Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14147 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14147 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3420/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dal l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dal l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO REGGIO CALABRIA n. 521/2022 depositata il 29/6/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/2/2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
FATTI DI CAUSA
Per quanto qui interessa, NOME COGNOME conveniva davanti al Tribunale di Locri – sezione di Siderno NOME COGNOME perché, accertata la sua responsabilità quale progettista e direttore dei lavori nella costruzione di un immobile attoreo, fosse condannato a risarcirle i danni.
Espletata consulenza tecnica d’ufficio ed escussi testimoni, nonché prodotti documenti da entrambe le parti, il Tribunale con sentenza n. 674/2015 rigettava, riconducendo la domanda all’articolo 1669 c.c. e dichiarandola prescritta dato che, avendo la NOME presentato denuncia/querela per cui si era avviato un procedimento penale nel cui ambito il 26 novembre 2002 era stata depositata consulenza tecnica, la COGNOME stessa aveva in tale data appreso la gravità dei vizi; in seguito, l’8 aprile 2003 e il 20 giugno 2003 ella aveva inviato a controparte lettere per chiedere il risarcimento dei danni, e alla notifica dell’atto di citazione di primo grado, cioè il 12 maggio 2005, era già decorso un anno dall’ultima lettera. Il Tribunale considerava anche l’ipotesi dell’articolo 2043 c.c., disattendendo pure quest’ultima domanda.
La COGNOME si appellava e controparte resisteva. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 521/2022, rigettava il gravame.
La COGNOME ha presentato ricorso, composto di tre motivi e illustrato anche con memoria. Si è difeso con controricorso il Macry Correale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione degli articoli 112 e 113 c.p.c. per omesso esame di fatto discusso e decisivo, nonché per
violazione del potere-dovere di qualificazione giuridica della domanda, violazione del principio di corrispondenza chiesto/pronunciato, omessa valutazione delle risultanze processuali del giudizio di primo grado specificamente richiamate in atto d’appello.
1.1 La Corte territoriale non avrebbe valutato le conclusioni della citazione di primo grado con cui la COGNOME avrebbe proposto domanda di dichiarazione della responsabilità del convenuto quale progettista e direttore dei lavori nella determinazione dei danni all’immobile. Si osserva che la sentenza di secondo grado costituisce una ‘mera riproposizione delle argomentazioni’ della sentenza del primo, ‘con qualche accenno di richiamo’ alle censure d’appello, senza però considerarle. Si sarebbe violato il principio di diritto per cui ‘il giudice ha potere -dovere di qualificare giuridicamente i fatti’ su cui si fondano domande o eccezioni ‘e di individuare le norme’ applicabili, e pertanto non si sarebbe rispettato l’articolo 112 c.p.c.; d’altronde, ‘non sono state indicate le ragioni’ per ‘disattendere le valutazioni e le conclusioni racchiuse nell’atto introduttivo, nelle dichiarazioni testimoniali, nella prova documentale … ed, infine, nella relazione peritale’.
Si riporta il passo seguente del giudice d’appello: ‘COGNOME, costituito tempestivamente …, eccepiva … la prescrizione di ogni eventuale diritto e di ogni eventuale azione dell’attrice … essendo ampiamente decorso ogni termine legale e giudiziale … essendosi il fatto per cui è causa verificato nel lontano 1989, mentre la prima lettera di richiesta di risarcimento del danno risale al 08. 04. 2003. Quindi è evidente ed inequivocabile la manifestazione di volontà di resistere all’avversa domanda, eccependo il decorso del tempo al fine di ottenerne il rigetto’. Sostiene la ricorrente che ‘mal si comprende come la decisione … abbia potuto accogliere l’eccepita decadenza tra l’altro tardivamente formulata’; e ‘l’eccezione di decadenza è un’eccezione in senso stretto che … deve essere
puntualmente e dettagliatamente sollevata dalla parte … entro determinati limiti temporali’, per cui sarebbe insufficiente ‘un richiamo generico all’inutile decorso del tempo’.
1.2 Si tratta di riferimento ad eccezione di prescrizione, per proporre validamente la quale è sufficiente allegare il fatto costitutivo, cioè l’inerzia del titolare del diritto prescritto, non occorrendo introdurre ulteriori specifici dati -cfr. Cass. ord. 30303/2021, Cass. ord.21357/2020, Cass. 15631/2016, Cass. 6459/2009, Cass. 11843/2007, S.U. 10955/2002 -, trattandosi a questo punto di questioni di diritto per le quali il giudice non è vincolato alle deduzioni di parte (v. pure Cass. 1064/2014).
Il motivo, dunque, fondandosi su una pretesa invalida proposizione dell’eccezione, risulta infondato (per di più -si nota ad abundantiam -nulla dice la ricorrente sull’avere eventualmente patito impossibilità di esercitare il contraddittorio su questa eccezione).
Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 113, 132 c.p.c., 1669 e 2043 c.c., nonché motivazione insufficiente e contraddittoria quanto all’affermata prescrizione dell’azione del risarcimento del danno di cui all’articolo 2043 c.c.
2.1 Si argomenta sul rapporto tra l’articolo 1669 e l’articolo 2043, invocando S.U. 2284/2014 per cui l’articolo 1669 c.c. costituisce norma speciale rispetto all’articolo 2043 c.c., e imputando al giudice d’appello una motivazione che ‘difetta dei requisiti di illogicità e completezza’. Si torna poi alla questione della prescrizione, qui in relazione all’articolo 2043 c.c. perché proponibile quando ‘non sussistano le condizioni previste dall’art. 1669 c.c.’, e si sostiene che il dies a quo della prescrizione per la fattispecie dell’articolo 2043 c.c. ‘decorre dal momento di effettiva conoscenza dell’evento dannoso da parte del danneggiato’: e questo sarebbe avvenuto ‘solo in conseguenza dell’espletamento
della CTU in sede penale datata 26. 11. 2002’. Sarebbe pertanto illogica la non applicazione dell’articolo 2043 c.c. per intervenuta prescrizione, come invece ritenuto dal giudice d’appello.
2.2. Il giudice d’appello applica l’articolo 1669 c.c. ed esclude la possibilità di un ‘ritorno’ dell’articolo 2043 c.c.: infatti, nel paragrafo 3, dichiara -condivisibilmente che l’articolo 2043 ‘trova generale applicazione in tutti i casi in cui non sussistono i presupposti e le condizioni per l’applicazione della disciplina speciale di cui all’art. 1669 c.c.; e non quando quest’ultima … temporalmente non risultasse più applicabile, pur essendone a suo tempo sussistiti i presupposti e le condizioni per l’applicazione della stessa’. Quindi le ulteriori argomentazioni del giudice d’appello sul dies a quo per la fattispecie dell’articolo 2043 c.c. il cui ambito è appunto limitato dalla suddetta norma speciale: cfr. S.U. 2284/2014 nonché, da ultimo, Cass. 31301/2023 e Cass. 27385/27385 – sono offerte, evidentemente, ad abundantiam .
Il motivo risulta pertanto infondato.
Il terzo motivo viene così rubricato: ‘Nullità ex art. 360 c.p.c., comma 1 n.4’.
3.1 La nullità ricorrerebbe per la condanna alle spese di lite e all’ulteriore contributo unificato, perché si ‘sarebbe dovuto addivenire alla decisione di compensare’ ed è ‘assolutamente ingiusta la condanna’ all’ulteriore contributo unificato.
3.2 Si tratta di un motivo manifestamente infondato, considerato il criterio della soccombenza, la compensazione essendo oggetto di decisione discrezionale da espletare alla luce dei canoni di cui all’articolo 92 c.p.c.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012,
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 1.205,00, oltre a € 200 ,00 per gli esborsi e agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025