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Prelazione agraria: esclusa per destinazione edilizia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una proprietaria terriera che rivendicava il diritto di prelazione agraria su un fondo confinante. La decisione si fonda sul principio che la potenziale destinazione edilizia, industriale o turistica di un terreno, prevista dagli strumenti urbanistici, è sufficiente a escludere tale diritto, a prescindere dall’uso agricolo attuale. La Corte ha inoltre chiarito diversi aspetti procedurali, come l’ammissibilità di documenti formatisi dopo la scadenza dei termini.

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Prelazione agraria: quando la destinazione urbanistica esclude il diritto?

Il diritto di prelazione agraria rappresenta un pilastro della normativa agricola, finalizzato a promuovere l’accorpamento dei fondi e la formazione di imprese agricole più efficienti. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precisi requisiti, sia soggettivi che oggettivi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la semplice previsione di una destinazione non agricola del terreno da parte degli strumenti urbanistici è sufficiente a far decadere tale diritto. Analizziamo insieme la vicenda.

I fatti di causa

Una proprietaria di terreni agricoli avviava un’azione legale per esercitare il diritto di riscatto su un appezzamento confinante, venduto da una società assicurativa a un terzo. La ricorrente sosteneva di possedere tutti i requisiti previsti dalla legge per la prelazione agraria, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la sua domanda. Secondo i giudici di merito, mancavano alcuni presupposti oggettivi, tra cui, in particolare, la natura agricola del fondo oggetto di riscatto, in quanto gli strumenti di pianificazione territoriale ne prevedevano una potenziale destinazione residenziale.

L’analisi della Corte sulla prelazione agraria e i requisiti oggettivi

La Suprema Corte, investita della questione, ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Il punto cruciale dell’analisi ha riguardato l’interpretazione dell’art. 8 della L. 590/1965.

La norma prevede che la prelazione agraria non sia consentita quando i terreni, in base a piani regolatori (anche non ancora approvati), siano destinati a utilizzazione edilizia, industriale o turistica. La giurisprudenza costante, ribadita dalla Corte, interpreta questa disposizione in senso molto ampio: è sufficiente l'”astratta possibilità” che il terreno possa essere destinato a un uso diverso da quello agricolo, in base agli strumenti urbanistici vigenti. Non rileva, quindi, che al momento della vendita il fondo fosse effettivamente coltivato o avesse una vocazione agricola.

Nel caso specifico, era stato prodotto un progetto di ristrutturazione di un edificio diruto presente sul terreno, che ne evidenziava la potenziale natura residenziale. Questo, unito alle previsioni del piano urbanistico, è stato ritenuto sufficiente a escludere il diritto della ricorrente.

La Corte ha inoltre affrontato altre questioni:

* Produzione di documenti: La Corte ha ritenuto ammissibile la produzione di un documento formatosi dopo la scadenza dei termini istruttori, in quanto non era possibile produrlo prima. In questi casi, non incorre la decadenza e non è necessaria una formale istanza di rimessione in termini.
Nozione di “fondo” e “mappale”: La ricorrente lamentava che i giudici avessero ragionato per singoli “mappali” anziché considerare l’unità poderale del “fondo”. La Corte ha giudicato la censura inammissibile, in quanto non adeguatamente motivata e critica rispetto alla ratio decidendi* della sentenza d’appello.
* Contiguità dei fondi: È stato confermato il principio secondo cui la contiguità, requisito essenziale per la prelazione, è esclusa dalla presenza di una semplice “stradella” o sentiero interpoderale, senza che sia necessario accertarne la natura pubblica o privata.

Le motivazioni

La ratio decidendi della pronuncia si basa sulla finalità stessa della prelazione agraria. L’istituto mira a favorire la creazione e il consolidamento della proprietà contadina e delle imprese agricole funzionali. Tale scopo viene meno se il terreno oggetto di compravendita è destinato, anche solo potenzialmente, a uno sviluppo edilizio o turistico. La volontà del legislatore, cristallizzata negli strumenti urbanistici, prevale sull’uso di fatto del suolo. La Corte ha quindi concluso che l’astratta possibilità di destinare a residenza l’immobile, pur in presenza di un precedente utilizzo agricolo, è elemento dirimente per escludere il diritto di prelazione. Le ulteriori argomentazioni dei giudici di merito, come quelle basate sull’analisi di fotografie o sulla destinazione d’uso di fabbricati adiacenti, sono state considerate come elementi di supporto a una motivazione già di per sé autosufficiente.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un orientamento rigoroso sull’applicazione della prelazione agraria. Chi intende esercitare tale diritto deve non solo dimostrare i requisiti soggettivi (qualifica di coltivatore, coltivazione biennale del proprio fondo) e oggettivi (contiguità dei fondi), ma deve anche fare i conti con la pianificazione territoriale. La destinazione urbanistica, anche solo potenziale, di un terreno a scopi non agricoli agisce come una causa ostativa insuperabile. Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica: prima di intraprendere un’azione di riscatto, è indispensabile una verifica approfondita non solo dello stato di fatto dei luoghi, ma anche e soprattutto degli strumenti urbanistici vigenti che interessano il fondo.

La destinazione urbanistica potenziale di un terreno è sufficiente a escludere la prelazione agraria?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’astratta possibilità, prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, di destinare un terreno a utilizzazione edilizia, industriale o turistica è sufficiente a escludere il diritto di prelazione, anche se al momento della vendita il fondo ha ancora una destinazione agricola di fatto.

È possibile produrre in giudizio documenti formatisi dopo la scadenza dei termini processuali?
Sì, la Corte ha chiarito che la produzione di un documento formatosi dopo la scadenza del termine per il deposito delle memorie istruttorie non incorre nella decadenza, poiché era impossibile produrlo prima. In questi casi, non è richiesta una preventiva istanza di rimessione in termini.

La presenza di un sentiero tra due fondi impedisce la prelazione agraria?
Sì. La Corte ha ribadito il principio secondo cui la contiguità tra i fondi, requisito necessario per la prelazione, è esclusa anche dalla presenza di una semplice “stradella” o sentiero, senza che sia necessario accertare la sua natura o provare l’esistenza di una comunione su di esso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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