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Poteri amministratore società: limiti e terzi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di costruzioni, confermando che i limiti ai poteri dell’amministratore di una società, derivanti da statuto o delibere, non sono opponibili ai terzi contraenti in buona fede. Il caso riguardava un contratto d’appalto per lavori edili in cui si contestava che l’amministratore della società committente avesse superato il tetto di spesa autorizzato. La Corte ha ribadito che, secondo l’art. 2384 c.c., tali limiti non inficiano la validità del contratto verso l’esterno, a meno che il terzo non abbia agito intenzionalmente a danno della società.

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Poteri Amministratore Società: i Limiti non valgono contro i Terzi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del diritto societario: i limiti ai poteri dell’amministratore di società, anche se previsti dallo statuto, non possono essere opposti ai terzi che contrattano con la società in buona fede. Questa decisione chiarisce che la tutela dell’affidamento del terzo prevale sulle limitazioni interne, salvo il caso di dolo. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La controversia nasce da un contratto d’appalto stipulato nel 2010. Una società sanitaria aveva commissionato a un’impresa edile la ristrutturazione di un immobile da adibire a clinica per nefrologia ed emodialisi, con la supervisione di un architetto come direttore dei lavori. A seguito dell’esecuzione delle opere, la società committente lamentava difformità e vizi, dovuti a negligenza e imperizia sia dell’impresa che del direttore dei lavori, chiedendo il risarcimento dei danni.

Il Tribunale di primo grado, dopo aver disposto una consulenza tecnica, condannava in solido l’impresa costruttrice e l’architetto al pagamento di oltre 126.000 euro.

La sentenza veniva impugnata da entrambe le parti soccombenti. La Corte d’Appello riformava parzialmente la decisione: accoglieva integralmente l’appello dell’architetto, liberandola da ogni responsabilità, e accoglieva parzialmente quello dell’impresa, dimezzando l’importo del risarcimento e ponendolo a carico esclusivo di quest’ultima.

Il Ricorso in Cassazione e i limiti ai poteri dell’amministratore della società

L’impresa costruttrice ha quindi proposto ricorso per Cassazione, basandosi su quattro motivi principali. Tra questi, il più rilevante dal punto di vista del diritto societario riguardava la presunta nullità del contratto d’appalto. La ricorrente sosteneva che l’amministratore della società sanitaria avesse stipulato il contratto per un importo (181.000 euro) superiore al limite di spesa (130.000 euro) fissato da una delibera del consiglio di amministrazione. Secondo l’impresa, questo eccesso di potere avrebbe dovuto rendere il contratto nullo.

Altri motivi di ricorso vertevano su questioni procedurali, come la presunta mancanza di firma digitale sulla sentenza d’appello e vizi relativi allo svolgimento della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) nel corso del giudizio di primo grado.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ciascuno dei motivi sollevati.

In primo luogo, ha ritenuto infondato il motivo sulla nullità della sentenza, confermando la piena validità del documento telematico provvisto di firme digitali.

Sul punto cruciale relativo ai poteri dell’amministratore della società, la Corte ha offerto una motivazione approfondita. Richiamando l’articolo 2384 del Codice Civile, ha affermato che le limitazioni ai poteri di rappresentanza degli amministratori, derivanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano agito intenzionalmente a danno della società. Nel caso di specie, l’impresa costruttrice, in qualità di terzo contraente, non poteva invocare una limitazione interna alla società committente per sottrarsi ai propri obblighi. La Corte ha specificato che il contratto stipulato dall’amministratore che eccede i suoi poteri non è nullo, ma semplicemente inopponibile alla società, a meno che questa non lo ratifichi. In questo caso, il pagamento dell’importo pattuito costituiva una ratifica dell’operato dell’amministratore.

Infine, la Corte ha giudicato infondati anche i motivi relativi alla consulenza tecnica. Ha chiarito che la Corte d’Appello aveva correttamente basato la sua decisione sulle risultanze peritali, e che la valutazione delle prove è un’attività riservata al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizi di motivazione che qui non sussistevano.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio cardine a tutela della sicurezza e della celerità dei traffici giuridici. Chiunque stipuli un contratto con una società può fare legittimo affidamento sui poteri di rappresentanza dell’amministratore, senza dover verificare preventivamente ogni delibera interna o limitazione statutaria. La responsabilità per l’eventuale superamento dei poteri è una questione interna alla società, che potrà rivalersi sul proprio amministratore, ma che non può essere usata per invalidare gli impegni assunti con terzi in buona fede. Questa decisione ribadisce che la stabilità dei rapporti commerciali è un valore che l’ordinamento tutela con forza, limitando le eccezioni ai soli casi di comprovata malafede del terzo.

Le limitazioni ai poteri di un amministratore di società, previste dallo statuto, possono essere fatte valere contro un’azienda terza con cui si è stipulato un contratto?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in base all’art. 2384 del Codice Civile, tali limitazioni non sono opponibili ai terzi in buona fede. L’unica eccezione è se il terzo ha agito intenzionalmente a danno della società, circostanza che deve essere provata.

Cosa succede se un amministratore stipula un contratto per un importo superiore a quello autorizzato internamente?
Il contratto non è nullo né invalido. La violazione dei limiti di spesa interni non può essere invocata dal terzo contraente per contestare la validità dell’accordo. Inoltre, se la società esegue le prestazioni previste dal contratto, come il pagamento del corrispettivo, si considera che abbia ratificato l’operato dell’amministratore, sanando ogni vizio.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove tecniche (come una CTU) fatta da un giudice nei gradi precedenti?
Generalmente no. La valutazione delle prove, comprese le perizie tecniche, costituisce un’attività riservata al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o giuridicamente errata, ma non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del tribunale o della corte d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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