Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6529 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6382/2020 R.G. proposto da : NOME, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difeso dall’avvocato NOME COGNOMEricorrente- contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 982/2019 depositata il 29/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia concerne lo scioglimento della comunione di un immobile che, all’inizio della vicenda, era in comproprietà tra i germani NOME, NOME e NOME COGNOME
Nel 2008 NOME e NOME vendettero a NOME COGNOME le loro quote di proprietà dell’immobile.
NOME COGNOME convenne quindi dinanzi al Tribunale di Massa l’altra comproprietaria NOME COGNOME per ottenere lo scioglimento della comunione sull’immobile
La convenuta chiamò in causa i fratelli NOME e NOME, proponendo, in via riconvenzionale, una domanda di nullità delle alienazioni delle quote di com proprietà dell’immobile fatte dai due fratelli all’attore per mancanza di denuntiatio nonchè una serie di domande subordinate, limitatamente alla quota di proprietà della sorella NOME, di usucapione e di risarcimento del danno da illegittima alienazione.
NOME COGNOME contstò in particolare la validità della vendita per violazione del suo diritto di prelazione ereditaria ex art. 732 c.c. In relazione alle domande subordinate, dedusse che NOME aveva sottoscritto nel 1988 una scrittura privata in cui dichiarava di rinunciare alla sua quota in favore di lei e del fratello NOME
Il Tribunale di Massa, con sentenza non definitiva del 2015, rigettò le domande proposte in via riconvenzionale dalla convenuta nei confronti dei due fratelli. Il Tribunale ritenne efficaci le proposte di alienazione delle quote ereditarie inviate dai fratelli COGNOME alla sorella NOME nel 2004, considerando che tali comunicazioni soddisfacessero i requisiti di una denuncia ex art. 732 c.c., anche se l’atto di
vendita era stato stipulato a distanza di anni, non essendo previsti limiti temporali. Quanto alla scrittura privata del 1988, il Tribunale la considerò priva di effetti traslativi per mancanza della forma solenne richiesta per la rinuncia ereditaria. Infine, respinse le domande di usucapione e di risarcimento erano per difetto di prova e carenza di elementi utili a supportarle.
La Corte distrettuale ha rigettato l’appello di NOME COGNOME confermando la sentenza di primo grado, ma con diversa motivazione, osservando che i fratelli COGNOME avevano proceduto ad una divisione di tutto il compendio ereditario, salvo dell’immobile di Fosdinovo (oggetto di causa) che quindi rimaneva assoggettato ad un regime di comunione ordinaria , con conseguente inapplicabilità dell’istituto della denuntiatio , tipica della comunione ereditaria. Ha inoltre escluso che la scrittura privata del 1988 potesse produrre effetti traslativi o abdicativi per mancanza della forma solenne richiesta.
Riguardo all’acquisto per usucapione, la Corte ha rilevato che tale questione era stata separata per essere trattata in una fase successiva del giudizio e ha stabilito che, comunque, la domanda era carente rispetto al necessario possesso utile. Le ulteriori domande di risarcimento e di rimborso per spese relative all’immobile sono state ritenute infondate per insufficienza di prova.
Ricorre in cassazione l’originaria convenuta NOME COGNOME con quattro motivi. Resistono NOME COGNOME con controricorso e NOME COGNOME con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare è da prendere atto che, dopo la pubblicazione della sentenza oggetto del presente ricorso, è intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza n. 985 del 2019 della Corte di appello di Genova (depositata in atti insieme alla correlativa attestazione del passaggio in giudicato da parte della cancelleria) che, in parziale accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME ed in parziale modifica della sentenza nr. 964/2017
del Tribunale di Massa, ha dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione da parte di NOME COGNOME della quota di 16/54 dell’immobile, originariamente intestata a NOME COGNOME. È da considerare quindi che « nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto » (così Cass. 12 754 del 2022, esemplificativa dell’indirizzo di questa Corte) .
La specifica rilevanza di tale giudicato nel caso attuale sarà saggiata nell’esaminare i motivi di ricorso.
2. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 732 c.c. per non avere la Corte di appello dichiarato inefficaci le proposte di alienazione notificate da NOME e NOME COGNOME a NOME COGNOME e per omesso esame dell’adesione di NOME COGNOME alla proposta di vendita delle quote. In particolare, si sottolinea che nel 2004 NOME COGNOME ricevette due comunicazioni di alienazione delle quote immobiliari dai fratelli e, entro due mesi, manifestò la propria intenzione di esercitare il diritto di prelazione. Tuttavia, i dettagli relativi alle modalità e ai tempi di pagamento non vennero forniti, impedendole di fatto di esercitare tale diritto. Inoltre, l’atto di acquisto da parte di COGNOME fu stipulato solo nel 2008, quattro anni dopo. Si rileva che il documento attestante la volontà di NOME COGNOME di esercitare il diritto di prelazione è stato ignorato sia dal Tribunale sia dalla Corte di a ppello. L’omessa considerazione di tale documento è considerata decisiva, in quanto dimostra che, ignorando la comunicazione della sorella e procedendo comunque alla vendita della propria quota, si è
resa inefficace la denuntiatio, precludendo di fatto l’esercizio del diritto di prelazione.
Del primo motivo è da dichiarare l’ inammissibilità.
Secondo la Corte di appello (v. pagg. 6 e 7), avendo i fratelli COGNOME proceduto ad una divisione di tutto il compendio ereditario, ad esclusione dell’immobile in causa , esso rimaneva oggetto di una comunione ordinaria , a cui non si applica l’istituto della denuncia ex art. 732 c.c. in caso di vendita, secondo i precedenti di questa Corte correttamente richiamati dalla sentenza impugnata (ai quali si può aggiungere, più recentemente Cass. 15182/2019: « Lo scioglimento della comunione ereditaria non è incompatibile con il perdurare di uno stato di comunione ordinaria rispetto a singoli beni già compresi nell’asse ereditario in divisione, giacché, compiute le operazioni divisionali, dirette ad eliminare la maggior parte delle varie componenti dell’asse ereditario, indiviso al momento dell’apertura della successione, la comunione residuale sui beni ereditari si trasforma in comunione ordinaria ».
La censura di violazione dell’art. 732 c.c., così come formulata, non coglie quindi la ratio decidendi della sentenza impugnata ed è perciò inammissibile (così tra le varie, Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017).
– Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1418, 1325, 1350 e 1362 c.c. per il rigetto della domanda di nullità dell’atto di compravendita del 2008 con riferimento alla quota della sorella NOME poiché ella aveva precedentemente rinunciato a tale quota con scrittura privata del 1988. Si afferma che tale rinuncia ha valore immediato opponibile al terzo acquirente. Si contesta che la Corte di appello abbia qualificato la scrittura come mero atto ricognitivo.
Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 1218 c.c. per rigetto della domanda di risarcimento danni. Si sostiene che, anche in assenza di effetti reali della scrittura privata del 1988 nei confronti di terzi, essa sarebbe comunque vincolante fra le parti coinvolte. La
mancata contestazione dell’atto e l’assenza di eccezioni di prescrizione avrebbero dovuto condurre all’accoglimento della domanda risarcitoria.
Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di usucapione della quota già intestata a NOME COGNOME Si sostiene che tale domanda non riguardava i terzi chiamati, ma solo il comproprietario attuale NOME COGNOME La Corte avrebbe dovuto pronunciarsi nel merito e rilevare l’omessa pronuncia del Tribunale.
2. – Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso pongono questioni che riguardano esclusivamente la quota originariamente di proprietà di NOME COGNOME e quindi sono da dichiarare inammissibili per sopravvenuto difetto di interesse, in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza n. 985 del 2019 della Corte di appello di Genova (v. indietro al paragrafo n. 1). L ‘accoglimento della domanda riconvenzionale di acquisto per usucapione proposta dalla convenuta (odierna ricorrente) NOME COGNOME priva di interesse il ricorso, avendo ella comunque raggiunto lo scopo che si era prefissata con la proposizione del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso (acquisto della proprietà della quota di proprietà dell’immobile originariamente intestata alla sorella NOME). Infatti, « l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione » (così Cass. 14073/2020 in una fattispecie in cui era intervenuto il riconoscimento stragiudiziale del diritto azionato in causa.
In conclusione, il ricorso è inammissibile. L’esito del giudizio sulla domanda alternativa di usucapione costituisce una grave ragione per compensare le spese di questo giudizio.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella
prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e dispone la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.