Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7899 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7899 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19194/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato prof. COGNOME NOME (EMAIL), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente – contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (EMAIL) e COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura
speciale
in
calce
al
contro
ricorso.
–
contro
ricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale a margine del controricorso.
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3981/2020 depositata il 07/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/11/2023 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che
Con atto di citazione introduttivo COGNOME NOME proponeva appello avverso la sentenza del 25 maggio 2014 con cui il Tribunale di Latina rigettava la sua domanda -proposta nel gennaio 2002 – volta all’esercizio della prelazione agraria e del diritto di riscatto.
A fondamento del rigetto il Tribunale rilevava: che colei che aveva acquistato il fondo, COGNOME NOME, era una confinante; che in presenza di una pluralità di coltivatori diretti tutti confinanti spetta al giudicante la scelta del soggetto preferito, a seconda della maggiore o minore attitudine a concretare la finalità
perseguita dalla normativa e cioè l’ampliamento delle dimensioni territoriali dell’azienda; che nel caso di specie il tribunale aveva anzitutto valutato le caratteristiche dei terreni e ritenuto che l’acquisto del fondo da parte della COGNOME consentiva un accorpamento strutturale culturale dei terreni conforme alle intenzioni del legislatore, in primo luogo per il fatto che il fondo della COGNOME confinava con la proprietà oggetto di causa per una lunghezza maggiore rispetto a quello del COGNOME, sicché <>; che inoltre l’accorpamento con il fondo della COGNOME consentiva un accesso più comodo dalla strada pubblica; che, infine, vi era stata una offerta più alta da parte della COGNOME, a riprova di una più consona volontà di fare un investimento agricolo duraturo.
Nella fase di gravame si costituivano separatamente resistendo l’acquirente COGNOME NOME ed i venditori COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2.1 Con sentenza n. 3981/2020 del 7 agosto 2020 la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello.
Avverso tale decisione COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Resistono con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente denuncia <>.
Lamenta che la corte di merito ha omesso di considerare la mancata possibilità per esso ricorrente di esercitare il diritto di prelazione, a causa dell’omessa comunicazione, da parte dei signori COGNOME, della proposta di alienazione del fondo con l’indicazione del prezzo in forma scritta.
Posto che la violazione dell’obbligo di denuntiatio in forma scritta, prevista dalla legge ad substantiam , costituisce un vizio dirimente che travolge tutte le successive fasi del procedimento, esso ricorrente, non avendo avuto conoscenza dell’esatta determinazione del prezzo offerto dal terzo, non è stato messo nelle condizioni di poter esercitare compiutamente il diritto di prelazione, esercizio che avrebbe potuto portare, anche alla luce di una diversa valutazione della propria posizione e della sua stessa proposta, ad una soluzione radicalmente opposta a quella che ha dato luogo al presente giudizio.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia <>.
Deduce che erroneamente la corte di merito ha dapprima escluso che vi fosse necessità di una specifica domanda riconvenzionale da parte dell’acquirente COGNOME, ritenendo che la stessa potesse limitarsi a difendere la propria posizione senza articolare compiutamente alcuna richiesta volta al riconoscimento del suo diritto in confronto ed a preferenza rispetto alle specifiche domande formulate da parte dell’attuale ricorrente COGNOME, per poi ritenere che la COGNOME avesse tutti i requisiti di legge per l’acquisto del fondo, sì da dover essere preferita al COGNOME.
Inoltre, la corte di merito, pur richiamando i presupposti a cui la legge subordina il riconoscimento dell’esercizio della prelazione, ha ritenuto del tutto superfluo ed irrilevante l’accertamento della sussistenza in capo al COGNOME dei relativi
requisiti oggettivi e soggettivi, omettendo di verificare se e in che misura tali requisiti potessero essere messi a confronto con i requisiti posseduti dalla COGNOME.
Ancora lamenta che è errato, e non conforme all’orientamento anche espresso dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza 18 ottobre 1986, n. 6123, sostenere che l’elemento fondamentale per la scelta del confinante preferito nell’esercizio del diritto di prelazione sia soltanto costituito dalla lunghezza e dalla forma del confine.
Il vizio di fondo dell’impugnata sentenza sarebbe, in ultima analisi, quello di aver volutamente ignorato la piena sussistenza in capo al COGNOME di quei requisiti oggettivi (fondo di proprietà del COGNOME confinante con quell’oggetto di riscatto, assenza sui fondi oggetto di riscatto di affittuari coloni e ecc., destinazione agricola dei fondi) e soggettivi (la qualifica di coltivatore diretto, la forza lavoro, la coltivazione biennale del fondo e la mancata vendita di fondi rustici), che avrebbero dovuto portare all’accoglimento della sua domanda.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia <>
Deduce che la sentenza impugnata risulta profondamente viziata anche nella parte in cui ha ritenuto <> (così p. 4 della sentenza impugnata).
Il primo motivo è inammissibile.
Omette infatti di individuare il contenuto dei primi due motivi
di appello, cui si riferisce la motivazione che intende criticare. E siccome tali motivi sono indicati del tutto genericamente nella sentenza impugnata, l’omissione del ricorrente rende impossibile apprezzare la pertinenza della motivazione in relazione ad essi.
In secondo luogo, se si superasse tale rilievo, va rilevato che il ricorrente evoca una serie di emergenze fattuali senza rispettare l’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Il motivo, se fosse ammissibile ed esaminabile sulla base delle rilevate carenze, sarebbe anche, gradatamente, infondato.
Sebbene questa Corte abbia avuto modo di affermare che, in tema di prelazione agraria, assolve all’onere della denuntiatio di cui all’art. 8 della legge n. 590 del 1965 la comunicazione della proposta di vendita effettuata a mezzo raccomandata con allegato il contratto definitivo di compravendita stipulato in forma pubblica la cui efficacia sia stata sospensivamente condizionata al mancato esercizio della prelazione, poiché, in tal caso, risulta comunque realizzata la finalità di porre il destinatario nella condizione di decidere sull’opportunità di esercitare la prelazione, fornendo la suddetta comunicazione i dati necessari integranti una proposta di alienazione (Cass., 20/01/2009, n. 1348; Cass., 13/05/2021, n. 12894; Cass., 08/11/2018, n. 28495), per altro verso è stato precisato che ai fini dell’esercizio della prelazione agraria, deve ritenersi superflua la trasmissione, al prelazionario, del contratto preliminare di compravendita del terreno, ove quando risulti in qualsiasi modo che, per iniziativa del proprietario-venditore, il coltivatore ha avuto piena conoscenza della proposta di vendita del terreno, dovendo in tal caso ritenersi realizzata la finalità della legge (Cass., 13 febbraio 2017, n. 3760; Cass., 19/01/2007, n. 1192).
4.1 Non risulterebbe tuttavia conforme a diritto, e andrebbe pertanto corretta, la motivazione con cui la corte di merito ha rilevato che l’acquirente COGNOME era una confinante, per poi
affermare il principio secondo cui, in presenza di una pluralità di coltivatori diretti tutti confinanti, spetta al giudicante la scelta del soggetto preferito alla stregua della maggiore o minore attitudine a concretare la finalità perseguita dalla normativa e cioè l’ampliamento delle dimensioni territoriali dell’azienda (Cass., 16/03/2021, n. 7292).
Invero, la corte di merito non richiama correttamente un precedente di questa Corte, che invece, in relazione allo specifico profilo dell’onere della denuntiatio , ha già avuto modo di affermare che, nel caso di più confinanti, il proprietario che intende alienare il fondo rustico ha l’onere di avvisarli tutti (Cass., 16/03/2021, n. 7292).
5. Il secondo motivo è inammissibile.
Non denuncia la violazione e falsa applicazione della normativa indicata (Cass., 15/01/2015, n. 635: <>; Cass., 22 luglio 2020, n. 15634), ma si dilunga, peraltro in evidente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., in considerazioni su una serie di emergenze dello svolgimento del giudizio, così sollecitando un sindacato sulla ricostruzione della quaestio facti , precluso dall’attuale n. 5 dell’art. 360 c.p.c. secondo l’esegesi di cui a Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014.
Il terzo motivo, incentrato su una censura già adombrata fuggevolmente nel contenuto del secondo motivo, è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare in una controversia analoga alla presente, nel caso di <<contrastanti posizioni di due soggetti, entrambi coltivatori diretti ed entrambi confinanti rispetto al fondo oggetto di alienazione, i quali erano evidentemente titolari, in astratto, del diritto di prelazione. Situazione, questa, che giustificava che il proprietario intenzionato ad alienare comunicasse la sua volontà ad entrambi. Solo che, mentre uno dei due (COGNOME.) ha potuto, nella sostanza, realizzare l'effetto che sarebbe conseguito al riconoscimento della prelazione, acquistando direttamente il terreno, l'altro non l'ha potuto fare (G.A.), perché non gli è stata data alcuna comunicazione dell'intenzione di vendere da parte del proprietario e, dunque, egli non è stato posto in grado di far valere il diritto di prelazione a suo favore e contro l'altro soggetto acquirente. Nel giudizio di riscatto promosso dal concorrente trascurato (COGNOME.A.), la domanda riconvenzionale proposta da G.P. per ottenere il riconoscimento della prelazione a suo favore postulava il riconoscimento di un diritto, quello all'acquisto della proprietà del bene, che in concreto si era già realizzato in forza della compravendita volontaria; per cui risultava azionato al di fuori dello schema normativo astratto. I giudici di merito hanno in sostanza preso atto, con la declaratoria di "inammissibilità", che il diritto azionato con la riconvenzionale non rispondeva, appunto, allo schema normativo astratto. Senonché, i fatti posti a base della domanda riconvenzionale avevano comunque rilievo come fatto impeditivo rispetto alla domanda principale, rendendo necessario il giudizio di comparazione tra le due posizioni, così come richiesto dalla costante giurisprudenza di questa Corte. Questi fatti rilevavano, cioè, al fine di valutare se nel conflitto fra i due potenziali titolari del diritto di prelazione fosse da preferire
la posizione di NOME o, viceversa, quella di NOME. Ne consegue che l'avvenuto scrutinio delle ragioni poste a base della domanda di accertamento riconvenzionale in via di sola eccezione è da ritenere pienamente legittimo (così Cass., 16/03/2021, n. 7292).
Anche nel caso di specie è dunque possibile rilevare che la COGNOME, essendo già titolare del diritto di proprietà dei terreni rispetto ai quali è stato esperito il retratto agrario, non aveva interesse a proporre domanda riconvenzionale, ben potendo limitarsi a chiedere il rigetto della domanda del COGNOME; peraltro correttamente la COGNOME ha svolto difese finalizzate a comprovare la sua titolarità dei requisiti richiesti dalla legge, consentendo così al giudicante di effettuare la necessaria comparazione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti COGNOME e COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza