Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8114 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8114 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1475/2020 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO SAIJA, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO COGNOMEINDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 7432/2018 depositata il 23/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1. nel 2001, NOME COGNOME e NOME COGNOME conclusero un contratto in base al quale il primo si impegnava ad acquistare e la seconda a vendere un immobile entro un dato termine. La COGNOME convenne in giudizio il COGNOME con domande ex art. 2932 c.c. e di risarcimento danni. Il convenuto, deducendo che la COGNOME non era proprietaria esclusiva dell’immobile e che l’immobile presentava irregolarità dal punto di vista edilizio e urbanistico, propose domande riconvenzionali per la condanna della stessa ad acquistare dai comproprietari le quote di loro spettanza e a regolarizzare l’immobile in modo da poterne trasferire la proprietà, per la condanna della attrice, in caso di oggettiva impossibilità del trasferimento, alla corresponsione della differenza tra valore di mercato del bene e prezzo pattuito, per la condanna della attrice al risarcimento dei danni causati dal ritardo nel trasferimento o dal definitivo inadempimento e per la condanna della attrice ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. Il Tribunale di Roma rigettò tutte le domande ritenendo che il preliminare, in quanto avente ad oggetto un bene parzialmente di terzi, fosse nullo. La Corte di Appello di Roma, con sentenza 7432 del 2018, decidendo dell’appello di NOME COGNOME ha riformato la sentenza di primo grado in punto di nullità del preliminare ritenendo il contratto valido e tuttavia ha rigettato la domanda dell’appellante di condanna della COGNOMEa procurare’ l’acquisto e a regolarizzare l’immobile, sul motivo che nessun ‘obbligo in tal senso risulta previsto nel contratto preliminare’. La Corte di Appello ha anche rigettato la domanda di risarcimento del danno
sul motivo che l’appellante aveva ‘il possesso del cespite dal 2001’ e non aveva provato altro ‘specifico danno da risarcire’;
2.NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME, ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte di Appello con cinque motivi avversati da NOME COGNOME con controricorso; 3. le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.in via del tutto preliminare devono dichiararsi infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla COGNOME per essere stato il ricorso notificato a lei personalmente invece che ai difensori da cui era stata assistita nel giudizio di appello e presso i quali aveva eletto domicilio e per essere stato il ricorso presentato senza che i ricorrenti avessero dato prova della dichiarata qualità di eredi di NOME COGNOME
La prima eccezione è infondata alla luce del seguente principio: ‘La notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza, ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291, comma 1, c.p.c. con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156, comma 2, c.p.c., applicabile anche al giudizio di legittimità’ (così, tra altre, Cass. n. 24450 del 2017).
La seconda eccezione è infondata.
Va premesso che la prova dei fatti costitutivi del diritto di impugnazione -prova necessaria in presenza di apposita eccezione di controparte’può essere fornita in tempi anche successivi a quello del deposito del ricorso, purché precedenti la discussione del medesimo, così che siano resi edotti gli eventuali controricorrenti presenti ove mai questi ultimi non siano già stati destinatari, in precedenza, di apposita notificazione ex art. 372 cod. proc. civ. (Cass. 6238/2006; n.14784 del 27/06/2006).
Nel caso di specie i ricorrenti, con memoria del 4 febbraio 2025, hanno provato la loro legittimazione all’impugnazione, mediante deposito di certificato di morte del dante causa, la denuncia di successione e le dichiarazioni di accettazione dell’eredità;
2. con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c. nullità della sentenza per mancanza o illogicità della motivazione, nonché, in riferimento all’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c. ‘omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio’ per avere la Corte di Appello respinto, con la motivazione per cui il preliminare non prevedeva ‘alcun facere’, la domanda volta ad ottenere che la COGNOME fosse condannata a ‘completare ogni obbligo di natura tecnica ed acquisire l’intera proprietà dell’immobile o procurare l’immobile all’acquirente’, pur dopo aver accertato che il contratto preliminare di cosa parzialmente altrui era valido e che la COGNOME non vi aveva adempiuto;
3. con il secondo motivo di ricorso si lamenta in riferimento all’art.360 primo comma, n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 1453 c.c. per avere la Corte di Appello rigettato la domanda ‘di adempimento del preliminare’;
4. con il terzo motivo di ricorso si deduce, sotto la rubrica di ‘mancato accoglimento della domanda gradata di risarcimento del danno per equivalente, esperibilità di CTU. Art.360 primo comma, n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 1218 e 2058 c.c. Art.360 primo comma, n.4 motivazione assente e/o apparente. Art. 360, primo comma 5 c.p.c. omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, che la Corte di Appello avrebbe rigettato, senza motivazione, la ‘domanda di risarcimento danni per equivalente’ pur avendo riconosciuto l’inadempimento della COGNOME;
5. con il quarto motivo di ricorso si deduce, sotto la rubrica di ‘mancato accoglimento della domanda generica di risarcimento danni ulteriori. Art.360 primo comma, nn. 4 e 5 c.p.c. art.360
primo comma, n.4. Nullità della sentenza per mancanza di motivazione che si rivela manifestamente illogica, meramente apparente, irriducibilmente contraddittoria’, che la Corte di Appello avrebbe, con motivazione confusa e/o apparente, rigettato l’ulteriore domanda di risarcimento dei danni ‘che conseguivano alla mancata possibilità di legale utilizzo dell’immobile nonostante pacifico che questo non poteva essere utilizzato giacché erano emersi radicali profili di abusività’;
6. con il quinto motivo di lamenta, in riferimento all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., l’omessa pronuncia sulla domanda di condanna della COGNOME al risarcimento dei danni per lite temeraria ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.;
i primi due motivi di ricorso devono essere esaminati in modo congiunto perché convergenti.
I motivi sono infondati.
La Corte di Appello ha correttamente osservato che, a fronte dell’inadempimento definitivo della COGNOME all’obbligo di trasferire il bene di cui si era dichiarata unica proprietaria senza esserlo, non poteva imporsi alla stessa un nuovo obbligo di acquisire l’intera proprietà del bene ed essendovi (stata) invece la possibilità da parte promissaria acquirente di chiedere la risoluzione del contratto ormai definitivamente inadempiuto. La Corte di legittimità ha affermato (ordinanza n.28856 del 19/10/2021) che ‘in tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa altrui, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario. Da ciò discende, da un lato, che il promissario acquirente che ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine fissato per la conclusione del contratto definitivo, potendo il promittente venditore, fino a tale momento, adempiere
all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela; discende, dall’altro lato, che è solo dal momento in cui il venditore acquisisce la proprietà della cosa promessa in vendita, che può essere pronunciata sentenza di esecuzione specifica, ex art. 2932 c.c., essendo venuta meno l’altruità della “res”, fatto ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediato’.
Non vi è alcuna contraddizione nella motivazione della sentenza per non avere la Corte di Appello accolto la domanda di condanna della COGNOME ad acquisire l’intera proprietà pur dopo aver accertato che il contratto preliminare di cosa parzialmente altrui era valido e che la COGNOME non vi aveva adempiuto, atteso che la Corte di Appello ha dato conto in modo lineare e chiaro della ragione per cui, a fronte dell’inadempimento definitivo riscontrato, le conseguenze non potevano essere quelle divisate dall’appellante -ossia la condanna della COGNOME ad un facere- ma avrebbero potuto essere altre -la risoluzione del contratto;
8. i motivi terzo e quarto, suscettivi di esame congiunto, sono infondati.
In primo luogo, sotto il profilo del difetto di motivazione, la sentenza si sottrae alle censure formulate con il terzo e quarto motivo.
La Corte di Appello ha in modo chiaro e coerente affermato che nessun risarcimento poteva essere riconosciuto al dante causa degli attuali ricorrenti non avendo egli dato prova del danno né sotto il profilo della dedotta differenza tra valore di mercato del bene non trasferitogli e la somma prevista come prezzo dovuto alla Simoncini né sotto il profilo del pregiudizio da inadempimento agli obblighi assunti dalla Simoncini, tenuto anche conto, quanto a questo pregiudizio, del fatto che il promissario acquirente aveva potuto godere dell’immobile fino dalla stipula del preliminare nel
2001. La motivazione della sentenza è ben al di sopra del minimo costituzionale (Cass. SU 8053/2014);
9. il quinto motivo è infondato. La Corte di Appello, avendo dichiarato le domande di NOME COGNOME, salvo quella di accertamento dell’inadempimento della COGNOME, infondate, ha compensato le spese ai sensi dell’art. 92 c.p.c. per reciproca soccombenza ed ha così respinto implicitamente la domanda di condanna della COGNOME ai sensi dell’art. 96 terzo comma c.p.c. in piena applicazione del disposto normativo secondo cui tale condanna può essere disposta quando il giudice pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c.
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 5000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 14 marzo 2025.