Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 288 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 288 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 33215-2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (cod. fisc. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difes a dall’Avv. NOME COGNOME per procura in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato – avverso il decreto del Tribunale di Pescara, depositato in data 27.9.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Pescara, decidendo sulla opposizione allo stato passivo presentata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del
RAGIONE_SOCIALE ha rigettato l’ impugnazione, confermando il provvedimento del g.d. con il quale era stata esclusa la richiesta prededuzione relativa ad un credito nascente da un contratto di fornitura di servizi aziendali stipulato con la RAGIONE_SOCIALE in quanto ‘non spettante poiché le fa tture risultano effettuate in pendenza di concordato preventivo R.C.P. 23/2015, dichiarato improcedibile con provvedimento collegiale del 23.02.2017’.
La società opponente RAGIONE_SOCIALE aveva premesso in fatto che: – aveva stipulato in data 5.10.2015 un contratto di fornitura di servizi aziendali con la RAGIONE_SOCIALE con il quale quest’ultima aveva affidato ad essa società istante il lavaggio della propria biancheria, con ritiro e consegna della merce; – con tale contratto la RAGIONE_SOCIALE aveva di fatto esternalizzato la sua attività aziendale, affidandola ad essa società opponente; – che in data 7.5.2015 la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva e che, nelle more della procedura concorsuale, la RAGIONE_SOCIALE, con atto del 13.4.2014 (iscritto presso la CCIAA in data 3.5.2016), era stata fusa per incorporazione nella società collegata ‘RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, anch’essa eserc ente la medesima attività di impresa, società quest’ultima che aveva presentato anch’essa e sempre in data 7.10.2015 domanda di concordato preventivo con riserva, la cui procedura era stata tuttavia dichiarata improcedibile con provvedimento del Tribunale di Pescara datato 23.2.2017, in ragione della sopravvenuta rinuncia della proponente; – in data 13.6.2017 la RAGIONE_SOCIALE aveva avanzato una seconda proposta di concordato preventivo, terminata tuttavia con la dichiarazione di fallimento della società istante; – nelle more di tale ultima procedura di concordato preventivo, il contratto di fornitura di servizi aziendali in essere con essa opponente RAGIONE_SOCIALE era proseguito senza soluzione di continuità e la RAGIONE_SOCIALE aveva proseguito la propria attività di impresa per il tramite esclusivo della RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale ha osservato e rilevato che: (i) la domanda volta al riconoscimento della richiesta prededuzione al credito insinuato al passivo fallimentare non poteva essere accolta non tanto in ragione della mancanza
dei requisiti di ‘occasionalità’ o ‘funzionalità’ previsti dall’art. 111bis l. fall., quanto piuttosto in ragione dello ‘iato esistente tra le procedure in termini temporali’ , che impediva ‘di configurare una consecutio tra la procedura di concordato oggetto di rinuncia, quella instaurata ex novo e l’eventuale successivo fallimento’, rilevando a tal fine la sussistenza ab origine, e dunque sin dalla presentazione della domanda di concordato preventivo, di quello stato di insolvenza che comunque avrebbe dato luogo al fallimento; (ii) tale continuità risiedeva, pertanto, non tanto nel rapporto di natura temporale, quanto causale, non essendo sufficiente un mero lasso temporale tra il termine di una procedura e l’inizio di quella successiva per escludere il fenomeno della consecuzione tra le procedure e dovendosi altresì ritenere che quella estensione temporale non può essere illimitata; (iii) secondo tale impostazione, i crediti dei terzi, scaturenti da atti legalmente compiuti dall’imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato in bianco, devono ritenersi astrattamente prededucibili, per espressa disposizione di legge, nel fallimento e nella liquidazione coatta amministrativa, anche qualora vi sia stata rinuncia al concordato, posto che il requisito della consecuzione tra le procedure dipende dalla mancanza di discontinuità della insolvenza; (iv) a questi fini a nulla rileva se la cessazione della prima procedura sia stata determinata per rinuncia, rigetto, improcedibilità o altra causa, rivestendo invece significato il ‘collegamento processuale’ delle procedure concorsuali; (v) nel caso di specie, la rinuncia aveva operato una interruzione processuale ed il ritorno in bonis della società debitrice che aveva ricevuto la fiducia dell’istante COGNOME e che aveva continuato a contrarre ulteriori debiti con la RAGIONE_SOCIALE in conosciuto stato di perdurante crisi, con la conseguenza che gli effetti del nuovo concordato non potevano legittimamente retroagire alla data di quello originario e con ulteriore conseguente necessità di qualificare alla stregua di crediti concorsuali quelli corrispondenti ai debiti sorti in occasione della prima procedura, fatta sola eccezione per quelli qualificati come prededucibili da una specifica disposizione normativa, indipendentemente dalla sussistenza del nesso di funzionalità o occasionalità.
2. Il decreto, pubblicato il 27.9.2019, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE
con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Il fallimento intimato non ha svolto difese. La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 69bis, 111 e 161, comma 7, l. fall., sul rilievo che erroneamente il Tribunale di Pescara non avrebbe riconosciuto il suo diritto alla prededuzione sulla base del solo profilo dello ‘iato temporale esistente tra le succedutesi procedure concordatarie, con conseguente impossibilità di configurare una consecutio tra la procedura di concordato oggetto di rinuncia, quella instaurata ex novo ed il successivo fallimento’. Sostiene la ricorrente che l’er rore in cui era incorso il Tribunale sarebbe consistito nel non aver considerato che l’eventuale lasso temporale che separava la prima procedura di concordato da quella successiva, poi sfociata in fallimento, non sarebbe stato elemento di per sé rilevante ai fini dell ‘ esclusione della prededucibilità, in assenza di un positivo accertamento di discontinuità nell’insolvenza, ovvero senza che si fosse oggettivamente riscontrato che la situazione di insolvenza che aveva determinato il fallimento non era riconducibile alla situazione di crisi originaria, accertamento tuttavia non compiuto dal giudice del merito.
1.1 Il motivo, così articolato, è inammissibile.
1.1.1 In primo luogo, non corrisponde al vero che il provvedimento impugnato abbia fondato la valutazione in ordine alla non sussistenza della consecutio delle procedure sul solo profilo temporale e cronologico. Ed invero, il Tribunale ha fondato, al contrario, tale scrutinio sul profilo causale, e dunque sul profilo della discontinuità funzionale nella insolvenza insorta in relazione alla prima procedura concorsuale e quella poi sfociata nella dichiarazione di fallimento, sicché le censure così proposte devono considerarsi inammissibilmente proposte perché decentrate rispetto alla reale ratio decidendi che sorregge il provvedimento qui impugnato.
1.1.2 Per altro verso, non può neanche essere dimenticato che il riscontro della concreta prosecuzione tra procedure si risolve in un giudizio di merito, nella specie argomentato dal Tribunale di Pescara in modo congruo in fatto e
comunque ineccepibile in punto di diritto, con la conseguenza che le statuizioni adottate dai giudici di prima istanza sul punto qui in discussione non risultano più sindacabili in questo giudizio di legittimità (cfr. Cass. n. 25166/2024). In buona sostanza, il Tribunale – nel momento in cui ha negato la consecuzione tra le procedure – ha affermato che, per un verso, la insolvenza non era la stessa nel susseguirsi delle procedure concorsuali e, per altro verso, ha evidenziato che la società debitrice, con la rinunzia alla domanda di concordato era tornata in bonis (ma tale affermazione non è stata specificatamente contestata ed impugnata dalla parte qui ricorrente: per la irrilevanza della rinuncia ai fini dell’apprezzamento della consecutio , si legga Cass., Sez. 1, Sentenza n. 14713 del 29/05/2019).
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 111 l. fall., sul rilievo che il giudice del merito avrebbe errato nell’affermare che il verificarsi di una soluzione di continuità tra le due procedure che si erano susseguite nel tempo, impedendo di ravvisare tra le stesse una situazione di consecutio , aveva determinato la perdita di prededucibilità per quei crediti che l ‘ avessero ottenuta, nel contesto della prima procedura, in forza di una specifica disposizione di legge. Secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto compiere, secondo il disposto dell’art. 111 l. fall. ed anche in assenza pertanto di una ravvisata consecutio tra le procedure, una valutazione di funzionalità del credito agito dalla COGNOME rispetto alla seconda procedura concordataria, sfociata in fallimento, riconoscendo, comunque, il beneficio richiesto in caso di esito favorevole di siffatta necessaria attività accertativa, erroneamente invece non compiuta dal Tribunale.
2.1 Anche il secondo motivo è inammissibile per due ordini di ragioni tra loro concorrenti.
2.1.1 Sul punto va infatti chiarito che, per la prima procedura concorsuale tra quelle sopra descritte, la questione della prededuzione deve ritenersi definitamente cristallizzata in seguito all’accertamento in fatto eseguito dal Tribunale circa la non sussistenza del presupposto della consecutio ( ratio che, in realtà, con il primo motivo, non è stata neanche adeguatamente censurata, per quanto già sopra osservato); in relazione, poi, alla seconda procedura
concordataria (quella poi sfociata in fallimento), la censura deve invece considerarsi inammissibile, in ragione della genericità della sua formulazione e comunque per difetto di autosufficienza. Ed invero, non spiega la ricorrente neanche come e perché il secondo concordato sia esitato in fallimento, non fornendo la spiegazione dei necessari presupposti logico-giuridici per rintracciare la continuità nelle insolvenze manifestate nel dispiegarsi delle procedure concorsuali.
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 161, 7 comma, l. fall., per aver il Tribunale errato nell’affermare che il credito agito non rientrasse tra quelli per i quali la prededucibilità è espressamente riconosciuta da una previsione di legge e, segnatament e, dall’art. 161, 7 comma, l. fall. L’errore si sarebbe determinato -precisa la ricorrente -nell’aver affermato , per un verso, che il credito de quo, pur sorto in relazione ad atti di straordinaria amministrazione compiuti dall’amministratore durante la fase di preconcordato (così dovendosi qualificare gli atti di gestione ordinaria dell’impresa in sede di continuità aziendale) , non dovesse essere ricompreso tra quelli cui l’art. 167, 7 comma, e l’art. 111 l. fall. riconosc ono la prededuzione in sede fallimentare e, per altro verso, nell’aver individuato la disciplina concorsuale cui assoggettare il credito agito avendo riguardo alla data di sua esigibilità ovvero di sua domanda di riscossione e non, come stabilisce la norma violata, con riferimento al momento in cui sono stati legalmente compiuti dal debitore in preconcordato gli atti giuridici da cui era sorto il diritto di credito insinuato. 3.1 Anche il terzo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
3.1.1 Per un verso, le censure proposte dalla ricorrente e sopra sintetizzate in premessa continuano ad essere completamente decentrate rispetto alla ratio decidendi su cui si sorregge il provvedimento impugnato, posto che il Tribunale non ha affatto affermato che lo ‘iato temporale’ non consentiva il riconoscimento della prededuzione per gli atti legalmente compiuti ex art 161, 7 comma, l. fall., ma al contrario ha affermato che non ricorrevano i presupposti per l’applicabilità di tale istituto (vedi pag. 6 del decreto impugnato).
3.1.2 Per altro verso, le doglianze si presentano come genericamente formulate perché le stesse non specificano per quali ragioni dovesse essere considerato un atto di ‘ ordinaria amministrazione ‘ la stipulazione del contratto con cui era stata ‘ esternalizzata ‘ l ‘intera gestione aziendale (anzi dalla stessa descrizione emergente dagli atti di causa sembrerebbe proprio che si trattasse di un atto di straordinaria amministrazione, secondo il paradigma accolto dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità: v. Cass. n. 14713/2019, cit. supra ).
3.1.4 Ma la doglianza qui in esame risulta inammissibile anche perché la ricorrente neanche si sforza di riferire ove la quaestio iuris degli atti legalmente compiuti fosse stata dedotta nel giudizio di merito, così rendendo le relative censure non autosufficienti in questo giudizio di legittimità.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa della parte intimata.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12.12.2024