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Prelazione agraria: quando è valida? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di alcuni acquirenti di un terreno agricolo contro i proprietari confinanti che avevano esercitato il diritto di riscatto. La Corte ha stabilito che le censure relative alla qualifica di coltivatore diretto e all’effettiva finalità agricola dell’operazione costituiscono un tentativo di riesaminare il merito della causa, inammissibile in sede di legittimità. La decisione riafferma che il controllo della Cassazione è limitato alla violazione di legge e ai vizi di motivazione radicali, non potendo trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La questione centrale è quindi il limite del sindacato sul diritto di prelazione agraria.

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Prelazione Agraria: Limiti al Riesame dei Fatti in Cassazione

Il diritto di prelazione agraria è uno strumento fondamentale per favorire l’accorpamento dei fondi agricoli e migliorare l’efficienza delle imprese del settore. Tuttavia, quando sorgono controversie, quali sono i limiti del sindacato della Corte di Cassazione? Con l’ordinanza n. 18786 del 2024, la Suprema Corte ha ribadito un principio cruciale: il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito, e non può riesaminare le prove e i fatti già accertati dai tribunali inferiori.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di due coltivatori diretti di esercitare il diritto di riscatto su un terreno agricolo confinante con il loro, acquistato da terzi. I coltivatori sostenevano di possedere tutti i requisiti previsti dalla legge: la qualifica di coltivatori diretti, la coltivazione del fondo confinante nel biennio precedente, un’adeguata capacità lavorativa e la mancata vendita di altri terreni nello stesso periodo.

Gli acquirenti del fondo si sono opposti, contestando la reale qualifica di coltivatori diretti dei vicini, i quali svolgevano anche altre attività lavorative. Inoltre, hanno sostenuto che l’esercizio del diritto di riscatto fosse un abuso, poiché il terreno dei riscattanti era in gran parte destinato ad attività edificatorie e non alla coltivazione, venendo meno lo scopo della normativa sulla prelazione agraria.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione ai coltivatori diretti, confermando il loro diritto a riscattare il fondo.

I Motivi del Ricorso e la Prelazione Agraria in Cassazione

Gli acquirenti, soccombenti in appello, hanno proposto ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Violazione di legge e abuso del diritto: Lamentavano che la Corte d’Appello non avesse considerato come la destinazione edificatoria di gran parte del fondo dei riscattanti escludesse la finalità agricola che giustifica la prelazione agraria. A loro dire, ciò configurava un abuso del diritto.
2. Nullità della sentenza per motivazione apparente: Sostenevano che la sentenza d’appello fosse viziata da una motivazione solo apparente riguardo alla sussistenza del requisito della coltivazione del fondo per almeno un biennio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, ritenendoli inammissibili e infondati, e ha fornito importanti chiarimenti sul proprio ruolo.

Il Divieto di Riesame del Merito

Con riferimento al primo motivo, la Corte ha affermato che le argomentazioni dei ricorrenti non denunciavano una vera e propria violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove. Tale attività è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito se questa è logicamente motivata e non viola specifiche norme di diritto. I ricorrenti, secondo la Corte, non hanno indicato con precisione quali affermazioni della sentenza impugnata fossero in contrasto con le norme di legge, limitandosi a sollecitare un riesame delle risultanze probatorie.

L’Insussistenza della Motivazione Apparente

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha richiamato il consolidato orientamento delle Sezioni Unite (in particolare la sentenza n. 8053/2014), secondo cui una sentenza può essere annullata per vizio di motivazione solo in casi eccezionali e gravi: mancanza assoluta di motivazione, motivazione puramente apparente, contrasto irriducibile tra affermazioni o motivazione perplessa e oggettivamente incomprensibile. Nel caso di specie, nessuna di queste anomalie era ravvisabile. I ricorrenti, ancora una volta, pretendevano di dimostrare il vizio della sentenza basandosi su elementi esterni ad essa, ovvero su una diversa lettura delle prove, pratica non consentita nel giudizio di cassazione.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza un pilastro del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Chi intende ricorrere alla Suprema Corte deve essere in grado di dimostrare un errore di diritto o un vizio motivazionale radicale, senza sperare in una nuova valutazione delle prove. Per quanto riguarda la prelazione agraria, la decisione conferma che l’accertamento dei requisiti soggettivi e oggettivi (come la qualifica di coltivatore diretto e la finalità agricola) è una questione di fatto, la cui valutazione, se congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

È possibile contestare il diritto di prelazione agraria in Cassazione sostenendo che i fatti sono stati valutati male dal giudice di merito?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo è di sindacato di legittimità, non di merito. Non può rivalutare le prove o i fatti accertati nei gradi precedenti, a meno che non si dimostri un vizio di motivazione radicale o un errore di diritto specifico nell’interpretazione delle norme.

Cosa si intende per “motivazione apparente” di una sentenza?
Secondo la sentenza, la motivazione è “apparente” solo in casi estremi, come la mancanza assoluta di motivi, un contrasto irriducibile tra affermazioni o una perplessità tale da renderla incomprensibile. Un semplice difetto di “sufficienza” non basta per annullare la sentenza in Cassazione.

L’uso non esclusivamente agricolo del fondo del confinante può essere considerato un abuso del diritto di prelazione?
Nel caso di specie, i ricorrenti hanno sollevato questa questione, ma la Corte di Cassazione ha respinto il motivo perché mirava a un riesame dei fatti. La sentenza non entra nel merito della questione, ma stabilisce che la valutazione se l’obiettivo del riscattante sia o meno il miglioramento dell’impresa agricola è una questione di fatto, di competenza dei giudici di merito e non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logicamente valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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