Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18786 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18786 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2056/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE
Pec:
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME, il primo in proprio e tutti quali eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 5073/2020 depositata il 20/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari coltivatori diretti di terreni siti in Sonnino (una particella di mq 6974 ed un’altra di mq 10830) convennero in giudizio davanti al Tribunale di Frosinone NOME COGNOME e NOME COGNOME, acquirenti di un terreno confinante con il loro, esercitando il diritto di retratto sull’immobile, allegando tutti i requisiti propri del diritto di prelazione agraria ai sensi del l’art. 7 co. 2 l. n. 817 del 1971 e cioè l’essere coltivatori diretti, l’aver coltivato nel biennio precedente alla vendita il terreno confinante con quello venduto, disporre della capacità lavorativa prevista per legge e non aver alienato alcun terreno nel biennio precedente alla vendita; chiesero pertanto che, in accoglimento del loro diritto di riscatto, fosse accertato il diritto di proprietà sul fondo confinante e i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni;
NOME COGNOME e NOME COGNOME si costituirono in giudizio chiedendo il rigetto della domanda; assunsero che gli attori non avevano la qualifica di coltivatori diretti per aver svolto altro tipo di attività e che il terreno da loro coltivato (e confinante con quello oggetto di riscatto) era di piccole dimensioni tale da non giustificare il riscatto;
espletate prove testimoniali e per interrogatorio formale e disposta una CTU, il Tribunale di Frosinone accolse le domande, condannando i convenuti all’immediato rilascio del bene e al risarcimento dei danni;
la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 5073 pubblicata in data 20/10/2020, ha rigettato l’appello confermando integralmente la sentenza di primo grado e condannando gli appellanti alle spese;
avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
NOME COGNOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, resistono con controricorso;
il AVV_NOTAIO ha formulato proposta di definizione anticipata del giudizio nel senso del rigetto del ricorso;
i ricorrenti hanno formulato istanza ai sensi dell’art. 380 -bis cpc di decisione della causa;
entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cpc.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 31 L. 26 maggio 1965 n. 590, dell’art. 7 l. 14 agosto 1971 n. 817 degli artt. 2 Cost. 1175 e 1375 c.c. e delle norme e principi in materia di divieto di abuso del diritto e di venire contra factum proprium (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.)- i ricorrenti lamentano che la sentenza ha escluso l’esistenza di una causa ostativa al l’esercizio del diritto di prelazione e retratto costituita dalla circostanza che il fondo confinante era stato per la gran parte oggetto di attività edificatoria; ciò avrebbe dovuto condurre la Corte d’Appello a ritenere che i riscattanti non avessero di mira la coltivazione della terra come fonte principale del proprio reddito
e che non perseguissero il progetto di miglioramento dell’efficienza dell’impresa agricola così da non poter essere ritenuti titolari né del diritto di prelazione né del diritto di retratto;
con il secondo motivo -ulteriore profilo di violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 31 l. 26 maggio 1965 n. 590 e dell’art. 7 l. 14 agosto 1971 n. 817 (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, co. 1 n. 3 c. p.c. e per motivazione apparente (art. 360 co. 1 nn. 4 e 5 c.p.c. ) -i ricorrenti impugnano il capo di sentenza che ha ritenuto sussistenti tutti i requisiti del diritto di prelazione e retratto, con particolare riguardo al requisito della coltivazione del fondo da almeno due anni; lamentano motivazione apparente;
il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha proposto la definizione accelerata del ricorso sulla base della seguente motivazione:
<>;
il Collegio rileva che la memoria di parte ricorrente, quanto al primo motivo, non coglie il senso del rilievo espresso dalla proposta con l’assunto che l’illustrazione di esso non indica le affermazioni della sentenza impugnata contrastanti con le norme di cui si deduce la violazione. Infatti, argomenta come se la PDA avesse censurato l’omessa individuazione della motivazione criticanda, là dove essa ha invece, correttamente ad avviso del Collegio, inteso rilevare la carenza di tessuto argomentativo in iure dell’illustrazione del motivo, il quale necessariamente implicava l’individuazione del come e del perché la sentenza avesse commesso gli errores in iudicando ad essa addebitati;
la RAGIONE_SOCIALE ha spiegato perché il motivo non avesse tale tenore evidenziando correttamente che il motivo pretendesse di individuarli come conseguenza di una sollecitata rivalutazione di emergenze istruttorie: è sufficiente leggere l’illustrazione nella pagina 8 e nelle prime cinque righe della pagina successiva per averne conferma;
quanto al secondo motivo, la memoria ignora il rilievo assorbente della PDA circa il fondarsi l’assunto dell’apparenza di motivazione su elementi aliunde rispetto ad essa, il che è escluso dalla giurisprudenza di questa Corte (si vedano le note sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014); la memoria si dilunga ad illustrare la pretesa apparenza di motivazione sulla base della sollecitazione ad una rivalutazione di emergenze istruttorie, così ponendosi sempre -per la ragione appena detta – al di fuori del modello de l vizio ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c.;
poiché la proposta di definizione del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO è da condividere integralmente, ne segue, con la decisione di rigetto del ricorso, la condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo e agli ulteriori oneri indicati dal terzo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., e ciò nei termini di cui in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 2.800 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15%. Condanna altresì i ricorrenti al pagamento alla parte controricorrente della somma di € 2.800 ai sensi dell’art. 96, 3° comma, c.p.c. e della somma di € 1.000 in favore della Cassa per le ammende;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione