Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1594 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1594 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
R.G.N. 15073/21
C.C. 5/12/2024
ORDINANZA
Vendita -Costruttore -Risarcimento danni immobili di lunga durata -Prescrizione sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15073/2021) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
nonché
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo procuratore speciale NOME COGNOME in forza di procura per atto pubblico del 18 dicembre 2014, rep. n. 186.906, racc. n. 30.368, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO ha eletto domicilio;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 790/2021, pubblicata il 24 marzo 2021, notificata a mezzo PEC il 1° aprile 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -All’esito dell’espletamento del procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696bis c.p.c., con atto di citazione notificato il 17 gennaio 2012, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Padova, la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che, accertata l’esistenza dei vizi e difetti rilevati in sede di consulenza tecnica preventiva, fosse dichiarata la responsabilità della P.D.G. per i danni subiti dall’immobile di proprietà dell’attore e, per l’effetto, che la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni subiti e subendi in ordine al costo delle opere e degli interventi necessari per l’eliminazione di
detti vizi e difetti e delle spese sostenute per il procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causam .
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE la quale resisteva all’accoglimento delle domande avversarie, eccependo l’intervenuta decadenza e prescrizione dell’azione spiegata e argomentando, nel merito, circa l’infondatezza, in fatto e in diritto, della pretesa.
Si costituiva altresì in giudizio NOMECOGNOME nella qualità di direttore dei lavori, all’esito della chiamata in garanzia svolta dalla P.D.G., il quale concludeva per il rigetto della domanda principale e della chiamata in garanzia, in ragione del difetto di legittimazione attiva dell’attore, della decadenza e prescrizione sia del diritto azionato dall’acquirente, sia della garanzia spiegata dal costruttore-venditore e, nella denegata ipotesi di accoglimento, chiedeva di essere tenuta indenne e manlevata dalla propria compagnia assicurativa, di cui chiedeva l’autorizzazione alla chiamata in causa.
Si costituiva in giudizio anche la terza chiamata RAGIONE_SOCIALE la quale eccepiva l’inoperatività e/o l’inefficacia della copertura assicurativa e faceva propria l’eccezione di decadenza e prescrizione già proposta dalle altre parti.
Acquisita la consulenza tecnica d’ufficio svolta nel procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini di composizione della lite, era disposta l’ammissione di ulteriore consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2665/2016, depositata il 27 settembre 2016, accoglieva le domande proposte e, per l’effetto, condannava la P.D.G. 2000 S.r.l. al pagamento, in
favore di COGNOME NOMECOGNOME a titolo di risarcimento danni per i gravi difetti rilevati nell’edificio ex art. 1669 c.c., della somma di euro 13.723,20 (comprensiva delle spese relative allo svolto accertamento tecnico preventivo), oltre interessi legali, mentre rigettava le avanzate domande di garanzia.
In specie, la sentenza di primo grado rilevava che la conoscenza dei difetti era stata acquisita, nel caso di specie, solo attraverso l’indagine tecnica svolta in sede di istruzione preventiva.
2. -Con atto di citazione notificato il 31 ottobre 2016, la P.D.G. 2000 S.r.l. proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erronea esclusione dell’immediata percepibilità dei difetti e della loro derivazione causale, con la conseguente fondatezza delle eccezioni di decadenza e prescrizione; 2) l’insussistenza dei presupposti applicativi dell’art. 1669 c.c., poiché la gravità dei difetti avrebbe richiesto un’apprezzabile menomazione del normale godimento del bene, della sua funzionalità e abitabilità, nella fattispecie carente, con la conseguente applicazione della disciplina decadenziale e prescrizionale della vendita di cui all’art. 1495 c.c.; 3) l’erroneo rigetto della domanda di manleva verso il direttore dei lavori; 4) l’erronea disposizione della sua condanna alla refusione delle spese di lite in favore della Assicurazioni Generali S.p.A.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione COGNOME AlbertoCOGNOME il quale insisteva nel rigetto dell’appello proposto, anche in ragione della mancata contestazione di alcune delle argomentazioni su cui si basava la pronuncia impugnata.
Si costituiva altresì in sede di gravame COGNOME AlbertoCOGNOME il quale concludeva per il rigetto del gravame principale e, in via incidentale condizionata, chiedeva che fosse dichiarato il proprio difetto di legittimazione e che fosse accertata l’infondatezza della domanda di manleva proposta nei suoi riguardi dalla ditta costruttrice.
Si costituiva in appello anche la RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, la quale aderiva ai primi due motivi di appello proposti da P.D.G. e chiedeva, per il resto, il rigetto dell’appello principale, con la conseguente reiezione della domanda di garanzia proposta nei suoi confronti.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’impugnazione principale e, per l’effetto, in riforma della pronuncia impugnata, rigettava la domanda risarcitoria proposta da COGNOME NOME verso la RAGIONE_SOCIALE e condannava l’acquirente alla restituzione delle somme eventualmente versate dalla costruttrice-venditrice in esecuzione della sentenza di primo grado.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che i difetti rilevati attenevano: alle infiltrazioni d’acqua nei portici, nella cameretta e nel bagno grande, provenienti dal terrazzo; – alle infiltrazione d’acqua dalla rampa di accesso alle autorimesse, con conseguente sgretolamento del calcestruzzo; -all’erronea stesura dell’impermeabilizzazione dello scoperto (piazzale) costituente la copertura delle autorimesse, con conseguenti infiltrazioni e ristagno d’acqua; -all’inidoneità degli scarichi della cucina a far
defluire l’acqua sporca del lavello, con travasi d’acqua sporca provenienti anche dalla cucina del primo piano; – al mancato funzionamento degli sfiati e dell’aspirazione della cucina e del bagno, che non facevano uscire l’aria, con conseguente ristagno degli odori; b ) che tali vizi integravano la fattispecie dei gravi difetti ex art. 1669 c.c., in quanto consistevano in alterazioni che, in modo apprezzabile, riducevano il godimento dell’immobile nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura, afferendo appunto a questioni inerenti ad infiltrazioni e umidità, oltre che a problematiche relative agli scarichi e agli sfiati, che pregiudicavano in modo evidente l’uso della cameretta, del bagno grande, dell’altro bagno, della cucina, del portico, delle autorimesse e di altri locali; c ) che i vizi denunciati, proprio per le loro caratteristiche e per la loro natura (problemi infiltrativi e di umidità nonché di scarichi e di impermeabilizzazione), erano chiaramente desumibili ictu oculi nella loro evidenza, senza la necessità di appositi accertamenti peritali, mentre la sussistenza del rapporto causale con i lavori di costruzione dell’immobile a cura di P.D.G. 2000 era del tutto evidente, essendo stata addotta la particolarità o la complessità dell’attività costruttiva dell’immobile nonché allegati particolari interventi di terzi, sicché il rapporto causale con i lavori eseguiti, a prescindere dai superflui accertamenti peritali, avrebbe potuto essere così verificato direttamente dal compratore per la natura palese ed immediatamente percepibile delle problematiche, solo illustrate in sede peritale con l’indicazione del relativo valore di ripristino; d ) che lo stesso COGNOME, con lettera del 3 settembre
2009, aveva chiaramente ammesso di aver denunciato in precedenza -e quindi ‘negli ultimi mesi del 2008’ (come risultava anche dalla mail del 14 novembre 2008) -gli stessi vizi successivamente dedotti in giudizio, dimostrandone l’esatta conoscenza correlativamente alla loro visibilità; e ) che , per l’effetto, il termine di prescrizione decorreva dal 2008, sicché il ricorso per accertamento tecnico preventivo depositato il 19 agosto 2010, certamente dopo l’anno, era tardivo, con la conseguente prescrizione dell’azione, senza che la difesa del COGNOME avesse contro-dedotto alcunché di specifico sul punto.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME NOME
Hanno resistito, con separati controricorsi, gli intimati RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE
4. -Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e ‘mancata’ applicazione dell’art. 2943 c.c., in relazione all’art. 1669 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto maturata la prescrizione, benché avesse sostenuto che il termine annuale decorresse dagli ‘ultimi mesi del 2008’, periodo in cui il Peron aveva denunciato i vizi, senza tenere conto dell’efficacia interruttiva del termine prescrizionale riconducibile alla missiva del 3 settembre 2009, di reiterazione della denuncia dei vizi, missiva come richiamata dalla sentenza impugnata ed avente i requisiti soggettivi e oggettivi per produrre l’effetto interruttivo,
in quanto recante l’intimazione ad eliminare i vizi nonché l’avviso che, in difetto, l’intimante avrebbe agito in via giudiziale.
Osserva l’istante che il decorso del termine prescrizionale previsto dall’art. 1669, secondo comma, c.c. sarebbe stato interrotto non solo dalla proposizione della domanda giudiziale, ma altresì da qualsiasi atto stragiudiziale idoneo a costituire in mora il debitore.
Sicché, a fronte della collocazione temporale della denuncia al massimo al mese di ottobre 2008 (come desumibile dalla mail del 14 novembre 2008 inviata da P.D.G. al direttore dei lavori), la missiva del 3 settembre 2009 avrebbe senz’altro interrotto il termine annuale di prescrizione, con la tempestiva ulteriore interruzione determinata dal deposito del ricorso per A.T.P. in data 19 agosto 2010, senza considerare gli effetti interruttivi della missiva del 1° maggio 2010, con la conseguenza che l’azione giudiziale incardinata con citazione notificata il 17 gennaio 2012 sarebbe stata rispettosa di tale termine prescrizionale.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione alla motivazione apparente e contraddittoria adottata, per avere la Corte territoriale dichiarato la prescrizione dell’azione per decorso del termine annuale decorrente dalla data di denuncia dei vizi, genericamente collocata agli ‘ultimi mesi del 2008’, senza valorizzare la missiva, seppur richiamata, del 3 settembre 2009, la quale -ove fosse stata apprezzata e valorizzata, in relazione
alla sua idoneità a costituire un distinto atto di messa in mora -avrebbe avuto efficacia interruttiva della prescrizione.
Obietta l’istante che altrettanto incomprensibile sarebbe stata l’affermazione secondo cui la difesa del COGNOME non avrebbe contro-dedotto nulla di specifico sul punto, a fronte delle dettagliate contestazioni mosse avverso l’eccepita prescrizione.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione alla motivazione perplessa con riferimento alla percepibilità dei vizi, per avere la Corte distrettuale reputato che i difetti fossero immediatamente percepibili, senza necessità di approfondimenti peritali, anche in ordine al collegamento causale, laddove la natura dei difetti rilevati, anche in sede di accertamenti peritali, avrebbe escluso tale immediata percepibilità.
4. -É pregiudiziale, sul piano logico, lo scrutinio del terzo motivo.
Esso è infondato.
In ordine all’aspetto relativo all’immediata percepibilità dei difetti, la sentenza impugnata si è rifatta alle seguenti argomentazioni: A) le caratteristiche e la natura dei difetti (problemi infiltrativi e di umidità nonché di scarichi e di impermeabilizzazione) lasciavano presagire chiaramente la loro evidenza ictu oculi , senza la necessità di appositi accertamenti peritali; B) la sussistenza del rapporto causale con i lavori di costruzione dell’immobile, a cura di P.D.G. 2000, era del tutto evidente, essendo stata addotta la particolarità o la complessità dell’attività costruttiva dell’immobile nonché allegati particolari
interventi di terzi; C) la specifica denuncia dei difetti era stata inoltrata ‘negli ultimi mesi del 2008’ (come risultava anche dalla mail del 14 novembre 2008), così dimostrandone l’esatta conoscenza correlativamente alla loro visibilità; D) tale conoscenza era stata confermata con la successiva lettera del 3 settembre 2009, in cui era stata ammessa la precedente denuncia in ordine agli stessi vizi successivamente dedotti in giudizio.
Ne discende che, nella fattispecie, la Corte d’appello ha applicato correttamente il principio nomofilattico secondo cui, in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’art. 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause.
Con la conseguenza che qualora si tratti di un problema di immediata percezione, sia nella sua reale entità, che nelle sue possibili cause sin dal suo primo manifestarsi, il decorso di tale termine non è necessariamente né automaticamente postergato all’esito dei predetti approfondimenti tecnici (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 7444 del 20/03/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 24465 del 10/08/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 19343 del 16/06/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 33456 del 11/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 27693 del 29/10/2019; Sez. 3, Sentenza n. 9966 del 08/05/2014).
Infatti, è stato coerentemente, congruamente e logicamente rilevato -con accertamento insindacabile in questa sede -che, in ragione delle caratteristiche e della natura dei difetti nonché alla luce delle precise denunce inoltrate, non vi erano difficoltà nell’individuazione delle cause dei difetti palesi lamentati, sicché il termine di prescrizione avrebbe potuto decorrere sin dalla prima denuncia.
-Passando alla disamina dei residui due motivi -che possono essere affrontati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -, essi sono fondati.
5.1. -In premessa è necessario precisare che, in tema di appalto per la realizzazione di edifici o altri immobili destinati per loro natura a lunga durata, il termine annuale previsto dall’art. 1669, secondo comma, c.c. per l’esercizio del diritto del committente ad essere risarcito dei correlativi danni, decorrente dalla denunzia di rovina o di pericolo di rovina o di gravi difetti dell’immobile, è, per espressa definizione normativa, un termine prescrizionale.
Ne consegue che, a norma dell’art. 2943 c.c., il relativo decorso viene interrotto non solo dalla proposizione della domanda giudiziale, ma, altresì, da qualsiasi atto stragiudiziale (nella specie, una lettera) che valga a costituire in mora il debitore.
Ciò in quanto detto termine si riferisce non già alla sola azione di responsabilità nei confronti dell’appaltatore, ma al diritto di credito del committente, affiancato, come tutti i diritti, dalla facoltà, per il suo titolare, di farlo valere in giudizio, la quale
costituisce un modo di esplicazione dello stesso, e non incide sulla sua disciplina sostanziale, ivi compresa la regolamentazione della prescrizione e delle relative cause di interruzione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1955 del 22/02/2000; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8700 del 03/05/2016; Sez. 3, Sentenza n. 6791 del 07/04/2016).
5.2. -Ebbene, nel caso di specie, dalla sentenza impugnata emerge un evidente ed insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione.
Ed infatti, appare illogico il ragionamento secondo cui, a fronte della denuncia inoltrata negli ‘ultimi mesi del 2008’, come confermato dalla missiva reiterata del 3 settembre 2009, il termine annuale sarebbe irrimediabilmente decorso alla data del deposito del ricorso per la proposizione di procedimento di consulenza tecnica preventiva a fini di composizione della lite del 19 agosto 2010, senza considerare l’efficacia interruttiva della missiva richiamata del 3 settembre 2009.
Sicché inspiegabilmente, pur dandosi atto dell’esistenza della missiva del 3 settembre 2009 (in cui era ripresa la denuncia dei difetti già inoltrata negli ‘ultimi mesi del 2008’, a sua volta evocata nella mail inviata al direttore dei lavori del 14 novembre 2008), si è trascurato, poi, di dare atto della sua efficacia di atto potenzialmente interruttivo.
La frattura nel percorso logico-argomentativo è evidente ed assai rilevante ai fini della decisione, perché avrebbe dovuto argomentarsi il ruolo (interruttivo o meno) di tale missiva del 3 settembre 2009 (menzionata ma inspiegabilmente ignorata), in
ordine al suo intervento in tempo utile per interrompere la prescrizione ex art. 2943, quarto comma, c.c., determinando l’inizio di un nuovo periodo annuale di prescrizione ex art. 2945, primo comma c.c., con gli inevitabili riflessi sulla valutazione della tempestività della proposizione dell’azione risarcitoria.
5.3. -Né si frapponevano ostacoli alla rilevazione d’ufficio di tale efficacia interruttiva.
Ed invero, poiché nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di un’eccezione in senso stretto quello di una contro -eccezione, qual è l’interruzione della prescrizione.
Ne consegue che il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione
della parte ed è ammissibile anche in appello, purché i fatti risultino documentati ex actis (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9810 del 13/04/2023; Sez. 3, Sentenza n. 18602 del 05/08/2013; Sez. L, Sentenza n. 16542 del 14/07/2010; Sez. L, Sentenza n. 18250 del 12/08/2009; Sez. L, Sentenza n. 13783 del 13/06/2007; Sez. L, Sentenza n. 9053 del 16/04/2007; Sez. L, Sentenza n. 4135 del 22/02/2007; Sez. L, Sentenza n. 2468 del 06/02/2006; Sez. L, Sentenza n. 2035 del 30/01/2006; Sez. U, Sentenza n. 15661 del 27/07/2005).
6. -In definitiva, il primo e il secondo motivo del ricorso devono essere accolti mentre il terzo motivo deve essere disatteso.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, rigetta il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 5 dicembre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME