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Prassi commerciale: quando esclude gli interessi di mora

La Corte di Cassazione ha stabilito che una prassi commerciale consolidata, come quella di riscuotere i pagamenti presso il debitore, può modificare tacitamente gli accordi contrattuali. Tale modifica trasforma l’obbligazione da ‘portable’ a ‘quérable’, escludendo così l’automatica decorrenza degli interessi di mora in caso di ritardo, poiché il creditore deve prima richiedere il pagamento.

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Prassi Commerciale Consolidata: Quando Esclude gli Interessi di Mora?

Una stretta di mano, un’abitudine consolidata, un modo di operare che si ripete nel tempo. Nei rapporti commerciali, non tutto è scritto nero su bianco. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda come una prassi commerciale costante possa assumere la stessa forza di un accordo formale, con importanti conseguenze sul pagamento degli interessi di mora. Il caso, che ha visto contrapposti una società fornitrice di farmaci e il titolare di una farmacia, chiarisce come il comportamento delle parti possa modificare le regole sull’adempimento delle obbligazioni pecuniarie.

I Fatti di Causa: Una Pratica di Pagamento Consolidata

La vicenda ha origine dalla richiesta di una società fornitrice di ottenere il pagamento degli interessi di mora maturati per il ritardo nei pagamenti di forniture farmaceutiche, avvenute tra il 2004 e il 2009. La società aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, ma il farmacista si era opposto.

La sua difesa si basava su un punto cruciale: per anni, i pagamenti non erano avvenuti presso la sede della società creditrice, come prevedrebbe la regola generale, ma direttamente presso la farmacia. Un incaricato della fornitrice si recava periodicamente a ritirare assegni, spesso a pochi giorni o settimane di distanza dalla scadenza ufficiale indicata in fattura. Secondo il farmacista, questa non era semplice tolleranza, ma una vera e propria prassi commerciale concordata, che aveva generato in lui il legittimo affidamento di poter pagare secondo queste modalità.

La Decisione della Corte di Cassazione: la prassi commerciale prevale

Dopo che la Corte d’Appello aveva dato ragione al farmacista, la società fornitrice ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, tuttavia, ha confermato la decisione di secondo grado, rigettando il ricorso e consolidando un principio fondamentale in materia di obbligazioni commerciali.

Il Collegio ha ritenuto che il comportamento costante delle parti avesse dato vita a un accordo tacito, basato su fatti concludenti (facta concludentia), che ha modificato le modalità di adempimento dell’obbligazione.

Dal Debito “Portable” al Debito “Quérable”

La chiave della decisione risiede nella distinzione tra debito “portable” e “quérable”.

Debito Portable: per regola generale (art. 1182 c.c.), i debiti pecuniari devono essere pagati al domicilio del creditore. Il debitore ha l’onere di “portare” il denaro.
Debito Quérable: le parti possono accordarsi diversamente, stabilendo che il pagamento avvenga al domicilio del debitore. In questo caso, è il creditore che deve “andare a cercare” (quérable) il pagamento.

Nel caso di specie, la prassi commerciale di ritirare gli assegni presso la farmacia ha trasformato il debito da portable a quérable. Questa trasformazione ha una conseguenza decisiva: esclude la cosiddetta mora ex re, ovvero il ritardo automatico che scatta alla semplice scadenza del termine. Per un debito quérable, il debitore non è considerato in mora finché il creditore non si attiva per richiedere il pagamento. Di conseguenza, non essendo scattata la mora automatica, non erano dovuti gli interessi richiesti dalla società.

Tolleranza del Creditore vs. Accordo Modificativo

La Corte ha sottolineato che il comportamento della società fornitrice non poteva essere interpretato come mera tolleranza. La sistematicità e la regolarità con cui un incaricato si recava a ritirare i titoli presso la farmacia erano chiari indicatori di un accordo consolidato, derivante dalla collaborazione tra le parti.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha motivato la sua decisione valorizzando l’analisi della Corte d’Appello, la quale aveva correttamente identificato il nucleo essenziale dell’accordo tra le parti nel luogo di adempimento dell’obbligazione. La Suprema Corte ha confermato che la prassi di pagamento seguita per anni aveva generato un regime convenzionale in deroga alle disposizioni di legge sulla natura portable del debito. Questo ha reso inapplicabile la decorrenza automatica degli interessi moratori previsti dal D.Lgs. 231/2002. Anche l’eventuale accordo successivo per estendere i termini di pagamento non è stato ritenuto iniquo, data la natura delle merci (farmaci soggetti a rimborso da parte dell’azienda sanitaria locale) che giustificava una maggiore dilazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante insegnamento per gli operatori commerciali. Le abitudini e le pratiche consolidate nel tempo possono avere la stessa forza di una clausola scritta, modificando di fatto i termini contrattuali. Un creditore che per anni accetta o promuove una certa modalità di pagamento non può poi, improvvisamente, pretendere l’applicazione rigida delle norme di legge per richiedere interessi di mora. Questa decisione ribadisce l’importanza del principio di buona fede e del legittimo affidamento nei rapporti contrattuali, dimostrando come il diritto dia valore non solo a ciò che è scritto, ma anche a ciò che viene costantemente praticato.

Una prassi di pagamento diversa da quella pattuita può modificare il contratto?
Sì. Secondo la Corte, un comportamento costante e ripetuto nel tempo (prassi commerciale) può essere considerato un accordo tacito (per fatti concludenti) che modifica le clausole originali del contratto, come quelle relative al luogo e alle modalità di pagamento.

Quando un creditore non può pretendere gli interessi di mora automatici?
Il creditore non può pretendere gli interessi di mora automatici quando la prassi consolidata ha trasformato il debito da “portable” (da adempiere al domicilio del creditore) a “quérable” (da adempiere al domicilio del debitore). In quest’ultimo caso, la mora non è automatica e il debitore è considerato in ritardo solo dopo una richiesta formale di pagamento da parte del creditore.

Un accordo che estende i termini di pagamento è sempre nullo per grave iniquità?
No. La nullità per grave iniquità ai sensi del D.Lgs. 231/2002 deve essere valutata caso per caso. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’estensione dei termini fosse giustificata dalla natura della merce (farmaci rimborsati dal servizio sanitario) e quindi non costituisse una clausola gravemente iniqua per il creditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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