Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 55 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 55 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26632/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di SCIPIONI NOME
– intimato – avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 2945/2021 depositato il 16/9/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di NOME COGNOME, titolare della farmacia RAGIONE_SOCIALE, ammetteva al passivo della procedura il credito di RAGIONE_SOCIALE – vantato per il complessivo importo di € 105.149,96, di cui € 35 .806,15 relativi a forniture ante concordato in chirografo e € 69.343,81 per forniture successive alla presentazione della domanda di concordato in
prededuzione unicamente per l’importo di € 26.495,94, in chirografo.
Il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente l’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE, ammettendo al passivo l’ulteriore somma di € 78.654,02, con collocazione chirografaria.
Disattendeva, tuttavia, la richiesta di collocazione di parte del credito in prededuzione, in quanto parte opponente nulla aveva allegato o provato in ordine al fatto che la fornitura di farmaci fosse stata coerente con la domanda di concordato preventivo presentata dall’imprenditore poi fallito e potesse, quindi, essere considerata come un atto di ordinaria amministrazione rispetto al quale fosse riconoscibile la prededuzione ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto prospettando tre motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di NOME COGNOME non ha svolto difese. .1
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. ll primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 132 cod. proc. civ., 24 e 111 Cost., 98 e 99 l. fall., in quanto il tribunale non ha garantito all’opponente il con traddittorio sulla questione (concernente la qualificabilità dell’atto come legalmente compiuto dall’imprenditore in concordato) che è stata ritenuta decisiva nel disconoscere la prededuzione, senza considerare che nessuna eccezione o contestazione era mai stata sollevata a tal riguardo dal curatore e che il G.D. non si era pronunciato in proposito.
4.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 115 e 116
cod. proc. civ., 2697 cod. civ., 111 e 161 l. fall. nonché, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso fra le parti: il tribunale non ha considerato pacifica la circostanza relativa alla qualificab ilità dell’atto come legalmente compiuto dal debitore nell’ambito della procedura concordataria, benché non fosse stata contestata dalla curatela.
Il tribunale, inoltre, non solo ha erroneamente attribuito l’onere della prova al creditore istante, giacché era il curatore a dover dimostrare la coerenza o meno del contratto di fornitura di farmaci agli interessi della massa dei creditori, ma non ha neppure considerato che la fornitura non poteva che essere avvenuta in funzione e nell’interesse della massa dei creditori del fallito, dato che lo stesso ufficio aveva acconsentito la continuazione dell’attività aziendale fino all’esercizio provvisorio da parte del curatore.
4.3. Il terzo motivo di ricorso assume, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 161 l. fall.: il tribunale, nell’ammettere l’intero credito al passivo a fronte della dimostrazione dell’esecuzione della prestazione, ne aveva vagliato anche la causa petendi , con implicito giudizio di derivazione da un atto legalmente compiuto dal fallito, cosicché la negazione della prededuzione costituirebbe una statuizione contraddittoria con l’accoglimento parziale dell’opposizione.
Né era possibile -aggiunge il ricorrente -gravare il creditore istante che intendesse ottenere il riconoscimento della prededuzione ai sensi dell’art. 161, commi 6 e 7, l. fall. della prova diabolica della verifica del fatto che il debitore non avesse abusato del concordato preventivo.
I motivi, da esaminare congiuntamente, non sono fondati.
5.1. Questa Corte -con un arresto che questo collegio condivide e a cui intende dare continuità -ha avuto occasione di fissare, fra l’altro, questi principi: i) nella fase di preconcordato, ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall., è consentito al ricorrente di compiere atti di
gestione dell’impresa, senza necessità di autorizzazione del tribunale, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio; ii) la nozione di atti legalmente compiuti, di cui all’art. 161, comma 7, l. fall., è legata innanzi tutto al significato della distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione, la quale va intesa secondo l’art. 167 l. fall.; sicché resta incentrata sul requisito dell’idoneità dell’atto a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, perché in grado di determinarne la riduzione ovvero di gravarlo di vincoli e pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti; iii) anche dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o di straordinaria amministrazione dell’atto deve essere compiuta con riferimento all’interesse della massa dei creditori, e non dell’imprenditore insolvente, essendo possibile che atti astrattamente qualificabili di ordinaria amministrazione se compiuti nel normale esercizio dell’impresa possano, invece, assumere un diverso connotato se compiuti nel contesto procedimentale attivato dalla domanda suddetta, laddove gli stessi finiscano con l’investire gli interessi del ceto creditorio mediante l’assunzione di ulteriori debiti o la sottrazione di beni alla disponibilità della massa; iv) la necessità di valutare l’atto in coerenza con la situazione nella quale è posto in essere, impone al debitore, che intenda presentare una domanda di concordato “con riserva”, l’onere di fornire informazioni sul tipo di proposta (o anche sul contenuto del piano) idonee a discernere verso quale forma di concordato egli abbia inteso indirizzarsi, per modo da confrontare rispetto a essa la valutazione degli atti consentiti; sicché in difetto l’atto, che si riveli idoneo a incidere negativamente sul patrimonio, deve essere considerato, ai fini dell’art. 161, comma 7, l. fall. come di amministrazione straordinaria.
Il tribunale, nel fare applicazione di questi principi, ha constatato che nulla era stato specificato con riferimento alla domanda di concordato preventivo presentata dall’imprenditore poi fallito, ritenendo, pertanto, che la richiesta di riconoscimento della prededuzione non trovasse adeguato suffragio nelle allegazioni e nelle risultanze istruttorie in atti.
Una simile motivazione rappresenta compiutamente l’iter logico -intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione ed è obbiettivamente idonea a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento.
5.2. Il principio posto dall’art. 2697, comma 1, cod. civ. trova applicazione anche rispetto alla richiesta di riconoscimento della prededuzione, sicché è onere del creditore istante allegare e produrre gli elementi probatori che giustificano questa sua richiesta con riferimento alla rispondenza agli interessi dei creditori.
Se, allora, per valutare la natura di ordinaria o straordinaria amministrazione degli atti compiuti dall’imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva, ai sensi dell’art. 161, comma 7, l.fall., è necessario che siano state fornite informazioni sul tipo di proposta o sul contenuto del piano che il debitore aveva inteso presentare, con la conseguenza che in difetto di tali elementi l’atto che si riveli idoneo a incidere negativamente sul patrimonio dell’impresa deve essere considerato come di straordinaria amministrazione, era onere del creditore che aveva richiesto il riconoscimento della prededuzione allegare e fornire la prova di questa coerenza dell’atto con la situazione nell’ambito della quale lo stesso era stato posto in essere.
5.3. La questione concernente la sussistenza di un adeguato fondamento probatorio della domanda implica la verifica di un ordinario presupposto per il suo accoglimento e non doveva essere segnalata ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. civ., trovando
applicazione, al riguardo, il principio per cui il giudice decide iuxta alligata et probata partium (Cass. 24861/2013).
5.4. Il principio di non contestazione (richiamato, peraltro, dall’art. 115 cod. proc. civ. con espresso riferimento alle sole parti costituite, restando così esclusa la sua validità rispetto a quelle contumaci; Cass. 16800/2018) ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni (Cass. 6172/2020) e non può perciò riguardare la qualificazione o la classificazione di un atto che il giudice debba effettuare sulla base delle risultanze di causa.
La regola prevista dall’art. 115 cod. prov. civ. non poteva, perciò, trovare applicazione rispetto alla qualificazione dell’atto come di ordinaria amministrazione e alla riconducibilità dello stesso alla disciplina di cui all’art. 161, comma 7, l. fall.
5.5. Il precedente evocato in esordio ha espressamente chiarito che la distinzione tra atto di ordinaria o straordinaria amministrazione resta incentrata sulla sua idoneità a pregiudicare i valori dell’attivo compromettendone la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori, tenuto conto esclusivamente dell’interesse di questi ultimi e non dell’imprenditore insolvente, cosicché è possibile che atti astrattamente qualificabili di ordinaria amministrazione se compiuti nel normale esercizio dell’impresa possano, invece, assumere un diverso connotato nell’ambito di una procedura concorsuale.
La fornitura di prodotti farmaceutici a una farmacia, dunque, non costituiva di per sé un atto di ordinaria amministrazione, ma doveva comunque essere sottoposta a un giudizio di coerenza con la situazione procedurale nell’ambito della quale era stata post a in essere.
5.6. Rispetto alla prosecuzione dell’attività di impresa le doglianze lamentano non tanto un omesso esame, ma una ‘erronea valutazione delle prove’ (v. pag. 13 del ricorso), vale a dire un esame non conforme alla lettura che l’odierna ricorrente vorrebbe dare delle emergenze processuali; interpretazione, questa, che
tuttavia non è coerente con la censura sollevabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., che consente di lamentare l’omissione dell’ esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non la valorizzazione di tale fatto in un senso differente da quello voluto dalla parte (Cass. 14929/2012, Cass. 23328/2012).
6 . Il quarto motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 132 cod. proc. civ.: il tribunale, pur accogliendo l’opposizione rispetto al credito da ammettere al passivo, ha compensato integralmente le spese di lite, senza spiegare le ragioni di una simile statuizione ed in mancanza di un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza.
7. Il motivo non è fondato.
Il tribunale ha ravvisato il ricorrere dei presupposti per compensare integralmente le spese di lite spiegando espressamente ‘ che la prova dell’an e del quantum [era] stata raggiunta soltanto con l’opposizione, e cioè a seguito della prova testimoniale ‘.
Una simile motivazione non ha affatto carattere apparente, perché, nello spiegare che il giudizio di opposizione si era reso necessario per carenze probatorie esistenti nella fase di verifica superate solo nel giudizio di impugnazione, rende percepibile il fondamento della decisione e fa conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento.
Non è poi ravvisabile alcuna violazione dell’art. 92 cod. proc. civ., dato che la compensazione è stata disposta con riguardo non alla reciproca soccombenza, come sostiene il mezzo in esame, ma alle altre ipotesi previste dal secondo comma della norma, come integrate a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 77/2018.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
La mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 12 dicembre 2024.