Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26156 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26156 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
COMUNE DI LUSON
-intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 37/2020 depositata il 7/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 1/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19782/2020 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME ( CF: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME ( CF: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
-controricorrente –
nonché contro
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., successivamente convertito d’ufficio in procedimento ordinario, COGNOME NOME (odierno ricorrente) convenne dinanzi al Tribunale di Bolzano NOME COGNOME (odierno controricorrente) nonché il Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per sentir accertare il proprio diritto di prelazione e riscatto sulla p.f. 2831/2 che il Comune RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto a COGNOME NOME al prezzo di euro 4.160,00 senza notificare l’alienazione ai sensi dell’art. 8 legge nr. 590/1965 ad esso attore, proprietario del fondo confinante e coltivatore diretto.
A sostegno delle proprie pretese COGNOME RAGIONE_SOCIALE espose: (i) di aver tempestivamente esercitato il proprio diritto di riscatto con atto stragiudiziale tramite lettera raccomandata inviata al Comune di RAGIONE_SOCIALE e all’acquirente COGNOME NOME; (ii) che il legale del convenuto acquirente, riscontrando la raccomandata, aveva negato la sussistenza in capo ad esso COGNOME dei presupposti per l’esercizio del diritto di riscatto, mentre il Comune di RAGIONE_SOCIALE nulla aveva osservato; (iii) che in data 31/12/2014 il Comune aveva emesso ordinanza di demolizione per opere realizzate da RAGIONE_SOCIALE sulla p.f. 2831/2 senza la prescritta concessione; (iv) che ai fini di poter accedere a sanatoria ai sensi dell’art. 85 della legge urbanistica provinciale nr. 13/ 1997 si rendeva necessario l’accertamento giudiziale del valido ed efficace esercizio del diritto di riscatto da parte dell’attore; (v) che, quale titolare di maso chiuso e coltivatore diretto, proprietario di fondo agricolo confinante con quello oggetto dell’esercitata azio ne di retratto, esso COGNOME NOME era in possesso dei requisiti richiesti per l’esercizio del diritto di retratto agrario.
Il convenuto COGNOME NOME si costituì contestando la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per l’esercizio del diritto di riscatto in capo all’attore. Il Comune di RAGIONE_SOCIALE rimase contumace.
La causa venne istruita attraverso l’assunzione di CTU volta alla descrizione dei luoghi, con particolare riferimento alla conformazione
della p.f. 2831/2 nonché alla sua, anche, parziale destinazione a prato e/o all’accesso alla p.ed. sita a valle della stessa.
Con sentenza n. 1416/2017 il Tribunale di Bolzano rigettò la domanda del COGNOME NOME, ritenendo che il fondo oggetto di prelazione agraria avesse perso irreversibilmente tale destinazione, trattandosi di un pendio al margine della strada comunale e costituendo in parte l’accesso al cortile del convenuto e in parte l’accesso alla proprietà attorea, e che, con riferimento ai presupposti soggettivi per l’esercizio del diritto di riscatto, l’attore non avesse adempiuto al proprio onere probatorio relativo alla mancata vendita di terreni agricoli nei due anni precedenti la vendita.
Avverso la sentenza di primo grado RAGIONE_SOCIALE propose gravame dinanzi alla Corte d’appello di Trento.
Con sentenza n. 37/2020, depositata in data 7/3/2020, oggetto di ricorso, la Corte d’ appello di Trento ha rigettato il gravame, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la predetta sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui COGNOME NOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.
Il Comune di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese nel presente giudizio di legittimità.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘Violazione e/o erronea e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 comma 1 n. 3) con riferimento al combinato disposto di cui agli artt. 24 cost. 2697 c.c. e 115 c.p.c. 8 legge 59065 e art. 7 legge 817 71’, per avere la Corte territoriale ritenuto che egli non abbia fornito la prova della mancata alienazione di fondi rustici nel biennio anteriore alla vendita del terreno oggetto
di causa e abbia, di conseguenza, ritenuto che facesse difetto una condizione dell’azione per l’esercizio del diritto di riscatto agrario.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c. , ‘ Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 comma 1 n. 3) con riferimento all’art. 8 legge 59065 e art. 7 legge 81771 ‘, per avere la Corte territoriale ritenuto che al terreno alienato non potesse attribuirsi vocazione agricola e che, di conseguenza, non fosse suscettibile di rientrare nel novero dei terreni oggetto di prelazione/riscatto agrario.
Quanto al primo motivo di ricorso, è principio acquisito nella giurisprudenza di legittimità che la vendita di fondi rustici nel biennio precedente costituisce causa ostativa all’esercizio del diritto di prelazione e del conseguente diritto di riscatto. La mancata vendita di fondi rustici co stituisce una delle condizioni dell’azione cui è subordinata, ai sensi dell’art. 7 della l. n.817/ 1971, l’insorgenza del diritto di prelazione agraria. La finalità perseguita dal legislatore (art. 8 l. n. 590/1965 e art. 7 l. 817/1971), è infatti quella di evitare lo strumentale esercizio del diritto di prelazione e quella di promuovere la formazione di imprese agricole di proprietà di coltivatori diretti e l’accorpamento dei fondi per migliorare la redditività dei t erreni, per cui non sarebbe giustificato favorire nell’acquisto di fondi altrui chi, avendo venduto fondi propri nel biennio precedente, ha mostrato di non avere di mira la coltivazione della terra come fonte principale del proprio reddito.
3.1 Si è statuito in materia che ‘ Il diritto di prelazione agraria previsto dall’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 ed esteso al proprietario di terreni confinanti dall’art. 7, secondo comma, della legge 14 agosto 1971, n. 817, è sottoposto, fra l’altro, alla condizione negativa della mancata vendita di altri fondi rustici nel biennio precedente. Tale previsione – che si radica sulla necessità di favorire l’accorpamento dei fondi al fine di migliorare la redditività dei terreni, evitando, nel contempo, l’esercizio della prelazione co n
finalità speculative – va interpretata restrittivamente alla luce di un bilanciamento tra valori costituzionalmente rilevanti e, perciò, si applica anche al caso di vendita di quote in proprietà indivisa, a prescindere dalla percentuale delle medesime ‘ (così Cass., sez. III, sent. 10/05/2011, n. 10220).
È stato pure precisato, anche di recente, da questa Corte che, in tema di prelazione agraria, la mancata vendita di fondi rustici nel biennio precedente costituisce condizione per l’insorgenza del diritto di prelazione e di riscatto in capo al coltivatore diretto proprietario del fondo confinante, sicché chi esercita il relativo diritto, salvo espresso riconoscimento della controparte, deve dimostrarne la sussistenza, senza che la prova sia territorialmente delimitata e senza che rilevi il carattere di fatto negativo della stessa, il quale comporta solo la necessità di allegare fatti positivi contrari, la cui acquisizione può avvenire anche con testi e presunzioni, ivi compresi i certificati rilasciati dalla Conservatoria dei Registri Immobiliari e le visure richieste agli Uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate (Cas s., ord., 11/10/2023, n. 28415; Cass. 27/03/2015, n. 6247).
3.2 Orbene, nell’impugnata sentenza la Corte di merito ha fatto invero piena e corretta applicazione di tali principi, là dove ha affermato che ‘ la mancata vendita di fondi rustici nei due anni precedenti, attiene ad una condizione dell’azione la cui mancanza è rilevabile d’ufficio. L’attore -appellante COGNOME NOME ha dimesso estratto tavolare relativo al maso chiuso di sua proprietà, ma con tale produzione non può ritenersi adempiuto l’onere probatorio circa la mancata vendita di fondi rustici nel biennio precedente, su di lui gravante, perché la documentazione non comprova che egli non abbia venduto altre particelle fondiarie o terreni rustici non facenti parte del maso chiuso. Tale prova, a ben vedere, egli avrebbe prontamente e comodamente potuto fornire attraverso una visura catastale storica e con certificazione tavolare delle proprietà a lui intestate, siano esse facenti parte di maso chiuso, siano esse ulteriori rispetto al maso
chiuso. Privo di rilevanza si rivela quindi l’argomento attinente alla necessità di autorizzazione al distacco di fondi appartenenti a maso chiuso da parte della apposita commissione. Né, del resto, l’attore ha prodotto alcuna dichiarazione della commissione attestante il mancato distacco di fondi dal maso chiuso. Siffatte considerazioni portano quindi a ritenere non fondato il motivo di appello, non avendo parte attrice appellante fornito la prova della mancata alienazione di fondi rustici nel biennio anteriore la vendita, quale condizione dell’azione ‘ (così da p. 11, 3° §, a p. 12, fine 1° § della sentenza).
Né d’altronde può procedersi in questa sede ad una rivalutazione delle risultane istruttorie.
3.3 Alla luce di quanto sopra evidenziato, il motivo in esame va rigettato.
Il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accertamento del difetto di prova della mancata alienazione di fondi rustici nel biennio anteriore la vendita, quale condizione dell’azione, assorbe di per sé l’esame del secondo motivo. In ogni caso, ove mai scrutinabile, tale ultimo motivo sarebbe comunque da disattendere, in quanto, con accertamento in fatto, non censurabile in questa sede, la Corte di merito ha escluso la vocazione agricola del fondo in questione nonché la sussistenza della qualità di coltivatore diretto in capo all’attuale ricorrente , laddove (a p. 13 della motivazione) ha affermato « Tali considerazioni portano a concludere per la mancanza dei presupposti per accogliere la domanda dell’attore in capo al quale, per altro, difetta anche la prova circa la qualità di coltivatore diretto del fondo confinante, restando una mera affermazione attorea che egli abbia da sempr e falciato ‘l’area oggetto di causa’, intendendo probabilmente il proprio fondo confinante. La questione appare comunque priva di rilevanza atteso che l’attore non ha dimostrato la sussistenza degli altri requisiti per l’esercizio del diritto di prelazione agraria e che per sua espressa affermazione (atto di
citazione di primo grado) ha fatto valere il diritto di prelazione al solo fine di sanare una violazione urbanistica ».
Per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere conclusivamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, d eve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.000,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, in favore del controricorrente COGNOME NOME.
Così deciso in Roma, il 1°/03/2024.