Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20176 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 20176 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16463/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE.R.A. –RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE, COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 49/2024 depositata il 10/01/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il P.G. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso e l’avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato in data 8/06/2018, l’Immobiliare Riviera D’Arno (d’ora in poi solo I.R.A.) in liquidazione ed in concordato preventivo ha adito il Tribunale di Firenze affinchè fosse accertata e dichiarata l’intervenuta prescrizione dei diritti di credito già individuati nella proposta concordataria e vantati dai rispettivi creditori.
Il Tribunale di Firenze ha rigettato il ricorso.
La Corte d’Appello di Firenze, condividendo l’impostazione del primo giudice, ha evidenziato che ciò che osta all’accertamento della prescrizione è la regola stabilita dall’art. 2935 c.c., che ne condiziona il ricorso alla possibilità di far valere il diritto.
Il giudice d’appello, nel suo percorso motivazionale, ha richiamato integralmente le argomentazioni e le conclusioni della recente sentenza di questa Corte n. 35960/2022, che ha affermato che la prescrizione del credito che risulti essere anteriore al decreto di apertura della procedura (secondo la legge vigente r atione temporis ) non decorra fintanto che, divenuto definitivo il decreto di omologazione del concordato, la condizione di temporanea inesigibilità del medesimo venga meno: il che accade con la predisposizione, da parte del liquidatore, del riparto che contempli tale credito.
La Corte territoriale ha, infine, osservato che sarebbe incongruo far decorre la prescrizione a danno dei creditori nel periodo in cui il professionista nominato dal Tribunale (liquidatore) proceda doverosamente a soddisfare nei tempi e nei limiti previsti dalla procedura concorsuale le loro spettanze.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’l.R.A., affidandolo ad un unico articolato motivo.
L’I.R.A. ha depositato altresì la memoria ex art. 378 c.p.c..
Gli intimati non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ stata dedotta la violazione degli artt. 168, 184 L.F., 2935 c.c.. La ricorrente critica la decisione con cui il giudice d’appello ha ritenuto che l’effetto dirompente della generalizzata interruzione della prescrizione per tutti i crediti anteriori al concordato e per tutta la durata del concordato stesso (sino al piano di riparto) dovrebbe essere rinvenuto, in aperto contrasto con la ultradecennale interpretazione di questa Corte, in una norma, quale l’art. 184 L.F. con la quale si è, invece, inteso esclusivamente disciplinare l’obbligatorietà degli effetti modificativi del concordato preventivo nei confronti di tutti i creditori anteriori.
Ad avviso della ricorrente, mai si è dubitato, anche per l’assenza nel concordato preventivo di una fase di accertamento endoprocedimentale dei crediti, che i creditori contestati e pretermessi e, più in generale, i creditori non muniti di titolo esecutivo già formato possano promuovere davanti al giudice ordinario giudizi di cognizione tesi all’accertamento dei propri crediti e all’eventuale condanna del debitore al relativo pagamento, seppure con le falcidie concordatarie.
Inoltre, la mancanza di un procedimento di verifica dei crediti in sede concordataria impedisce che la prescrizione sia interrotta per tutta la durata della procedura di concordato preventivo, come accade nel fallimento.
Infine, la ricorrente, pur dando atto che l’art. 184 L.F. sancisce la generale obbligatorietà del vincolo concordatario per tutti i creditori anteriori, e detta obbligatorietà opera con riferimento agli effetti remissori e dilatori e alla modalità di soddisfazione del credito, afferma che da tale norma non si si possa far discendere una disciplina estranea al dettato della legge e in contrasto con quanto previsto espressamente in tema di prescrizione dall’art. 168 L.F..
In particolare, il chiaro tenore di tale ultima norma, che prevede la sospensione della prescrizione per i soli creditori che hanno già iniziato ad agire esecutivamente e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologa, perderebbe ogni significato, se si volesse aderire alla tesi in forza della quale la prescrizione rimane sospesa per tutti i creditori e addirittura sino al riparto. Se ne deve, pertanto, ricavare, alla luce anche della esigenza di una certezza del diritto, che la vincolatività del patto concordatario, che esprime i suoi effetti remissori e dilatori, non si riflette affatto sulla sospensione della prescrizione (disciplinata espressamente, nei suoi specifici termini anche temporali, dall’art. 168 L.F.), prescrizione che continua a decorrere anche per assicurare una definitiva certezza e stabilità nell’ambito di procedure che durano addirittura per diversi lustri.
2. Il ricorso è infondato.
Ritiene questo Collegio che nella disciplina del decorso della prescrizione dei crediti anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato, in base all’originaria versione dell’art. 184 L.F., applicabile, nel caso di specie, ratione temporis (l’attuale, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 83/2012, convertito con modificazioni nella L. 134/2012, prevede come scansione temporale la pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso ex art. 161 L.F.), occorre nettamente distinguere tra la fase anteomologa e quella post-omologa.
Con riferimento alla fase che ha inizio con l’apertura della procedura, la prescrizione continua a decorrere per i crediti anteriori già scaduti, e quindi esigibili, ed inizia a decorrere, a norma del combinato disposto degli artt. 55 e 169 L.F., per quei crediti che, ante procedura, non erano ancora scaduti.
Va osservato che non incide sul corso della prescrizione dei crediti anteriori al concordato il divieto, imposto ai creditori anteriori dall’art. 168 comma 1° L.F., di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore. Tale divieto esiste anche nella procedura fallimentare ed è previsto dall’art. 51 L.F., ma non incide sulla prescrizione, tanto è vero che, a norma dell’art. 94 L.F., l’effetto interruttivo della prescrizione è collegato solo alla presentazione della domanda di ammissione al passivo del fallimento, che produce gli effetti della domanda giudiziale a norma degli artt. 2943 e 2945 c.c.
Non influisce sul corso della prescrizione neppure il disposto dell’art. 168 comma 2° L.F. secondo cui ‘le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese’.
Questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. Cass. n. 20889/2019; Cass. 34437/2021) che il legislatore, con l’art. 168 comma 2° legge fall., ha inteso introdurre nella legge fallimentare, per le azioni esecutive e cautelari già intraprese al momento della pubblicazione della domanda di concordato, una deroga alla disciplina generale prevista dall’art. 2943 cod. civ., collegando alle stesse azioni non già il normale l’effetto interruttivo disciplinato dalla norma codicistica, bensì quello di sospensione della prescrizione dei crediti azionati dai loro titolari.
Ne consegue che non è in alcun modo ipotizzabile alcuna sospensione generalizzata della prescrizione dei diritti di natura patrimoniale spettanti a tutti i creditori concordatari. Pertanto, nel caso in cui al momento dell’apertura del concordato colui che invoca l’effetto sospensivo della prescrizione ex art. 168 comma 2°
legge fall. non abbia proposto alcuna azione esecutiva (o cautelare) sul patrimonio della debitrice, costui non potrà giovarsi dell’istituto della sospensione della prescrizione.
Dunque, nella fase ante-omologa, non si verifica alcuna interruzione o sospensione (se non nel circoscritto caso di cui all’art. 168 comma 2° L.F.) della prescrizione dei crediti anteriori al concordato e l’ammissione del debitore alla predetta procedura non costituisce un impedimento giuridico per il creditore a far valere il proprio diritto, non essendovi alcun ostacolo a formulare nei confronti della debitrice in concordato istanze, solleciti ed atti cautelativi di costituzione in mora.
Per quanto concerne il periodo post-omologa, deve distinguersi il concordato con cessione dei beni dal concordato ordinario.
Con riferimento al primo istituto, i creditori hanno diritto di essere pagati secondo modalità e tempi del piano di riparto predisposti dal liquidatore, dopo che il piano diventa esecutivo.
Nel concordato ordinario, i crediti vanno soddisfatti in base all’analitica indicazione – necessaria come elemento di specificità del piano anche ai fini del giudizio di fattibilità giuridica – di modalità e tempi di adempimento contenuti nella proposta, ex art. 161/e, che devono essere ragionevolmente contenuti (cfr. Cass. n. 21175/2018, vedi recentemente, Cass. n. 9453/2025).
In tutti i casi, l’obbligatorietà del concordato nei confronti dei creditori anteriori, a norma dell’art. 184 L.F., vincola questi ultimi al rispetto delle modalità e termini rispettivamente previsti nel piano di riparto o nella proposta, non potendo prima della scadenza di tali termini essere preteso il pagamento dei rispettivi crediti. Deve, pertanto, darsi continuità all’orientamento recentemente espresso da questa Corte con la sentenza n. 35960/2022, la quale ha attribuito rilevanza centrale, nella disciplina della prescrizione dei crediti preesistenti al concordato, all’art. 184 L.F., che sancisce il principio dell’obbligatorietà del concordato omologato nei
confronti di tutti i creditori anteriori. Nella predetta sentenza è stato evidenziato che tra gli effetti del concordato omologato ‘ rientra senz’altro quello che incide in senso dilatorio sul soddisfacimento della pretesa, rendendo temporaneamente inesigibile un credito non soggetto, in precedenza, a condizione o a termine. Come è stato sottolineato da questa Corte, l’art. 184 cit., nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l’ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema (Cass. 12 gennaio 2007, n. 578)’.
L’omologa del concordato determina, ex art. 184 L.F, una modifica ex lege del regime giuridico dei crediti anteriori alla procedura (il cui soddisfacimento è soggetto al rispetto delle modalità e dei tempi previsti nel piano di riparto e nella proposta) dando luogo ad un una situazione di temporanea inesigibilità di tali crediti che è pienamente assimilabile a quella che le parti possono convenzionalmente stabilire con la pattuizione di un pactum de non petendo.
Né la circostanza che anche durante la fase post omologa del concordato i creditori anteriori possano promuovere davanti al giudice ordinario giudizi di cognizione tesi all’accertamento dei propri crediti, ove contestati nel quantum, incide sul profilo di inesigibilità del loro credito, atteso il vincolo al rispetto delle modalità e dei tempi previsti nella proposta concordataria o nei piani di riparto.
Ciò equivale a dire che l’intervenuta omologazione del concordato preventivo proprio perché determina un mutamento del regime di esigibilità dei singoli crediti (in conseguenza della rimodulazione dei termini stabiliti per il loro pagamento) introduce una causa giuridica ostativa all’esercizio del diritto, che incide sulla disciplina della prescrizione dei crediti medesimi, implicando, in particolare, la sospensione del corso della prescrizione.
Questa Corte ha, in proposito, più volte affermato (cfr. Cass. n. 1947/2018; Cass. n. 1200/2022) il principio secondo cui ‘Nel caso in cui il termine di adempimento dell’obbligazione sia stabilito, per esplicita volontà delle parti o per presunzione legale ex art. 1184 c.c., a favore del debitore, la prescrizione estintiva del diritto di credito comincia a decorrere solo dopo la scadenza del termine, in quanto, precedentemente, il creditore non può esigere la prestazione dovuta’.
Ne consegue che, con riferimento al caso di specie, solo la scadenza del termine di adempimento previsto nella proposta o nel piano di riparto, facendo venir meno la situazione di temporanea inesigibilità del credito, ridetermina la decorrenza della prescrizione, perché solo in quel momento il diritto può essere fatto valere, ai sensi dell’art. 2935 c.c.
Non è ostativa all’applicazione di tale norma la circostanza che la stessa, apparentemente, disciplini una prescrizione che ‘ comincia a decorrere ‘. Questo Collegio condivide l’opinione espressa nella citata Cass. n. 35960/2022, secondo cui la norma in oggetto prende in considerazione non solo gli ostacoli che si frappongono ab initio all’esercizio del diritto, ma anche quelli che intervengono quando la prescrizione abbia già iniziato a decorrere.
Classico esempio di ostacolo giuridico all’esercizio del diritto che sopravviene quando la prescrizione ha già cominciato a decorrere è dato dal pactum de non petendo .
Si tratta di un negozio che interviene in un momento successivo all’instaurazione del rapporto contrattuale, che pur non dando luogo alla novazione dell’obbligazione originaria (trattandosi di modifica accessoria, ai sensi dell’art. 1231 c.c.), incide in modo sostanziale, per effetto della rimodulazione del termine di adempimento, sull’esigibilità del credito. Le parti, in sostanza, determinano (in tal caso convenzionalmente) una situazione di
inesigibilità del credito attraverso la pattuizione di un termine prima della scadenza del quale la pretesa non può essere azionata. Giova dire che questa Corte ha affermato (cfr. Cass. n. 10887/1995 ; vedi anche Cass. n. 1776/1979 e Cass. n. 8606/2006) che ” Il pactum de non petendo non integra violazione del divieto di deroga convenzionale del regime legale della prescrizione, fissato dall’art. 2936 cod. civ., in quanto incide sostanzialmente sulla stessa azionabilità della pretesa, per cui la prescrizione inizia a decorrere dalla scadenza del termine fissato con il patto stesso’.
In sostanza, può considerarsi orientamento diffuso che, in presenza di un ostacolo giuridico all’esercizio del diritto, quale il pactum de non petendo concluso tra creditore e debitore, la prescrizione ‘comincia a decorrere’ allo scadere del termine fissato col patto stesso, il che vuol dire che per un termine che aveva già iniziato a decorrere prima dell’intervento di tale patto la situazione di temporanea inesigibilità del credito provocata dallo stesso patto determina una parentesi nella decorrenza della prescrizione, e quindi una sospensione.
Essendo la situazione temporanea di inesigibilità del credito che le parti possono stabilire con la pattuizione di un pactum de non petendo pienamente assimilabile a quella determinata dall’intervenuta omologa del concordato (in virtù questa volta della vincolatività del concordato nei confronti di tutti i creditori, a norma dell’art. 184 L.F.), possono qui estendersi le conclusioni sopra illustrate, in tema di decorso della prescrizione, compresa quella per cui non vi è una violazione del divieto di deroga convenzionale del regime legale della prescrizione, previsto dall’art. 1936 c.c. Tale rilievo consente di confutare pure l’obiezione svolta da una parte della dottrina secondo cui, con l’interpretazione affermata dalla sentenza di questa Corte n. 35960/2022, verrebbe a configurarsi arbitrariamente una causa di sospensione della
prescrizione non codificata, in assenza dei presupposti previsti dagli artt. 2941 e 2942 c.c. (che tengono conto, rispettivamente, dei rapporti tra le parti e della condizione del titolare), e, come tale, inapplicabile al concordato preventivo (vedi pagg. 11 e 22 del ricorso). La critica della ricorrente non considera che, nella fase post-omologa del concordato, la sospensione della prescrizione non è che l’effetto legale della situazione di inesigibilità del credito -vincolante ex art. 184 L.F. nei confronti di tutti creditori anteriori determinata dall’apposizione di nuovi tempi di pagamento previsti nella proposta concordataria o nei piani di riparto, che rimane operante fino alla scadenza di tali termini allorché il credito torna ad essere esigibile.
Va dunque confermato, nelle sue linee fondamentali, l’orientamento espresso dalla recente, sopra citata, pronuncia di questa Corte, la quale si è posta nella prospettiva fisiologica che la fase post omologa del concordato approdi al riparto dei crediti. In tale eventualità, il singolo creditore dovrà rispettare i tempi legati alla liquidazione dell’attivo, senza poter pretendere in alcun modo il soddisfacimento immediato del proprio credito, seppur nella parte falcidiata a seguito dell’omologa del concordato.
5. Ove, invece, emerga con evidenza che le modalità satisfattive contemplate nel piano omologato sono inattuabili, di talché lo stato di insolvenza persiste nonostante la ristrutturazione del debito attuata con l’omologa del concordato, il singolo creditore può, del resto, agire per la risoluzione del concordato, facendo così valere il proprio diritto a norma dell’art. 2935 c.c., e pure, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. la sentenza n. 4696/2022), presentare, anche a prescindere dall’iniziativa di risoluzione del concordato, e quindi ‘omisso medio’, un’istanza di fallimento o anche promuovere un’azione esecutiva individuale. Tale iniziativa può essere intrapresa al ricorrere delle sopra evidenziate condizioni ostative all’esecuzione del concordato, così come
approvato ed omologato, e non per il solo fatto che dopo l’omologa del concordato è venuto meno, sotto il profilo processuale, il divieto imposto dall’art. 168 L.F. ai creditori di promuovere azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore.
Si tratta di una conseguenza insita in quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza sopra citata: ‘ E’ pur vero che l’omologa fa cessare il vincolo processuale all’azione esecutiva individuale fermo però restando il limite sostanziale derivante dall’esdebitazione e dall’obbligatorietà dell’accordo per tutti i creditori anteriori’ .
Dunque, i creditori anteriori sono legittimati a promuovere azioni esecutive individuali o presentare istanze di fallimento nella fase post-omologa solo quando, scaduti i termini indicati nella proposta per il soddisfacimento dei singoli crediti, si apprezzi, come ‘fatto sopravvenuto’ autonomamente rilevante, l’insolvenza derivante dalla mancata esecuzione dell’accordo concordatario e del mancato pagamento dei crediti, seppur nella misura falcidiata.
Deve quindi essere enunciato il seguente principio di diritto:
‘L’omologa del concordato, vincolando, a norma dell’art. 184 L.F., tutti i creditori anteriori all’osservanza dei nuovi termini di adempimento previsti nella proposta concordataria o nei piani di riparto, dà luogo ad una situazione di temporanea inesigibilità dei relativi crediti ed integra una causa giuridica ostativa all’ulteriore decorso della prescrizione, segnatamente, una causa di sospensione, che viene meno solo con la scadenza dei predetti termini; resta ferma, in vero, la possibilità del creditore di tutelare la propria posizione giuridica anche prima della scadenza dei termini, ove si manifesti con evidenza che le modalità satisfattive contemplate nel piano omologato sono inattuabili’.
Non si liquidano le spese di lite, non essendosi gli intimati costituiti in giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 12.6.2025