Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6926 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6926 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
Contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del foro di Venezia ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 5751/2020, pubblicata il 19.11.2020, notificata il 20.11.2020.
Oggetto: Postergazione finanziamento soci. Interessi moratori
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11.2 .2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con citazione notificata in data 13.1.2014 NOME COGNOME ha convenuto in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e NOME Alessandro, in proprio, socio e amministratore unico della prima, allegando quanto segue:
-in data 24.1.2006 si era costituita la società RAGIONE_SOCIALE al fine di acquistare il cespite immobiliare (terreno con fabbricato uso albergo) sito in San Felice Circeo, immobile successivamente locato alla società RAGIONE_SOCIALE società avente quali soci fondatori il nipote, il fratello e la cognata dell’attrice, ossia i signori NOME, NOME e NOME.
-l’attrice aveva mutuato alla società RAGIONE_SOCIALE ingenti capitali per far fronte ad alcuni impegni finanziari;
-al fine di regolare i rapporti in essere e disciplinare le modalità di restituzione, la società RAGIONE_SOCIALE aveva sottoposto alla creditrice una scrittura privata denominata «contratto di prestito sociale» che la Antonelli Maura e l’COGNOME NOME, amministratore unico della Società, avevano sottoscritto il 22.1.2009, col la quale si era dato atto: che la società aveva ricevuto il finanziamento di € 327.000 dalla Antonelli ; che alla data della sottoscrizione del contratto il capitale rivalutato a mezzo degli interessi era pari ad € 350.000 ; che la società garantiva la restituzione della somma con una quota sociale che veniva fiduciariamente intestata alla COGNOME la quale accettava l’intestazione fiduciaria, con obbligo di retrocessione in seguito all’ estinzione dell’obbligazione .
2.─ Il Tribunale di Roma ha dichiarato la risoluzione del contratto di prestito e condannato la società al pagamento dell’importo
richiesto dall’attrice. Ha escluso che al credito si applicasse la disciplina di cui all’art. 2467 c.c. , osservando che «la società convenuta si era del tutto sottratta dal dimostrare il carattere postergato dei finanziamenti eseguiti dal socio in favore della società» stessa.
3 .─ RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame dinanzi alla Corte di appello di Roma. NOME COGNOME ha spiegato appello incidentale.
Con la sentenza qui impugnata la Corte adita ha rigettato l’appello principale ed accolto quello incidentale, riconoscendo che gli interessi sulla somma dovuta decorrevano dal 9 luglio 2013.
4. –RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione con tre motivi ed ha depositato memoria.
NOME COGNOME ha notificato controricorso e depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. ─ Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2467 c.c. in merito al carattere postergato del finanziamento disposto da NOME COGNOME nonché omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ex art. 360, n.5, c.p.c. rispetto agli elementi di prova prodotti dal ricorrente a sostegno del carattere postergato dello stesso ex art. 2467 c.c.
5.1─ La censura, che verte sulla postergazione, è inammissibile. L’art. 2467 c.c. prevede nelle s.r.l. la postergazione del rimborso del finanziamento del socio concesso in situazioni che renderebbero necessario un conferimento, perché la ratio della norma consiste nel contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale delle società “chiuse” (Cass., n. 14056/2015; Cass., n.16291/2018).
Nel corpo del motivo non viene spiegato perché vi sarebbe violazione e falsa applicazione del 2467 c.c.; a pag. 16 del ricorso la società istante lamenta non si sia fatto luogo all’esame della situazione di indebitamento della società, ma la Corte di appello ha rilevato, sul
punto, che la documentazione prodotta non era in grado di comprovare la situazione economico-patrimoniale della società alla data del finanziamento, onde sul punto la censura è carente di aderenza alla sentenza impugnata: ciò che destina la censura alla statuizione di inammissibilità (Cass. n. 8459/2024; Cass. n. 13745/2020).
Il vizio di omesso esame di fatto decisivo sconta il rilievo per cui nella fattispecie vi è doppia conforme, e pertanto era onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e del rigetto dell’appello, dimostrando che sono tra loro diverse (Cass., n. 26934/2023; Cass., n. 5947/2023); peraltro, nemmeno viene individuato il fatto storico oggetto dell’omesso esame.
6. -Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt.183, 187, 188, 189 c.p.c. in mer ito alla statuita decadenza dall’ammissione delle istanze istruttorie per non averle reiterate in sede di precisazione delle conclusioni, in primo grado, e violazione e falsa applicazione degli artt . 216 ss., 115 e 116 c.p.c. per mancata ammissione dell’istanza di verificazione e del principio del contraddittorio.
6.1Secondo la ricorrente, la Corte di merito avrebbe impropriamente ritenuto rinunciata l’istanza di verificazione di una scrittura privata in una situazione di diserzione dell’udienza di precisazione delle conclusioni da parte della ricorrente, in cui la richiesta non avrebbe potuto ritenersi rinunciata. Ferma restando la condivisibilità dell’arresto menzionato nel ricorso (C ass. n. 26523/2020, secondo cui in caso di mancata partecipazione del procuratore di una parte all’udienza di precisazione delle conclusioni debbono intendersi richiamate le richieste precedentemente formulate, ivi compresi le istanze istruttorie che la parte abbia reiterato dopo che ne sia stata rigettata l’ammissione), va osservato che nel corso del giudizio, a seguito delle note istruttorie ex art. 183
n. 2, c.p.c. in cui l’istanza di verificazione non venne riproposta (sentenza, pag. 14), vi furono tre distinte udienze di precisazione delle conclusioni (ricorso, pagg. 6 e 7) e che quella, di esse, su cui si sofferma la ricorrente è solo l’ultima. La censura e quindi carente di autosufficienza, in quanto non viene data contezza di quale fosse il contenuto delle richieste formulate nelle prime due udienze di precisazione delle conclusioni: è chiaro, infatti, che se, in ipotesi, la ricorrente avesse nella circostanza richiamato le conclusioni istruttorie precedentemente rassegnate, avrebbe dovuto farsi riferimento alla memoria ex 183, n. 2, che non conteneva l’istanza di verificazione: in tal modo le conclusioni dell’ultima udienza, dovendosi raccordare a quelle precedentemente rassegnate, non includerebbero l’istanza in questione.
Ma v’è di più : la censura omette di considerare l’altra ratio decidendi indicata dalla Corte nella «mancata indicazione dei mezzi di prova ritenuti utili e delle scritture di comparazione che, ai sensi dell’art. 216 c.p.c., chi propone istanza di verificazione ha l’onere di individuare» (pag. 14 sentenza). La sentenza è dunque basata, al riguardo, su due distinte rationes decidendi , ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe. Infatti, qualora la decisione si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile l’impugnazione che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi , neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (per tutte: Cass. Sez. U. n. 7931/2013).
7. ─ Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., viola zione e falsa applicazione dell’art. 1284 c.c. La censura contesta il riconoscimento degli interessi, assumendo che il contratto di prestito sociale del 22 gennaio 2009 avrebbe natura ricognitiva,
onde esso non poteva sanare la nullità degli interessi ultralegali non convenuti per iscritto.
7.1─ La censura è infondata.
Gli interessi che la Corte territoriale riconosce dovuti maturano dal 9 luglio 2013 ed è incontestabile che l’accordo del 2009 potesse prevedere la spettanza di interessi ultralegali per il periodo a venire (non avendo, al riguardo, tale pattuizione natura ricognitiva, ma costitutiva).
8.─ Per quanto esposto, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 10.000,00 per compensi e € 200 ,00 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione