Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15986 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11897/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15986 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 8000/2019 depositata il 19/12/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/5/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME COGNOME conveniva nel 2013 davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE -quest’ultima d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE – esponendo di avere tramite la seconda stipulato con la prima il 9 febbraio 2006 la cessione pro soluto di un credito, senza garanzia di adempimento del debitore ceduto e con assunzione da parte del cessionario del rischio della sua solvibilità, il corrispettivo della cessione essendo stato quantificato in euro 1.200.000 e da lui pagato al momento della stipulazione. Dell’accordo erano oggetto crediti derivanti da due contratti di mutuo fondiario: uno stipulato da RAGIONE_SOCIALE – ex RAGIONE_SOCIALE – il 15 settembre 1989 con l’RAGIONE_SOCIALE per la somma di lire 1.200.000.000 (poi euro 619.748,28), per cui era stata iscritta ipoteca su un immobile della mutuataria; un altro stipulato da RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE – sempre il 15 settembre 1989 con l’RAGIONE_SOCIALE per la somma di lire 1.260.000.000 (poi euro 650.735,69), per cui era stata iscritta ipoteca sul medesimo immobile.
Il 6 luglio 1993 il Tribunale di Napoli, in un procedimento relativo alle misure di prevenzione, ai sensi dell’articolo 2 ter l. 575/1965, sottoponeva a sequestro
‘ quote sociali e dell ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘ ( sic ). Dal canto suo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con atti di pignoramento notificati rispettivamente il 10 gennaio 1992 e il 22 novembre 1993, aveva avviato esecuzioni immobiliari, le cui procedure venivano riunite e alle quali la esecutata RAGIONE_SOCIALE si opponeva.
In forza del decreto n. 186/1996 della Corte d’appello di Napoli, confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 2148/1997, il sequestro diventava confisca. Pertanto il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 1831/2002, passata in giudicato, accoglieva l’opposizione all’esecuzione, e il 19 ottobre 2010 la Corte d’appello penale di Napoli rigettava il ricorso di RAGIONE_SOCIALE proposto per l’accertamento del diritto r eale di garanzia sull’immobile confiscato ; RAGIONE_SOCIALE non ricorreva per cassazione.
Il COGNOME pertanto chiedeva di dichiarare nullo il contratto di cessione per impossibilità originaria ex articolo 1347 c.c., di condannare in solido le convenute a corrispondergli euro 3.000.000, di cui euro 1.200.000 quale prezzo della cessione di credito ed euro 1.800.000 quale risarcimento di danni. In subordine chiedeva di dichiarare l’annullamento del contratto di cessione per condotta dolosa delle convenute ex articolo 1439 c.c. o per errore essenziale ex articolo 1429 n. 2 c.c., con conseguente analoga condanna.
Si costituivano le convenute con distinte comparse di risposta, resistendo.
Il Tribunale, con sentenza del 22 dicembre 2014, dichiarato il difetto di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE, rigettava le domande nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
Il COGNOME si appellava, le controparti resistendo. Con sentenza ex articolo 281 sexies c.p.c. del 19 dicembre 2019 la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, accogliendo parzialmente il gravame, dichiarava la legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE, per il resto confermando la sentenza del Tribunale.
Il COGNOME ha presentato ricorso sulla base di un unico motivo; si sono difese con rispettivo controricorso RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE già TARGA_VEICOLO; quest’ultima ha proposto pure ricorso incidentale, anch’esso sulla base di un unico motivo. Tutte le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
1. L’unico motivo del ricorso principale denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1343, 1346, 1418, 1421, 1813 c.c. e 28 T.U.B.
1.1 L amenta il ricorrente che il giudice d’appello non ha rilevato d’ufficio la nullità dei contratti di mutuo fondiario stipulati il 15 settembre 1989 tra RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, e conseguentemente non ha rilevato d’ufficio la nullità dell’ atto di cessione pro soluto tra la RAGIONE_SOCIALE (quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE) e il COGNOME per la nullità appunto dei contratti di mutuo da cui esso sarebbe derivato.
S.U. 12 dicembre 2014 n. 26242 insegna che nel giudizio d’appello e in quello di legittimità ‘ il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo ‘.
D’altronde l’articolo 1421 c.c. -‘ Salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata dal giudice d’ufficio ‘ -detta un principio inequivoco di ‘rilevabilità officiosa della nullità del contratto senza limiti e condizioni’.
Pure la Corte di Lussemburgo offre indicazioni sul rilievo officioso (in particolare, per le clausole abusive nei contratti con i consumatori), che ‘consentono di desumere un chiaro rafforzamento del potere-dovere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità’: così , per esempio, la sentenza Pannon del 4 giugno 2009, C243/2008, ha dichiara to che il giudice deve d’ufficio esaminare la natura abusiva di una clausola contrattuale e, se è nulla, non applicarla, così ‘qualificando, in buona sostanza, in termini di dovere l’accertamento officioso del giudice circa il carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in siffatti contratti, sia pure con il limite, ostativo alla disapplicazione, dell’opposizione del consumatore’.
S.U. 22 marzo 2017 n. 7294 è stata poi massimata come segue : ‘ Il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del
gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c .’.
1.2 Nel caso di specie, allora, dovrebbe rilevarsi che il credito oggetto dell’atto di cessione del 9 febbraio 2006 deriva da contratti di mutuo fondiario nulli per illiceità di causa. È infatti pacifica -e si evidenzia pure nell’atto di cessione – la vicenda del sequestro prima e della confisca poi, per l’applicazione delle misure di prevenzione, ‘delle quote sociali e di tutti i beni’ dell’RAGIONE_SOCIALE, ritenendoli frutto di attività illecita. Finanziando dunque con ingenti somme di denaro una società riconducibile a soggetti appartenenti ad associazioni di tipo mafioso, si sarebbe creata una causa concreta illecita dei contratti di mutuo fondiario, da dichiararsi pertanto nulli.
La stessa Corte d’appello di Napoli, con l’ordinanza del 29 dicembre 2011 che ha deciso l’incidente di esecuzione promosso da RAGIONE_SOCIALE avverso la confisca dell’immobile oggetto della garanzia reale, ‘esclude la buona fede dell’istituto di credito mutuante nell’ambito della stipula dei contratti di mutuo fondiario’ e nella cont estuale iscrizione ipotecaria, qualificando la società RAGIONE_SOCIALE ‘tipico strumento della criminalità organizzata’. Ad avviso del ricorrente, quindi, la natura del soggetto mutuatario, la mancanza di buona fede dell’istituto di credito mutuante e l’impiego per attività illecite delle risorse economiche – per giunta ingenti oggetto di finanziamento ‘rendono evidente l’illiceità della causa concreta dei due contratti di mutuo fondiario’.
1.3 Si argomenta poi a proposito de ll’ottica dottrinale attinente alla causa del negozio, per pervenire successivamente all’insegnamento in tema della giurisprudenza di legittimità e infine concludere che la nullità del contratto per illiceità di causa sussiste quando ‘un determinato schema negoziale venga
piegato al fine di perseguire finalità contrarie ai principi giuridici ed etici fondamentali dell’ordinamento’.
Nel caso in esame, allora, il finanziamento di RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE sarebbe in contrasto con i principi di ordine pubblico in quanto le somme corrisposte divengono ‘strumento per il compimento di attività illecite’.
Conferma si rinverrebbe nelle disposizioni legislative dirette a contrastare la criminalità organizzata: l’articolo 52 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 226 (‘Codice Antimafia’), riprendendo il dettato della previgente l. 31 maggio 1965 n. 575, prevede il venir meno del diritto di credito e del diritto reale di garanzia dei terzi – seppur risultanti da atti anteriori al sequestro – sui beni oggetto di confisca qualora, come nel caso di specie, tali terzi non dimostrino ‘di avere ignorato in buona fede il nesso di causalità’ dei beni con l’attività illecita (e cfr. Cass. pen. 27 febbraio 2020 n. 7879).
L’ordinanza del 29 dicembre 2011 sopra citata ha appunto escluso la buona fede di RAGIONE_SOCIALE nella stipulazione dei contratti di mutuo fondiario e nella contestuale iscrizione ipotecaria sull’immobile oggetto di confisca, così che la mancanza di buona fede della banca, in considerazione della quale la corte partenopea ha accertato l’inesistenza del diritto reale di garanzia insieme all’utilizzo del denaro per attività illecite da parte della mutuataria, manifesta, ad avviso del ricorrente, ‘la contrarietà all’ordine pubblico della causa concreta dei contratti di mutuo fondiario stipulati in data 15 settembre 1989’ di cui si tratta.
1.4 La nullità dei contratti di mutuo fondiario ricadrebbe poi sulla validità dell’atto di cessione pro soluto del 9 febbraio 2006, ‘in quanto determina l’inesistenza del credito’ di 5 milioni di euro circa che è stato oggetto di cessione. Infatti la nullità dei contratti di mutuo fondiario, da un lato, farebbe venir meno l’originario credito insorto a favore della banca verso l’RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro lato, farebbe insorgere un diverso credito, di natura restitutoria, della banca stessa per avere corrisposto a RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE una somma pari a euro 1.270.433,97, non dovuta per la nullità dei contratti di mutuo. Occorrerebbe infatti distinguere il credito di euro 4.912.363,98 – derivante dai contratti di mutuo, e quindi del
mutuante verso il mutuatario in virtù delle condizioni contrattuali – dal credito di euro 1.270.433,97 – insorto a favore del mutuante per la nullità dei contratti di mutuo e consistente nel diritto alla restituzione delle somme inizialmente corrisposte al mutuatario -.
L’articolo 1346 c.c. stabilisce che l’oggetto del contratto, pena la nullità di questo, deve essere ‘possibile, lecito, determinato e determinabile’. L’impossibilità si distingue tra quella materiale e quella giuridica, che deve essere originaria. Nel caso in esame ‘l’inesistenza/impossibilità originaria dell’oggetto del contratto di cessione del credito’ comporterebbe la nullità dell’atto di cessione, con conseguente obbligo restitutorio di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 1.200.000 al COGNOME quale prezzo da lui corrisposto a RAGIONE_SOCIALE per la cessione del credito ‘inesistente’. Infatti, ai sensi dell’articolo 1266 c.c., quando la cessione è a titolo oneroso il cedente ‘è tenuto a garantire l’esistenza del credito al tempo della cessione’, garanzia che assicura ‘il ristoro dell’interesse positivo del cessionario alla cessione nei casi in cui non dovesse verificarsi – in tutto o in parte l’effetto traslativo del contratto a causa dell’inesistenza (totale o parziale) del credito’; e l’inesistenza investe anche ‘ il credito derivante dal titolo inesistente o nullo’.
Nel caso in esame, il titolo da cui deriva il credito ceduto è nullo , e, ‘di conseguenza, è inesistente il credito ceduto e nullo è il relativo atto di cessione’. Si conclude pertanto sostenendo che, in ragione della nullità dei contratti di mutuo originanti il credito ceduto e della conseguente nullità del successivo atto di cessione, il ricorrente ha diritto alla restituzione della somma di euro 1.200.000 corrisposta a RAGIONE_SOCIALE all’atto della stipula della cessione, ed è pertanto evidente l’errore del giudice d’appello consistente nel non avere rilevato d’ufficio la nullità dei contratti di mutuo fondiario e la conseguente nullità dell’atto di cessione pro soluto del credito.
Il ricorso incidentale denuncia, con l’unico motivo, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1703 c.c. e 100 c.p.c., censurando la sentenza d’appello laddove dichiara l’attuale
ricorrente ‘legittimata passiva nel presente giudizio’, in parte qua riformando la sentenza di primo grado.
La ricorrente sostiene di essere invece ‘totalmente estranea’ al giudizio, in conseguenza della disciplina del contratto di mandato per cui il mandatario ha la legittimazione ad agire per la riscossione senza che gli venga trasferita la titolarità del diritto, onde nel presente giudizio non ha avuto neppure interesse processuale.
3.1 Prendendo le mosse dal ricorso principale, si osserva che il COGNOME, nella presente causa, ha agito, in tesi, perché fosse dichiarato nullo il contratto di cessione del credito, acquisito da RAGIONE_SOCIALE mediante i due mutui fondiari stipulati con l’RAGIONE_SOCIALE, ‘per impossibilità originaria ex articolo 1347 c.c.’ – con derivanti condanne dei convenuti – e, in subordine, perché fosse dichiarato l’annullamento del contratto di cessione ‘per condotta dolosa ex art. 1439 c.c.’ delle convenute ovvero ‘per errore essenziale ex art. 1429 n.2 c.c.’ – sempre con derivanti condanne dei convenuti -.
Dunque, niente era stato dedotto, e conseguentemente reso oggetto di domanda, in ordine a nullità dei due contratti di mutuo fondiario, quantomeno per quel che è evincibile come ritualmente deve essere, ai sensi dell’articolo 366, primo comma, nn. 3 e 6 c.p.c. – dal ricorso, nella parte dedicata a riassumere lo svolgimento complessivo del processo, a proposito del thema decidendum sottoposto al giudice del primo grado (ricorso, pagine 3-7).
L’appello, poi, è stato descritto dal ricorrente come articolato in cinque censure (ricorso, pagine 7-8): la prima qualificante erronea l’afferma zione del difetto di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE; la seconda censurante l’omesso riconoscimento della mancanza di buona fede e diligenza di controparte nella stipulazione del contratto di cessione; la terza assumente che il primo giudice non avesse congruamente motivato sulla pretesa non proponibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice penale confermante la confisca dell’immobile su cui era stata iscritta ipoteca a garanzia dei mutui fondiari (e quindi, questo motivo non ha investito i mutui fondiari in sé); la quarta
censurante l’ aver considerato prescritta l’azione dell’annullamento della cessione del credito e la quinta deducente l’omesso accertamento della ‘impossibilità originaria della prestazione della cessione del credito’.
Il ricorso neppure nella successiva illustrazione del motivo aggiunge alcunché sul contenuto dell’atto d’appello. Non è dato conoscere, pertanto, se in questo già era stata introdotta la tematica di merito della nullità della quale il ricorrente lamenta il mancato rilievo d’ufficio da parte del giudice d’appello, ovvero se gli aspetti di merito su cui il ricorrente attualmente argomenta erano stati devoluti alla corte territoriale così che se ne potesse avvalere come fatto costitutivo della nullità ora invocata. Il che inficia ex articolo 366, primo comma, n.6 c.p.c. il motivo del ricorso, conducendolo a un’evidente inammissibilità.
3.2.1 Meramente ad abundantiam , quindi, si aggiunge quanto segue.
Il potere-dovere officioso del giudice deve essere esercitato in ordine al rapporto contrattuale oggetto delle allegazioni introdotte nella controversia. Da ultimo, è nitida in tal senso proprio S.U. 22 marzo 2017 n. 7294 (invocata proprio dal ricorrente, a pagina 15 del ricorso) che, nella motivazione, formula – in una modalità naturalmente più ampia, e dunque più agevolmente comprensibile, di quella della massima il seguente insegnamento: ‘…allorquando il giudice di primo grado abbia deciso su pretese che suppongono la validità ed efficacia di un rapporto contrattuale oggetto delle allegazioni introdotte nella controversia, senza che né le parti abbiano discusso né lo stesso giudice abbia prospettato ed esaminato la questione relativa a quella validità ed efficacia, si deve ritenere che la proposizione dell’appello sul riconoscimento della pretesa, poiché tra i fatti costitutivi della stessa per come riconosciuta dal primo giudice vi è il contratto, implichi che la questione della sua nullità sia soggetta al potere di rilevazione d’ufficio del giudice, integrando un’eccezione c.d. in senso lato, relativa ad un fatto già allegato in primo grado. Ciò risulta e risulta giustificato, in ognuno dei regimi dell’art. 345 c.p.c. succedutisi nella storia del codice di rito, dalla previsione, sempre rimasta vigente, del potere di rilevazione d’ufficio dell e eccezioni soggette a rilievo officioso’.
Nel caso in esame, però, la nullità che avrebbe dovuto rientrare nel potere officioso del giudice, come emerge dalle argomentazioni sopra riassunte che vi dedica il ricorrente, non riguarda direttamente la nullità dell’atto di cessione del credito, bensì concerne la nullità contrattuale dei due mutui, i quali sarebbero in contrasto con i principi di ordine pubblico e quindi nulli per illiceità della causa. Non investe, dunque, il fatto costitutivo della domanda, che è ‘a valle’, nella cessione del credito. Infatti, il ricorrente si spende nella dimostrazione giuridica della illiceità della causa, la quale, palesemente, investe i due mutui: il denaro è stato prestato così da consentire il suo utilizzo per attività illecite, per cui ciò rende ‘evidente la contrarietà all’ordine pubblico della causa concreta dei contratti di mutuo fondiario stipulati in data 15 settembre 1989 … con conseguente nullità di tali contratti’ (ricorso, pagina 23).
3.2.2 Per giustificare, allora, questo ampliamento – perché tale è la conseguenza di una siffatta prospettazione – del potere ufficioso del giudice, il ricorrente sostiene una ‘ricaduta’ della nullità da un negozio su ll’altro: ‘La nullità dei contratti di mutuo fondiario in parola si riverbera sulla validità dell’atto di cessione … in quanto determina l’inesistenza del credito di circa € 5.000.000,00 di RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE che è stato oggetto di cessione’ (ricorso, pagina 23); e ciò aggiung endo, richiamato l’articolo 1346 c.c., che si verifica ‘l’inesistenza/impossibilità originaria dell’oggetto del contratto di cessione del credito’ , la quale ‘comporta l’evidente nullità di tale atto di cessione’ (ricorso, pagina 25). Di qui insorgerebbe, sempre nella prospettazione del ricorrente, l’obbligo restitutorio di RAGIONE_SOCIALE verso il ricorrente del corrispettivo da quest’ultimo versatole per la cessione del credito inesistente, in relazione all’obbligo di garanzia dell’esistenza del credito al tempo della cessione previsto dall’articolo 1266 c.c. ( si veda ancora pagina 25 del ricorso).
Tutto questo però esorbita dal l’ambito del potere ufficioso: per dichiarare nullo il negozio che offre il fatto costitutivo alla domanda attorea – cioè alla domanda dell’attuale ricorrente – richiede che il giudice verifichi la validità di un altro negozio, che non ne è il fatto costitutivo pur essendo correlato con esso, e così giunga a dichiarare la nullità di quello e a procedere ‘a ca sca ta’ sul negozio che
invece è stato posto come fatto costitutivo, fondando su ciò una sua differente nullità – i mutui sarebbero nulli per aver causa illecita, la cessione invece sarebbe nulla per l’inesistenza dell’oggetto -.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, il che rende evidentemente privo di interesse il ricorso incidentale di COGNOME, da intendere assorbito (non residua alcun interesse, anche sulle spese, essendo stato l’appellante condannato in appello alle spese anche in favore dell’odierna ricorrente incidentale); ne consegue la condanna del COGNOME a rifondere a ciascuna delle controparti le spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, con assorbimento del ricorso incidentale, e condanna il ricorrente a rifondere alle controparti le spese processuali, liquidate per ciascuna in € 9000, oltre a € 200 per gli esborsi e agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello del ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE il 27 maggio 2024
Il Presidente
NOME COGNOME