Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22393 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 22393 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai nn. al n. 34196/2019 R.G. e al n. 25100/2022 R.G., proposti;
-il ricorso n. 34196/2022 R.G da :
COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrenti-
NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1454/2019 depositata il 19 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale che ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo e del nono motivo, inammissibile l’ottavo, assorbiti gli altri Uditi l’avv. COGNOME COGNOME per i ricorrenti e l’avv. COGNOME per controricorrenti.
-il ricorso n. 25100/2022 da;
COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrenti-
NOME COGNOME COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-resistenti- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 983/2022 depositata l’11 maggio 2022,
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale che ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo e del nono motivo, inammissibile l’ottavo, assorbiti gli altri
Uditi l’avv. COGNOME per i ricorrenti e l’avv. COGNOME per i resistenti.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Catania ha definito la causa di scioglimento della comunione immobiliare fra i coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, comproprietari in regime di comunione della quota
½, e i coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, a loro volta comproprietari in regime di comunione della residua quota di ½. L’iniziativa, per l’avvio della divisione giudiziale, fu presa dalla sola COGNOME NOME.
Il Tribunale ha operato la ripartizione del compendio comune in base a quanto previsto (e in fatto attuato) nella scrittura del 22 gennaio 1991, intercorsa fra i soli Greco Sebastiano e Greco Carmelo.
Nondimeno, il Tribunale negò l’efficacia vincolante della stessa scrittura, la quale prevedeva un conguaglio, a carico dei coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME, di lire 3.000,000, imponendo loro il maggiore conguaglio di € 40.800,00, determinato sul la base del diverso valore dei lotti.
La Corte d’appello, adita da COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha confermato la decisione. Essa ha ritenuto che la scrittura integrasse un preliminare di divisione, non suscettibile di esecuzione in forma specifica, in quanto non opponibile a COGNOME NOME, che non l’aveva sottoscritta. In diritto, la Corte siciliana ha opinato che l’art. 184 c.p.c. – invocato dagli appellanti al fine di sostenere l’efficacia della scrittura anche nei confronti della COGNOME, la quale, pur essendo a conoscenza della scrittura, non l’aveva impugnata, avendo anzi prestato ad essa acquiescenza -non fosse applicabile, perché la norma riguardava gli atti di disposizione e non il contratto preliminare. La Corte di merito ha inoltre ritenuto infondata la censura sul conguaglio, rimproverando agli appellanti di non avere considerato quanto affermato dal consulente tecnico. Per la cassazione della decisione i coniugi COGNOME Sebastiano e COGNOME NOME hanno proposto ricorso, affidato a nove motivi, illustrati da memoria.
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso. Contro la stessa sentenza, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per revocazione, che è stato rigettato dalla Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 983 del 2022. La Corte di merito ha riconosciuto che non ricorrevano gli estremi dell’errore di fatto in nessuno dei motivi fatti valere a sostegno dell’istanza Contro tale sentenza COGNOME Sebastiano e COGNOME Maria hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, depositando anche la memoria,
NOME e COGNOME NOME si sono costituiti al solo fine della partecipazione alla discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dato atto della necessità di procedere alla riunione delle due cause. Infatti, il collegio ritiene di fare applicazione del principio secondo cui i ricorsi per cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima vanno riuniti in caso di contemporanea pendenza in sede di legittimità nonostante si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti, atteso che la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c., potendo risultare determinante sul ricorso per cassazione contro la sentenza di appello l’esito di quello riguardante la sentenza di revocazione (Cass. n. 9592 /2024; Cass. n. 21315/2022).
Tanto premesso va, conseguentemente, esaminato con precedenza il ricorso avverso la sentenza della Corte di merito che ha respinto il ricorso per revocazione, che è infondato.
Secondo la sentenza n. 983 del 2022, i motivi di revocazione denunziavano non errori di fatto, errori di giudizio, rimproverandosi
alla Corte d’appello di avere deciso in palese violazione delle prove, travisando fatti che emergevano ictu oculi dalla documentazione in atti. Tale ratio decidendi è oggetto dei motivi di ricorso per cassazione, che in effetti, sotto lo schermo della violazione dell’art. 395, n. 4, c.p.c. (primo motivo), della violazione del principio del prudente apprezzamento delle prove (secondo motivo), della nullità della sentenza per contraddittorietà della motivazione (terzo motivo), della violazione di norme processuali (quarto e quinto motivo), rappresentano la reiterazione, in sede di legittimità, del vano tentativo far passare come errori di fatto quello che sono supposti errori di giudizio.
L’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. n. 16439/2021; n. 3190/2006).
Nulla di tutto questo nel caso in esame, nel quale l ‘essenza del rimprovero a suo tempo mosso alla Corte d’appello con l’istanza di revocazione è di non avere colto il significato della scrittura del 1991, attribuendo alla controparte conguaglio non dovuti. Invero,
la tesi, ancora sostenuta in questa sede, è che la semplice considerazione della vicenda, in particolare la pacifica divisione di fatto già attuata in conformità alla scrittura, rendeva palese che il divario di valore fra le porzioni, oltre l’importo previsto nella stessa scrittura, derivava da miglioramenti apportati dai ricorrenti, che non potevano perciò dare luogo a conguagli. Ciò, tuttavia, come correttamente riconosciuto dalla sentenza che ha rigettato l’istanza di revocazione, costituisce errore di giudizio nella ricostruzione della vicenda e nell’applicazione delle norme sulla divisione, non errore di fatto.
Pertanto, il ricorso iscritto al n. 25100 del2022 deve essere rigettato, con compensazione delle spese riferite alla sola partecipazione alla discussione orale,
Quanto al ricorso per cassazione contro la decisione d’appello, i primi due motivi, riportato sotto il paragrafo ‘I’, censurano la decisione in relazione a quanto affermato dalla Corte d’appello in ordine alla non applicabilità dell’art. 184 c.c. al contratto preliminare sottoscritto da uno solo dei coniugi in regine di comunione. I motivi, raggruppati sotto il paragrafo ‘II’, censurano la decisione in merito alla decisione sui conguagli. I motivi, riportati sotto i paragrafi ‘III’, censurano la decisione in ordine alla mancata pronunzia sulla richiesta di condanna delle controparti all’adempimento delle obbligazioni previste nella scrittura. Il motivo, riportato nel paragrafo ‘IV’, propone ancora la questione dei conguagli. Lo stesso dicasi per i motivi riportati nei paragrafi ‘V’ e ‘VI’. Il motivo riportato nel paragrafo ‘VII’ ripropone, sotto il profilo del vizio di motivazione, la questione posta dai primi due motivi. Il motivo, riportato nel paragrafo ‘VIII’, denunzia che la decisione avrebbe errato nel ritenere che la scrittura integrasse un
preliminare non invece una divisione definitiva. Il motivo, riportato al paragrafo’ IX’, censura la violazione dell’art. 40 della legge 47 del 1985, perché la Corte d’appello ha operato la divisione in assenza di documentazione attestante la regolarità urbanistica dell’immobile.
I primi due motivi sono palesemente fondati e il loro accoglimento comporta l’assorbimento delle censure riguardanti la determinazione del conguaglio (terzo, quarto, quinto motivo e sesto paragrafo); inoltre l’assorbimento delle censure di cui paragrafo ‘VII’ , che riguardano la medesima questione dei motivi raggruppati sotto il paragrafo ‘I’ .
Invero, la tesi della Corte d’appello, secondo al quale l’art. 184 c.c. non è applicabile al preliminare sottoscritto da uno solo dei coniugi, è in palese contrasto con la giurisprudenza della Corte, compresa la pronunzia richiamata nella sentenza (Cass. n. 8040/2019), che non dice affatto che il preliminare sottoscritto da uno solo dei coniugi coniugati in regime di comunione sia a priori non vincolante per il coniuge che non l’ha sottoscritto. Infatti, la pronunzia riconosce solo il litisconsorzio necessario nei confronti di quest’ultimo. Il principio applicabile è infatti il seguente: «Per l’esecuzione in forma specifica, a norma dell’art. 2932 c.c., di un preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi, non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i promittenti venditori, ma è sufficiente il consenso del coniuge non stipulante, traducendosi la mancanza di detto consenso in un vizio di annullabilità, da far valere, ai sensi dell’art. 184 c.c.., nel rispetto del principio generale della buona fede e dell’affidamento, entro il termine di un anno, decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla trascrizione» (Cass. n. 20439/2019; n. 12923/2012).
Il motivo sub VIII è inammissibile, perché pone una questione (quella riguardante la qualificazione di contratto come preliminare o definitivo) rimessa al giudice di merito (Cass. n. 21650/2019; n. 24150/2007), le cui considerazioni, nel cado in esame, non rilevano vizi logici o giuridici, per cui la censura si esaurisce nel proporre una interpretazione alternativa rispetto a quella data dalla Corte d’appello.
L’ultimo motivo è inammissibile, laddove denuncia la violazione o falsa applicazione di una norma che non è considerata nella sentenza impugnata, e non avendo il ricorrente dedotto il tempo ed il luogo di tale deduzione, Si ricorda che «in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio» (Cass. n. 18018/2024).
In conclusione, la sentenza n. 1454/2019 della Corte d’appello di Catania deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla stessa Corte in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della domanda di divisione, valutando l’efficacia della scrittura in applicazione di quanto dispone l’art. 184 c.c.
La Corte di rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte: 1) rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME iscritto al n. 25100 del 2022, compensando per intero tra i medesimi e resistenti le spese di lite; 2) accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso iscritto al n. 34196/2019 proposto da COGNOME NOME e COGNOME Maria e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata n. 1454/2019 della Corte d’appello di Catania e rinvia la causa innanzi alla stessa Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità; in relazione al ricorso iscritto al n. 25100 del 2022, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda