Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26620 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9834/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione,
-intimato- avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 947/2019 depositato il 27/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (cui è succeduta nelle more del giudizio RAGIONE_SOCIALE) propose domanda di ammissione al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito denominata per brevità ‘GILAF’ o ‘Fallimento’) delle seguenti somme: a) € 1.012.873,73, in prededuzione ex art. 182 quater l.fall., oltre interessi asseritamente dovuti per finanziamenti concessi in funzione dell’accordo di ristrutturazione ; b) € 2.151.907, in privilegio pignoratizio, asseritamente dovute per fideiussione omnibus in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in ragione del saldo passivo del conto corrente n. 1119, intrattenuto dalla garantita con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spa.
Il Giudice Delegato ammise al passivo del Fallimento la prima ragione di credito insinuato per € 1.172.645,95, ma in via chirografaria, non riconoscendo la prededuzione ex art. 182 quater e/o 111, comma 2°, l.fall. ed escluse del tutto la seconda pretesa creditoria.
Il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione allo stato passivo proposto da RAGIONE_SOCIALE osservando che: i) la disciplina contenuta nell’art. 182 quater l.fall, introdotto con il d.l. 31/5/2010 n. 78, non era applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, dal momento che il finanziamento e l’accordo di ristrutturazione si erano perfezionati prima dell’entrata in vigore della modifica normativa, cosicché, in mancanza di norme transitorie, trovava applicazione il principio tempus regit actum ; ii) il credito non poteva neppure ricondursi alla disciplina di cui all’art. 111, comma 2°, l.fall., che considera prededucibili i crediti sorti in funzione della procedura concorsuale, poiché l’accordo di ristrutturazione non presenta i connotati della procedura concorsuale come il concordato preventivo e la norma, essendo eccezionale, in quanto derogativa del principio generale della par condicio creditorum , è insuscettibile di interpretazione analogica;
iii) non risultava provato il credito di € 2.151.907 in quanto il decreto ingiuntivo non era munito di formula esecutiva ex art. 647 c.p.c. e gli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente n. 1119, privi di qualsivoglia attestazione di corrispondenza alle scritture contabili, non erano idonei a dimostrare la sussistenza del credito vantato, in presenza di contestazione da parte del curatore. 4. RAGIONE_SOCIALE, subentrata ad RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per la cassazione dell’impugnato decreto sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria; il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 182 quater l.fall. e dell’art. 56 d.l. 78/2010, convertito con modificazioni nella l. 122/2010, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto inapplicabile ratione temporis al caso concreto la disciplina di cui all’art. 182 quater l.fall. , che attribuisce il rango della prededuzione al credito derivante da un finanziamento erogato in funzione della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti nel piano di risanamento e l’accordo sia stato omologato.
1.1 La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, in mancanza di norma transitoria, deve aversi riguardo, ai fini del riconoscimento della prededucibilità al credito derivante dal ‘finanziamento ponte’, alla data del fallimento della debitrice, dichiarato dopo l’entrata in vigore del d.l. 78/2010.
2. Il motivo è infondato.
2.1 L’art 182 quater l.fall., intitolato « disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione del debito », nella sua originaria versione
introdotta dal d.l. 78/2010, recita: « I crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in esecuzione di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis) sono prededucibili ai sensi e per gli effetti dell’articolo 111. Sono altresì prededucibili ai sensi e per gli effetti dell’articolo 111, i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai soggetti indicati al precedente comma in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all’articolo 160 o dall’accordo di ristrutturazione e purché il concordato preventivo o l’accordo siano omologati ».
2.2. Il suindicato innesto normativo è stato operato dall’art. 48 del d.l. 70/2010, entrato in vigore, ai sensi del successivo art. 56, il 31/5/2010, data di pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale.
Poiché il decreto legge non reca alcuna specifica disposizione relativa all’efficacia nel tempo delle norme in esso contenute, il regime normativo della prededuzione del credito da finanziamento risulta applicabile solo a quei crediti, in cui i presupposti per il riconoscimento della prededuzione (finanziamento, deposito del piano di risanamento e omologa dell’accordo di ristrutturazione) prevista dall’art. 182 quater siano venuti a maturazione dopo l’entrata in vigore dell’art. 48 d.l.78/2010.
2.3 Nel caso di specie, come correttamente osservato dal Tribunale, le operazioni di finanziamento, funzionali all’accordo di ristrutturazione, risalgono al 15/12/2009 e l’accordo di ristrutturazione è stato omologato con decreto depositato in data
24/5/2010, anteriormente all’entrata in vigore del d.l. 78/2010 (avvenuta, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del d.l. 78/2010, in data 31/5/2010).
Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 182 bis e seguenti e 111 l.fall.: si ascrive al Tribunale di aver sbagliato a negare la natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione, così escludendo in apicibus l’applicazione della disciplina della prededuzione prevista dall’art. 111, comma 2°, l.fall..
3.1 Il motivo è fondato.
3.2 Il Tribunale ha escluso in radice l’operatività della prededuzione del credito vantato dalla ricorrente, prevista dall’art 111, comma 2°, l fall. muovendo dal carattere privatistico e non concorsuale della procedura dell’accordo di ristrutturazione.
3.3 Tale assunto non è in linea con l’evoluzione giurisprudenziale registratasi con riguardo a ll’istituto degli accordi di ristrutturazione.
3.4 In particolare questa Corte, a partire dalla sentenza n. 1182/2018, (che il Collegio di merito menziona ma, consapevolmente, disapprova) ha costantemente affermato il principio secondo il quale l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis l.fall. appartiene agli istituti del diritto concorsuale, come è dato desumere dalla sua disciplina che presuppone, da un lato, forme di controllo e di pubblicità sulla composizione negoziata (in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione) e, dall’altro, effetti protettivi (quali i meccanismi di protezione temporanea e l’esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione), tipici dei procedimenti concorsuali (cfr. Cass 1896/2018, 9087/2018, 12965/2018, 12064/2019 e 11985/2020, 42093/2021 e, da ultimo, 57/2025).
Il Collegio non ha motivo di discostarsi da tale orientamento condividendone le argomentazioni.
3.5 L’affermata natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione dischiude la strada all’applicazione dell’art. 111, comma 2, l . fall. fallimentare ove ricorrano tutti gli altri presupposti previsti da tale disposizione.
Il terzo motivo assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 647 e 656 c.p.c. e 2909 c.c.: si sostiene che l’effettivo e sostanziale passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo avviene con lo spirare del termine per proporre opposizione, quando il provvedimento monitorio non è più soggetto a mezzi di impugnazione ordinari, e non nella successiva ed eventuale apposizione della formula esecutiva ex art 647 c.p.c., che non ha valore costitutivo, essendo solo un accertamento formale.
4.1 La censura è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c., essendosi la decisione impugnata conformata alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.; questa funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall’art. 124 o dall’art. 153 disp. att. c.p.c. e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio, che si pone come ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione e cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non è passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento, neppure nell’ipotesi in cui il decreto ex art. 647 c.p.c. venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell’art. 52 l.fall. (cfr. tra le tante
Cass. 16323/2021, 21583/2018, 18733/2017, 17865/2017 e 16322/2017).
4.2 Il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo non opposto contempla un procedimento, contenuto nell’art. 647 c.p.c., che è diretto alla declaratoria di esecutorietà del decreto; si tratta di un procedimento spedito e privo di formalità (l’istanza può essere anche verbale), che implica il controllo della notificazione del decreto, del decorso del termine e della mancata opposizione o costituzione nei termini.
4.3 Il decreto di esecutorietà, quindi, si distingue dalla mera attestazione di cancelleria, cui non può certamente reputarsi equivalente, sia sotto il profilo dell’organo emanante, sia sotto quello del contenuto del controllo, limitato il primo al fatto storico della mancata opposizione decorso il termine perentorio ed il secondo esteso all’accertamento della regolarità della notificazione (art. 643 c.p.c.). E tale distinzione è sottesa all’ordinanza della Corte costituzionale in data 28 dicembre 1990, n. 572, che dichiarò inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 647 c.p.c., in riferimento all’art. 97 Cost., nella parte in cui richiede l’adozione di un provvedimento giudiziale che dichiari l’esecutività del decreto ingiuntivo, in luogo che accontentarsi il legislatore dell’attestazione di cancelleria.
4.4 La giurisprudenza di questa Corte, per escludere l’opponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo, non opposto nel termine di cui all’art. 641 c.p.c. ma privo del provvedimento di esecutorietà di cui all’art. 647 c.p.c., ha sottolineato come il giudice nel dichiarare l’esecutorietà del decreto compie una vera e propria attività di natura giurisdizionale avente ad oggetto la verifica del contraddittorio, che nel processo a cognizione ordinaria ha luogo come primo atto del giudice e nel processo d’ingiunzione, ove non sia stata proposta opposizione, ha luogo come ultimo atto del giudice (cfr. Cass. n. 1650/2014).
4.5 Così ricostruito il sistema, il momento in cui il decreto ingiuntivo passa in cosa giudicata formale e sostanziale e diventa opponibile al fallimento non può che coincidere con la data di emissione del decreto di esecutività con il quale il giudice accerta la regolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, rimanendo, quindi, privi di rilievo altri eventi anteriori quali il decorso del termine per proporre opposizione.
Il quarto motivo denuncia nullità del decreto impugnato per violazione dell’art 112 c.p.c.; il Tribunale, a dire della ricorrente avrebbe omesso di pronunciarsi sulla richiesta, formulata nel ricorso ex art. 92 l. fall. e reiterata con l’atto di opposizione allo stato passivo, di ammissione, in via chirografaria, dell’importo dato dalla differenza fra gli interessi che sarebbero maturati sulla somma capitale di € 1.012.873,71 al tasso convenzionale, come da scalare di estinzione dei singoli conti correnti, dopo il compimento dell’anno in corso alla data di fallimento e gli interessi maturandi al tasso legale sul medesimo capitale nel medesimo periodo.
Il motivo non merita accoglimento.
5.1 Secondo la consolidata giurisprudenza, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. Cass. 20311/2011 e 24155/2017).
5.2 Nel caso di specie, il Tribunale ha confermato l’ammissione al passivo disposto dal Giudice Delegato per le somme dei saldi
debitori di cui ai conti corrente n. 1042, 1404, 1422 e 650000001 maggiorate degli interessi « che spettano nella misura prevista dall’art 55 l.fall .», così implicitamente pronunciandosi anche sulla domanda di riconoscimento degli ulteriori accessori al capitale richiesta dalla ricorrente.
Nessuna omessa pronuncia può, quindi, essere predicata.
6. In conclusione, l’impugnato decreto deve essere cassato in accoglimento del secondo motivo, con rinvio della causa al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra esposti e regolerà anche le spese della presente fase di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo e il quarto e dichiara inammissibile il terzo, cassa l’impugnato decreto in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Roma, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 10/9/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME