Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27784 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27784 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14963/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Milano n. 1958/2020 depositato il 2/3/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. Il giudice delegato alla procedura di amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALE ammetteva al passivo, in chirografo, il credito di € 1.635.092,87 vantato da RAGIONE_SOCIALE; escludeva, tuttavia, la natura prededucibile del credito, perché il creditore istante non aveva allegato e dimostrato né la funzionalità della prestazione rispetto alla continuità dell’attività degli impi anti essenziali, né il carattere necessario della prestazione, né la sussistenza dei presupposti soggettivi per poter fondatamente invocare l’applicazione dell’art. 3, comma 1ter, d.l. 347/2003.
2. Il Tribunale di Milano, a seguito dell’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE, ricordava che i parametri per valutare la sussistenza di una p.m.i. dovevano essere apprezzati tenendo conto dei dati consolidati dell’impresa, stante la partec ipazione detenuta da RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e a mente dell’art. 6 della Raccomandazione 2003/361/CE.
Rilevava che la società opponente aveva prodotto i bilanci della controllante RAGIONE_SOCIALE per il solo 2013, omettendo di depositare tempestivamente quelli relativi ai due anni successivi, durante i quali erano state svolte le prestazioni in contestazione.
Riteneva, pertanto, che la società opponente non avesse assolto l’onere che su di lei incombeva di dimostrare la sussistenza del requisito soggettivo che avrebbe permesso di ritenere fondata la richiesta di collocamento del credito in prededuzione.
Osservava, in subordine, che il solo esame dei bilanci per l’anno 2013 delle due società, con riferimento al consolidamento dell’attivo, consentiva di ricavare un valore (pari a € 50.065.416,73) ben superiore al limite complessivo (di 43 milioni di euro) di bilancio annuo indicato dalla raccomandazione europea.
Reputava, pertanto, insussistente, in capo alle società collegate, il requisito soggettivo previsto dall’art. 3, comma 1 -ter , d. lgs. 347/2003 per il riconoscimento della prededuzione richiesta.
Escludeva, infine, la possibilità di riconoscere gli interessi moratori sulla somma già ammessa al passivo, sia perché il creditore opponente non aveva dato prova delle modalità di calcolo, sia perché l’art. 1, comma 2, lett. a), d. lgs. 231/2002 negava che le disposizioni del
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 2 marzo 2020, prospettando sette motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La procedura controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, n. 1, e 4, commi 1 e 2, allegato 1, della Raccomandazione 2003/361/CE, richiamata dall’art. 3, comma 1 -ter , d. l. 347/2003: il tribunale -assume la ricorrente -ha erroneamente ritenuto che l’opponente, pur avendo già depositato i bilanci della propria controllante per l’anno 2013, fosse obbligata a produrre anche i bilanci di quest’ultima per gli anni 2014 e 20 15, sia perché tali documenti erano irrilevanti, dovendosi avere riguardo all’ultimo bilancio approvato, sia perché il mancato raggiungimento in una sola annualità del fatturato necessario per la qualificazione come p.m.i. non comportava un’immediata ed au tomatica perdita della qualifica. Inoltre, i giudici di merito hanno ritenuto non provato il requisito finanziario di p.m.i. disapplicando surrettiziamente -in tesi – il contenuto della raccomandazione citata, che prevede, accanto al requisito occupazionale, un requisito dimensionale da verificare ponendo attenzione, in alternativa, all’attivo di bilancio ovvero al fatturato; il tribunale, ove avesse preso in considerazione il dato
consolidato del fatturato, avrebbe potuto verificare che lo stesso non superava l’importo massimo di € 50 milioni di euro.
4.2 Il secondo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., perché il tribunale non ha preso atto che la RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa del parametro concernente il totale dei ricavi, producendo tempestivamente il bilancio, proprio e della controllante, per l’anno 2013.
Il tribunale, così operando, avrebbe altresì omesso l’esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione fra le parti.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano ambedue inammissibili.
5.1 Il tribunale ha rilevato che la società opponente non aveva prodotto i bilanci della controllante per gli anni 2014 e 2015, impedendo di esaminare i dati contabili consolidati necessari ai fini della verifica del rispetto delle soglie previste dalla Raccomandazione 2003/361/CE; ha osservato, in aggiunta, che il consolidamento dell’attivo per l’anno 2013 superava il valore soglia previsto dalla raccomandazione europea.
A fronte di questi rilievi – distinti ed autonomi, ciascuno dei quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata – la società ricorrente, pur ammettendo che i più recenti bilanci della controllante non risultavano depositati unitamente all’atto di opposizione (pag. 20 del ricorso), ha sostenuto che per il riconoscimento della prededuzione ai crediti già ammessi, relativi a forniture effettuate da settembre 2014 a gennaio 2015, era necessario e sufficiente l’esame dei bilan ci della controllante e della controllata per l’anno 2013, tempestivamente prodotti, vuoi perché gli stessi erano gli ultimi approvati al momento dell’esecuzione delle forniture, vuoi perché la perdita del requisito di p.m.i. era correlata al superamento delle soglie di legge per due esercizi consecutivi, vuoi
perché dal contenuto di tali bilanci era possibile evincere il mancato superamento del parametro finanziario relativo al fatturato, al quale era possibile avere riguardo in alternativa all’attivo di bilancio.
5.2 Questa tesi difensiva trova fondamento, rispetto alla contestazione della seconda ratio decidendi offerta dal tribunale, in un dato di bilancio che non è stato in alcun modo riportato all’interno del ricorso per cassazione, ove si richiama (alle pagg. 19, 25 e 26) solo discorsivamente quanto dedotto in sede di opposizione in termini di risultato numerico conclusivo, ma non il contenuto del documento prodotto rispetto ai principali elementi afferenti la classificazione dei ricavi.
Un simile riferimento non soddisfa il principio di autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , che impone la specifica indicazione (riassumendone il contenuto o trascrivendone i passaggi essenziali) della parte determinante dei documenti su cui il motivo si fonda, in modo da rendere tale dato pienamente comprensibile ed apprezzabile nella sua rilevanza a questa Corte.
5.3 La ritenuta inammissibilità delle censure mosse alla seconda ratio decidendi , per difetto di autosufficienza, rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative all’altra ragione esplicitamente fatte oggetto della prima doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’inter venuta definitività dell’altra, alla cassazione della decisione (Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
5.4 Il difetto di autosufficienza appena rilevato affligge anche il secondo mezzo in esame, rendendolo parimenti inammissibile.
Il terzo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 o 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 99, comma 2, n. 7, l. fall., 6 e 4 dell’allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE, nel caso in cui si debba ritenere che il tribunale abbia inteso riferirsi, per rigettare l’opposizione, all’esistenza di un’ulteriore impresa collegata
(FIB), in quanto tale questione di merito era stata dedotta tardivamente dalla procedura concorsuale.
7. Il motivo è inammissibile.
Il tribunale ha rigettato l’opposizione facendo riferimento unicamente al consolidamento dell’attivo fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, mentre l’accenno alla scoperta dell’esistenza di FIB non assume alcun rilievo nell’economia della decisione impu gnata, dato che lo stesso giudice di merito ha ammesso che non era stato possibile indagare il rapporto esistente fra l’opponente e questa impresa.
Ne discende l’inammissibilità della censura, tale dovendosi considerare, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che critichi un’argomentazione della decisione impugnata svolta ad abundantiam e pertanto non costituente una ratio decidendi della medesima.
Infatti, un’affermazione contenuta nella decisione impugnata che non abbia spiegato alcuna influenza sul suo dispositivo non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse, essendo improduttiva di effetti giuridici (Cass. 8755/2018).
8.1 Il quarto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 , n. 1, dell’allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE, richiamata da ll’art. 3, comma 1ter , d.l. 347/2003, assume, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della decisione impugnata e del procedimento per violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e si duole, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., dell’omesso esame di un fatto decisivo e discusso fra le parti, in quanto il tribunale ha ritenuto implicitamente assorbita e non si è pronunciato in alcun modo in ordine al ricorrere del requisito occupazionale in capo a RAGIONE_SOCIALE, malgrado la controparte non avesse sollevato alcuna contestazione in proposito.
8.2 Il quinto motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1ter , d.l. 347/2003, assume, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della decisione impugnata e del procedimento per violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e si duole, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., dell’omesso esame di un fatto decisivo e di scusso fra le parti, in quanto il tribunale ha ritenuto implicitamente assorbito e non si è pronunciato in alcun modo in ordine al fatto che le forniture di rottame ferroso eseguite in favore di RAGIONE_SOCIALE avessero assicurato la continuità dell’attività degli impianti produttivi essenziali (e più precisamente dell’altoforno), malgrado la controparte non avesse sollevato alcuna contestazione in proposito.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano ambedue inammissibili.
La stessa ricorrente spiega che le questioni concernenti il requisito occupazionale e la natura delle prestazioni rese sono state ritenute implicitamente assorbite dal rilievo del mancato adempimento dell’onere probatorio a cui l’opponente era tenuta in or dine alla condizione di p.m.i. e, comunque, dal superamento della soglia finanziaria concernente l’attivo.
Una simile statuizione di assorbimento implicito comporta l’impossibilità di esaminare ambedue i mezzi.
Invero, nel giudizio di legittimità non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di una questione o di un’eccezione preliminare o pregiudiziale (cfr. Cass., Sez. U., 15122/2013; nello stesso senso Cass. 23558/2014, Cass. 4804/2007).
10. Il sesto motivo di ricorso assume, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma
2, lett. a), d. lgs. 231/2002, 1282 e 1284 cod. civ. e 55 l. fall.: la continuazione dell’esercizio dell’impresa comportava -in tesi di parte ricorrente – che la procedura di amministrazione straordinaria rispondesse direttamente delle obbligazioni ad essa inerenti, con la conseguenza che il trattamento attribuito al credito principale doveva essere esteso anche agli accessori, da calcolarsi ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a), d. lgs. 231/2002 o quanto meno al tasso legale.
11. Il motivo è inammissibile in ragione della sua genericità.
Esso, infatti, sollecita l’applicazione di un principio espresso con riferimento a debiti di massa contratti nello svolgimento della procedura e nell’interesse della medesima a una fattispecie in cui è stata richiesta l’ammissione al passivo di un credito di natura affatto diversa, dato che l’art. 3, comma 1 -ter , d.l. 347/2003 si riferisce, espressamente , a crediti anteriori all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.
La critica, oltre a non considerare la differenza delle due fattispecie, non spiega nemmeno come questa differenza fattuale possa essere colmata permettendo l’estensione del principio già espresso per i debiti di massa frutto della continuità aziendale.
12. Il settimo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. ovvero denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in quanto il tribunale, ove non fosse incorso nelle violazioni denunciate con le precedenti censure, avrebbe dovuto accogli ere l’opposizione proposta e condannare RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di causa, piuttosto che compensare integralmente le stesse.
12. Il motivo è inammissibile.
Esso, infatti, non è rivolto a censurare il reale contenuto della statuizione impugnata, ma assume la violazione del principio di soccombenza sulla base dell’esito auspicato del giudizio di merito.
Il che comporta, all’evidenza, l’inammissibilità della censura per difetto del requisito di riferibilità alla decisione impugnata.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 8.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 3 ottobre 2024.