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Prescrizione danno ambientale: quando inizia a decorrere

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33288/2024, ha chiarito un punto cruciale in materia di prescrizione per danno ambientale. Il caso riguardava la richiesta di risarcimento avanzata dai proprietari di un terreno contro una società di raffinazione, ex locataria, per inquinamento. La Corte ha stabilito che il termine di prescrizione non decorre dalla data della perizia tecnica che accerta il danno, ma dal momento precedente in cui i proprietari hanno ricevuto una comunicazione ufficiale dal Comune che li informava della presenza di inquinanti e della necessità di ulteriori verifiche. Questa comunicazione è stata ritenuta sufficiente a generare una consapevolezza del pregiudizio, dando il via al decorso della prescrizione. La Suprema Corte ha inoltre confermato la validità dell’appello incidentale con cui la società aveva riproposto l’eccezione di prescrizione, precedentemente respinta in primo grado.

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Prescrizione Danno Ambientale: Quando Scatta l’Orologio per Agire?

L’ordinanza n. 33288 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’analisi fondamentale sul tema della prescrizione del danno ambientale, chiarendo da quale momento preciso inizi a decorrere il termine per richiedere il risarcimento. La decisione si sofferma sul concetto di ‘consapevolezza del danno’ e sul corretto utilizzo degli strumenti processuali, come l’appello incidentale, per far valere le proprie ragioni in giudizio.

I Fatti di Causa: Danno da Inquinamento e la Lunga Via della Giustizia

La vicenda trae origine dall’azione legale intentata nel 2006 dai proprietari di un terreno contro una società di raffinazione metalli, che aveva utilizzato l’immobile come locataria fino al 1985. I proprietari chiedevano il risarcimento per la diminuzione di valore del terreno, causata dalla presenza di sostanze inquinanti riconducibili all’attività svolta dall’ex inquilino. Essi sostenevano di aver scoperto l’inquinamento solo nel 2001, a seguito di una perizia geologica, e di essere diventati pieni proprietari solo nel 2002.

La società convenuta si difendeva eccependo, in via preliminare, la prescrizione del diritto al risarcimento, dato che i fatti risalivano al 1985 e la prima richiesta di risarcimento era del 2005.

Il Tribunale di primo grado rigettava l’eccezione di prescrizione ma anche la domanda di risarcimento nel merito, non ritenendo provato il nesso causale. La Corte d’Appello, invece, riformava la decisione: accoglieva l’appello incidentale della società e dichiarava il diritto al risarcimento estinto per prescrizione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la questione della prescrizione danno ambientale

I proprietari ricorrevano in Cassazione, lamentando diversi vizi procedurali e di merito nella decisione d’appello. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza di secondo grado e fornendo chiarimenti cruciali su due aspetti principali: la qualificazione dell’appello incidentale e l’individuazione del dies a quo per la prescrizione.

L’Appello Incidentale: Non una Semplice Riproposizione

I ricorrenti sostenevano che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare la mera riproposizione dell’eccezione di prescrizione come un valido appello incidentale. La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che la Corte territoriale ha correttamente interpretato l’atto difensivo della società. Non si è trattato di una semplice reiterazione, ma di una chiara e inequivocabile volontà di ottenere la riforma della decisione di primo grado sul punto specifico della prescrizione. L’atto conteneva censure specifiche contro le motivazioni del Tribunale, manifestando l’intenzione di ottenere una pronuncia di rigetto basata su una diversa motivazione, ossia l’intervenuta prescrizione.

Il Dies a Quo nella prescrizione danno ambientale

Il punto centrale della controversia era stabilire quando i proprietari avessero acquisito una conoscenza sufficiente del danno per far decorrere il termine di prescrizione. I ricorrenti insistevano sulla data della relazione del geologo (aprile 2001) come momento di effettiva consapevolezza.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha avallato la ricostruzione della Corte d’Appello, la quale aveva individuato momenti antecedenti. In particolare, sono stati ritenuti decisivi due atti:
1. Un accertamento dei tecnici comunali del giugno 2000.
2. Una successiva raccomandata del Comune, inviata ai proprietari nel luglio 2000, che segnalava la presenza di rifiuti e sversamenti, ricordava l’attività di smontaggio motori svolta sull’area e chiedeva ulteriori verifiche per definire l’estensione dell’inquinamento.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il principio fondamentale in materia di prescrizione, sancito dall’art. 2935 c.c., collega la decorrenza del termine al momento in cui il diritto ‘può essere fatto valere’. Questo non significa attendere una certezza scientifica assoluta del danno, ma il momento in cui la parte danneggiata dispone di elementi oggettivi sufficienti per percepire l’esistenza di un pregiudizio e la sua riconducibilità a un soggetto determinato, usando l’ordinaria diligenza.

Nel caso specifico, la comunicazione del Comune del luglio 2000 conteneva tutti gli elementi necessari per allertare i proprietari. La nota menzionava esplicitamente ‘rifiuti e sversamenti di sostanze inquinanti’ e la necessità di ‘ripristino dello stato dei luoghi’. Secondo la Corte, questa comunicazione era idonea a porre i proprietari nelle condizioni di avere conoscenza, secondo l’ordinaria diligenza, dell’esistenza del danno e del suo possibile legame con la condotta della società di raffinazione. Pertanto, da quel momento il diritto al risarcimento poteva essere esercitato, e da lì è iniziato a decorrere il termine di prescrizione quinquennale, ormai spirato al momento della prima richiesta di risarcimento nel 2005.

La Cassazione ha altresì rigettato tutti gli altri motivi di ricorso, qualificandoli come tentativi inammissibili di ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio, attività che è di esclusiva competenza del giudice di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce un principio di grande rilevanza pratica: ai fini della prescrizione del danno ambientale, il termine non decorre necessariamente dalla perizia tecnica, ma dal momento in cui il danneggiato riceve informazioni sufficienti a renderlo consapevole della situazione di potenziale danno. Una comunicazione ufficiale da parte di un ente pubblico, come un Comune, che segnali la presenza di inquinanti, può essere considerata il dies a quo che fa scattare il conto alla rovescia per l’esercizio del diritto al risarcimento. Questa decisione sottolinea l’importanza per i proprietari di immobili di agire tempestivamente non appena ricevano segnali o comunicazioni ufficiali che suggeriscano la presenza di un inquinamento, senza attendere conferme tecniche definitive che potrebbero arrivare quando ormai il diritto a chiedere i danni si è estinto.

Quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per un danno da inquinamento ambientale?
Il termine di prescrizione inizia a decorrere non dal momento in cui si ha una certezza scientifica del danno (es. tramite perizia), ma dal momento in cui il danneggiato ha elementi oggettivi sufficienti per percepire, con l’ordinaria diligenza, l’esistenza del danno e la sua potenziale riconducibilità alla condotta di un terzo. Una comunicazione ufficiale di un’autorità pubblica (come un Comune) che segnali la presenza di inquinanti è stata ritenuta sufficiente a far decorrere il termine.

Per contestare in appello un’eccezione respinta in primo grado, è sufficiente riproporla?
No, non è sufficiente. La parte che ha visto respinta una propria eccezione (ad esempio, quella di prescrizione) deve proporre un formale appello incidentale, manifestando in modo chiaro e inequivocabile la volontà di ottenere una riforma della decisione di primo grado su quel punto specifico e avanzando censure precise contro le motivazioni del primo giudice.

Un appello incidentale relativo alle spese di giudizio può essere considerato tardivo?
La Corte, richiamando un principio delle Sezioni Unite, ha chiarito che l’impugnazione incidentale tardiva può essere sollevata anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale e indipendentemente dal fatto che investa un capo autonomo della sentenza, come quello sulle spese. Nel caso di specie, la censura sulla tardività dell’appello incidentale sulle spese è stata comunque ritenuta inammissibile perché sollevata per la prima volta in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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