Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 2932 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 2932 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 4207-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA CULTURA (già MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA ‘ CULTURALI E TURISMO), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 563/2020 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, emessa il 23/11/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede il rigetto del ricorso con l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo.
Fatti di causa
Il Tribunale di Perugia ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in favore del giudice amministrativo, in ordine alla domanda con la quale la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto la condanna del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al pagamento della somma di 245.019,39 EUR a titolo di premio per il rinvenimento di reperti archeologici di una domus romana nei locali seminterrati del Palazzo del INDIRIZZO di Assisi.
La Corte d’appello di Perugia ha respinto il gravame della società, confermando il difetto di giurisdizione. Ha motivato richiamando i principi dettati da queste Sezioni Unite con le sentenze n. 1347 del 1989, n. 11796 del 2005 e n. 5353 del 2011. Ha osservato che, per quanto in effetti il Presidente del Tribunale di Perugia avesse, su ricorso della medesima società ai sensi dell’art. 93, terzo comma, del d.lgs. n. 42 del 2004, nominato un tecnico per stabilire il valore dei beni rinvenuti, il procedimento amministrativo afferente alla determinazione del premio non poteva considerarsi concluso. Difatti, eseguita la stima dei beni da parte del tecnico incaricato in caso di disaccordo del privato rispetto alla determinazione ministeriale, sarebbe stato nella facoltà dell’ amministrazione determinare comunque l’entità effettiva de l premio in misura non superiore alla metà del valore delle cose ritrovate (art. 92 del d.lgs. n. 42 del 2004); e sarebbe stato ancora nella facoltà della amministrazione scegliere la giusta modalità compensativa, tra il pagamento del premio in denaro, il rilascio di parte delle cose ritrovate, oppure (a richiesta) il credito d’imposta. Pertanto, in caso di determinazione non accettata del premio, come nella fattispecie concreta in cui Habitat , per l’appunto, non aveva accettato l’importo offerto dall’amministrazione di 94.738,63 EUR , al privato doveva attribuirsi la sola facoltà di adire il giudice amministrativo onde tutelare la situazione di interesse legittimo alla correttezza del procedimento funzionale alla determinazione del premio stesso.
Contro la sentenza della corte d’appello, la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo, illustrato da memoria.
Il Ministero della cultura, già Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha replicato con controricorso.
Ragioni della decisione
I. Con l’unico mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 92 e 93 del d. lgs. n. 42 del 2004, 1 e 5 cod. proc. civ., 7 cod. proc. amm., 107 e 111 Cost.
Assume che la corte d’appello , facendo riferimento a principi giurisprudenziali affermati in relazione al testo normativo antecedente al d.lgs. n. 42 del 2004, avrebbe erroneamente riferito la fattispecie a una condizione di interesse legittimo, anziché di diritto soggettivo. In particolare, non avrebbe considerato che il d.lgs. n. 42 del 2004 ha modificato radicalmente la procedura relativa al premio di rinvenimento, esprimendo, per la stima dei beni rinvenuti, non un procedimento amministrativo innanzi a un’apposita commissione ministeriale, sebbene un procedimento specifico dinanzi al presidente del tribunale ordinario; cosa che integrerebbe la volontà legislativa nel senso ‘ di distogliere dalla discrezionalità di una commissione della pubblica amministrazione la determinazione del valore dei beni rinvenuti ‘ .
II. – Il ricorso non è fondato.
È necessario ricostruire il profilo normativo.
III. – La l. 1° giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose d’interesse artistico o storico, disciplinava all’art. 44 i ritrovamenti e le scoperte nel seguente modo: (i) ‘ le cose ritrovate appartengono allo Stato ‘, (ii) ‘ al proprietario dell’immobile sarà corrisposto dal Ministro, in denaro o mediante rilascio di una parte delle cose ritrovate, un premio, che in ogni caso non può superare il quarto del valore delle cose stesse ‘, (iii) ‘ in caso di disaccordo il premio è determinato insindacabilmente e in modo irrevocabile da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal Ministro, l’altro dal proprietario ed il terzo dal presidente del tribunale ‘ , con spese anticipate dal proprietario. IV. – Nella vigenza della legge n. 1089 del 1939 questa Corte ha costantemente affermato che, fino alla determinazione definitiva del premio, o mediante l’accettazione dell’offerta formulata dalla P.A. o a seguito della determinazione dello stesso da parte della commissione di cui al secondo comma del ripetuto art. 44, il privato (proprietario e scopritore) è da considerare titolare di un interesse legittimo al corretto svolgimento del relativo procedimento, solo all’esito del quale il diritto soggettivo, concretamente determinato, viene a
esistenza; pertanto, ove il privato contesti l’entità del premio offerto e lamenti la mancata attivazione, da parte dell’amministrazione, del procedimento di nomina della commissione di cui all’art. 44, la relativa controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. Sez. U n. 5353-11).
V. L’assunto era coerente col procedimento destinato a culminare con la determinazione del premio da parte dell’apposita commissione.
Invero si giustificava l’a ffermazione per cui, in pendenza del procedimento volto alla suddetta determinazione del premio, la posizione del privato ritrovatore è da qualificare (appunto) come di interesse legittimo, per poi tramutarsi in diritto soggettivo ‘ solo al momento dell’emanazione del provvedimento conclusivo ‘ con cui l’amministrazione determina il premio definitivo (v. Cass. Sez. U n. 11796-05, Cass. Sez. U n. 1347-89).
VI. – Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio ( hinc solo Codice), ha predisposto (artt. 90 e seg.) una disciplina parzialmente diversa e più dettagliata per il caso di scoperte fortuite di cose rientranti nel novero dei ‘beni culturali’ (art. 10) .
Tale disciplina è incentrata sul duplice obbligo del rinveniente (a) di denuncia – entro ventiquattro ore – al soprintendente o al sindaco ovvero all’autorità di pubblica sicurezza e (b) di conservazione temporanea dei trovati nelle condizioni e nel luogo di rinvenimento.
Secondo l’art. 91 le cose indicate nell’art. 10, ‘ da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, appartengono allo Stato e, a seconda che siano immobili o mobili, fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile, ai sensi degli articoli 822 e 826 del codice civile ‘ .
In questa più articolata prospettiva il Codice conferma che il rinveniente può ottenere un premio per il ritrovamento, mediante una procedura (artt. 92 e 93) scandita nel modo che segue:
(i) il Ministero corrisponde un premio non superiore al quarto del valore delle cose ritrovate: (a) al proprietario dell’immobile dove è avvenuto il ritrovamento; (b) al concessionario dell’attività di ricerca, qualora l’attività medesima non rientri tra i suoi scopi istituzionali o statutari; (c) allo scopritore fortuito che abbia ottemperato agli obblighi previsti dall’art. 90;
(ii) il proprietario dell’immobile che abbia ottenuto la concessione prevista dall’art. 89 ovvero sia scopritore della cosa, ha diritto a un premio non superiore alla metà del valore delle cose ritrovate;
(iii) il premio può essere corrisposto in denaro o mediante rilascio di parte delle cose ritrovate, e in luogo del premio l’interessato può ottenere, a richiesta, un credito di imposta di pari ammontare, secondo le modalità e con i limiti stabiliti con decreto ministeriale adottato di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze.
VII. – Ora, ai fini della determinazione del premio spettante agli aventi titolo, l’art. 93 stabilisce che i l Ministero provveda alla determinazione previa stima delle cose ritrovate, e che, se gli aventi titolo non accettano la stima definitiva, il ‘ valore delle cose ritrovate ‘ (non ‘ il premio ‘ come nel vigore dell’art. 44 della l. del 1939) è determinato da un terzo; il quale terzo è designato concordemente dalle parti ovvero, in caso di ulteriore disaccordo o in caso di sua mancata accettazione, dal presidente del tribunale del luogo in cui le cose sono state ritrovate; la determinazione del terzo è impugnabile in caso di errore o di manifesta iniquità.
VIII. – Il dato normativo si distingue, quindi, in effetti, dalla precedente visione della l. n. 1089 del 1939, ma la distinzione non influisce sul risultato interpretativo.
Difatti la l. n. 1089 del 1939 stabiliva che la determinazione del premio fosse demandata a ll’apposita commissione di cui al secondo comma del l’allora art. 44. N ell’art. 9 3 del l’attuale Codice è stata sostanzialmente trasfusa la procedura prevista dall’art. 44 della l. n. 1089 del 1939 , con tre specificità: (a) la sostituzione dell’organo chiamato a lla stima, (b) l’oggetto di tale stima (non più il premio ma semplicemente il valore dei beni in caso di disaccordo), (c) la rimessione alla discrezionalità amministrativa dell’ammontare del premio secondo il flessibile parametro di legge sulla base del valore di stima.
IX. – Il principio a suo tempo affermato da questa Corte mantiene dunque la sua validità ancorché in un ambiente normativo parzialmente diverso. Nel senso che anche nel vigore del Codice dei beni culturali è mantenuta un’ampia discrezionalità amministrativa, la quale peraltro è associata alla stessa determinazione del premio.
Da questo punto di vista la menzionata visione ermeneutica esce addirittura rafforzata, perché mentre nella vigenza della l. del 1939 la condizione di interesse legittimo rimaneva tale fino alla alternativa (a) del l’ accettazione della somma offerta ovvero (b) della determinazione del ‘ premio ‘ , in caso di disaccordo, da parte della commissione peritale, con conseguente elevazione
della situazione al rango di diritto soggettivo una volta così determinato ‘ il premio ‘ , oggi, nella vigenza del Codice, in base alla specificità del procedimento di cui all’art. 93 la suddetta elevazione richiede che il procedimento amministrativo si sia concluso con la scelta definitiva, comunque rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione, di determinare essa il premio in base alla percentuale accordabile non superiore al quarto o -secondo i casi – alla metà del valore delle cose ritrovate.
Stimato che sia tale valore dalla stessa amministrazione ovvero dal tecnico incaricato, la condizione soggettiva del privato si mantiene nell’ambito dell’ interesse legittimo fino a che il procedimento non si sia concluso con la determinazione finale, salvo lo scioglimento della consequenziale alternativa tra la corresponsione in denaro oppure il rilascio di parte delle cose ritrovate. X. -In altre parole, si verte pur sempre in materia di interessi legittimi dinanzi alla mantenuta potestà discrezionale dell’amministrazione di determinare il premio e di optare tra la corresponsione in denaro e il rilascio al privato di una parte delle cose ritrovate, così come d’altronde era stato puntualizzato originariamente da Cass. Sez. U n. 1347-89, indipendentemente dal fatto che il valore delle cose risulti (in caso di disaccordo) rimesso, per garanzia di trasparenza e terzietà, alla valutazione di un tecnico nominato dal presidente del tribunale ordinario.
XI. -Il ricorso è rigettato.
Va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.
La novità della questione nel contesto normativo di cui s’è detto giustifica la compensazione delle spese processuali.
p.q.m.
La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; compensa le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, addì 14