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Prescrizione contributi INPS: la Cassazione decide

Un professionista ha impugnato un avviso di accertamento dell’ente previdenziale per contributi della gestione separata relativi agli anni 2009 e 2010, sostenendo l’avvenuta prescrizione del credito. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24123/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che il termine di prescrizione non era decorso, poiché gli atti di richiesta di pagamento da parte dell’ente erano intervenuti tempestivamente, considerando anche i differimenti delle scadenze di pagamento disposti da specifici DPCM. La Corte ha ritenuto irrilevanti le censure di omessa pronuncia, poiché la questione della prescrizione contributi INPS era infondata nel merito.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Contributi INPS: L’Ordinanza della Cassazione sul Termine

La questione della prescrizione contributi INPS è un tema di cruciale importanza per professionisti e lavoratori autonomi, poiché determina il limite temporale entro cui l’ente previdenziale può legittimamente richiedere il pagamento di somme dovute. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 24123/2024) ha offerto chiarimenti fondamentali su come calcolare tale termine, in particolare quando intervengono atti interruttivi e proroghe normative. Analizziamo insieme questo caso per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Controversia sui Contributi Previdenziali

La vicenda ha origine dall’impugnazione, da parte di un avvocato, di un avviso di accertamento emesso dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. L’ente richiedeva il pagamento di contributi previdenziali per la Gestione Separata relativi agli anni 2009 e 2010, oltre a interessi e sanzioni.

Il professionista si opponeva alla richiesta, sostenendo principalmente che il diritto dell’ente a riscuotere tali somme si fosse estinto per prescrizione. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione all’ente previdenziale, confermando l’obbligo di pagamento. Secondo i giudici di secondo grado, la prescrizione non si era compiuta, sia per una proroga dei termini di pagamento sia per la sospensione legata al presunto doloso occultamento del debito da parte del professionista, che non aveva compilato il quadro RR della dichiarazione dei redditi. Contro questa decisione, il professionista ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la questione della Prescrizione Contributi INPS

Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre motivi principali:
1. Omessa pronuncia: La Corte d’Appello non si sarebbe espressa specificamente sulla prescrizione relativa ai contributi dell’anno 2009.
2. Difetto di motivazione: La sentenza impugnata sarebbe stata nulla per mancanza di una motivazione adeguata riguardo ai contributi del 2009.
3. Violazione delle norme sulla prescrizione: Il professionista contestava che la mancata compilazione del quadro RR potesse configurare un “doloso occultamento del debito”, tale da sospendere il decorso della prescrizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato congiuntamente i primi due motivi, ritenendoli connessi, e li ha dichiarati inammissibili. Il ragionamento dei giudici si è concentrato su un punto dirimente: il calcolo effettivo del termine di prescrizione. La Corte ha evidenziato che, per legge, i termini per il pagamento dei contributi erano stati differiti da specifici decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM).

Nello specifico:
– Per i contributi del 2009, la scadenza del pagamento era stata posticipata al 6 luglio 2010.
– Per i contributi del 2010, la scadenza era stata spostata al 6 luglio 2011.

L’ente previdenziale aveva inviato le richieste di pagamento (atti idonei a interrompere la prescrizione) il 11 giugno 2015 (per il 2009) e il 22 giugno 2016 (per il 2010). Considerando che il termine di prescrizione per i contributi è di cinque anni, e che tale termine inizia a decorrere dalla scadenza del pagamento, entrambe le richieste erano state inviate prima che la prescrizione si compisse.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che il diritto dell’ente non si era estinto. Poiché la pretesa del professionista sulla prescrizione contributi INPS era infondata nel merito, le sue censure sulla presunta omissione di pronuncia da parte della Corte d’Appello sono state giudicate “non decisive”. In altre parole, anche se la Corte d’Appello avesse argomentato in modo più dettagliato, l’esito non sarebbe cambiato. Il terzo motivo, relativo al doloso occultamento, è stato di conseguenza assorbito, in quanto non più rilevante ai fini della decisione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per verificare se la prescrizione contributi INPS si è compiuta, è essenziale individuare con precisione il dies a quo, ovvero il giorno da cui il termine inizia a decorrere. Questo giorno coincide con la scadenza legale per il pagamento, che può essere modificata da provvedimenti normativi come i DPCM.

Inoltre, la decisione sottolinea che qualsiasi atto formale di richiesta di pagamento da parte dell’ente, se inviato prima della scadenza del quinquennio, interrompe la prescrizione e fa ripartire il conteggio da capo. Infine, la pronuncia chiarisce un aspetto processuale importante: un vizio di motivazione di una sentenza può essere superato se, alla prova dei fatti, la pretesa dell’appellante è comunque infondata, rendendo il ricorso in Cassazione inammissibile per mancanza di decisività.

Quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per i contributi dovuti alla Gestione Separata INPS?
Il termine di prescrizione, di norma quinquennale, inizia a decorrere dalla data di scadenza prevista per il pagamento dei contributi. Questa data può essere soggetta a differimenti stabiliti da specifici provvedimenti normativi, come i DPCM, che di fatto posticipano l’inizio del conteggio.

Quali atti interrompono la prescrizione dei contributi INPS?
La prescrizione viene interrotta da qualsiasi atto con cui il creditore (in questo caso l’INPS) costituisce in mora il debitore. Nel caso analizzato, gli avvisi di accertamento inviati dall’ente al professionista sono stati considerati atti idonei a interrompere tempestivamente il decorso del termine.

Un’omissione nella motivazione di una sentenza d’appello garantisce l’ammissibilità del ricorso in Cassazione?
No. Secondo la Corte, anche in presenza di una potenziale omissione nella motivazione, il ricorso è inammissibile se i motivi sollevati non sono “decisivi”. Ciò significa che se, nel merito, la pretesa del ricorrente è infondata (come in questo caso, dove la prescrizione non era maturata), il vizio formale della sentenza precedente diventa irrilevante ai fini della decisione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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