Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7445 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 7445 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
SENTENZA
sul ricorso 15/2018 R.G. proposto da:
NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) e COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura in atti;
-controricorrenti –
contro
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME
(C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-intimati-
avverso la sentenza n. 792/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata in data 10/05/2017; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME; il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; per la parte ricorrente nessuno è comparso; per la parte resistente nessuno è comparso.
Svolgimento del processo
Questa Corte, con l’ordinanza interlocutoria n. 558/2019 emessa dalla Sezione Sesta civile2, all’esito dell’adunanza camerale del 12 dicembre 2018, così esponeva:
<>
A quanto sopra riportato va solo soggiunto, per completezza, che al ricorso resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME, tutti eredi di NOME COGNOME NOME.
All’approssimarsi della pubblica udienza, fissata per il 16 gennaio 2024, il P.G. ha depositato le proprie conclusioni scritte, con le quali ha chiesto accogliersi il primo motivo e dichiararsi assorbiti gli altri. Le parti hanno depositato memorie prima dell’adunanza camerale del 12 dicembre 2018.
Ragioni della decisione
Preliminarmente va rigettata l’eccezione d’inammissibilità del controricorso avanzata dai ricorrenti in memoria.
Al contrario di quanto asserito dai COGNOME i controricorrenti hanno rilasciato procura speciale al loro difensore, successivamente alla sentenza d’appello ed espressamente indicante il ricorso per cassazione incoato dai ricorrenti, su foglio materialmente congiunto all’atto e tale modalità è consentita, come di recente chiarito dalle sezioni unite (v. tra le varie v. SSUU sentenza n. 36057/2022; SSUU sentenza n. 2075/2024).
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1150 e 2697 cod. civ.
Poiché -affermano – i fatti allegati dagli eredi di COGNOME erano stati contestati, non avrebbero potuto essere posti a fondamento della decisione.
Inoltre il diritto alla indennità per miglioramenti, viene soggiunto, è subordinato alla previa autorizzazione del proprietario e se sussistenti al momento del rilascio.
Sotto altro profilo, i ricorrenti evidenziano che il contratto venne <> per inadempimento con sentenza del Tribunale di Teramo depositata il 9/4/2002, con effetto retroagente al momento della domanda del 16/6/1983. Di conseguenza, i miglioramenti e le addizioni prospettate dagli eredi COGNOME, risalendo ad epoca successiva (dicembre 1983), dovevano considerarsi effettuati da possessore di mala fede. Di talché alcuna indennità costoro potevano pretendere.
Il motivo è fondato, avuto riguardo all’ultimo rilievo.
Il Tribunale dispose rivalutarsi quanto dovuto agli eredi di NOME COGNOME dal 31/12/1983, costituente epoca dell’esborso, secondo l’accertamento del Giudice, per i miglioramenti del fondo.
Non è contestato dai controricorrenti che la domanda di risoluzione era stata notificata il 16/6/1983 (la sentenza con la quale il contratto di compravendita verrà risolto risale al 28/3/2002); di conseguenza, gli interventi di miglioramento
sarebbero stati effettuati in epoca successiva (non prima del 31/12/1983) alla notificazione della citazione.
Si è più volte chiarito che il principio secondo il quale la domanda giudiziale fa cessare gli effetti del possesso di buona fede che non siano divenuti irrevocabili ed impedisce quelli ulteriori non attiene soltanto all’acquisto dei frutti, ma si riferisce a tutti i possibili effetti del possesso di buona fede, tra i quali è quello che attribuisce al possessore il diritto di essere indennizzato dal proprietario dell’incremento di valore arrecato alla cosa, che resta, dunque, irrilevante, ove dipenda da opere eseguite dopo la notificazione della domanda fattispecie relativa a migliorie eseguite dal promissario acquirente, in possesso del bene, dopo la proposizione della domanda di risoluzione del contratto introdotta dal promittente venditore -(Sez. 3, n. 1904, 09/02/2012, Rv. 621691).
Il principio è stato assai di recente ribadito da questa Sezione con la sentenza n. 15805 del 6/6/2023.
Un tal perimetro di cessazione degli effetti del possesso di buona fede risulta essere già stato delineato da questa Corte da svariati decenni (la sentenza massimata n. 1002/1991, riprende la n. 3268 del 1955 e quest’ultima, quella più antica n. 620/1952).
Dal momento in cui viene proposta la domanda di risoluzione del contratto (da parte dei venditori NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali addebitavano al compratore NOME COGNOME di non aver voluto stipulare l’atto pubblico, né pagare il residuo prezzo) -risoluzione che, in conseguenza della riconvenzionale, veniva addebitata ai venditori attori-, il possesso del compratore non avrebbe più potuto considerarsi di buona fede, poiché costui era consapevole (a maggior ragione per avere anche costui chiesto la risoluzione, sia pure per colpa dei venditori) di assumere da quel momento il ruolo di mero custode dei beni, che andavano riconsegnati.
Sotto altro convergente profilo la disposizione dell’art 1458 cod. civ., secondo cui la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, significa soltanto che la risoluzione toglie valore alla causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali già effettuate, mentre l’obbligo delle reciproche restituzioni nasce dalla sentenza, che ha natura costitutiva e correlativa efficacia ex nunc. Ne consegue che il compratore che sia attore o convenuto in giudizio per la risoluzione della vendita ha l’obbligo di custodire la cosa venduta quale obbligato ‘sub conditione’ alla restituzione di essa, mentre la proposizione della domanda di risoluzione non importa di per sé un’offerta di restituzione dell’oggetto del contratto (Sez. 3, n. 1192, 18/02/1980, Rv. 404693; conf. Cass. nn. 4892/1977, 2522/1970).
In ragione dell’accoglimento del primo motivo, gli altri due, con i quali i ricorrenti si sono, rispettivamente, doluti dell’addebito degli interessi e della pronuncia sull’indennità per miglioramenti, viziata da ultrapetizione, restano assorbiti in senso proprio.
La sentenza deve, pertanto, essere cassata con rinvio e il Giudice del rinvio, il quale rivaluterà il giudizio alla luce dei principi di diritto sopra ripresi, regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 gennaio