Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15661 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
OGGETTO:
prelazione ereditaria e prelazione convenzionale
RG. 31718/2020
C.C. 22-5-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 31718/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE , c.f. 08019911000, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, DI COGNOME NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
avverso la sentenza n. 2129/2020 della Corte d’ appello di Roma, depositata il 28-4-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22-52025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Società RAGIONE_SOCIALE ha convenuto avanti il Tribunale di Rieti NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di sentire accertare il suo diritto di prelazione agraria ex art. 8 legge 590/1965 e di conseguenza il suo diritto di riscatto in relazione alla porzione immobiliare alienata da NOME COGNOME al fratello NOME COGNOME oltre il diritto al risarcimento dei danni; ha altresì dedotto di essere, oltre che imprenditore agricolo coltivatore diretto dei fondi confinanti, anche titolare del diritto di prelazione convenzionale in forza della pattuizione contenuta nell’atto di compravendita del 9 -72004, concluso con i venditori NOME e NOME COGNOME con la quale le parti si erano riconosciute reciproco diritto di prelazione per l’acquisto dei terreni confinanti, tra i quali era compreso quello alienato nel 2007 da NOME COGNOME al fratello.
Si sono costituiti i convenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME contestando le domande, che il Tribunale di Rieti ha integralmente rigettato. La sentenza ha escluso che la prelazione agraria fosse applicabile alle società di capitali e ha ritenuto che la prelazione di fonte convenzionale non fosse operante, stante la prevalenza della prelazione ereditaria ex art. 732 cod. civ., sostenuta dai convenuti in ragione dell’alienazione da parte di NOME COGNOME al fratello di una quota indivisa del fondo facente parte del compendio ereditario.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, con esclusivo riferimento al rigetto della sua domanda basata sulla prelazione convenzionale.
Con sentenza n. 2129/2020 pubblicata il 28-4-2020 la Corte d’appello di Roma ha integralmente rigettato l’appello.
La sentenza ha dichiarato che sussistevano i presupposti per applicare la prelazione ereditaria ex art. 732 cod. civ. alla vendita del
10-1-2007 tra NOME e NOME COGNOME in quanto la vendita aveva a oggetto l’alienazione della quota indivisa di terreno facente parte del compendio ereditario, comportante il diritto di prelazione ereditaria.
La sentenza ha altresì dichiarato che dalla lettura dell’atto di vendita stipulato il 9-7-2004 dai fratelli COGNOME quali venditori e dalla società appellante quale acquirente risultava che le parti si erano riconosciute un reciproco diritto di prelazione per l’acquisto dei terreni confinanti; ha escluso che, mediante la costituzione della prelazione convenzionale, i coeredi avessero rinunciato alla prelazione ereditaria; ha dichiarato che l’interpretazione restrittiva della prelazione convenzionale prospettata dagli appellati -secondo la quale la prelazione convenzionale operava solo per l’ipotesi di alienazione dell’intera proprietà dei terreni confinanti dei fratelli COGNOME i- risultava documentalmente suffragata dall’espressa assunzione dell’obbligo dei contraenti COGNOME di favorire la società nell’eventualità di alienazione dell’intera proprietà dei terreni confinanti, con esclusione quindi della rinuncia al diritto di prelazione ereditaria nel caso di vendita di singole quote; quindi ha concluso che la prelazione convenzionale era stata costituita solo per l’eventualità della vendita dell’intero bene e non di singole quote.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
NOME COGNOME e, quali eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con unico controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 22-5-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente deduce ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 732, 757 c.c., con riferimento all’art. 12 disp. prel. c.c. nonché dell’art. 1218 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.’ e lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto l’esistenza della prelazione ereditaria del coerede acquirente NOME COGNOME rigettando la sua tesi in ordine all’inapplicabilità dell’art. 732 cod. civ. per il fatto che oggetto di vendita era stato u n bene determinato. Evidenzia che correttamente la sentenza ha individ uato l’oggetto della compravendita tra i fratelli COGNOME nell’alienazione d i quota indivisa del terreno facente parte del compendio ereditario, e cioè nell’alienazione pro quota di un bene determinato, ma erroneamente ha ritenuto che si applicasse l’art. 732 cod. civ., che riconosce il diritto di prelazione solo in ipotesi di vendita della quota ereditaria.
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e 115 c.p.c., nonché dell’art. 1218 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c.’ e censura la sentenza impugnata per violazione dei canoni ermeneutici laddove ha attribuito al contratto di compravendita del 10-1-2007 il significato di compravendita di quota ereditaria . Evidenzia che l’alienazione aveva avuto a oggetto una quota indivisa pari a 42/260 dell’intero della piena proprietà su terreni con fabbricato rurale e su bosco ceduo in Comune di Ascrea e sostiene perciò che si trattasse di vendita di beni determinati e non di quota ereditaria; aggiunge che gli stessi coeredi, con il precedente atto di compravendita del 9-7-2004, avevano venduto alla società beni determinati, così manifestando la loro volontà di attribuire i beni a terzi estranei alla comunione ereditaria e
riconoscendo alla società il diritto di prelazione sui terreni confinanti. Sostiene che tali circostanze assumevano rilevanza ai fini della valutazione del comportamento complessivo delle parti e aggiunge che è stata omessa ogni indagine sulla consistenza dell’asse ereditario, che era costituito da numerosi beni, mentre le porzioni immobiliari compravendute riguardavano solo alcuni cespiti ereditari.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.’ e censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la prelazione convenzionale a favore della società fosse stata costituita nell’atto del 9 -7-2004 solo per l’eventualità della vendita dell’intero bene e non di singole quote. Sostiene che il dato letterale del contratto sia nel senso che ciascun comproprietario ha disposto del suo diritto sulla quota, concedendo la prelazione in caso di successiva cessione di tale quota e indipendentemente dall’identità del soggetto beneficiario; lamenta che sia stata omessa anche qualsiasi indagine sulla comune intenzione delle parti.
4.Con il quarto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 732 e 1103 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.’ e nuovamente lamenta che sia stata ritenuta applicabile alla fattispecie la prelazione ereditaria, in quanto si verteva in ipotesi di alienazione di beni specificamente determinati e i contraenti non avevano ritenuto di sostituire il terzo all’erede nella comunione ereditaria; aggiunge che con l’atto di compravendita del 9 -7-2004 ognuno dei fratelli COGNOME aveva venduto la propria quota, di cui poteva liberamente disporre ex art.1103 cod. civ.
5.Osserva la Corte come sia logicamente necessario in primo luogo verificare se siano fondate le deduzioni con le quali la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia escluso l’esistenza del suo diritto di prelazione convenzionale in forza della compravendita del 9-
7-2004 , che avrebbe potuto essere esercitato con riguardo all’atto di vendita del 10-1-2007 tra i fratelli COGNOME
Quindi, deve essere esaminato per primo il terzo motivo di ricorso, con il quale la società imputa alla sentenza impugnata la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale con riguardo all’interpretazione della clausola di prelazione contenuta nel contratto di vendita del 9-72004 dai fratelli COGNOME a favore della società odierna ricorrente.
E’ acquisito il principio secondo il quale l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito e quindi il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è tenuto anche a precisare in quale modo il giudice di merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati, o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche e insufficienti, non potendo la censura risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella ac colta dalla sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv.66126501, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n.27136 Rv. 646063-01); infatti, l’interpretazione del testo contrattuale accolta dalla sentenza impugnata non deve essere l’unica interpretazione astrattam ente possibile, ma solo una delle possibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità che sia stata previlegiata l’altra (Cass. Sez. 3 28 -11-2017 n. 28319 Rv. 646649-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-02).
Nella fattispecie, il terzo motivo di ricorso è in primo luogo carente di specificità e perciò presenta profili di inammissibilità ex art. 366 co.
1 n. 6 cod. proc. civ. perché, seppure imputa alla sentenza impugnata la violazione del canone dell’interpretazione letterale , non evoca neppure il contenuto letterale del contratto che avrebbe dovuto condurre il giudice di merito a giungere alla interpretazione gradita dalla società. In mancanza di riferimento preciso al contenuto del testo contrattuale, la tesi della ricorrente secondo la quale nel contratto ciascun venditore aveva disposto della propria quota concedendo alla società acquirente il diritto di prelazione in caso di successiva cessione di tale quota non è utile a fare emergere l’errore compiuto dalla sentenza impugnata laddove ha ritenuto che il diritto di prelazione era stato attribuito soltanto per il caso di alienazione dell’inter o immobile. Ugualmente, l’ulteriore affermazione della ricorrente secondo la quale la sentenza avrebbe omesso qualsiasi indagine diretta a ricercare la comune intenzione delle parti con riguardo alle espressioni utilizzate nel contratto si risolve in una mera critica alla sentenza per non avere recepito l’interpretazione sostenuta dalla società.
6.Al rigetto del terzo motivo di ricorso necessariamente consegue l’inammissibilità del primo, secondo e quarto motivo di ricorso, per carenza di interesse.
Infatti, i motivi primo, secondo e quarto sono finalizzati a sostenere che la vendita del 2007 tra i fratelli COGNOME non avesse a oggetto quota ereditaria e perciò non trovasse giustificazione nella prelazione ereditaria ex art. 734 cod. civ.; la questione non è di concreto interesse per la società ricorrente, per il fatto che la stessa non è comunque titolare del diritto di prelazione convenzionale da opporre alle parti della vendita del 2007. La vendita del 2007 ha avuto ad oggetto quota e, che si tratti di quota dell’immobile o di quota ereditaria, si tratta comunque di vendita che le parti hanno concluso nell’esercizio della loro autonomia contrattuale e rispetto alla quale la società non può vantare alcun diritto; ciò in quanto in ragione del
rigetto del terzo motivo di ricorso è passata in giudicato la statuizione secondo cui il diritto di prelazione convenzionale della società era stato costituito soltanto per il caso in cui fosse stato venduto l’intero fondo .
7.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione