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Predicato nobiliare: i requisiti per la cognomizzazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8955/2024, ha chiarito i presupposti per la cognomizzazione del predicato nobiliare. Il caso riguardava la richiesta di alcuni discendenti di una nobile casata di aggiungere al proprio cognome il predicato marchesale. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, stabilendo che sono necessari solo due requisiti: l’esistenza del titolo nobiliare in data anteriore al 28 ottobre 1922 e il suo riconoscimento prima dell’entrata in vigore della Costituzione. La Corte ha ritenuto errata la decisione dei giudici di merito che richiedevano anche l’anteriorità del riconoscimento al 1922, cassando la sentenza e decidendo nel merito a favore dei ricorrenti.

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Cognomizzazione Predicato Nobiliare: La Cassazione Stabilisce i Requisiti

Con la recente ordinanza n. 8955 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema affascinante che intreccia storia, diritto e identità personale: la cognomizzazione del predicato nobiliare. La decisione chiarisce in modo definitivo i presupposti necessari per poter aggiungere al proprio cognome un predicato derivante da un antico titolo, ponendo fine a un’interpretazione restrittiva che aveva caratterizzato i precedenti gradi di giudizio. Questa pronuncia rappresenta un punto di riferimento fondamentale per tutti coloro che intendono rivendicare un elemento storico della propria identità familiare.

I Fatti di Causa: Dalla Concessione Reale al Contenzioso Moderno

La vicenda giudiziaria trae origine dalla richiesta di alcuni discendenti di un’antica famiglia di aggiungere al proprio cognome il predicato di ‘Marchese di’, legato a un titolo concesso da Filippo V nel lontano 1703. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, convenuta in giudizio, si è costituita riconoscendo, sulla base della documentazione conservata presso l’Archivio di Stato, la fondatezza della pretesa.

Nonostante ciò, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda. Secondo i giudici di merito, i ricorrenti non avevano fornito la prova che non solo l’esistenza del titolo, ma anche il suo formale riconoscimento amministrativo, fossero entrambi anteriori al 28 ottobre 1922. Questa interpretazione restrittiva della XIV Disposizione transitoria e finale della Costituzione è stata il cuore del contendere che ha portato la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Cognomizzazione del Predicato Nobiliare e l’Errore delle Corti di Merito

L’errore fondamentale commesso dai giudici di merito, secondo la Cassazione, è stato quello di equiparare due atti di natura completamente diversa: la concessione del titolo (atto di natura costitutiva, in questo caso risalente al 1703) e il suo riconoscimento (atto di natura ricognitiva). La Corte d’Appello aveva erroneamente richiesto che entrambi gli atti fossero precedenti alla data del 28 ottobre 1922.

Questa interpretazione, tuttavia, si scontra con l’orientamento consolidato della Corte Costituzionale (a partire dalla storica sentenza n. 101 del 1967) e della stessa Cassazione. La normativa costituzionale, pur non riconoscendo valore giuridico ai titoli nobiliari, consente che i predicati ad essi collegati possano valere come parte del nome, a patto che rispettino precise condizioni storiche.

La Decisione della Corte di Cassazione: Chiarezza sui Requisiti

La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, accogliendo sia il ricorso principale che quello incidentale proposto da altri discendenti. Poiché non erano necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito, riconoscendo il diritto dei ricorrenti ad aggiungere il predicato al loro cognome.

I Due Requisiti Fondamentali

La Corte ha ribadito che i presupposti per la cognomizzazione sono due e ben distinti:
1. Esistenza del titolo nobiliare: Il titolo deve essere stato concesso prima del 28 ottobre 1922.
2. Riconoscimento del titolo: Il medesimo titolo deve essere stato oggetto di un provvedimento di riconoscimento prima dell’entrata in vigore della Costituzione italiana (1° gennaio 1948).

Nel caso di specie, il primo requisito era ampiamente soddisfatto dalla concessione del 1703, mentre il secondo era provato dai decreti di riconoscimento depositati agli atti dalla stessa Avvocatura dello Stato.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una corretta interpretazione della XIV Disposizione transitoria della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 6 del codice civile sul diritto al nome. I giudici hanno sottolineato che la ratio della norma costituzionale è quella di bilanciare due esigenze: da un lato, l’abolizione dei privilegi nobiliari; dall’altro, la tutela del nome come fondamentale diritto inerente all’identità della persona. Il predicato nobiliare, quando storicamente consolidato, diventa un elemento di tale identità. Confondere la data di esistenza del titolo con quella del suo riconoscimento amministrativo significherebbe frustrare questa finalità di tutela. La Corte ha quindi affermato che la pronuncia della corte territoriale si rivelava ‘non coerente con le norme in precedenza richiamate’, ripristinando la corretta applicazione dei principi già sanciti dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità.

Conclusioni

La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, consolida un principio di diritto chiaro, offrendo una guida sicura per i casi futuri. In secondo luogo, riafferma che il diritto al nome, nella sua accezione più ampia che può includere un predicato storico, è un diritto personalissimo. Ciascun avente diritto può agire singolarmente per la sua tutela, senza che sia necessaria un’azione congiunta da parte di tutti i membri della famiglia. Infine, la sentenza dimostra come, anche in una Repubblica, elementi storici legati all’identità familiare possano trovare protezione giuridica, non come privilegi, ma come parte integrante del diritto fondamentale all’identità personale e al nome.

Quali sono i requisiti per poter aggiungere un predicato nobiliare al proprio cognome?
Secondo la Corte di Cassazione, i requisiti sono due: 1) il titolo nobiliare da cui deriva il predicato deve essere esistente (cioè concesso) prima del 28 ottobre 1922; 2) il medesimo titolo deve essere stato riconosciuto con un provvedimento amministrativo prima dell’entrata in vigore della Costituzione (1° gennaio 1948).

È necessario che sia la concessione che il riconoscimento del titolo nobiliare siano avvenuti prima del 28 ottobre 1922?
No. La Corte ha chiarito che solo l’esistenza del titolo deve essere anteriore al 28 ottobre 1922. Il suo riconoscimento, invece, è sufficiente che sia intervenuto in un qualsiasi momento prima dell’entrata in vigore della Costituzione.

Il diritto alla cognomizzazione del predicato nobiliare è un diritto personale?
Sì. La sentenza afferma che il diritto al nome è personalissimo. Di conseguenza, ogni discendente che ne abbia i requisiti può agire in giudizio singolarmente per chiedere la tutela di tale diritto e l’aggiunta del predicato, senza che sia necessario il coinvolgimento o il consenso degli altri parenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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