempo nota all’attore. Contestava, in ogni caso, la fondatezza nel merito della pretesa.
Con sentenza n. 638 del 2018 il Tribunale di Brescia, qualificato il pregiudizio come danno ambientale, superava l’eccezione di prescrizione, ritenendo che il termine iniziasse a decorrere solo dalla cessazione della condotta lesiva dell’ambiente. Rigettav a, comunque, la domanda escludendo la sussistenza del nesso causale tra l’attività svolta dalla convenuta e l’inquinamento dell’area.
Avverso tale decisione proponeva appello NOME COGNOME al quale subentravano per successione a titolo particolare NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME Si costituiva l’originaria convenuta chiedendo la conferma della sentenza impugnata con diversa motivazione che tenesse conto della preliminare eccezione di prescrizione. In via incidentale impugnava il capo della sentenza relativo alla compensazione delle spese di lite.
In grado di appello veniva espletata una nuova consulenza tecnica. Con sentenza pubblicata il 4 novembre 2021 la Corte d’appello di Brescia respingeva l’appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, dichiarava estinto per prescrizione del diritto il diritto al risarcimento del danno, condannando gli appellanti principali al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME affidandosi a sette motivi. Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta la violazione degli articoli 334, 342, 343, 346, 359 e 112 c.p.c.e dell’articolo 2909 c.c., con riguardo all’articolo 360, n. 3 c.p.c.
La Corte territoriale avrebbe errato ritenendo che la mera riproposizione dell’eccezione di prescrizione costituisse, in realtà, appello incidentale. La statuizione contrasterebbe con il principio affermato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 11799 del 2017 secondo cui non sarebbe sufficiente la mera reiterazione ai sensi dell’articolo 346 c.p.c. della questione ma ‘la proposizione da parte sua di un appello incidentale, che è regolato dall’articolo 342 c.p.c.’. Pertanto la Corte d’appello avrebbe dovuto rilevare l’insussistenza di un appello incidentale ovvero dichiarare l’inammissibilità del gravame relativo alla questione della prescrizione perché redatto in violazione dell’articolo 342 c.p.c.
Sotto altro e differente profilo i ricorrenti evidenziano che il contenuto della comparsa di costituzione in appello, qualificato dalla Corte territoriale come appello incidentale e relativo alla eccezione di prescrizione, non avrebbe potuto essere ritualmente posto a sostegno della decisione impugnata poiché ripetitivo della comparsa conclusionale di primo grado e quindi non specifico. In sostanza, le argomentazioni contenute nel preteso appello incidentale non si confronterebbero con la decisione adottata dalla Corte.
Il motivo è infondato. La Corte d’appello non ha ritenuto sufficiente la mera riproposizione dell’eccezione di prescrizione, ma ha esaminato il tema della qualificazione dell’impugnazione in termini di appello incidentale anche con riferimento alla questione dell’eccezione di prescrizione, adottando una decisione rispettosa dei principi affermati dalle Sezioni unite nella citata sentenza n. 1799 del 2017. Sotto tale profilo la Corte territoriale ha interpretato l’atto di impugnazione ritenendo che dal complesso delle deduzioni e conclusioni formulate dalla società appellata risultasse in modo non equivoco la volontà della stessa di ottenere la riforma della decisione del Tribunale di Brescia anche con riferimento alla questione della prescrizione nel senso d i accogliere l’eccezione e dichiarare comunque prescritto il diritto al risarcimento del danno.
In particolare, la società controricorrente ha provveduto a trascrivere i passaggi salienti dell’atto di costituzione in appello, riportati alle pagg. da 19 a 24 del proprio atto difensivo che esprimono con chiarezza le censure alle ragioni della statuizione di rigetto dell’eccezione di prescrizione da parte del Tribunale. RAGIONE_SOCIALE in quello scritto ribadisce che le pretese avanzate da controparte devono ritenersi infondate ‘in ragione appunto della intervenuta prescrizione dei diritti azionati’ e videnziando che l’attività svolta dalla appellata era ben conosciuta dai proprietari i quali frequentemente si recavano presso il capannone e che la prima richiesta di risarcimento risaliva ad oltre vent’anni dalla cessazione
dell’attività imprenditoriale presso il fondo. Ha aggiunto che alla fattispecie in esame non si applicherebbe il termine ordinario di prescrizione, ma quello quinquennale riferito al risarcimento del danno da fatto illecito. Le pagine dedicate a tale profilo si concludono con la richiesta di rigettare integralmente le domande svolte nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con conferma della sentenza impugnata ‘anche con diversa motivazione tenendo conto della preliminare eccezione intervenuta prescrizione, delle pretese risarcitorie avversarie, eccezione riproposta in questa sede per il relativo esame anche ai sensi per effetti dell’articolo 346 c.p.c.’.
Va rilevato che la giurisprudenza richiamata dalla controricorrente a pagina 25 non è pertinente in quanto la stessa deve essere considerata ‘parte totalmente vittoriosa in primo grado’ giacché la pronunzia sulle spese, rispetto alla quale sono mosse separate e autonome doglianze, costituisce un capo autonomo che non modifica la posizione di parte vittoriosa di RAGIONE_SOCIALE
La Corte territoriale, pertanto, ha correttamente fatto proprio il principio giurisprudenziale secondo cui non assume valore vincolante ai fini della qualificazione della domanda la denominazione o la norma processuale richiamata dalla parte.
Nel caso di specie, peraltro, le conclusioni sono state chiaramente individuate, tanto da consentire di qualificare l’atto come appello incidentale insistendo per una pronunzia di rigetto con diversa motivazione e previa declaratoria di intervenuta prescrizione, facendo presente che tale eccezione viene riproposta in sede di appello ‘anche’ ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 346 c.p.c.
Quanto al secondo profilo (mancanza del requisito di specificità del motivo di appello, perché sostanzialmente ripetitivo della comparsa conclusionale di primo grado) la censura non coglie nel segno poiché, a prescindere dalla diversità dei due atti quale emerge dalla trascrizione degli stessi contenuta nel ricorso introduttivo, nell’atto di appello incidentale si individuano con chiarezza le questioni e i
punti contestati della sentenza di primo grado, denunciando in modo esplicito la erroneità della decisione di rigetto dell’eccezione di prescrizione.
A prescindere da ciò la censura è inammissibile poiché nel momento in cui si censura la interpretazione di un atto ai sensi degli articoli 1362 seguenti del codice civile il ricorrente per cassazione deve individuare analiticamente le norme violate. L’interpretazione di un atto è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di emeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa. Il ricorso non contiene alcun riferimento a tali parametri.
Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 360 n. 4 c.p.c. per avere la Corte d’appello di Brescia ritenuto che la riproposizione dell’eccezione di prescrizione operata ai sensi dell’articolo 346 c.p.c. integrasse un vero e proprio appello incidentale avverso la decisione del Tribunale. Secondo i ricorrenti la motivazione sarebbe insufficiente, non consentendo di comprendere per quale ragione la raffineria metalli avesse evoluto, in contrasto con il dato letterale, proporre appello incidentale.
Il motivo è inammissibile poiché generico e ripetitivo delle argomentazioni contenute nel primo motivo e, in ogni caso, si
sostanzia in una censura sulla congruità e completezza della motivazione inammissibile ai sensi dell’articolo 360, n.5 c.p.c. poiché non più previsto dalla legge.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione delle disposizioni oggetto del primo motivo. Il Tribunale avrebbe respinto l’eccezione di prescrizione sulla base di due autonome argomentazioni. La prima, fondata sulla ricorrenza di un illecito ambientale, rispetto al quale la prescrizione decorrerebbe dal momento della eliminazione delle condizioni di danneggiamento e la seconda, basata sul mancato decorso del termine quinquennale, poiché soltanto con la relazione del geologo COGNOME dell’aprile 2001 i ricorrent i avrebbero avuto contezza del pregiudizio. La Corte d’appello non avrebbe esaminato tale seconda ed autonoma argomentazione, la quale avrebbe dovuto essere specificamente impugnata con appello incidentale.
Il motivo è inammissibile. In primo luogo va rilevato che tutte le doglianze non hanno alcuna attinenza con le disposizioni riportate in rubrica e che si assumono violate (articoli 334,342,343 e 112 c.p.c. e 2909 c.c.) poiché non è illustrata la violazione di nessuna di tali norme.
In ogni caso, il motivo è inammissibile perché si limita a prospettare una diversa ricostruzione del materiale probatorio più favorevole ai ricorrenti rispetto a quella posta a fondamento della decisione impugnata. La Corte d’appello, infatti, ha rilevato come, dalle risultanze processuali, fosse possibile anticipare la data di piena consapevolezza del pregiudizio apportato al fondo degli attori facendo riferimento a due atti, entrambi precedenti la relazione del 2001 del geologo e cioè l’accertamento compi uto dai tecnici comunali in data 27 giugno 2000 e la richiesta operata dal Comune di Nave del 27 luglio 2000, indirizzata ai proprietari. La individuazione di termini anticipati di decorrenza della prescrizione non impone al giudice di merito di prendere i n esame l’idoneità di altri atti
successivi, trattandosi di questioni superate dal materiale probatorio ritenuto rilevante dalla Corte d’appello.
Con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. per ragioni analoghe a quelle oggetto del motivo precedente, poiché la Corte territoriale, con motivazione insufficiente, illogica e irrazionale e, comunque, apparente, avrebbe ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione senza spiegare per quale motivo non avrebbe attribuito rilevanza decisiva all’accertamento oggetto della relazione del geologo COGNOME dell’aprile 2001.
Il motivo è inammissibile poiché ripropone le stesse questioni oggetto del terzo motivo e poiché si limita a prospettare una valutazione degli elementi probatori ritenuta più confacente rispetto a quella accolta dai giudici di appello.
Con il quinto motivo si deduce la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e degli articoli 2043, 2947 e 2935 c.c. e 24 della Costituzione, con riguardo all’articolo 360, n. 3 c.p.c. La Corte territoriale avrebbe errato nella individuazione del dies a quo del termine di prescrizione che, al contrario, avrebbe dovuto essere riferito a quello della percezione del danno, giacché l’articolo 2935 c.c. collega la decorrenza del termine al momento in cui il diritto può essere fatto valere. La percezione del danno va intesa in termini di effettiva conoscibilità dell’ingiustizia del fatto. Orbene tali elementi non sarebbero desumibili dal contenuto della lettera recapitata agli attori il 21 luglio 2000 contenente gli esiti del sopralluogo effettuato dai tecnici comunali.
Il motivo è inammissibile perché richiederebbe un sindacato della Corte di legittimità sul materiale probatorio, mentre tale attività costituisce prerogativa esclusiva del giudice di merito. La censura, infatti, riguarda l’esame della documentazione e gli accertamenti espletati al fine di dimostrare che il contenuto della nota del Comune, nella quale, tra l’altro, si segnala la necessità di ‘definire tipo, grado ed estensione dell’inquinamento esistente e individuare le
conseguenti operazioni necessarie al ripristino dello stato dei luoghi dell’aria disse dime dell’immobile e di quello pertinenziale’ e la successiva comunicazione, non costituissero atti idonei a rendere conoscibile l’esistenza di materiale inquinante sul fondo in oggetto.
Sotto altro profilo va evidenziato che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio richiamato dai ricorrenti secondo cui la decorrenza della prescrizione in tema di diritto risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere dal momento in cui la lesione diviene percepibile dal danneggiato.
Sulla base di tali premesse la Corte d’appello ha considerato che la raccomandata del Comune del 21 luglio 2000 fosse idonea a porre i proprietari nelle condizioni di avere conoscenza, secondo l’ordinaria diligenza, della esistenza del danno e della sua riconducibilità alla condotta della Raffineria. Nella raccomandata, infatti, si fa riferimento alla presenza di rifiuti e sversamenti di sostanze inquinanti, si ricorda che il compendio immobiliare era stato sede di svolgimento di attività di smontaggio motori e si chiede di eseguire ulteriori verifiche per definire il grado e l’estensione di quell’inquinamento già esistente, al fine di individuare le operazioni necessarie alla ripristino dello stato dei luoghi.
Con il sesto motivo si impugna la decisione della Corte d’appello di Brescia ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c. per le medesime ragioni oggetto del motivo precedente individuando la violazione delle medesime disposizioni, oltre che degli articoli 112 e 132 c.p.c. In particolare, la decisione impugnata non chiarirebbe le ragioni per le quali dal contenuto della citata missiva inviata dall’ufficio tecnico comunale sarebbe stato possibile evincere l’esistenza e l’entità dell’inquinamento.
Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni oggetto della precedente doglianza poiché consiste esclusivamente in una richiesta di rivalutazione dell’intero materiale probatorio.
L’accertamento di fatto rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito come pure la valutazione della valenza probatoria degli elementi istruttori per cui le considerazioni espresse non sono sindacabili in sede di legittimità se congruamente motivate. Per quanto detto in precedenza va esclusa l’ipotesi di motivazione inesistente o apparente, cioè quella che non rende percepibili le ragioni della decisione in quanto, al contrario, la statuizione è fondata su argomentazioni coerenti ed esaustive rispetto alle quali il motivo di ricorso si atteggia quale mera prospettazione di una interpretazione differente del contenuto della raccomandata del Comune di Nave, senza censurare nello specifico la violazione di norme ermeneutiche.
Con il settimo motivo si deduce la violazione degli articoli 334, 325, 326, 327 e 343 c.p.c. ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c. con riferimento alla pronunzia relativa alle spese di primo grado. L’appello incidentale sarebbe tardivo perché contenuto n ella comparsa di costituzione depositata il 7 luglio 2018 quindi dopo la scadenza del termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado, avvenuta il 9 marzo 2018.
La censura è inammissibile trattandosi di questione nuova che non è stata prospettata davanti al giudice di appello.
In ogni caso la doglianza è infondata poiché muove dal principio giurisprudenziale, ormai superato, secondo cui l’appello incidentale tardivo può essere proposto soltanto nei confronti del medesimo capo della sentenza impugnata in via principale.
Va richiamato il principio giurisprudenziale che prende le mosse da Cass Sez. U n. 8486 del 28/03/2024, secondo cui ‘l’impugnazione incidentale tardiva -da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione – può essere sollevata anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, indipendentemente dal fatto che investa un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad
impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta negli artt. 334, 343 e 371 c.p.c. e che occorre consentire alla parte, che avrebbe di per sé accettato la decisione, di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere comunque in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 15100 del 29/05/2024, Rv. 671180 02)’.
Per quanto precede il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio di legittimità compensate interamente tra le parti in considerazione dell’esito alterno del giudizio e per complessità delle questioni oltre che per l’incertezza sulla natura degli atti processuali determinata dalla parte (appellante incidentale).
PTM
Rigetta il ricorso e compensa interamente le spese di lite tra le parti. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte