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Postergazione finanziamenti: stop dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione che confermava la postergazione finanziamenti erogati da società ‘sorelle’ a un’altra poi fallita. Il Tribunale aveva erroneamente considerato ‘domanda nuova’ l’invocazione della norma emergenziale Covid (Decreto Liquidità) che sospendeva tale subordinazione. La Cassazione ha chiarito che il giudice deve applicare d’ufficio la legge vigente (principio ‘iura novit curia’), rinviando il caso per una nuova valutazione.

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Postergazione Finanziamenti: la Cassazione e l’Impatto del Decreto Liquidità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per le imprese: la postergazione finanziamenti erogati tra società appartenenti allo stesso gruppo, soprattutto alla luce della normativa emergenziale introdotta durante la pandemia. La decisione chiarisce un importante principio processuale: invocare una legge applicabile ai fatti di causa non costituisce una domanda nuova e inammissibile.

Il caso: finanziamenti tra società “sorelle” e l’opposizione al passivo

La vicenda nasce dall’opposizione allo stato passivo presentata da una società, cessionaria di crediti vantati da diverse altre aziende (SPV) nei confronti di una società poi dichiarata fallita. I crediti derivavano da versamenti effettuati nel 2020 dalle SPV per consentire alla società beneficiaria di saldare debiti commerciali pregressi. Tutte le società coinvolte, sia quelle finanziatrici sia quella finanziata, erano controllate da un unico socio.

Nel contesto della procedura fallimentare, il giudice delegato aveva ammesso il credito, ma con il grado di ‘chirografo postergato’. Ciò significa che il rimborso sarebbe avvenuto solo dopo il soddisfacimento di tutti gli altri creditori. La ragione di questa decisione risiedeva nell’applicazione degli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, che prevedono la subordinazione dei finanziamenti effettuati da soci o da società che esercitano attività di direzione e coordinamento.

La decisione del Tribunale e la questione della normativa Covid

La società creditrice si è opposta a questa decisione davanti al Tribunale, sostenendo che i versamenti non erano finanziamenti da postergare. Durante il giudizio, la società ha inoltre invocato l’applicazione dell’art. 8 del Decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020), una norma introdotta per fronteggiare la crisi pandemica che sospendeva temporaneamente l’applicazione delle norme sulla postergazione finanziamenti per le somme erogate fino al 31 dicembre 2020.

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione, ritenendo che l’argomento basato sul Decreto Liquidità fosse una ‘domanda nuova’ e quindi inammissibile, poiché sollevato solo in corso di causa e non nell’istanza originaria di ammissione al passivo. Nel merito, ha confermato che i presupposti per la postergazione sussistevano, data la comune appartenenza delle società a un unico socio controllante.

L’applicazione della norma sulla postergazione finanziamenti e il principio ‘iura novit curia’

La società ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. Errata applicazione delle norme processuali: secondo la ricorrente, invocare l’art. 8 del Decreto Liquidità non era una domanda nuova, ma una mera difesa basata su una legge vigente e applicabile. Il Tribunale avrebbe dovuto considerarla in virtù del principio iura novit curia (‘il giudice conosce le leggi’).
2. Errata valutazione dei presupposti della postergazione: la ricorrente contestava la sussistenza di un’effettiva attività di direzione e coordinamento, presupposto per l’applicazione della normativa sulla postergazione finanziamenti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo, ritenendolo fondato. Ha stabilito che la deduzione relativa alla sospensione della postergazione, prevista dalla normativa Covid, non integrava un mutamento della domanda. La richiesta del creditore era sempre la stessa: l’ammissione del credito al passivo in via chirografaria semplice, senza subordinazione.

L’invocazione del Decreto Liquidità rappresentava soltanto una questione giuridica che il giudice di merito avrebbe dovuto esaminare d’ufficio, poiché si trattava di applicare una norma di legge speciale che disciplinava proprio i fatti di causa (finanziamenti effettuati nel 2020). L’errore del Tribunale è stato quello di considerare questa argomentazione come una modifica inammissibile dell’oggetto della controversia (thema decidendum).

La Corte ha invece dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, poiché tendeva a una rivalutazione dei fatti (come la sussistenza della direzione e coordinamento) che non è consentita in sede di legittimità.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato il decreto del Tribunale e ha rinviato la causa allo stesso giudice, in diversa composizione, per una nuova decisione. Il Tribunale dovrà riesaminare il caso applicando correttamente l’art. 8 del Decreto Liquidità, che disapplica temporaneamente la postergazione finanziamenti per il periodo emergenziale. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il giudice ha il dovere di applicare tutte le norme pertinenti, anche se non espressamente richiamate dalla parte fin dall’inizio, senza che ciò possa essere considerato un’inammissibile modifica della domanda.

Invocare per la prima volta in giudizio una norma di legge applicabile costituisce una ‘domanda nuova’ inammissibile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’invocazione di una norma di legge pertinente ai fatti di causa non costituisce una domanda nuova, ma una mera argomentazione giuridica. In base al principio ‘iura novit curia’, il giudice ha il dovere di conoscere e applicare d’ufficio le leggi vigenti, anche se non indicate dalle parti nell’atto introduttivo.

La normativa emergenziale Covid-19 sulla sospensione della postergazione si applica ai finanziamenti effettuati nel 2020?
Sì. L’ordinanza stabilisce che l’art. 8 del D.L. n. 23/2020 (‘Decreto Liquidità’), che sospendeva l’applicazione degli articoli 2467 e 2497-quinquies c.c., era una disposizione di legge in vigore e direttamente applicabile ai finanziamenti effettuati tra la data di entrata in vigore del decreto e il 31 dicembre 2020.

Cosa ha deciso la Cassazione riguardo alla presunzione di direzione e coordinamento tra società ‘sorelle’?
La Corte di Cassazione non si è pronunciata nel merito della questione, dichiarando il motivo di ricorso inammissibile. Ha ritenuto che la valutazione sulla sussistenza o meno dei presupposti di fatto per la direzione e coordinamento (come la diversità degli amministratori) fosse un accertamento di merito che non può essere riesaminato in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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