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Prelazione agraria: la prova della mancata vendita

Un coltivatore diretto ha agito in giudizio per esercitare il diritto di prelazione agraria su un terreno confinante venduto dal Comune. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, stabilendo che spetta a chi esercita il diritto dimostrare di non aver venduto altri fondi rustici nel biennio precedente. La prova fornita è stata ritenuta insufficiente, comportando il rigetto della domanda.

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Diritto di Prelazione Agraria: A Chi Spetta l’Onere della Prova?

Il diritto di prelazione agraria rappresenta uno strumento fondamentale per favorire l’accorpamento dei fondi agricoli e promuovere la formazione di imprese agricole più competitive. Tuttavia, il suo esercizio è subordinato a precisi requisiti, sia oggettivi che soggettivi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia: l’onere di provare la sussistenza di tutte le condizioni, inclusa quella ‘negativa’ di non aver venduto fondi rustici nel biennio precedente, ricade interamente su chi intende avvalersi di tale diritto.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla vendita di un appezzamento di terreno da parte di un Comune a un privato. Il proprietario di un fondo agricolo confinante, ritenendo di averne diritto, ha agito in giudizio per esercitare il riscatto del terreno, lamentando la mancata notifica dell’alienazione che gli avrebbe impedito di esercitare il proprio diritto di prelazione agraria.

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello hanno rigettato la sua domanda. I giudici di merito hanno evidenziato due principali carenze: da un lato, il fondo in questione sembrava aver perso la sua vocazione agricola; dall’altro, e in modo decisivo, l’attore non aveva fornito una prova adeguata di uno dei requisiti soggettivi richiesti dalla legge: la mancata vendita di altri terreni agricoli nei due anni precedenti la compravendita.

L’Onere della Prova nel Diritto di Prelazione Agraria

Il ricorrente ha portato la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nell’attribuirgli l’onere di provare la mancata alienazione di fondi nel biennio. La Suprema Corte, tuttavia, ha respinto questa tesi, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Il diritto di prelazione agraria e il conseguente diritto di riscatto sono subordinati a una serie di condizioni, tra cui la cosiddetta ‘condizione negativa’: non aver venduto fondi rustici nel biennio precedente. Questa previsione mira a evitare comportamenti speculativi, favorendo chi dimostra un interesse stabile e concreto alla coltivazione della terra, non chi vende i propri terreni per poi acquistarne altri. Secondo la Cassazione, questa condizione non è una mera eccezione, ma un vero e proprio presupposto costitutivo del diritto. Di conseguenza, in base al principio generale dell’onere della prova (art. 2697 c.c.), spetta a chi agisce in giudizio dimostrare l’esistenza di tutti gli elementi che fondano la sua pretesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto che il ricorrente non avesse adempiuto a tale onere. La documentazione prodotta, consistente nell’estratto tavolare relativo al solo ‘maso chiuso’ di sua proprietà, è stata giudicata insufficiente. Essa, infatti, non poteva escludere che il ricorrente fosse proprietario di altri terreni, non facenti parte del maso, e che li avesse venduti nel biennio rilevante. I giudici hanno sottolineato come una prova adeguata sarebbe stata facilmente ottenibile attraverso una visura catastale storica e una certificazione tavolare completa di tutte le proprietà intestate al ricorrente.

Il rigetto di questo primo motivo di ricorso ha reso superfluo l’esame del secondo, relativo alla natura agricola del fondo. La mancanza di una delle condizioni essenziali dell’azione ha infatti assorbito ogni altra questione.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla finalità stessa della normativa in materia di prelazione agraria. Il legislatore ha inteso promuovere la formazione e l’accorpamento di proprietà agricole funzionali a una migliore redditività, evitando che il diritto di prelazione venga esercitato per scopi speculativi. Chi vende terreni agricoli dimostra, secondo la legge, un disinteresse verso la coltivazione come fonte principale di reddito, e non merita quindi di essere favorito nell’acquisto di fondi altrui. L’onere di dimostrare questa ‘lealtà’ verso la terra ricade, quindi, su chi vuole beneficiare di tale istituto. La Corte ha inoltre osservato, come elemento aggiuntivo, che l’azione del ricorrente sembrava motivata principalmente dalla necessità di sanare una violazione urbanistica, uno scopo estraneo alle finalità della prelazione agraria.

Le Conclusioni

Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica: chi intende esercitare il diritto di prelazione agraria deve preparare con estrema cura la documentazione a supporto della propria domanda. Non è sufficiente affermare di possedere i requisiti; è necessario provarli in modo inequivocabile. In particolare, per dimostrare la condizione negativa della mancata vendita di fondi nel biennio, è indispensabile munirsi di documentazione completa, come visure storiche catastali e certificazioni dei registri immobiliari, che attestino l’assenza di alienazioni su tutto il territorio nazionale. Affidarsi a prove parziali o incomplete espone al rischio concreto di veder rigettata la propria domanda, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

A chi spetta l’onere di provare i requisiti per il diritto di prelazione agraria?
Secondo l’ordinanza, l’onere di provare la sussistenza di tutti i presupposti per l’esercizio del diritto di prelazione agraria, compresa la condizione di non aver venduto fondi rustici nel biennio precedente, spetta integralmente a chi esercita tale diritto.

Quale tipo di prova è considerata adeguata per dimostrare la mancata vendita di fondi nel biennio?
La Corte ha chiarito che la semplice produzione di un estratto tavolare relativo a una singola proprietà (come un ‘maso chiuso’) è insufficiente. Una prova idonea e completa può essere fornita attraverso una visura catastale storica e una certificazione tavolare estesa a tutte le proprietà intestate alla persona, atte a dimostrare l’assenza di vendite nel periodo di riferimento.

Il diritto di prelazione agraria può essere usato per fini diversi da quelli agricoli, come sanare una violazione edilizia?
No. La Corte ha ribadito che la finalità del diritto di prelazione agraria è quella di favorire l’accorpamento di fondi per migliorare la redditività dei terreni. L’utilizzo di tale diritto per scopi strumentali, come sanare una violazione urbanistica, è considerato estraneo alla sua funzione e non è tutelato dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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