Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 509 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 509 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8936/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, in proprio e quali procuratori e legali rappresentanti di NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti ;
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 6408/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/10/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME citò in giudizio NOME COGNOME chiedendo che, accertato il grave inadempimento del convenuto al contratto stipulato il 5/11/2002, costui fosse condannato alla restituzione del doppio della caparra.
L’attore espose che con la scrittura l’Organi gli aveva promesso in vendita un complesso immobiliare per il pattuito prezzo di € 98.126,81, di cui € 41.316,55 in precedenza versato a titolo di caparra confirmatoria. Il promissario acquirente avrebbe dovuto pagare il residuo prezzo con le seguenti modalità: € 5.164,57 entro novembre 2002, € 2.582,28 entro dicembre 2002, € 10.329,14 entro gennaio 2003, € 5.164, 57 entro febbraio 2003, € 2.582,28 entro marzo 2003, € 30.987,41 entro maggio 2003, al momento della stipula dell’atto notarile.
Il promittente alienante gli aveva dato atto che degli immobili promessi in vendita egli era, a sua volta, promissario acquirente dal proprietario e promittente alienante NOME COGNOME e che aveva ottenuto da quest’ultimo il consenso alla stipula dell’atto definitivo in favore del Polletta.
NOME COGNOME invitato a scegliere il notaio, apprendeva dalle effettuate visure che i beni erano intestati anche in capo NOME ed NOME COGNOME
Non avendo il promittente alienante acquisito il consenso di tutti i comproprietari, l’esponente aveva sospeso i pagamenti.
Successivamente, venuto a conoscenza che in data 29/7/2004 il complesso immobiliare era stato venduto ad NOME COGNOME aveva agito in giudizio.
Per quel che qui rileva va osservato che il convenuto contestò l’avversa prospettazione: egli si era dichiarato <> di quanto promesso in vendita in forza della scrittura del 3/7/1990 intercorsa con NOME COGNOME; l’atto
definitivo avrebbe dovuto essere stipulato a completamento del pagamento del prezzo da parte del promissario acquirente, secondo i termini contrattuali qualificati essenziali dal contratto. Poiché il COGNOME era venuto meno all’obbligo di pagare il prezzo con le previste scadenze rateali, evenienza costituente condizione risolutiva espressa, chiese dichiararsi legittimo il suo recesso e l’incameramento della caparra.
1.1. Il Tribunale, accolta la domanda del COGNOME, ne dichiarò legittimo il recesso e condannò il convenuto al pagamento del doppio della caparra, quantificato in € 82.633,10, oltre accessori.
La Corte d’appello di Roma, accolta l’impugnazione di NOME COGNOME in riforma della sentenza di primo grado, invece, dichiarò legittimo il recesso dal contratto preliminare dell’Organi, affermando il diritto di costui di trattenere la caparra.
2.1. Questi, in sintesi, per qual che qui rileva, gli argomenti sposati dalla sentenza di secondo grado.
Il Tribunale aveva errato a ritenere che non fosse consentito promettere in vendita un immobile di cui il promittente alienante non fosse proprietario.
Ripresa giurisprudenza di questa Corte, quella romana non nutre dubbi sulla piena validità del contratto: obbligo specifico del promittente alienante è quello di procurare la proprietà della ‘res’ promessa al momento fissato dalle parti per la stesura del definitivo, senza che rilevi la circostanza che al momento del contratto preliminare costui non ne sia il proprietario.
Nelle more il COGNOME si era detto disponibile alla stipula.
Solo dal pagamento dell’intero prezzo sarebbe sorto, per contratto, l’obbligo dell’Organi di trasferire il bene; viceversa, il COGNOME, come dal medesimo ammesso, aveva sospeso i pagamenti.
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di una sola censura.
Gli intimati resistono con controricorso.
4. Il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1453, 1478 e 1479, co. 1, cod. civ.
Viene dedotto che la Corte locale aveva fatto cattiva applicazione degli artt. 1478 e 1479 cod. civ. poiché era pacifico che al momento della sottoscrizione del preliminare il complesso immobiliare non era di proprietà del solo NOME COGNOME essendone comproprietarie NOME ed NOME COGNOME mentre l’Organi si era dichiarato possessore e proprietario in forza di un contratto di acquisto dal solo NOME COGNOME.
Era del pari pacifica l’alienazione a terzi, in data 29/7/2004, dell’immobile da parte dei legittimi proprietari.
Erroneo l’assunto secondo il quale l’obbligo del trasferimento in favore dell’esponente sarebbe sorto solo con il completo pagamento del prezzo, stante che l’intervenuta vendita a terzi aveva reso impossibile l’adempimento del preliminare e non era vero che gli anzidetti proprietari si erano detti disponibili a trasferirgli il bene, avendo, invece, venduto a terzi, così impedendo l’effetto traslativo in favore del ricorrente.
Erano state disattese le regole in materia d’inadempimento, in quanto si era preteso che il promissario acquirente continuasse a pagare le rate concordate, nonostante l’intervenuta cessione dell’immobile.
4.1. La doglianza merita rigetto.
Correttamente la sentenza richiama la giurisprudenza di questa Corte in relazione agli artt. 1478 e 1479 cod. civ.
Nella sede nomofilattica delle Sezioni unite si è affermato che il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel
caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario. Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela (S.U. n. 11624, 18/05/2006, Rv. 588777 -01; conf., ex multis, Cass. nn. 17923/2007, 4164/2015).
Fu il ricorrente, non pagando gli acconti rateali, ad avere inadempiuto al contratto. Per contro, la vendita dell’immobile a terzi avvenne ben dopo l’inadempimento del promissario acquirente: già il 30/5/2013 era conclamato l’inadempimento del COGNOME, il quale non aveva più pagato gli acconti stabiliti e alle scadenze previste, mentre il bene venne venduto solo il 29/7/2004.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 13