Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28249 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28249 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
R.G.N. 4768/23
C.C. 15/10/2025
Appalto -Mancata ultimazione -Termine fissato per la consegna -Decorrenza termine prescrizione
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 4768NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c. vigente ratione temporis , depositata il 4 novembre 2024, dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 61/2023, pubblicata il 23 gennaio 2023, notificata a mezzo PEC il 25 gennaio 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 ottobre 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dal ricorrente avverso la proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 21 febbraio 2012, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Salerno (Sezione distaccata di Eboli), NOME, quale titolare dell’omonima impresa individuale, chiedendo che il convenuto fosse condannato all’adempimento contrattuale ovvero, in subordine, al risarcimento dei danni, in ragione della mancata ultimazione dei lavori alla data stabilita del 12 dicembre 1997 e della mancata consegna, in relazione all’appalto concluso tra le parti il 28 novembre 1994, avente ad oggetto i lavori edilizi di ricostruzione -ai sensi della legge n. 219/1981 -dell’appartamento di proprietà dell’attore, nonostante questi avesse incassato il contributo di pertinenza destinato al suo appartamento per vecchie lire 135.319.080.
Si costituiva in giudizio NOME NOME, il quale concludeva per il rigetto della domanda avversaria, eccependo l’intervenuta
prescrizione ordinaria decennale della pretesa azionata, a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori fissata in contratto per il 12 dicembre 1997.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 476/2020, depositata il 4 febbraio 2020, notificata il 6 febbraio 2020, rigettava la domanda di adempimento o, in subordine, di risarcimento danni avanzata, per decorso del termine decennale di prescrizione dalla data fissata per l’ultimazione dell’opera del 12 dicembre 1997, come da eccezione prontamente sollevata dalla convenuta.
2. -Con atto di citazione notificato il 5 marzo 2020, COGNOME NOME proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erronea individuazione del termine di consegna dell’opera, che non sarebbe stato riferibile alla data del 12 dicembre 1997 contrattualmente pattuita, ma piuttosto al momento della redazione del verbale di consegna e di collaudo, in applicazione dell’art. 29 del capitolato generale di cui al d.P.R. n. 1062/1963, facente parte integrante del contratto di appalto ai sensi del richiamo di cui all’art. 2 del contratto, consegna e collaudo di fatto mai intervenuti; 2) l’omessa valutazione delle circostanze in fatto relative ai vizi della cosa, anche in relazione all’avanzata istanza di ammissione di consulenza tecnica d’ufficio.
Si costituiva nel giudizio di secondo grado NOME NOME, il quale instava per il rigetto del l’appello e per la conseguente conferma della pronuncia appellata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la circostanza che il contratto di appalto fosse stato concluso per l’esecuzione della ristrutturazione ai sensi della legge n. 219/1981 non determinava un mutamento della natura dello stesso, essendo diverso il piano delle verifiche pubbliche inerenti all’accertamento del diritto al contributo di ricostruzione da quello attinente alla disciplina del rapporto intercorso tra soggetti privati, in relazione al conferimento dell’incarico di ricostruzione; b ) che, nel caso di specie, avendo l’attore lamentato il mancato completamento dell’opera e il ritardo nella consegna, il termine di riferimento sarebbe stato quello pattuito nel contratto per la consegna del 12 dicembre 1997, poiché da tale momento l’appaltante doveva ritenersi nella consapevolezza del ritardo e del conseguente inadempimento che avrebbe potuto far valere nei confronti dell’appaltatore; c ) che, pertanto, non potendosi invocare la disciplina speciale della garanzia per i vizi dell’appalto, il termine prescrizionale decorreva dall’anno 1997, con la conseguenza che l’azione promossa nell’anno 2012 era prescritta, poiché il primo atto interruttivo risaliva solo all’anno 2010; d ) che, invero, in caso di mancata esecuzione dell’opera, la disciplina applicabile ricadeva sotto l’art. 1453 c.c. e non anche in quella prevista dall’art. 1667 e ss. c.c., con la conseguente prescrizione decennale.
3. -Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME NOME.
Ha resistito, con controricorso, l’intimato NOME.
4. -All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio del 20 settembre 2024, depositata il 24 settembre 2024,
comunicata il 24 settembre 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 4 novembre 2024, COGNOME COGNOME ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5. -Lo stesso ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo articolato il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dei canoni legali di interpretazione delle clausole contrattuali ex artt. 1362 e ss. c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la prescrizione ordinaria decennale cominciasse a decorrere dalla data fissata nel contratto per l’ultimazione dei lavori, benché non vi fosse mai stato un verbale di consegna, così come prescritto dal richiamato capitolato generale, il cui art. 29 disponeva che l’appaltatore deve ultimare i lavori nel termine stabilito nel contratto, termine però decorrente dalla data del verbale di consegna.
Obietta l’istante che, per converso, la sentenza impugnata avrebbe reso un’interpretazione atomistica in relazione alla previsione contrattuale di cui all’art. 5 del contratto, a tenore del quale i lavori a seguito del verbale di consegna dovevano essere ultimati entro il 12 dicembre 1997, decorrendo, in caso di ritardo, una penale giornaliera di vecchie lire 100.000, senza collegare tale previsione al resto delle dichiarazioni o clausole negoziali contenute nell’appalto.
2. -Con il secondo motivo svolto il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione, in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111, sesto comma, Cost., per avere la Corte territoriale escluso che l’esecuzione della ristrutturazione, ai sensi della legge n. 219/1981, determinasse un mutamento della natura del contratto, essendo diverso il piano delle verifiche pubbliche inerenti all’accertamento del diritto al contributo di ricostruzione dal piano attinente alla disciplina del rapporto intercorso tra soggetti privati, in relazione al conferimento dell’incarico di ricostruzione, confermando, per l’effetto, che il termine di riferimento per la consegna restava fermo al 12 dicembre 1997.
Per tali ragioni il ricorrente osserva che la motivazione della sentenza di appello sarebbe stata meramente apparente.
3. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
Si premette che la responsabilità speciale per difformità o vizi nell’appalto, come disciplinata dal legislatore, non è invocabile ed è invocabile piuttosto la generale responsabilità per inadempimento contrattuale ex art. 1453 c.c. -nel caso di mancata ultimazione dei lavori, anche se l’opera, per la parte eseguita, risulti difforme o viziata, o di rifiuto della consegna o di ritardo nella consegna rispetto al termine pattuito.
E ciò in conformità a quanto rilevato dalla sentenza impugnata.
In base a tale ricostruzione, nel caso in cui l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commissionata, restando inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, mentre la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata portata a termine, ma presenti dei difetti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5771 del 04/03/2025; Sez. 2, Sentenza n. 421 del 08/01/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 7041 del 09/03/2023; Sez. 2, Sentenza n. 35520 del 02/12/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 4511 del 14/02/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 9198 del 13/04/2018; Sez. 2, Sentenza n. 1186 del 22/01/2015; Sez. 2, Sentenza n. 13983 del 24/06/2011; Sez. 3, Sentenza n. 8103 del 06/04/2006; Sez. 2, Sentenza n. 3302 del 15/02/2006; Sez. 2, Sentenza n. 9849 del 19/06/2003; Sez. 2, Sentenza n. 9863 del 27/07/2000; Sez. 3, Sentenza n. 14239 del 17/12/1999; Sez. 2, Sentenza n. 446 del 19/01/1999; Sez. 2, Sentenza n. 10255 del 16/10/1998; Sez. 2, Sentenza n. 7364 del 09/08/1996; Sez. 2, Sentenza n. 10772 del 16/10/1995; Sez. 2, Sentenza n. 11950 del 15/12/1990; Sez. 2, Sentenza n. 49 del 11/01/1988; Sez. 2, Sentenza n. 2573 del 12/04/1983).
Tanto premesso, nella fattispecie, non può essere accolta la tesi del ricorrente, secondo cui, in mancanza di un verbale di consegna, il termine di prescrizione per far valere la pretesa di adempimento o -in subordine -di risarcimento danni, in conseguenza di detto inadempimento, non sarebbe decorso dalla data fissata per l’ultimazione dell’opera, alla stregua del richiamo, nel contratto, alle norme sul capitolato generale.
Avverso l’accoglimento di tale conclusione si frappongono sia ragioni di ordine sistematico, sia ragioni di ordine logico.
3.1. -In primo luogo, un contratto di appalto concluso tra soggetti privati per il soddisfacimento di interessi privati non si trasforma in appalto pubblico -il quale postula che committente sia la pubblica amministrazione e che persegua interessi pubblici -solo perché i contraenti, facendo uso della loro autonomia negoziale, hanno inteso disciplinarlo mediante recepimento delle clausole contenute nel capitolato generale per l’appalto delle opere pubbliche, se e in quanto non in contrasto con le specifiche pattuizioni da loro formulate. Ne consegue che un siffatto contratto resta disciplinato dalle norme sull’appalto privato di cui all’art. 1655 e ss. c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5148 del 12/06/1987).
3.2. -In secondo luogo, in difetto dell’ultimazione dell’opera, non era esigibile che potesse essere redatto un verbale di consegna ex art. 1665 c.c.
Infatti, con argomentazioni congrue, è stato rilevato che, a fronte di un espresso patto fra committente ed appaltatore, in forza del quale la data della consegna dell’opera doveva identificarsi nel termine fissato per l’ultimazione dei lavori, il dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di adempimento e risarcimento danni doveva essere identificato -come, in effetti, è stato identificato nella sentenza impugnata -in base alla data stabilita per la suddetta ultimazione (in questo senso cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3464 del 19/05/1983).
Orbene, l’obbligazione dell’appaltatore di consegna dell’opera, quale atto materiale di traditio , è accessoria rispetto
all’obbligazione principale di esecuzione dell’opera e, quindi, presuppone fisiologicamente la sua ultimazione: l’obbligazione di eseguire l’opera è un’obbligazione di facere mentre l’obbligazione di consegna dell’opera eseguita è un’obbligazione di dare e segnatamente di tradere , cosicché la consegna è successiva all’accettazione dell’opera e postula la sua ultimazione, quale atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene ultimato in favore del committente.
Ne discende che, stante l’applicabilità della disciplina generale dei contratti, in caso di omessa ultimazione dei lavori entro il termine previsto dalle parti, il committente, ai sensi dell’art. 1453, primo comma, c.c., può chiederne il completamento ovvero rivendicare il risarcimento dei danni, indipendentemente dalla consegna.
Tutto questo implica che sin dalla scadenza del termine pattuito per l’ultimazione, senza che l’opera appaltata fosse stata effettivamente ultimata, il diritto rivolto a ottenere l’adempimento ovvero a pretenderne il risarcimento poteva essere fatto valere ai sensi dell’art. 2935 c.c., con il conseguente inizio da quel termine del decorso della prescrizione.
Nel caso di specie, invece, il primo atto interruttivo di essa risaliva all’anno 2010, a fronte della data di ultimazione pattuita per il 12 dicembre 1997, ed è perciò intervenuto oltre il termine decennale ordinario di prescrizione previsto dall’art. 2946 c.c. per l’azione esercitabile nella vicenda contrattuale in questione .
Pertanto, a fronte della ricostruzione effettuata dalla sentenza impugnata, per un verso, non si riscontra alcuna violazione dei canoni interpretativi letterali, logici e sistematici, e, per altro
verso, è dato comprendere le congrue argomentazioni che la supportano, che risultano -per quanto evidenziato – adottate in conformità ai principi giuridici applicabili in materia.
Quindi, non si rinviene nemmeno alcuna motivazione apparente.
-In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente sposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione a vantaggio del difensore del controricorrente, che ne ha fatto istanza, quale antistatario, ai sensi dell’art. 93 c.p.c.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata o accelerata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore del ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano direttamente in dispositivo.
La somma equitativamente determinata in favore del controricorrente non ricade nella distrazione ex art. 93 c.p.c., poiché non è riconducibile nel novero delle spese di lite, ma ha piuttosto funzione sanzionatoria per la temeraria opposizione spiegata, a fronte della manifesta infondatezza del ricorso declarata nella proposta.
Va osservato in proposito che, in effetti, l’abuso del processo, conseguente alla proposizione dell’opposizione, nuoce alla parte controricorrente e non al suo difensore, sicché la somma liquidata a tale titolo non può essere distratta in favore dell’antistatario.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge, con distrazione a vantaggio del difensore anticipatario, AVV_NOTAIO;
condanna altresì il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, della somma equitativamente determinata in euro 2.500,00 , ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della ulteriore somma di euro 1.500,00 , ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 15 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME