Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 699 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 699 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 22819/2022 r.g. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, C.F. P_IVA, con sede legale in Roma, INDIRIZZO, in persona dei Commissari Straordinari, avv. NOME COGNOME, dott. NOME COGNOME, dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale ad litem, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO, pec: EMAIL.
-ricorrente –
contro
Dott.ssa NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso il loro Studio in Roma, INDIRIZZO
NOME COGNOME n. INDIRIZZO/A, giusta procura speciale alle liti posta in calce al controricorso.
– controricorrente e ricorrente in via incidentale
–
avverso il decreto n. 2023/2022 emesso dal Tribunale di Roma in data 26 luglio 2022 e pubblicato il 28 luglio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024
dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Roma, pronunciando sull’opposizione allo stato passivo promossa da NOME COGNOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE della Finanziaria dei Dogi S.R.L., ha ammesso al passivo del fallimento il credito di NOME COGNOME per l’importo di € 5.649.519,80, in INDIRIZZO dichiarando tuttavia interamente compensate fra le parti le spese del giudizio e così riformando il precedente provvedimento di diniego emesso dal g.d. del medesimo Tribunale.
La creditrice istante aveva infatti insinuato il proprio credito per l’importo complessivo di euro 5.649.519,80, di cui euro 5.599.623,46 a titolo di finanziamento soci ed euro 49.896,34 a titolo di utili non riscossi.
La domanda di insinuazione era stata però integralmente respinta dal giudice delegato con la seguente motivazione: ‘ il Giudice Delegato, preso atto che il creditore istante non ha provato il versamento delle somme e che a tal fine non sono sufficienti le risultanze del bilancio della società, tenuto inoltre conto dei rapporti tra le parti, rigetta la domanda ‘ .
La creditrice opponente aveva dunque considerato ingiusta la sua esclusione dal passivo, evidenziando, in sede di giudizio di opposizione, che i propri crediti risultavano provati dalla documentazione prodotta in sede di verifica, ritenuta peraltro sufficiente allo scopo dai commissari straordinari che ne avevano proposto l’ammissione al passivo, e dagli ulteriori documenti che aveva allegato al ricorso in opposizione, da cui era emerso il
riconoscimento dei detti crediti sia da parte della società in bonis , sia da parte dei medesimi commissari straordinari, nonché l’effettiva erogazione dei finanziamenti eseguiti dai soci e i parziali rimborsi eseguiti dalla società.
5. Il Tribunale – nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE – ha rilevato ed osservato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) in ordine al l’eccezione di prescrizione sollevata riguardo ad entrambi i crediti fatti valere dall’opponente -trattandosi di eccezione in senso stretto e, nell’ambito dell’accertamento del passivo delle procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria, potendo la stessa essere sollevata dalla curatela o dal commissario straordinario per la prima volta nel costituirsi tempestivamente nel giudizio di opposizione allo stato passivo – occorreva rilevarsi che, nel caso in esame, dalle risultanze istruttorie emergeva inequivocabilmente che tanto il credito derivante dai finanziamenti soci, quanto quello derivante dalla mancata percezione degli utili di cui era stata disposta la distribuzione (circostanza questa non contestata dalla procedura opposta) avevano costituito oggetto di espresso riconoscimento sia da parte della società in bonis , che ne aveva sempre fatto menzione nei bilanci e nelle rendicontazioni predisposte dopo la loro maturazione, sia dai commissari straordinari, i quali ne avevano proposto l’ammissione in sede di verifica ; (ii) a prescindere pertanto dalle considerazioni in ordine alla sussistenza dei crediti oggetto di riconoscimento, l’eccezione non p oteva trovare accoglimento, essendo intervenuta l’interruzione della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c. ; (ii) con riguardo alla sussistenza, poi, della pretesa creditoria oggetto del giudizio l’opposizione , la stessa appariva fondata e meritevole di accoglimento, in quanto: (a) l ‘opponente aveva infatti chiarito in sede di opposizione -e la circostanza era comprovata dalla dichiarazione di successione e dall’atto di cessione di crediti allegati al ricorso e non era stato oggetto di contestazione -di essere subentrata al padre NOME COGNOME quale erede, e alla madre NOME COGNOME COGNOME quale cessionaria dei crediti da questa vantati, nella titolarità dei crediti derivanti dai numerosi finanziamenti erogati nel corso degli anni dai propri genitori in favore della RAGIONE_SOCIALE di cui quest’ultimi erano stati soci, e che l’ulteriore credito azionato era maturato per la mancata percezione di utili risultanti dalle rendicontazioni approvate; (b) l ‘ammontare
dei crediti per finanziamento soci, per l’importo complessivo di € 5.559.623,00 (detratti i rimborsi parziali eseguiti dalla società in favore dei soci finanziatori), era riportato nei bilanci relativi agli esercizi 2015 e 2016, sotto le voci ‘debiti verso soci per finanziamenti esigibili entro l’anno’, nella situazione economico-patrimoniale al 31/12/17 e nel bilancio di verifica con saldi aperture patrimoniali al 31/10/18, sempre per lo stesso ammontare; (c) l ‘ammontare degli utili non riscossi era invece riportato nella situazione economico-patrimoniale al 31/12/17 e nel bilancio di verifica al 31/10/18; (d) l ‘opponente, inoltre, aveva prodotto ‘ una notevole mole di copie ‘ di documenti relativi ai versamenti eseguiti dai propri danti causa e ai rimborsi parziali dai medesimi ricevuti, inviatele dai commissari straordinari a seguito di istanza di accesso agli atti dalla stessa presentata; (f) l’esistenza e l’ammontare del credito oggetto di opposizione po tevano pertanto ritenersi sufficientemente provati, indipendentemente dall ‘ impossibilità di attribuire alle dichiarazioni e agli atti della società fallita l’effetto tipico previsto dall’art. 1988 c.c., stante la posizione di terzietà dei commissari straordinari, e ciò sulla base delle circostanze di fatto delle intervenute erogazioni di somme da parte dei soci in favore della società, dell ‘ avvenuta registrazione dei relativi debiti nei bilanci della società ( quali debiti verso soci esigibili entro l’esercizio successivo) e dei rimborsi parziali eseguiti dalla società nei confronti dei finanziatori, nonché dell’iscrizioni relative ai debiti per utili non riscossi nelle rendicontazioni relative agli anni 2017 e 2018; (iii) non poteva, infine, trovare accoglimento neanche la richiesta formulata in via subordinata dalla procedura opposta diretta all’accertamento della postergazione, ai sensi dell’art. 2467 c.c., del credito dell’opponente eventualmente da ammettere al passivo a titolo di rimborso dei finanziamenti, per la ragione assorbente che – se anche si fosse ritenuto applicabile analogicamente alle società di persone il disposto normativo del predetto articolo (che si riferisce alle società a responsabilità limitata) nel caso di specie l’opposta non aveva allegato, e tanto meno provato, alcuno specifico elemento dal quale potersi desumere che i finanziamenti in questione fossero stati effettuati in un momento in cui sussisteva un eccessivo squilibrio dell’indebitamento della società rispetto al suo patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria nella quale sarebbe
stato ragionevole un conferimento; (iv) i l credito dell’opponente, pertanto, doveva essere ammesso al passivo della procedura per l’importo complessivo di € 5.649.519,80, in chirografo ; (v) in considerazione, poi, delle integrazioni probatorie effettuate dall’opponente solo nel corso del presente giudizio, dovevano ritenersi sussistenti i presupposti per l’integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
2. Il decreto, pubblicato il 28 luglio 2022, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE Finanziaria dei Dogi SRAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui la Dott.ssa NOME COGNOME ha resistito con controricorso, con il quale ha anche presentato ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2946, 2949, 2709, 2710 e 1988 c.c., per avere il Tribunale ritenuto non prescritto il credito avversario.
1.1 Si censura, cioè, il decreto impugnato per avere il Tribunale di Roma ammesso al passivo di Fimoven un credito prescritto, ritenendo opponibili ai commissari s traordinari l’efficacia probatoria tra imprenditori, di cui agli artt. 2709 e 2710 c.c., delle scritture contabili regolarmente tenute.
1.2 Il Tribunale di Roma aveva, invero, rigettato l’eccezione di prescrizione proposta da Fimoven, in quanto tanto il credito derivante dai finanziamenti soci quanto quello derivante dalla mancata percezione degli utili avevano costituito oggetto di espresso riconoscimento sia da parte della società in bonis , che ne aveva sempre fatto menzione nei bilanci e nelle rendicontazioni predisposte dopo la loro maturazione, sia dai commissari straordinari, i quali ne avevano proposto l’ammissione in sede di verific a dei crediti.
1.3 Secondo l’amministrazione straordinaria ricorrente, il Tribunale avrebbe errato nel non ritenere che il termine decennale per far valere il diritto alla restituzione di tali finanziamenti fosse già decorso e che il presunto diritto di credito avversario fosse prescritto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2946 c.c. ,
e ciò proprio perché la dott.ssa NOME COGNOME aveva esercitato tale diritto solamente dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza della società opposta, avvenuta in data 19 aprile 2019.
1.4 Analoghe considerazioni avrebbero dovuto essere spese in riferimento all ‘ eccezione sollevata con riguardo al presunto diritto di credito vantato a titolo di utili non distribuiti: ai sensi dell’art. 2949 c.c. il termine di prescrizione per i diritti derivanti dai rapporti sociali si perfezionava infatti in cinque anni e tra tali diritti doveva ricomprendersi anche quello alla riscossione degli utili maturati dai soci ad ogni chiusura di bilancio per l’anno di esercizio di riferimento, all’esito dell’approvazione della relativa delibera assembleare. Aggiunge la società ricorrente che la parte controricorrente aveva cessato di essere socia di RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2012 e, pertanto, il suo presunto diritto alla distribuzione degli utili era senz’altro prescritto, perché fatto valere soltanto dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza della società opposta, avvenuta, come già ricordato, in data 19 aprile 2019. Tuttavia, il Tribunale aveva ritenuto di rigettare le eccezioni di prescrizioni sollevate da COGNOME sulla erronea deduzione che la società in bonis ne aveva sempre fatto menzione nei bilanci e nelle rendicontazioni predisposte dopo la loro maturazione.
1.5 Tale statuizione dei giudici dell’opposizione doveva considerarsi errata perché, secondo l’orientamento granitico della giurisprudenza di legittimità , al curatore fallimentare (e, dunque, anche ai commissari straordinari) non sarebbe opponibile l’efficacia probatoria tra imprenditori, di cui agli artt. 2709 e 2710 c.c., delle scritture contabili regolarmente tenute.
1.6 Le obiezioni della ricorrente, per come formulate, sono inammissibili.
Va infatti rilevato che le censure mosse dalla società ricorrente al provvedimento impugnato non colgono la ratio decidendi che sostiene il detto provvedimento. Ed invero, tale ratio – come già sopra ricordato in premessa riguardava, in buona sostanza, l’efficacia interruttiva della prescrizione imento nelle
-ricollegabile al dichiarato riconoscimento del debito per l’inser scritture contabile della società in bonis .
La censura articolata dalla parte ricorrente come violazione degli artt. 2709 e 2710 c.c. – la cui disciplina, secondo la declinazione fornita dalla sopra
ricordata giurisprudenza di legittimità, non sarebbe applicabile agli organi della procedura (curatore fallimentare e dunque anche commissario straordinario), in quanto soggetti terzi – riguarda in realtà il diverso profilo dell ‘ efficacia probatoria tra imprenditori delle scritture contabili regolarmente tenute; quando invece la vera ragione decisoria del provvedimento impugnato si pone non su quel terreno, sebbene sulla ritenuta valenza ricognitiva del debito (e dunque interruttiva della prescrizione) da accordarsi al fatto in sé dell’inserimento in contabilità.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1813 e 2697 c.c., per avere il Tribunale ritenuto decisive le annotazioni riportate nelle scritture contabili ai fini dell’ammissione del credito richiesto a titolo di ‘finanziamento soci’ . Si censura, cioè, il decreto impugnato per avere il Tribunale di Roma apprezzato come decisive le annotazioni riportate nelle scritture contabili e per aver inoltre addossato ad essa società opposta l’onere di provare la natura dei versamenti effettuati, astenendosi dal condurre una indagine completa, non limitata al solo uso dei termini utilizzati per le annotazioni nelle scritture contabili, ma estesa anche al modo in cui concretamente era stato attuato il rapporto, alle finalità pratiche cui esso appariva essere diretto e agli interessi che vi erano sottesi.
2.1 Anche il secondo motivo risulta inammissibile.
Sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la ricorrente pretende, infatti, un nuovo apprezzamento della quaestio facti , e ciò con particolare riferimento al profilo della decisività probatoria delle annotazioni contenute nelle scritture contabili, scrutinio che, come è noto, è inibito al giudice di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per nullità, in relazione agli artt. 115 e 132, co. 2, n. 4, c.p.c., per avere il tribunale ritenuto sussistente un fatto
contestato e per non aver posto a fondamento della decisione fatti non contestati dall’opponente.
3.1 Si censura, cioè, il decreto impugnato per avere il Tribunale di Roma ritenuto che la dott.ssa NOME COGNOME COGNOME COGNOME rivestisse la carica di socio di RAGIONE_SOCIALE e per non aver posto a fondamento della decisione fatti non specificamente contestati dalla COGNOME, in merito, cioè, al fatto che ella, in qualità di amministratore della società, non avesse mai ritenuto di dover liquidare gli utili.
3.2 La censura è inammissibile perché aspecifica, non avendo la parte ricorrente spiegato per quali ragioni il fatto sopra dedotto (e cioè la mancata liquidazione degli utili da parte della RAGIONE_SOCIALE, quale amministratore e socio della società in bonis ) integrasse una non contestazione dei fatti oggetto invece di accertamento da parte del Tribunale. In realtà, il fatto che la COGNOME, nella predetta qualità, non avesse distribuito gli utili di esercizio avrebbe potuto integrare una scelta gestionale dettata dalle ragioni eterogenee o comunque diverse da quelle sostenute dall’odierna ricorrente.
Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 2467 e 2697 c.c., per non avere il tribunale postergato il credito richiesto a titolo di finanziamenti.
4.1 Le doglianze così proposte nel quarto motivo sono inammissibili perché completamente decentrate rispetto alla ratio decidendi che sorregge il provvedimento impugnato in punto di postergazione ex art. 2467 cod. civ., la cui disciplina non è stata ritenuta applicabile dal Tribunale per la mancata dimostrazione di uno stato di squilibrio patrimoniale al momento della maturazione dei crediti insinuati al passivo.
Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso principale.
Dalla inammissibilità del ricorso principale discende l’inefficacia ex art. 334, comma 2, cod. proc. civ. del ricorso incidentale, in quanto tardivamente proposto, in ragione del fatto che lo stesso risulta notificato solo in data 2.11.2022, oltre il termine perentorio di trenta giorni prescritto dallo stesso art. 99, comma 12, l.fall. per la proposizione del ricorso per cassazione, termine decorrente dalla comunicazione alle parti del decreto impugnato, qui intervenuta in data 28.7.2022.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sul punto, giova infatti ricordare che, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale tardivo è – come già sopra osservato – inefficace ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale, e dunque l’applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 33733 del 04/12/2023).
Sussistono inoltre i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace l’ incidentale; condanna la parte ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 25.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 10.12.2024