Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 583 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 583 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3666-2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma (RM), INDIRIZZO C.F. e partita IVA: P_IVA, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, PEC: EMAIL) e dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, PEC: EMAIL) e domiciliata presso lo studio dell’Avv. COGNOME sit o in INDIRIZZO -00192 Roma (RM).
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede legale in Trento, INDIRIZZO, C.F. e P.I. P_IVA, in persona del curatore fallimentare dott. NOME COGNOME, rappresentato e difeso, dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Trento (Codice Fiscale CODICE_FISCALE, pec: EMAIL), ed elettivamente domiciliato presso il
seguente indirizzo di posta elettronica certificata: EMAIL
-controricorrente –
avverso il decreto di cui al n. 1398/2023 del Ruolo Generale, emesso dal Tribunale di Trento e comunicato dalla cancelleria in data 9 gennaio 2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto qui impugnat o il Tribunale di Trento ha rigettato l’opposizione allo stato passivo avanzata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE ed avverso il provvedimento del g.d. del medesimo Tribunale, con il quale il suo credito era stato ammesso al passivo con il rango di chirografo postergato.
Con ricorso in opposizione allo stato passivo ex art. 98 L.F., infatti, la società RAGIONE_SOCIALE – nella veste di cessionaria, a far data dal 23 maggio 2023, dei crediti vantati dalle società RAGIONE_SOCIALE Fasano RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito SPV) nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE – ha chiesto al Tribunale di Trento, previo accertamento dell’insussistenza della fattispecie di direzione e coordinamento e tenuto conto dell’ammissione del credito in oggetto al passivo del fallimento, di mutare il grado di ammissione del credito di Euro 760.000,00 da chirografo postergato a chirografo senza postergazione.
L’opponente premesso che in data 20 marzo 2023 le SPV avevano depositato istanza di insinuazione allo stato passivo chiedendo di essere ammesse, in via chirografaria, al passivo del Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE per gli importi indicati nell’atto introduttivo del giudizio di opposizione -aveva, invero, censurato il provvedimento con cui il giudice delegato, in accoglimento della proposta del curatore, aveva ammesso i crediti insinuati, ma con postergazione (ai sensi degli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c.), ritenendo che ciascuna delle predette società fosse ‘una
“società sorella” della fallita RAGIONE_SOCIALE, in quanto al momento del finanziamento risultavano controllate dallo stesso socio unico (RAGIONE_SOCIALE) ed amministrate tutte dallo stesso amministratore unico e, pertanto, risultando presumibile che il soggetto finanziatore (e poi insinuante al passivo fallimentare) avesse svolto in via indiretta l’effettivo esercizio dell’attività di direzione e coordinamento’ . A sostegno della proposta opposizione, la società RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto che le somme versate dalle SPV non avevano avuto natura di finanziamento soci, essendosi invece trattato di un mero intervento di liquidità eseguito in favore di RAGIONE_SOCIALE durante il 2020 per saldare crediti di natura commerciale.
4. Il Tribunale, nella resistenza del fallimento, ha rigettato l’oppo sizione, osservando che: (1) la domanda svolta dalla parte opponente in sede di note autorizzate -ossia, che venisse mutato il grado di ammissione del credito relativamente ai pagamenti effettuati tra il 9 aprile 2020 e sino al 31 dicembre 2020, per intervenuta sospensione delle norme sulla postergazione dei crediti ex Decreto Liquidità – integrava domanda nuova rispetto a quella fatta valere in sede di ammissione allo stato passivo, nonché a quella articolata con il ricorso in opposizione allo stato passivo, e, come tale, era da considerarsi inammissibile, avendo l ‘opponente, infatti, per la prima volta dedotto l’asserita operatività dell’art. 8 del Decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020) solamente in sede di note depositate in data 6 ottobre 2023; (2) il credito insinuato dalle SPV era stato correttamente ammesso con postergazione, ai sensi degli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c., ricorrendone i relativi presupposti, dovendo qualificarsi come ‘finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti’ (art. 2497quinqies c.c.) i versamenti che le SPV (dei cui crediti, ammessi con postergazione, l’opponente era divenuta cessionaria in data 23 maggio 2023) avevano eseguito tra il 18 marzo 2020 e il 10 settembre 2020 nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE; (3) secondo quanto disposto da ll’art. 2497sexies c.c., infatti, ‘Ai fini di quanto previsto nel presente capo, si presume salvo prova contraria che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci e che comunque la controlla ai sensi dell’art. 2359’ ; (4) la società
opponente non aveva assolto l’onere della prova contraria di cui al richiamato art. 2497sexies c.c., essendo le deduzioni dalla stessa svolte non pregnanti a tal fine e risultando, al contrario, dalla documentazione versata in atti la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 2359 c.c., co mma 1, n. 1 c.c., ai sensi del quale ‘Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria’ ; (5) nel periodo di riferimento, ossia tra il 18 marzo 2020 e il 10 settembre 2020, la società odierna fallita e le SPV avevano tutte quale socio unico la società RAGIONE_SOCIALE, come risultava dalle visure in atti; (6) la società RAGIONE_SOCIALE era interamente posseduta dalla società RAGIONE_SOCIALE e, allo stesso modo, le SPV erano a loro volta integralmente possedute dalla società RAGIONE_SOCIALE (la quale necessariamente ed intrinsecamente disponeva ‘della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria’ di tutte le società controllate ), con la conseguenza che tutte queste società erano ‘sorelle’ e che i pagamenti erano, dunque, intervenuti infragruppo, con esercizio da parte delle SPV, sulla RAGIONE_SOCIALE, di attività di direzione e coordinamento, per il tramite del controllo esercitato dal socio unico a loro comune RAGIONE_SOCIALE; (7) non rilevavano in senso contrario le argomentazioni spese dalla parte opponente secondo cui gli amministratori delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano stati diversi al tempo in cui erano sorti i crediti commerciali oggetto causa, atteso che, ai fini di cui all’art. 2359 co. 1 n. 1 c.c. , ciò che rilevava non era la persona dell’amministratore bensì il socio che esercita va il proprio diritto di voto in seno all’assemblea ; (8) allo stesso modo non erano meritevoli di pregio neppure le ulteriori argomentazioni svolte dall ‘ opponente relative all’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 2497 c.c., trattandosi di fattispecie che non veniva in emersione nel caso in esame ed afferendo alla diversa ipotesi della responsabilità delle società che esercitavano attività di direzione e coordinamento; (9) i versamenti effettuati dalle SPV in favore della società RAGIONE_SOCIALE avevano indubbiamente natura di finanziamenti, come si evinceva dalle stesse deduzioni della parte opponente, secondo cui essi sarebbero avvenuti ‘allo scopo di consentire alla società RAGIONE_SOCIALE di saldare alcuni crediti commerciali pregressi maturati nei
confronti di terzi soggetti, per il complessivo importo di Euro 760.000′, senza che le società finanziatrici potessero dirsi avere la stessa posizione del creditore che era stato soddisfatto con il pagamento eseguito dalla RAGIONE_SOCIALE con le somme versate dalle SPV, trattandosi di rapporti distinti, che si ponevano pertanto su piani differenti.
2. Il decreto, pubblicato in data 9 gennaio 2024, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e art. 8 del D.L. n. 23/2020, sul rilievo che il Tribunale non avrebbe disposto la temporanea disapplicazione degli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., in materia di finanziamenti alle società da parte dei soci o di società del medesimo gruppo, in relazione alla normativa emergenziale Covid-19. Secondo la società ricorrente, il Tribunale avrebbe errato nel dichiarare inammissibile la domanda in relazione al profilo del l’applicazione dell’art. 8 del D.L. n. 23/2020 (Decreto Liquidità), nonostante quest’ultimo fosse una disposizione di legge in vigore per il periodo di emergenza epidemiologica. Più in particolare, ad avviso della società ricorrente , l’errore risiede rebbe nell’aver considerato domanda ‘nuova’ (quella, cioè, qualificata dal finanziamento intervenuto nel periodo di emergenza epidemiologica) rispetto a quella inizialmente proposta, in quanto proposta per la prima volta nel giudizio di opposizione nella memoria difensiva.
1.1 Si evidenzia da parte della ricorrente che la domanda non era nuova e si trattava, piuttosto, della stessa domanda, domanda di ammissione dei crediti in via chirografaria, senza il grado postergato. Con la conseguenza che il Tribunale avrebbe dovuto comunque applicare la normativa di legge in forza del noto principio iura novit curia ex art. 113 c.p.c.
1.2 Le obiezioni sollevate dalla società ricorrente colgono nel segno.
Si discute della rilevanza della normativa emergenziale Covid che aveva escluso la postergazione per finanziamenti interventi nel periodo di
riferimento. Ed invero, l’a rt. 8 d.l. n. 23/2020 , rubricato per l’appunto ‘ Disposizioni temporanee in materia di finanziamenti alle società ‘, statuisce che ‘ Ai finanziamenti effettuati a favore delle società dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sino alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli articoli 2467 e 2497 quinquies del codice civile ‘ .
Ciò posto, va osservato che la deduzione difensiva della parte opponente in ordine alla sospensiva della predetta normativa Covid non integrava diversamente da quanto opinato dal Tribunale – un mutamento della domanda dinanzi al giudice dell’opposizione, come tale inammissibile perché ampliativa del thema decidendum già cristallizzato con la domanda di ammissione al passivo (cfr. Cass. n. 6279/2022; Cass. n. 32750/2022), e ciò perché tale deduzione implicava solamente la soluzione di una questione giuridica direttamente investita dal regime normativo speciale dettato per l’emergenza epidemiologica.
Ne consegue l’accoglimento del primo motivo.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 2467, 2497 e 2497-quinquies c.c., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che ‘i versamenti effettuati dalle SPV in favore della società RAGIONE_SOCIALE ‘ avessero ‘natura di finanziamenti’ confermando, per l’effetto, la postergazione del credito ammesso al passivo del fallimento.
2.1 Più in particolare, ritiene la società ricorrente che il Tribunale avesse errato nel fondare la propria decisione sul presupposto che le SPV e RAGIONE_SOCIALE ‘avevano tutte quale socio unico la società RAGIONE_SOCIALE e nel concludere che ‘la società opponente’ non avesse assolto ‘l’onere della prova contraria di cui al richiamato art. 2497-sexies c.c., essendo le deduzioni dalla stessa svolte non pregnanti a tal fine’. Ritiene invece la ricorrente che, nel giungere a tale conclusione, il Tribunale non avesse tenuto in debita considerazione alcuni elementi dirimenti, più in particolare sul gruppo di società di cui facevano parte sia Perseo che le SPV: all’epoca in cui erano stati effettuati i pagamenti in favore di Perseo, Italia T1 Roncolo era sì il socio unico delle società ‘sorelle’, ma i suoi amministratori erano diversi da quelli delle singole SPV.
2.3 Secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe, poi, errato ulteriormente nell’applicazione degli artt. 2467 e 2497 -sexies c.c., posto che il Collegio di primo grado avrebbe preso le mosse dalla presunzione di cui all’art. 2497 -sexies c.c. e, sulla base di tale assunto, aveva concluso che ‘queste società fossero ‘sorelle’ (…) e che i pagamenti fossero, dunque, avvenuti infragruppo, con esercizio da parte delle SPV, sulla RAGIONE_SOCIALE, di attività di direzione e coordinamento, per il tramite del controllo esercitato dal socio unico a loro comune. Tuttavia, nel giungere a tale conclusione, il Tribunale avrebbe dovuto prendere le mosse dall’art. 2497 c.c. che enuncia i casi in cui può rinvenirsi un’ipotesi di responsabilità per la direzione e coordinamento da parte di una società o di un ente.
2.4 A ciò aggiunge la società ricorrente che l ‘ istruttoria giudiziale dimostrava, in maniera chiara ed inequivocabile, come il complessivo importo versato dalle SPV fosse stato utilizzato da Perseo per il pagamento di crediti di natura commerciale ed in considerazione di ciò, dunque, essa ricorrente, quale cessionaria del credito vantato dalle SPV, si era surrogata nel diritto di credito del creditore originario il cui credito era stato soddisfatto proprio con l’utilizzo delle provviste concesse dalle SPV a Perseo.
2.5 Le doglianze, così articolate, sono inammissibili.
2.5.1 Va subito osservato che, quanto alla contestazione della statuizione giudiziale qui impugnata circa il mancato assolvimento dell’onere della prova contraria di cui all’art. 2497sexies cod. civ. , le doglianze risultano formulate in modo inammissibile perché volte, sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., a far ripetere innanzi a questa Corte di legittimità un nuovo scrutinio della quaestio facti in merito alla dimostrazione della sussistenza o meno del presupposto applicativo dello svolgimento dell’attività di direzione e di coordinamento (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
2.5.2 A ciò va aggiunto che anche l’ulteriore questione agitata dalla ricorrente circa la diversità degli amministratori attinge un profilo (peraltro anch’esso di natura fattuale) del tutto irrilevante ai fini del decidere, stante il chiaro tenore
letterale del contenuto normativo degli artt. 2497 e 2497sexies cod. civ. che incentra l’insorgere della responsabilità sul diverso presupposto dello svolgimento di attività di direzione e di coordinamento da parte di un ente societario che controlla il capitale sociale delle altre società del gruppo.
2.5.3 Le ulteriori censure articolate dalla società ricorrente sono inammissibili, vuoi perché attingono profili di censura nuovi (come nel caso della questione della surrogazione nel diritto di credito per il pagamento diretto dei crediti commerciali: volendosi in tal modo mutare il titolo giuridico di ammissione al passivo), vuoi perché il richiamo alla violazione del disposto normativo di cui all’art. 2497 cod. civ. risulta formulato in modo improprio e decentrato rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato, e ciò per l’evidente ragione che la predetta n orma riguarda il profilo della responsabilità degli enti societari e non già quello qui in discussione della postergazione.
Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato in relazione al motivo qui accolto, con rinvio al giudice a quo il quale dovrà riesaminare la vicenda processuale alla luce dei principi sopra affermati in ordine al primo motivo, ed in particolare al profilo della diretta applicabilità al caso di specie del disposto normativo di cui al sopra ricordato art. 8 del d.l. n. 23/2020, e dunque al rilievo che ai finanziamenti effettuati a favore della società in bonis dalla data di entrata in vigore del detto decreto e sino alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli articoli 2467 e 2497 quinquies del codice civile.
Il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo; dichiara inammissibile il secondo; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Trento che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024